‘My Fever’ quattro incontri al Centro Pecci

Prato, lo scorso 7 giugno ha aperto i battenti, al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, il secondo tempo di quella che è, con buona probabilità, la più completa e importante mostra che sia mai stata dedicata alla storia e alla cultura dei club: ‘Night Fever. Designing Club Culture 1960 – Today’.

Il primo tempo si era svolto, con grande successo internazionale, al Vitra Design Museum che, assieme ad ADAM – Brussels Design Museum, ha prodotto il grande progetto espositivo fornendo uno staff curatoriale di alto livello, capitanato da Jochen Eisenbrand e coadiuvato da Elena Magini, come curatrice associata per la mostra al Centro Pecci che ha visto l’aggiunta di un’importante sezione dedicata agli incroci, tutti italiani e molto fiorentini, tra architettura radicale e mondo dei club.

Per accompagnarci nel migliore dei modi verso la chiusura della mostra, il Centro Pecci ha ideato ‘My Fever’ una rassegna di quattro incontri in mostra per scoprire dalla voce dei protagonisti la storia della Club Culture. Nel primo incontro di giovedì 19 settembre alle ore 18, ci accompagneranno nelle sale della mostra Simona Faraone, una delle prima donne dj d’Europa, pionieristica animatrice della scena romana dai primi anni 90, e Mauro “Boris” Borella, uno dei fondatori e animatori dello storico club Link di Bologna, luogo cruciale per lo sviluppo del clubbing italiano collegato alle scene internazionali. Io avrò il ruolo di incalzarli e mediare le domande del pubblico. Dopo la visita alla mostra seguirà un Dj Set di Simona Faraone. L’ingresso all’evento è libero con biglietto della mostra.

Bisogna considerare che il modo in cui questa storia è stata scritta parte da un presupposto: le discoteche sono stati veri e propri epicentri di cultura contemporanea. Hanno messo in discussione i codici prestabiliti del divertimento e hanno permesso di sperimentare stili di vita alternativi attraverso le manifestazioni più d’avanguardia del design, della grafica e della moda. Comprendendo a fondo questo assioma si può tessere una intricata matassa di fili che tengono insieme contesti e linguaggi differenti. Perché i club sono stati dei luoghi fondamentali per l’emersione e la crescita delle subculture. Oltre agli eventi musicali, per i quali hanno costituito il laboratorio delle nuove tendenze, sono stati la cornice ideale per lo sviluppo delle arti performative e del design, chiamato a rispondere alle necessità di flessibilità dello spazio. Lo spazio definito dai club è partecipativo e democratico e così deve essere il design che lo struttura. Ma hanno amplificato anche alcuni dei movimenti e delle scuole di moda più radicali e creative, hanno generato un nuovo modo di intendere l’editoria di costume e società, hanno proficuamente intrecciato la propria storia con quella di tanti momenti fondamentali dell’arte più rivoluzionaria e fuori dagli schemi.

E non si tratta solo di edonismo, anzi. A ben guardare, dalla mostra emerge una continuità forte quella tra i movimenti di emancipazione rivendicazione sociale e la scena club. “La costruzione dei processi di auto-coscienza e di identità dei movimenti per i diritti dei gay e delle lesbiche – dice ai nostri microfoni Jochen Eisenbrand – non sarebbe stato lo stesso, per esempio, senza il fondamentale lavoro fatto da almeno due club nella New York degli anni 70. E se la Grande Mela, Chicago, Detroit, Berlino e Londra possono essere considerati i punti cardinali di questa storia non è trascurabile il ruolo rivestito da alcune seminali esperienze italiane. Continua il curatore. “Dall’inizio della nostra ricerca la scena italiana dei club storici ci è sembrata un riferimento fondamentale, soprattutto per l’imprescindibile ruolo che architetti e designer hanno avuto nella definizione degli spazi dei club, negli anni 70. Magazine come Domus e Casabella hanno saputo ospitare il dibattito attorno agli aspetti teorici connessi con quelle visioni d’avanguardia. In più a Firenze c’erano il Mac II e lo Space Electronic che hanno rappresentato degli esempi straordinari di applicazioni di quegli slanci utopici. Ecco perché abbiamo voluto creare una nuova parte della mostra con contenuti specificatamente pensati per approfondire questi aspetti”.

