Prato, Diocesi: green pass per preti e catechisti

La  disposizione  è contenuta in un decreto firmato dal vescovo di prato Giovanni Nerbini. La misura riguarda sacerdoti, diaconi e operatori pastorali che svolgono un servizio stabile e continuativo come catechisti, sacrestani, animatori, volontari della carità e addetti alla segreteria

Dovranno  sottoscrivere una autodichiarazione nella quale si esplicita di aver ricevuto il vaccino contro il Covid (con una dose da almeno 14 giorni o con entrambe le dosi), oppure di essere guariti dall’infezione da Sars-Cov-2 da non oltre 180 giorni oppure di aver conseguito l’esito negativo di un tampone molecolare effettuato entro le 72 ore o antigenico o salivare entro le 48 ore. La disposizione vale per  sacerdoti, diaconi e operatori pastorali che svolgono un servizio stabile e continuativo come catechisti, sacrestani, animatori, volontari della carità e addetti alla segreteria ed è contenuta  in un decreto firmato dal vescovo di Prato  Giovanni Nerbini.

“Dobbiamo educare ulteriormente il nostro senso di responsabilità che ci fa comprendere come il ruolo che svolgiamo come sacerdoti e laici impegnati in parrocchia richiede attenzioni non comuni che da una parte tutelano la salute delle persone, dall’altra mostrano un esempio di rispetto per gli altri”, spiega monsignor Giovanni Nerbini.

La Diocesi di Prato  ricorda anche che “i ragazzi e i bambini che frequentano il catechismo non sono tenuti a presentare la citata autodichiarazione né la certificazione verde per partecipare agli incontri. La stessa cosa vale per la catechesi degli adulti: la parrocchia non è obbligata alla verifica del green pass. Le riunioni devono comunque svolgersi nel rispetto dei protocolli anti Covid tenendo sempre il registro delle presenze dei partecipanti. Mentre in caso di convegni, manifestazioni, feste parrocchiali e in tutti gli eventi che non riguardano strettamente la catechesi o l’attività liturgica è necessario procedere alla verifica del certificato verde”.

Prato: facevano lavorare gli operai fino a 14 ore al giorno per 2 euro/ora, arrestati

Questa mattina il procuratore di Prato  Giuseppe Nicolosi ha illustrato i risultati di un’indagine condotta dalla Guardia di finanza e della polizia municipale

Due euro l’ora per 14 ore al giorno, fin quando un operaio si ribella, denuncia e  fa scattare inchiesta. Accade a prato dove degli impreditori che facevano lavorare gli operai fino a 14 ore al giorno per una paga oraria di 2 euro sono finiti in manette. Si trartta di  tre cittadini di origine cinese che impiegavano nove lavoratori – cinque africani e quattro cinesi. per loro l’accusa è di  sfruttamento della manodopera.

Questa mattina il procuratore di prato Giuseppe Nicolosi ha illustrato i risultati di un’indagine condotta dalla Guardia di finanza e della polizia municipale.

Ai domiciliari sono finite due donne di 40 e 50 anni e il marito di una di loro, quarantenne. Tutti e tre sono considerati i titolari di fatto della confezione ‘Venus Ark’ di via Toscana nel Macrolotto a Prato, (la stessa strada dove avvenne nel 2013 l’incendio della Teresa Moda in cui morirono tra le fiamme sette operai cinesi che vi alloggiavano pure) amministrata da un prestanome, anche lui cinese, il quale non è stato indagato.

L’inchiesta del sostituto procuratore Lorenzo Gestri ha avuto inizio con una denuncia presentata allo sportello anti-sfruttamento del Comune di Prato da un operaio nigeriano, che era stato assunto dai confezionisti cinesi e che si era ribellato al dover lavorare per loro tutto il giorno per pochi spiccioli. La Finanza e la Municipale hanno indagato sulle condizioni in cui lavoravano i suoi compagni di lavoro, che peraltro – è stato fatto rilevare – non hanno collaborato nella fase delle indagini temendo di essere licenziati. Gli africani sono tutti richiedenti asilo ospitati in due Centri di accoglienza straordinaria (Cas) di Prato e Poggio a Caiano. I responsabili dei Cas non si sarebbero accorti che i richiedenti asilo loro ospiti lavoravano per tutta la giornata rimanendo assenti.

