#critico per un giorno propone il film “Our Son”

“Our Son” il film di Bill Oliver che inaugura il Florence Queer Festival , è la pellicola protagonista di “𝘊𝘳𝘪𝘵𝘪𝘤𝘰 𝘱𝘦𝘳 𝘶𝘯 𝘨𝘪𝘰𝘳𝘯𝘰”, l’iniziativa realizzata in collaborazione con il Cinema La Compagnia per i soci del 𝑪𝒐𝒏𝒕𝒓𝒐𝒓𝒂𝒅𝒊𝒐 𝑪𝒍𝒖𝒃. Di seguito il video e le interviste 🎧

Mercoledì 18 ottobre è ripartita l’iniziativa “Critico per un giorno”, realizzata dal cinema La Compagnia e con il Controradio Club. I soci del club sono invitati alla proiezione di uno dei film in programma alla Casa del cinema della Toscana, alla presenza del regista, per poi lasciare commenti e opinioni, scritte oppure in video, intervistati dalla redazione di Controradio.

L’appuntamento coincideva con l’inaugurazione del Florence Queer Festival, la più importante rassegna toscana dedicata alla cultura LGBTQIA+, al Cinema La Compagnia fino al 22 ottobre. Il festival, organizzato dall’associazione IREOS di Firenze, offre una ricca programmazione culturale che si snoda tra cinema internazionale a tematica LGBTQIA+, eventi, mostre e incontri in cui saranno centrali non solo le storie del movimento LGBTQIA+, ma anche l’impegno dei volontarə dell’Associazione, che vedranno nel festival una vetrina per le tematiche di cui si occupano.

La pellicola proiettata è OUR SON di Bill Oliver (USA, 2023, 104’). Il matrimonio di Gabriel e Nicky sta finendo. Riusciranno a fare le scelte migliori per il figlio Owen e per se stessi, nonostante i sentimenti difficili e gli attriti? Il film mostra profonda attenzione per le dinamiche familiari, senza dimenticare i rapporti di potere latenti che possono riaffiorare nei momenti di crisi. Ma spesso lo sguardo si allarga su amici e parenti della coppia, mostrando momenti di solidarietà e tenerezza. Le persone e le famiglie ne emergono come elementi non isolati di una rete di relazioni di cura che fanno la differenza nei momenti complicati.
Alla presenza del regista Bill Oliver e del co-sceneggiatore Peter Nickowitz.

Guarda il video con le interviste a cura di Andrea Montigiani. QUI

Qui le recensioni dei soci:

Il film che dire è girato egregiamente. Attori bravi per il resto un prodotto Universal quindi una commedia brillante in salsa gay ma potrebbe essere tranquillamente etero talmente è confezionata bene. (Marco e Sandra).


Le storia non sembrava nuova, nel senso che il fatto che la presenza del figlio all’interno di una coppia possa provocare disequilibri e ingenerare una crisi è ahimè cosa risaputa, e che questo succeda anche all’interno di una coppia gay contribuisce a normalizzare questa realtà. Ho molto molto apprezzato il reading di Letizia Fuochi dedicato a Michela Murgia, alle sue idee controcorrenti e rivoluzionarie sulla famiglia queer che condivido pienamente, e mi è piaciuto anche il taglio scelto per il cortometraggio, “Dads”, dedicato ai padri di figli e figlie trans, costretti a misurarsi con le idee preconcette sulla mascolinità… Mi ha fatto venire in mente un altro cortometraggio, proiettato lo scorso 10 ottobre per l’inaugurazione del Middle East Film Festival, sempre al cinema La Compagnia, “OUR MALES AND FEMALES” di Ahmad Alyaseer. In quel caso, ambientato in Giordania, si trattava di dare l’opportuna sepoltura ad un figlio transgender che aveva fatto la transizione all’estero ed era ormai una donna: quale versione usare per lavarne il corpo? Il Corano non prevede che due possibilità: o si dà una benedizione per lui o la si dà per lei, ed entrambe sono maledettamente inadeguate. Il finale è sconvolgente. (Samuela)

Il documentario ‘Stonebreakers’ approda alla Compagnia

Critico per un giorno presenta “Stonebreakers”, dopo essere stato presentato in anteprima mondiale al 63° Festival dei Popoli, dal 10 maggio torna a La Compagnia. Il  doc racconta la recente battaglia relativa all’abbattimento delle statue coloniali negli Stati Uniti. L’appuntamento per i soci  è mercoledì 10 maggio ore 21, alla presenza del regista, del produttore e dell’artista Justin Thompson. Modera Vittorio Iervese, presidente del Festival dei Popoli. Per iscriversi, mail a club@controradio.it ( 2 biglietti per ogni socio).