Assieme a film, fotografie d’epoca, manifesti, abiti e opere d’arte, la mostra propone anche una serie di installazioni luminose e sonore che accompagneranno il visitatore in un viaggio affascinante e pieno di spunti da decifrare. A completare la mostra, Konstantin Grcic e Matthias Singer hanno elaborato un’installazione musicale e luminosa, una silent disco che catapulta i visitatori nella movimentata storia della club culture. Una raccolta selezionata di copertine di dischi, tra cui i disegni di Peter Saville per Factory Records o la copertina programmatica dell’album Nightclubbing di Grace Jones, sottolinea infine le importanti relazioni tra musica e grafica nella storia delle discoteche dal 1960 a oggi. Il percorso espositivo segue un iter cronologico che prende avvio con le discoteche degli anni Sessanta, che per la prima volta trasformano il ballo in un rito collettivo da officiare in un mondo fantastico fatto di luci, suoni e colori in cui immergersi. Ci sono i luoghi della subcultura newyorchese, come l’Electric Circus, che con il suo carattere multidisciplinare influenzò anche i club europei, tra cui lo Space Electronic a Firenze concepito dal collettivo Gruppo 9999. C’è il Piper di Torino, lo spazio multifunzionale concepito da Giorgio Ceretti, Pietro Derossi e Riccardo Rosso, che con i suoi mobili modulari non solo faceva ballare, ma si prestava ottimamente anche per concerti, happening e teatro sperimentale. Il Bamba Issa, una discoteca toscana sulla spiaggia di Forte dei Marmi ideata dal Gruppo UFO, era essa stessa un teatro dell’arte. Negli anni Settanta, con l’ascesa della disco music la cultura dei club ha un nuovo impulso. Il dancefloor offre un palcoscenico ideale per performance individuali e collettive, creatori di moda come Stephen Burrows o Halston fornivano gli abiti giusti per uno stile sfavillante. Lo Studio 54, aperto a New York nel 1977, diviene un luogo d’incontro molto amato dagli idoli del culto delle celebrità. Due anni dopo, il film Saturday Night Fever segnà il culmine della commercializzazione del movimento disco che, invece, era nato nata in club e bar frequentati dalla comunità LGBTQ+ e nera ma anche latinoamericana, marginalizzate dalla maggioranza bianca e eterosessuale, in modo assolutamente politicizzato e con una forte connotazione sociale come un fenomeno underground, poi traghettato attraverso locali come il Paradise Garage – gay club che per primo rompe le regole della discriminazione razziale − verso la cultura di massa. Non a caso, i contro-movimenti come quello culminato con la Disco Demolition Night di Chicago (1979) diedero voce a tendenze reazionarie, in parte caratterizzate da omofobia e razzismo. Contemporaneamente, discoteche come il Mudd Club o l’Area di New York, fondendo vita notturna e arte, offrivano nuove opportunità ai giovani artisti emergenti come Keith Haring e Jean-Michel Basquiat, mentre nei club londinesi come Blitz e Taboo, con i New Romantics nacquero un nuovo stile musica e una nuova moda dalla quale sarebbe emersa la stilista Vivienne Westwood. A Manchester l’architetto e designer Ben Kelly progetta una cattedrale del rave postindustriale, la mitica Haçienda (1982), cofinanziato, tra l’altro, dalla band britannica New Order. Da qui l’acid house, un sottogenere della musica house, partè alla conquista della Gran Bretagna. La scena berlinese dei primi anni Novanta cresce attorno a discoteche come Tresor, dando nuova vita a spazi abbandonati e deteriorati, scoperti dopo la caduta del muro. Anche il Berghain, aperto nel 2004 in una vecchia centrale termoelettrica, dimostra che una scena disco vivace si sviluppa soprattutto dove ci sono gli spazi urbani necessari. Dagli anni 2000, lo sviluppo della club culture si fa più complesso: da un lato è in forte ripresa e in continua espansione, appropriata da marchi e festival di musica globali, dall’altro, molti club sono spinti fuori dai contesti urbani. Nel frattempo, però, è cresciuta una nuova generazione di architetti che si confronta nuovamente con la tipologia del locale notturno: tra questi, lo studio olandese OMA di Rem Koolhaas propone un nuovo concept per una delle discoteche più famose del mondo, il Ministry of Sound II di Londra, definendo le caratteristiche del club del Ventunesimo secolo. “Oggi per i club è diventato molto più difficile essere dei luoghi speciali, con un ruolo di avanguardia – ammette Eisenbrand – anche a causa della rivoluzione digitale. Prima dovevi per forza andare in un club per sentire della nuova musica. Ora ce l’hai ovunque attorno a te, sul tuo telefono. Prima, ciò che accadeva nel club restava nel club, ora tutto viene forzatamente documentato con foto, video, post, instagram stories etc… Un’altra delle ragioni per la attuale crisi dei club credo risieda nell’esplosione del fenomeno festival, nei quali nell’arco di una giornata puoi vedere e sentire decine di dj, uno dopo l’altro. Difficile per i club poter competere con qualcosa del genere”. Staremo a vedere: il futuro del clubbing è ancora tutto da scrivere.