Camorra: operazione a Firenze, bloccati anche finanziamenti Covid

Camorra: in corso d’esecuzione a Firenze e nelle province di Salerno, Prato, Latina, Verona e Potenza misure cautelari e perquisizioni per 13 indagati in un’operazione con la quale, si spiega, sono stati bloccati “l’ascesa di un clan camorristico e finanziamenti Covid”, condotta da Polizia e Guardia di finanza di Firenze, diretta dalla Dda fiorentina e coordinata dalla Dna. (il servizio di Chiara Brilli)

I reati ipotizzati a vario titolo sono associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa finalizzata a ricettazione, furto, detenzione e porto abusivo di armi ed esplosivi, riciclaggio, indebita percezione di erogazioni pubbliche, violazione delle norme sull’immigrazione.

La Polizia di Stato e la Guardia di Finanza di Firenze stanno eseguendo nel capoluogo toscano e in alcune località nelle province di Salerno, Prato, Latina, Verona e Potenza, misure cautelari e perquisizioni nell’ambito di un’operazione di polizia, diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia fiorentina e coordinata dalla Direzione Nazionale Antimafia, con la quale è stata fermata l’ascesa di un clan camorristico e sono stati bloccati finanziamenti covid. Sarebbero 10, secondo quanto appreso, gli arresti disposti dal gip di Firenze. Complessivamente sono in corso di esecuzione 13 misure cautelari.

I reati contestati a vario titolo, si fa sapere in una nota, sono quelli di associazione a delinquere, con l’aggravante mafiosa, finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio, ricettazione, furto, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco ed esplosivi, violazione della normativa in materia di immigrazione, all’indebita percezione di erogazioni pubbliche, nonché al riciclaggio e al reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.

Un’associazione criminale che agevolava la camorra svolgendo i suoi affari a Firenze, e i cui componenti si riunivano quasi ogni giorno in una pizzeria della città, acquistata subito dopo l’inizio della pandemia e poi finita al centro di una guerra tra clan culminata con l’esplosione di una bomba carta davanti al locale il 23 febbraio del 2021. E’ quanto scoperto dalle indagini della Dda di Firenze che questa mattina hanno portato a dieci arresti, di cui sette in carcere e tre ai domiciliari.
Sottoposti all’interdizione dall’esercizio dell’attività professionale un commercialista di Prato e un consulente del lavoro di Nocera Inferiore. Indagato anche un minorenne, sottoposto alla misura del collocamento in comunità. Disposto il sequestro preventivo di conti correnti e somme di denaro.
Secondo quanto riferito, le indagini, partite nel luglio 2020 e condotte da polizia e guardia di finanza, hanno permesso da subito di accertare che due fratelli avevano creato un nuovo gruppo criminale a Firenze, nato per agevolare un clan camorristico attivo a Salerno e al quale erano da ricondurre una pluralità di illeciti, commessi in diverse occasioni. La base del gruppo era la pizzeria, gestita dal fratello di un presunto capo clan, usata anche per lo stoccaggio del proventi degli affari illeciti. Sempre secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la bomba carta che esplose davanti al locale fu piazzata da associati di un clan rivale, arrivati dalla Campania per mettere a segno il blitz incendiario. La licenza per il locale, era stata ottenuta con la presentazione di una falsa dichiarazione sulla sussistenza dei requisiti di onorabilità del richiedente, non posseduti da quest’ultimo in quanto già destinatario di una misura di prevenzione personale a suo tempo adottata dal tribunale di Salerno. Sempre una falsa attestazione sarebbe stata usata affinché la società di gestione della pizzeria ottenesse indebitamente contributi a fondo perduto e finanziamenti con garanzia statale per 32mila euro grazie alle misure di sostegno alle imprese per il Covid. Le indagini, spiegano polizia e gdf, hanno anche impedito che l’organizzazione riuscisse a ottenere erogazioni per 90mila euro già richieste a due banche.
I proventi delle attività criminose sarebbero stati reinvestiti a Firenze e a Nocera Inferiore e usati anche per finanziare i sodali, ancora presenti nel territorio d’origine e coinvolti in una faida con un gruppo rivale, iniziata nel dicembre del 2020 al momento dell’uscita dal carcere del presunto capo clan, fratello del gestore della pizzeria fiorentina. Quest’ultimo  è accusato insieme ad altri indagati anche di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: per l’accusa avrebbe cercato di fare entrare in Italia almeno 15 cittadini del Bangladesh usando falsi contratti di assunzione e chiedendo a ciascuno di loro 1.500 euro.