Stati Uniti  2020: nel mezzo della rivolta Black Lives Matter e dell’elezione presidenziale, scoppia la battaglia sui monumenti storici. Un conflitto culturale che travolge statue di Cristoforo Colombo, confederati e padri fondatori, e mette in discussione il racconto mitico americano. Esplorando un panorama memoriale in trasformazione, Stonebreakers interroga il rapporto tra Storia e lotta politica in una America che, mai come oggi, è chiamata fare i conti con il proprio passato. Il film si avvale della produzione della Awen Films – con Isaak J. Liptzin, Curtis Caesar John, Andrea Fumagalli e lo stesso regista – e della direzione della fotografia di Isaak J. Liptzin, del montaggio di Andrea Fumagalli e delle musiche originali di Francesco Venturi.

“Stonebreakers – sottolineano Ciriaci e Liptzin – documenta come le proteste Black Lives Matter negli USA con l’attacco ai monumenti, non stiano in realtà “cancellando la storia” ma piuttosto ne stimolino  il riesame, inducano a riconsiderare i miti nazionali e a confrontarsi con le pagine più controverse della Storia Americana. Lo stesso sta accadendo adesso in Europa, dove l’onda lunga della contestazione negli USA ha riacceso forti divergenze per una lettura del passato mai pienamente condivisa”. INFO

#Criticoperungiorno presenta: “Rosso di sera”

Torna alla Compagnia #Criticoperungiorno, l’iniziativa che propone ai soci del Controradio Club la visione di un film in anteprima. Venerdì 10 marzo alle 20.30 ‘Rosso di sera’, il documentario di Emanuele Mengotti. Per tentare una mappatura degli Stati Uniti contemporanei e capire cosa rimane oggi della narrazione del “sogno americano”

Alla Compagnia di Firenze il documentario Rosso di sera,  il secondo capitolo della trilogia che Emanuele Mengotti dedica agli Stati Uniti, con protagonista indiscussa Las Vegas, ritratta durante lo scoppio della pandemia da Covid.

Las Vegas è il luogo perfetto per scoprire se il sogno americano esiste ancora: tre personaggi cercano di vivere il loro sogno in un momento delicato della storia americana. Mentre la pandemia da Covid19 si diffonde in tutto il mondo, il governatore del Nevada chiude i casinò e i servizi non essenziali.

Mike, medico, affronta la minaccia della crisi sanitaria; Mindy, ex attrice di film di serie B, è in lizza per diventare la candidata del Partito repubblicano; Steve, che vive nei pressi delle fognature sotto il livello stradale, è terrorizzato dal rischio delle incombenti piogge. Questi personaggi incarnano lo spirito americano del bisogno di libertà, autoaffermazione e coraggio: niente e nessuno può distoglierli dai loro obiettivi.

Da una prospettiva interessante ed estrema per 75 minuti veniamo gettati nel panico che colse tutti in quel momento ma che Mengotti utilizza anche per mostrare personaggi bizzarri dello scenario americano nella città più folle e “irreale” degli Usa: l’incontro tra l’epidemia che sconvolse il mondo e alcuni caratteri tipici dell’immaginario degli outsider procura un certo disagio, come se oltre al Covid l’umanità mostrasse già di per sé parecchi segni di sbandamento.” (Elisa Battistini – Quinlan.it)


Per prenotarsi scrivere a: club@controradio.it

A seguire dopo la proiezione, la presentazione del libro Fascisti d’America, di Federico Leoni. Intervengono l’autore del libro e caporedattore Sky TG24 Federico Leoni e il regista Emanuele Mengotti. Modera il critico cinematografico Massimiliano Schiavoni.

#Critico per un giorno, è un progetto del cinema la Compagnia e ControradioClub, tramite il quale un gruppo di soci del Club, che si sono registrati all’evento, può assistere gratuitamente alle anteprime di film o di documentari selezionati in programmazione al Cinema La Compagnia e successivamente mandare la propria recensione, che sarà pubblicata sul sito del cinema.