L’intervista di Giustina Terenzi ad Andrea Mi: https://www.controradio.it/podcast/my-fever-suoni-e-voci-della-club-culture-intervista-ad-andrea-mi/

My Fever. Suoni e voci della club culture, al Centro Pecci

My Fever. Suoni e voci della club culture. Primo incontro, 19 settembre, con Simona Faraone e Mauro “Boris” Borella, conduce Andrea Mi. Centro Pecci di Prato

My Fever. Suoni e voci della club culture è una rassegna di quattro incontri “in mostra” per scoprire dalla voce dei protagonisti la storia della Club Culture, coniugando racconti privati a momenti salienti di questo affascinante viaggio.

Nel primo incontro di giovedì 19 settembre alle ore 18.00Simona Faraone, una delle prime donne dj d’Europa e  Mauro “Boris” Borella, tra i fondatori e animatori dello storico club Link di Bologna, incalzati da Andrea Mi, accompagneranno il pubblico nelle sale della mostra Night Fever. Designing Club Culture 1960 –  Today. Dopo la visita, alle 20.00, seguirà un Dj Set di Simona Faraone.

Giovedì 19 settembre 

Ore 18.00 – 19.30 visita alla mostra Night Fever. Designing Club Culture 1960 – Today

Ore 20.00 Dj set di Simona Faraone

Ingresso

Visita e Dj set inclusi nel biglietto d’ingresso alla mostra (intero 10 euro, ridotto 7)

 

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ANDREA MI

https://www.controradio.it/wp-content/uploads/2019/09/my-fever-suoni-e-voci-della-club-culture-inetrvista-con-Andrea-Mi.mp3?_=1

 

INFO

Pecci Summer Live 2019

Anche per quest’anno il Centro Pecci ha deciso di animare il suo teatro all’aperto con una nuova edizione di Pecci Summer Live. I concerti saranno caratterizzati da una forte commistione di generi e di artisti  per evidenziare il carattere sperimentale e multidisciplinare della programmazione artistica del Centro. Tra i nomi annunciati il gruppo jazz-afrobeat britannico The Comet Is Coming, Yann Tiersen, J Mascis, Bombino con il suo blues subsahariano…

Il programma prevedeil gruppo jazz-afrobeat britannico The Comet Is Coming, il rock friulano dei Tre Allegri Ragazzi Morti, accompagnati dalla cumbia psichedelica di Cacao Mental e il folk bretone di Yann Tiersen, per poi arrivare all’indie rock di J Mascis e al blues subsahariano di Bombino. La serata conclusiva vedrà confrontarsi la performance ipnotica Zaleska di Caterina Palazzi, l’elettromagnetismo di OoopopoiooO e il rock anarchico-psichedelico dei Winstons.

Tutti i biglietti per i concerti saranno acquistabili in prevendita (info su www.centropecci.it) e consentono un ingresso ridotto, nel mese di luglio, alle mostre in corso al Centro Pecci (oltre Night Fever, il progetto di Aries, Jeremy Deller, David Sims, Wiltshire Before Christ e Rirkrit Tiravanija. Tomorrow Is the Question ).

THE COMET IS COMING

lunedì 8 luglio, ore 21.00

posto unico 15 + dp. / 18

prevendita Ticketone

apertura porte ore 20.30

Data unica italiana per l’estate.

