Gio 25 Apr 2024

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“Sciogli la coda dell’aragosta come riconquista della libertà”

E’ una delle battute del copione di Valzer di mezzanotte il 52esimo autodramma del Teatro Povero di Monticchiello che fino a domani (14 agosto) sprigiona per il borgo della Val d’Orcia tutta la sua potenza espressiva, fatti di genuina passione per il racconto, per l’oralità, per la condivisione frutto di una tessitura lunga un anno che coinvolge un paese, e che è essa stessa trama e sviluppo di riflessioni e tematiche sociali che coinvolgono l’umanità tutta.

Una scena di ‘Valzer di mezzanotte’

Una drammaturgia partecipata da un intero paese che si interroga su questioni cruciali per la comunità e in cui chi guarda può di riflesso riconoscersi e ritrovarsi. Il testo di quest’anno ideato, discusso e recitato dagli abitanti attori, sotto la guida e per la regia di Andrea Cresti ci porta a riflettere sulla nostre origini, su ciò che ognuno di noi può avere perso o svenduto in nome di un arricchimento materiale, e sul senso di solidarietà verso l’altro in quanto essere umano.

«Va tutto bene, il peggio è passato, il futuro sarà radioso, abbiamo agganciato la ripresa».  Viene ripetuto come un mantra autoassolutorio e autoconvincente durante una cena in cui conoscenti, invitati, commensali si ritrovano sperando di uscirne gonfi di ottimismo e con risultati prossimi al traguardo, ed invece il banchetto s’inceppa, il programma ha una falla: è quella che si rivela nel momento in cui le storie e convinzioni personali si scontrano, le idee di uguaglianza, accoglienza, solidarietà si frantumano negli egoismi di ognuno tra ricordi del passato, incomprensioni del presente, ansie per il futuro. E così ognuno si sente quell’aragosta, immobilizzata ma viva, fresca ma schiava, pronta per essere cucinata e lucidata per palati pronti a consumare e deglutire. E così da ‘ospiti’ si ritrovano ad essere ‘ostaggi’ e ‘richiedenti asilo’ in un naufragio intimo e collettivo in cui ognuno ha perso la propria meta, teme per il proprio futuro, anela una mano protesa, una terra che si avvicina, un approdo che lo faccia rinascere. Libero. Uguale. Umano.

p.s. quando vivi la rappresentazione a Monticchiello dall’attesa per lo spettacolo alla visita al borgo, fino allo spettacolo ed al commentar passeggiando a ‘sipario chiuso’, senti di essere tu stesso completamente immerso nell’autodramma, che è il paese. Ti ritrovi a cena con i bambini che di lì a poco prenderanno parte al copione; mentre ti avvii al teatro all’aperto vedi  che le luci nelle case vengono spente, gli abitanti escono con gli abiti di scena, chiudono le porte e si preparano ad entrare nella parte; finiti gli applausi ti ritrovi a bere una birra accanto ad uno dei tuoi ‘attori’ preferiti che in realtà è prima di tutto un abitante di Monticchiello ed è questo lo spaesamento magico che da oltre 50 anni si rinnova.

Chiara Brilli

 

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