‘Critico per un giorno’ presenta: “Sirens”. Le interviste ai soci del Controradio Club

Firenze, riparte ‘Critico per un giorno’, l’iniziativa del Controradio Club e del Cinema La Compagnia, in cui socio del Controradio Club ha l’occasione di diventare ‘Critico per un giorno’ andando a vedere gratuitamente al Cinema La Compagnia, per poi recensirlo.

Il film scelto per questo appuntamento per ‘Critico per un giorno’, è stato ‘Sirens’, Un documentario elettrizzante quanto le sue protagoniste: la prima band metal femminile del Medio Oriente.

Prodotto da Maya Rudolph e Natasha Lyonne, e diretto da RIta Baghdadi, Sirens è un film che va oltre gli stereotipi del documentario musicale e diventa un’osservazione su cosa significa essere donne queer e indipendenti in un paese conservatore e in tumulto come il Libano. Un documentario elettrizzante quanto le sue protagoniste: la prima band metal femminile del Medio Oriente.

Sirens è parte della programmazione del ‘Florence Queer Festival’ organizzato dall’associazione IREOS di Firenze, con una ricca programmazione culturale che si snoda tra cinema internazionale a tematica LGBTQIA+, eventi, mostre e incontri.

Questa del ‘Florence Queer Festival‘, in programma dall’11 al 16 ottobre, è la 20°edizione della più importante rassegna toscana dedicata alla cultura LGBTQIA+

Anche per questa edizione le consuete proiezioni in sala saranno affiancate da quelle online nella sala virtuale PiùCompagnia.

Le recensioni dei partecipanti:

Sirens propone molte tematiche intriganti: una buona band death metal tutta al femminile che sfida i palinsesti del Libano conservatore, i rapporti tra le musiciste, l’esercizio della leadership, i compromessi tra la necessità di coesione del gruppo e le pulsioni identitarie dei membri, le preferenze sentimentali e l’orientamento queer, inaccettabili nella famiglia tradizionalista della capitale, l’amarezza di constatare che la pace, i diritti civili, la serenità di poter vivere una esistenza libera non appartengono al Libano, percosso da una profonda crisi civile, politica ed economica, aggravata dall’esplosione del 2020 nel porto di Beirut e, soprattutto, la voglia di suonare nonostante tutto e tutti. Nonostante la buona fotografia, la ghiotta opportunità narrativa di questo insieme di elementi non viene completamente utilizzata. Tutti quei temi sembrano restare come sullo sfondo di un racconto cinematografico che non emerge, affidando la pellicola ad una esposizione a tratti documentaristica, che non trasmette le emozioni attese e che, per questo, non coinvolge. (Matteo)

Anche se “Sirens” è stato presentato come un documentario sulla musica, dal momento che la narrativa principale è incentrata sulla vita di un gruppo di ragazze musiciste, questo lavoro tratta tematiche socio-culturali molto più profonde. In effetti, il documentario rende in maniera chiara, e nello stesso tempo sottile, tante di quelle problematiche presenti in un paese con forti retaggi tradizionalistici e omofobici, oltre alla presenza continua della violenza in un paese sempre sull’orlo di una guerra. Le giovani donne devono affrontare discriminazione per il loro genere e, anche, per il tipo di musica che suonano in un contesto moralmente molto rigido, come può essere il Libano, anche se è una delle nazioni più liberali nel Medio Oriente.
Il documentario, che in realtà è molto vicino a un film per come è stato girato e per il suo svolgimento, segue le relazioni di queste musiciste, in particolare le due chitarriste fondatrici della band heavy / dark metal, e le difficoltà di accettare, e fare accettare, la loro sessualità queer in un paese tradizionalista / omofobico. Il documentario, oltre ad essere informativo, ha un impatto emotivo potente. (Sirpa & Marcello)

Critico per un giorno presenta “La nuova scuola genovese”- Il parere degli ascoltarori

Critico per un giorno – Al cinema La Compagnia di Firenze il film ‘La Nuova scuola Genovese’, documentario che racconta uno spaccato sulla musica e su una città, Genova, che fa incontrare la generazione dei cantautori e quella dei rapper. Lorenzo Braccini ha intervistato i soci del Controradio Club che hanno assistito alla prima per la rubrica Critico per un giorno.