Il Regno Unito è ormai una fucina di jazzisti di successo, a partire dal duo (ormai dissolto) Yussef Kamaal fino ai Shabaka and the Ancestors e i Sons of Kemet, due band guidate dal carismatico sassofonista Shabaka Hutchings. In questi anni Hutchings ha inaugurato anche un altro progetto insieme al tastierista Dan Leavers e al batterista Max Hallett: la band The Comet Is Coming, che fonde il jazz di Sun Ra e Pharoah Sanders con il funk, il rock e l’afrobeat.  È soprattutto la tastiera di Leavers a fare da tappeto sonoro, mentre Hutchings libera il suo sassofono e il clarinetto per aprire orizzonti cosmici. A tratti in alcuni passaggi ritmici sembra di sentire echi del grime, un sottogenere del rap molto popolare nel Regno Unito.

 

TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI + CACAO MENTAL

martedì 9 luglio, ore 21.00

posto unico 13 + dp. / 15

prevendita Ticketone

apertura porte ore 20.30

 

YANN TIERSEN

mercoledì 10 luglio, ore 21.00

in collaborazione con Fonderia Cultart

posto unico 40 + dp.

Il compositore minimalista Yann Tiersen (Brest, 23.06.1970) ritorna a Prato, esattamente a cinque anni di distanza dall’ultimo concerto, e questa volta per presentare dal vivo ALL, suo decimo album, uscito il 15 febbraio 2019. Il polistrumentista, conosciuto al grande pubblico per la colonna sonora del film Il favoloso mondo di Amelie (J.P. Jeunet, FR, 2001), torna in Italia dopo aver registrato tre sold-out nel tour invernale appena concluso. Abile polistrumentista di formazione classica e con interessi in ambito rock ed elettronico, Tiersen nella sua carriera è passato dalle composizioni classic-folk in chiave minimalista delle origini al successo planetario delle colonne sonore, smarcandosi infine dagli esordi per assecondare le recenti tendenze più sperimentali. Studi classici, anima rock, piglio avanguardistico: la musica di Yann Tiersen si nutre da sempre dell’armonioso incontro di ambiti agli antipodi, traducendoli man mano in un sound nel quale la tradizione delle origini va a braccetto con la sperimentazione degli anni più recenti.

La serata è organizzata in collaborazione con Fonderia CultArt.

 

J MASCIS

venerdì 12 luglio, ore 21.00

In collaborazione con Festival delle Colline

posto unico 18€ + d.p.
biglietti nei punti vendita Boxoffice Toscana
prevendita TicketOne  https://bit.ly/2HSYygD
apertura porte ore 20.30

In tour per presentare Elastic Days, il terzo album in studio da solista.

Mascis è un cantautore e un musicista incomparabile, un chitarrista eccezionale il cui stile ha influenzato più generazioni di solisti e band. Il suo suono fuzzy-noise ha influenzato l’indie-rock dagli anni Ottanta fino a oggi e con questo tour ci apprestiamo a ascoltare un Mascis quanto mai indie pop-rock, un lavoro in cui tira fuori tutto il suo talento di cantautore e chitarrista riconosciuto a livello internazionale.

La serata è organizzata in collaborazione con Il Festival delle Colline.

BOMBINO

martedì 16 luglio, ore 21.00

posto unico 14 + dp. / 18

prevendita circuito Ticketone

apertura porte ore 20.30

Bombino, pseudonimo di Goumar Almoctar (Agadez, 01.01.1980) è un chitarrista e cantautore nigerino di etnia tuareg. Ispirato dalla musica popolare della sua terra e da alcune leggende del rock come Jimi Hendrix e Mark Knopfler, comincia la carriera di musicista molto giovane, combinando la sua passione per il blues rock e per la chitarra elettrica con le sonorità tipiche dell’Africa subsahariana, creando uno stile personale e inconfondibile. A causa delle tensioni civili createsi in Niger negli anni novanta, è stato costretto ad emigrare in Algeria e Libia con la famiglia, dove ha vissuto per diversi anni. Nel maggio 2018 pubblica l’album Deran, registrato interamente in uno studio di Casablanca con la sua band, al quale segue un tour mondiale.