Critico per un giorno ha presentato ‘La nuova scuola genovese’. Da Fabrizio De Andrè a Gino Paoli, da Luigi Tenco a Vittorio De Scalzi (fondatore dei New Trolls) e poi ancora Max Manfredi, Federico Sirianni, Cristiano De André. Cantautori, poeti, che oggi vengono messi a confronto con la nuova scena musicale di Genova, con i rapper Vaz Tè, Guesan, III Rave, Disme, Nader, Demo, Young Slash, Cromo, Giua. Esiste un filo conduttore che lega passato e presente? Può il rapper di oggi ripercorrere le tracce lasciate dal cantautorato degli anni Sessanta, Settanta?

‘La nuova scuola genovese’, ideato da Claudio Cabona e diretto da Yuri Dellacasa e Paolo Fossati prova a rispondere a questo intettorogativo. Sullo schermo è protagonista anche la città di Genova che viene mostrata come qualcosa di unico attraverso i suoi colori, le case popolari, le onde del mare, i palazzi nobiliari, il cielo con la luna. E forse, proprio questa città, è il collante necessario a unire i fili e a creare un modello difficilmente imitabile.

Queste le recensioni dei soci del Controradio Club – Critico per un giorno.

“Premetto che sono un ultrasessantenne amante (da sempre) della musica.
Non dico che “non vivrei senza musica” (perché.. purtroppo.. la triste realtà ci insegna che ci si “adatta” a vivere anche sotto le bombe e in moltissime altre situazioni terrificanti), ma direi che con la musica vivo meglio.
Tutta la musica: classica, leggera, folk, jazz, rock, progressive, ecc.; inclusi, ovviamente, i cantautori italiani della mia “giovinezza” (De Andrè, Guccini, De Gregori, ecc.).
E mi piacciono anche le “contaminazioni”, le “fusioni”, le “evoluzioni”, ecc..
Conosco pochissimo il rap, ma ho un figlio ventiseienne che lo ascolta e.. ha scritto una tesi di laurea in filosofia intitolata (più o meno) “Dal Jazz all’ Hip Hop e al Rap, alla luce di una interpretazione adorniana”!
Però non è stato lui a  portarmi a vedere questo film, ma il contrario, sia perché immaginavo che l’avrebbe interessato, sia perché io sono.. molto curioso e non prevenuto, e l’argomento mi intrigava.
Il film è fatto bene, ed è carina l’idea dei confronti/interviste fra genovesi (“vecchi” cantautori e “giovani” rapper); che è corretto non definire canta-autori, perché, in effetti, al contrario dei “vecchi” canta-autori, non cantano ma recitano e, anche per tale motivo, li accosterei più alla poesia che alla musica, nonostante a volte le “campionature” sono musicalmente interessanti.
Mi viene in mente De Andrè che rispondeva, a chi gli chiedeva se preferisse essere definito cantautore o poeta (dato che i testi di alcune sue canzoni si trovavano nelle antologie delle scuole medie), che.. da giovani tutti scrivono poesie, mentre da adulti continuano a scriverle solo i veri poeti e gli.. imbecilli; per cui lui preferiva definirsi, in via cautelativa, cantautore!
Ed è, secondo me, proprio e soprattutto il “canto” che differenzia il canta-autore dal rapper, anche se, prendendo ancora ad esempio De Andrè, nelle sue prime canzoni il testo era prevalente rispetto alla musica e quasi recitato (“La ballata degli impiccati”, “Il Testamento di Tito” citato anche nel film, ecc.), mentre nel suo ultimo album (Anime salve) c’è un equilibrio praticamente perfetto fra il testo (bello da leggere anche senza la musica) e la musica (bella da ascoltare anche senza il testo), che però raggiungono la massima bellezza (testo e musica) proprio quando sono assieme (1+1=.. 3!). E questo è frutto senz’altro della maturità che avevano raggiunto sia De Andrè che Fossati (coautore delle canzoni di quell’album). Non credo che la “Scuola Genovese” dei “vecchi” cantautori sia migliore della “Scuola Romana” o della “Scuola Bolognese” o della “Scuola Napoletana” (quest’ultima con più “musica” e meno “testo”). Nel film si fa molto riferimento alla “particolarità” della “Scuola Genovese”, con richiami al mare, al porto, ecc.. Ma allora Napoli? Non ha anch’essa una “Scuola” particolare? Dipenderà dal mare? E, relativamente alla “Scuola Genovese” dei “giovani” rapper,.. io conosco pochissimo il rap, ma mi sembra che, anche in questo caso, anche Napoli sia una buona “Scuola”: dipenderà ancora dal mare?
Forse un limite del film è che non fa ascoltare, o quasi, pezzi rap, per cui aiuta a comprendere il “pensiero” dei rapper, le loro istanze, il loro riscatto contro la discriminazione di classe (in questo anche i rapper genovesi mi sembrano diversi dai cantautori genovesi che spesso provenivano da famiglie benestanti da cui magari prendevano le distanze), ma non aiuta a conoscere la conoscere il rap”. (FRANCESCO)
“Mi ha fatto piacere venire a conoscenza di questo fiorire di giovani, che non conoscevo, che si dedicano a questo genere di musica rap, trap etc. Non avendo ascoltato quasi niente della loro produzione musicale nel film, a parte l’ultimo pezzo eseguito tutti insieme, non sono pertanto in grado di pronunciarmi sul rapporto con la scuola genovese dei grandi “vecchi”.  Interessanti le interviste tra i “sopravvissuti” e la nuova leva genovese ma non abbastanza da farci capire i collegamenti fra queste due realtà. Sono comunque soddisfatto di averlo visto perché c’é sempre da scoprire nuove realtà, anche se io, pur essendo appassionato a tutti i generi musicali, non sono un estimatore di questa musica..”
(A. Bossuto)
“Il documentario si propone di analizzare due differenti generazioni di artisti (cantautori e rapper) cercando di identificare delle linee di continuità nell’ispirazione che la città di Genova suggerisce al liricismo di due fenomeni apparentemente scissi dal tempo. Le potenti immagini ci riconsegnano Genova nel suo ibrido di splendore e mistero, alternandosi alle riflessioni degli artisti e dando vita a interessanti confronti come Dori Ghezzi – Izi  o  Gino Paoli-Tedua. Se l’obiettivo del film era suscitare riflessioni sul confronto fra cantautorato e hip hop, non possiamo che definirlo un successo. Qualcuno potrebbe tuttavia ritenerlo deficitario nella proposta del materiale musicale: se il tappeto musicale su cui scorre il racconto é adeguato, probabilmente non lo è la quantità di canzoni proposte per avere un esempio tangibile di due diversi stili musicali. Tedua e Gino Paoli discutono di scrittura e musica, ma un giovane spettatore non scopre la musica di Gino Paoli così come all’audience più vetero non viene data la possibilità di ascoltare la musica di Tedua. Una scelta senz’altro legittima ma che allontana la possibilità di avviare un confronto basato sulla produzione artistica e non solo sulle linee teoriche.  Ipotizzare che il pubblico riesca a trovare autonomamente le canzoni adatte  su cui trovare i riscontri di ciò che ha visto nel film é chiedere un po’ troppo ad entrambe le fasce di età a cui il film si rivolge, visto che nonostante la comune ispirazione, le differenze stilistiche fra i due generi musicali sono tangibili. Nel  complesso il film si rivela comunque interessante”. (NICCOLO’)
“Il documentario é molto piacevole visivamente e mostra una Genova che merita di più dello spazio televisivo e cinematografico finora riconosciutogli.
L’accostamento e il confronto musicale fra la i cantautori della scuola genovese e i nuovi rapper é decisamente interessante, anche perché é stato pensato dagli stessi protagonisti.
Ho trovato alcune interviste e dialoghi un po’forzati, non naturali, ma, in genere, é un’ora che passa guardando punto di vista completamente diversi e riscoprendo un luogo magico”.
(Agnese Taddei)

Critico per un giorno: le recensioni dopo la visione di “Voyage of Time”

L’iniziativa ‘Critico per un giorno’, rivolta ai soci del Controradio Club ha dato l’opportunità di vedere al Cinema La Compagnia il film di Terrence Malick, ‘Voyage of time‘. Un docu film sulle origini dell’universo, con la voce narrante di Clate Blanchett.