 

PECCI AVANT // ZALESKA + OOOPOPOIOOO + THE WINSTONS

mercoledì 17 luglio, ore 21.00

posto unico 10+ dp. / 14

prevendita circuito Ticketone

apertura porte ore 20.30

Leader della band italiana Sudoku Killer, la contrabbassista romana Caterina Palazzi presenta ZALESKA, nuovo progetto in solo più intimo e ipnotico, in cui linee melodiche si intrecciano a momenti dissonanti e rumoristici, creando una sorta di orchestrina funebre solitaria di bassi. Ogni composizione musicale è ispirata ad un attore che ha impersonificato il personaggio di Dracula nella cinematografia. Il nome del progetto infatti, si rifà a Zaleska: la figlia illegittima del voivoda Vlad Țepeș III, altresì noto come Dracula. 

INFO – PROGRAMMA

Kinkaleri al Museo Novecento

Firenze, 21 giugno 2019 – Una performance site specific intitolata Novecento, quella che i performer del gruppo Kinkaleri presenteranno lunedì 24 giugno dalle 18:30 alle 21 negli ambienti che ospitano la collezione permanente Alberto Della Ragione. Primo evento di un trittico che vedrà impegnati prossimamente tra luglio e ottobre il gruppo di ricerca e performance di Tel Aviv Public Movement e la coreografa e danzatrice Cristina Kristal Rizzo.

Con Novecento, Kinkaleri propone un percorso immaginario che mette in relazione alcune opere del XX secolo con il corpo danzante dei performer, un atto motorio che coinvolge la dinamica, l’immagine e la “scrittura”. Sì, perché i performer che si esibiranno faranno uso di un particolare codice – il CodiceK, inventato dagli stessi Kinkaleri -, un alfabeto gestuale che permette di trascrivere il simbolo alfabetico attraverso il proprio corpo, in continua dinamica nello spazio e nel tempo; una pratica coreografica dove una griglia rigida di traduzione tra alfabeto e gesto spalanca un luogo di libertà individuale sviluppando tutte le funzioni di un corpo impegnato in un movimento. La performance, realizzata nella sala della collezione permanente del Museo Novecento, nasce con la traduzione fisica/verbale dei titoli delle opere esposte, e instaura un dialogo tra il luogo che la contiene e il flusso di forme che produce. Come atto non unico, la performance sarà replicata, in modo sempre inedito, il 24 giugno e il 18 luglio prossimi.

“Un corpo si muove – spiegano i Kinkaleri- pronuncia attraverso se stesso cosa gli sta attorno in una prossemica gestuale senza tensione. Il corpo, come lo sguardo, si appropria dello lo spazio; nessun tentativo drammaturgico apparente, solo la persistenza. Esso traccia linee, costruisce forme, in un tempo dilatato; volume verso volumi nel silenzio di una sala dedita alla contemplazione, interrotto sporadicamente dal suono di alcune lettere pronunciate dalla sua bocca, che, come frecce colpiscono lo spazio, gli astanti, la storia dell’arte”.

“ Con il progetto Novecento di Kinkaleri – dice il direttore Sergio Risaliti – non solo avviamo un’ospitalità rivolta ai protagonisti della ricerca nel campo performativo e coreografico nazionale e internazionale, perché in questo caso si tratta anche di un affondo sul ‘corpo’ del patrimonio artistico del Museo stesso. Un’azione ermeneutica e creativa che serve a ridefinire e plasmare con altri linguaggi, diversi da quello espositivo e storico-artistico, la relazione del pubblico con le opere esposte nel Museo, agendo al tempo stesso sul doppio termine, o registro, di collezione e permanente, così come su quello di corpo e alfabeto. Questo di Kinkaleri è solo il primo episodio di un trittico che nei prossimi mesi vedrà coinvolti Public Movement (il 2 e 3 luglio) e Cristina Kristal Rizzo, un progetto all’insegna di una interdisciplinarietà che non può mancare al Museo Novecento”.

Kinkaleri nasce a Firenze nel 1995. I componenti si incontrano, unendo le loro esperienze e studi precedenti maturati in vari campi, con l’intenzione di realizzare dei progetti specifici, sollecitando quindi la volontà di operare intorno a delle idee concrete e curando sempre tutti gli aspetti necessari alle creazioni della propria attività. Kinkaleri opera fra sperimentazione teatrale, ricerca sul movimento, performance, installazioni, allestimenti, materiali sonori, cercando un linguaggio non sulla base di uno stile ma direttamente nell’evidenza di un oggetto. I lavori del gruppo hanno ricevuto ospitalità presso numerose programmazioni in Italia e all’estero, teatri, centri d’arte contemporanea, festival e spazi espositivi fra cui il Triennale/Teatro dell’Arte – Milano, Teatro Fabbricone – Prato, Teatro Grande – Brescia, Sophiensaele e KunstHalle Deutsche Bank – Berlino, Centre Pompidou – Parigi, Kaaitheater e KunstenFESTIVALdesArts – Bruxelles, Centro Pecci – Prato, Fondazione Gulbenkian – Lisbona, Kitazawa Town Hall – Tokyo, Oriental Pioneer Theatre – Pechino, Mercat de les flors – Barcellona, La Batie Festival – Ginevra, Festivan di Santarcangelo – Santarcangelo, Palazzo Strozzi – Firenze, Biennale Danza – Venezia, MAXXI – Roma. Dal 2001 Kinkaleri ha sede operativa a Prato nello spazioK, uno degli spazi dell’ex-area industriale Campolmi nel centro storico della città. Dal 2013 lo spazioK è Centro di Residenza Regionale sviluppando percorsi artistici appartenenti ai diversi campi della creazione e rivolti alle giovani generazioni, lo spazio è anche il luogo di is it my world? E Body To Be serie di appuntamenti curati dalla compagnia sulle arti della scena. Il gruppo è formato attualmente da Massimo Conti, Marco Mazzoni, Gina Monaco.

Ingresso libero fino ad esaurimento posti

Due mostre al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci

?Prato, presentate oggi, al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, due mostre per la primavera 2019.

La prima delle due mostre, dal titolo ‘Wiltshire Before Christ’, nasce dalla collaborazione tra l’artista Jeremy Deller, il marchio di streetwear Aries ed il fotografo di moda David Sims.

Mentre la seconda, ‘Tomorrow Is the Question’, presenta tre interventi di Rirkrit Tiravanija, artista noto internazionalmente per il coinvolgimento attivo del pubblico nei suoi progetti.

Prosegue così la linea definita dalla nuova direzione di Cristiana Perrella, in carica al Centro Pecci da un anno, aperta a linguaggi e punti di vista molteplici, che vede il museo come luogo accogliente di produzione, dibattito e promozione culturale impegnato nella ricerca artistica nel più ampio senso del termine, tra arte visiva, design e moda, performatività e teatro, con una particolare attenzione per la musica.

L’inaugurazione delle nuove mostre costituisce anche l’occasione per annunciare una nuova acquisizione nella collezione del Centro Pecci: Istogrammi d’architettura di Superstudio, installazione di 27 elementi ideata nel 1969, realizzata nel 2000.

L’opera è stata acquistata grazie al contributo di uno dei soci fondatori e va a incrementare la sezione della collezione del museo dedicata all’architettura radicale, che è una delle raccolte pubbliche più ricche su questo tema.

Gimmy Tranquillo ha intervistato la direttrice Cristiana Perrella:

https://www.controradio.it/wp-content/uploads/2019/04/190418_CENTRO-PECCI_PERRELLA.mp3?_=2

Prato: reading di e con Michele Serra al Pecci Books

Continua al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Pecci Books. Dialoghi con gli scrittori di oggi, la nuova rassegna di eventi dedicati all’approfondimento della letteratura contemporanea attraverso i suoi protagonistiGiovedì 7 marzo alle ore 18.00 si terrà un reading di e con Michele Serra. Gli incontri proseguiranno il 14 marzo con Annalena Benini e il 21 con Tomaso Montanari.

Tema degli incontri con gli scrittori la presentazione dei loro ultimi libri appena pubblicati, occasione per approfondire i temi ricorrenti e le poetiche degli autori stessi. La forma fluida degli incontri si rimodulerà a seconda degli ospiti, diventando di volta in volta incontro, talk, lecture, reading, intervista e molto altro. 