Critico per un giorno: Martedì primo marzo si è svolta al Cinema la Compagnia la proiezione del film “Voyage of time”, di Terrence Malick. Presentato alla 73° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e candidato al Leone d’oro, è il primo documentario girato dal regista statunitense.

Queste le impressioni dei soci del Controradio Club subito dopo la visione del film.

Un documentario sulla storia dell’universo, dalla sua nascita al suo collasso. Percorso dalla mormorante energia della natura stessa, il film fonde effetti speciali innovativi con grandiose riprese girate in giro per il globo e oltre il globo, alla scoperta di ciò che dura, di ciò che resiste nel tempo. Che cosa significa, dopo tutti quegli eoni, essere noi, qui, ora?

Le Recensioni dei Soci:

“Gli occhi più delle orecchie sono testimoni” avrebbe confermato Eraclito. Le meravigliose immagini di Terrence Malick testimoniano lo scorrere del tutto. Tempo, divenire del mondo e flusso di vita e amore straordinario. Primordiale, ineluttabile e incondizionato. La voce di Cate Blanchett è didascalia. Le lunghe pause tra le parole lasciano la scena alla Pellicola, che quelle emozioni evoca, tra lo splendore di una supernova e il ritmico incedere di una scolopendra. “Dove mi stai portando?”, non “dove andiamo?” è il chiaro riferimento alla guida di una Madre assoluta, natura che in questo viaggio, silente e infinitamente generosa, plasma e tiene per mano la figlia, la vita, noi. Che, pur incapaci di altrettanta gratitudine, le siamo eternamente legati ed in lei ancora cerchiamo il nostro senso. (Matteo)

Filmone che rimane sotto le aspettative. Pur con belle immagini, non riesce a toccare corde profonde ma sembra piuttosto di vedere una trasmissione divulgativa di biologia, del paesaggio e di antropologia.
(Claudia)

Il film di Malick mi ha lasciato perplessa, belle le riprese, troppo lunga e lenta l’evoluzione, se voleva rendere i milioni di anni occorsi ci è riuscito! I brevi commenti della voce narrante intensi ma enigmatici, rivolti alla madre ( natura? entità suprema?) non hanno contribuito a dare una comprensione, oppure sì ma io non l’ho capita! Grazie dell’opportunità che mi avete dato!
(Daniela)

Nella parte iniziale ci sono immagini bellissime e particolari. Specialmente le riprese subacquee sono davvero notevoli. Il fil rouge che uno si immagina dal titolo non c’è, anzi è la storia su dipana in modo piuttosto confuso con salti che non si capisce a che siano dovuti. Anche il commento sonoro è piuttosto noioso, alla 182esima volta che la Blanchett dice mother cadono veramente le braccia. la prima ora gira abbastanza bene, poi diventa noioso. In sintesi, belle le immagini iniziali subacquee e di vulcani per il resto meglio uscire. (Alessandro)

Sconclusionato!
Nel senso che non si capisce cosa voleva dire il regista.
I salti temporali sembrano del tutto casuali e privi di logica.
L’alternanza tra immagini della natura e quelle di umani è priva di connessioni.
Il parlato è monotono e insignificante, senza un fine.
Le immagini, non sono così eccezionali come ci si aspettava.
Conclusione: assolutamente da evitare.
Sinceramente, mi piacerebbe conoscere i criteri che hanno portato a recensioni positive.
Cordiali saluti.
(Giuditta)

Mi aspettavo qualcosa di più coinvolgente. L’ho trovato noioso, la musica lenta e inadeguata. Alcune riprese indubbiamente molto belle, soprattutto quelle nel mare, ma nel complesso mi è parso destrutturato con scene e immagini non legate tra loro.
Alcune riprese incomprensibili (tipo esplosioni di colori di non so cosa) altre insulse (primi piani di fili d’erba), altre ancora quasi ridicole (dinosauro apparso dal nulla che cammina su una spiaggia deserta). Si potrebbe intitolare “Mother” per quante volte è stata ripetuta questa parola. 
Molte scene mi sono comunque rimaste impresse, come flash, come quadri ad una mostra.
Non mi è piaciuto perché non mi ha dato emozioni e non lo consiglierei.
(Silvia)
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