Michele Serra Errante è nato a Roma e cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. Scrive su “la Repubblica”, “L’Espresso”, “Vanity Fair”. Scrive per il teatro e ha scritto per la televisione. Ha fondato e diretto il settimanale satirico “Cuore”. Per Feltrinelli ha pubblicato, tra l’altro, Il nuovo che avanza (1989), Poetastro (1993), Il ragazzo mucca (1997), Canzoni politiche (2000), Cerimonie (2002), Gli sdraiati (2013), Ognuno potrebbe (2015), Il grande libro delle Amache (2017) e La sinistra e altre parole strane (2017).

Beate le bestie. Considerazioni in pubblico alla presenza di una mucca  tratto da La sinistra e altre parole strane. Postilla di 25 anni di amache, (Feltrinelli 2017)

Scrivere ogni giorno, per venticinque anni, la propria opinione sul giornale, è una forma di potere o una condanna? Un esercizio di stile o uno sfoggio maniacale, degno di un caso umano? Le parole, con la loro seduzione e le loro trappole, sono le protagoniste di questo monologo teatrale impudico e coinvolgente, comico e sentimentale. Tratto dal libro La sinistra e altre parole strane, nel quale Serra apre al lettore le porte della sua bottega di scrittura, Beate le bestie è un atto di amore nei confronti di un mestiere faticoso e fragile: scrivere. Le persone e le cose trattate nel corso degli anni – la politica, la società, i personaggi, la gente comune, il costume, la cultura – riemergono dal grande sacco delle parole scritte con intatta vitalità e qualche sorpresa. L’analisi del testo (text mining) aiuta Serra a dipanare la lunga matassa della propria scrittura. Il bandolo, come in ogni cosa, forse è nell’infanzia. Il finale è ancora da scrivere.

Giovedì 14 marzo, ore 18.00: incontro con Annalena Benini

Annalena Benini (Ferrara, 1975) è giornalista, editorialista e scrittrice. Dal 2001 scrive per «Il Foglio», occupandosi di cultura, storie, persone e libri, e ha fondato e cura l’inserto settimanale «Il Figlio». Ha pubblicato La scrittura o la vita. Dieci incontri dentro la letteratura (Rizzoli 2018). Per Einaudi ha curato l’antologia I Racconti delle donne, appena arrivato in libreria (2019). Vive a Roma.

I Racconti delle Donne (Einaudi, 2019)

Da Virginia Woolf a Chimamanda Ngozi Adichie, da Clarice Lispector a Patrizia Cavalli, le venti storie che animano questo libro sono prima di tutto meravigliose: con intelligenza, sincerità e ironia descrivono un mondo vivissimo e sempre in movimento. Annalena Benini compone un canone imprevisto e contemporaneo, in cui le donne riconosceranno molto di sé e gli uomini, oggetto d’amore e di guerra, potranno specchiarsi.

Giovedì 21 marzo, ore 18.00: incontro con Tomaso Montanari

Tomaso Montanari (1971) è professore ordinario di Storia dell’Arte moderna all’Università per Stranieri di Siena, dopo aver insegnato all’università della Tuscia, a Roma Tor Vergata e alla Federico II di Napoli. Si è sempre occupato della storia dell’arte del XVII secolo, cercando di rispondere alle domande poste dalle opere con tutti gli strumenti della disciplina: dalla filologia attributiva alla ricerca documentaria, dalla critica delle fonti testuali all’analisi dei significati, a una interpretazione storico-sociale. Per Einaudi ha scritto la postfazione ai due volumi de Le vite de’ pittori scultori e architetti moderni di Giovan Pietro Bellori (2009), A cosa serve Michelangelo? (2011), Il Barocco (2012), Costituzione incompiuta (2013, con Alice Leone, Paolo Maddalena e Salvatore Settis), Privati del patrimonio (2015), La libertà di Bernini (2016) con Vincenzo Trione, Contro le mostre (2017), Velázquez e il ritratto barocco(2018) e L’ora d’arte (2019).

L’ora d’arte (Einaudi, 2019)

L’ora d’arte, che in tanti vorrebbero cancellare dai programmi scolastici, dovrebbe invece essere la piú importante di tutte. Perché l’ora d’arte serve a diventare cittadini, a divertirci e commuoverci. Serve a imparare un alfabeto di conoscenze ed emozioni essenziali per abitare questo nostro mondo restando umani.

INFO:

www.centropecci.it

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