Morte Luana D’Orazio: perizia, “orditoio al massimo e senza protezioni”

Morte Luana D’Orazio: il 3 maggio scorso la giovane è morta dopo essere stata trascinata nell’orditoio da una staffa, mentre il macchinario al quale era stata assegnata avrebbe viaggiato a velocità massima e senza protezioni: a ricostruire la dinamica dell’incidente mortale costato la vita alla 22enne in un’azienda tessile di Montemurlo è la consulenza depositata ieri al palazzo di giustizia di Prato, negli uffici della procura diretta da Giuseppe Nicolosi.

Tre gli indagati per omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele anti-infortunistiche: la titolare dell’azienda e suo marito  ritenuto dagli inquirenti gestore di fatto dell’azienda e il manutentore dei macchinari della ditta.

“Chi sa parli. I colleghi di Luana, se sanno qualcosa, ora devono dire come stanno le cose: devono avere il coraggio, non devono aver paura di perdere il posto di lavoro”. Così, nei giorni scorsi sul palco del Teatro dei Rinnovati a Siena Emma Marrazzo, madre di Luana D’Orazio, morta a 22 anni lo scorso 3 maggio dopo un incidente sul lavoro a Montemurlo, partecipando al forum nazionale sulla sicurezza sul lavoro ‘Safety meets culture’. “Luana era una persona coraggiosa – ha detto la madre – e non si sarebbe mai tirata indietro per denunciare delle ingiustizie se ne fosse stata a conoscenza”.
Nel corso del suo intervento Emma Marrazzo ha fatto più volte riferimento alla “tragedia che poteva essere evitata”, spiegando anche che dal giorno che aveva seguito l’incidente non ha mai più sentito la titolare della ditta in cui è morta la ventiduenne, indagata assieme al marito e al tecnico manutentore per i reati di omicidio colposo e rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.

La perizia del consulente nominato dalla procura di Prato sul macchinario nel quale è rimasta stritolata la 22enne è stata depositata ieri come ha anticipato nelle scorse ore il Corriere Fiorentino.

Prato, manifestazione Si Cobas spostata in piazza delle Carceri

Lo rende noto il sindacato con una nota. Appuntamento h.18:30 in piazza delle Carceri. Si Cobas: “decisione politica”

Doveva svolgersi in piazza del Comune, in occasione delle celebrazioni per la liberazione della città dal nazifascismo, ma la manifestazione indetta dal Si Cobas a sostegno della vertenza Texprint si terrà in piazza della Carceri per decisione della Questura.

“Il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza ha deciso di vietare lo svolgimento della manifestazione PRATO LIBERA DALLO SFRUTTAMENTO #insorgiamo in piazza del Comune.
Il motivo non poteva essere più pretestuoso: pericolo assembramenti. Non c’è bisogno di commentare” si legge nel comunicato del Si Cobas.

“Impossibile non notare che le istituzioni abbiamo avuto il tempo di riunirsi in Prefettura per benedire il divieto a manifestare, dopo aver rifiutato la convocazione del tavolo interistituzionale richiesto con lo sciopero della fame dai lavoratori della Texprint” aggiun ge il sindacato in un comunicati, denunciando “il divieto è politico ed è stato notificato a meno di 24 ore dalla manifestazione. Non ci stupiamo: è da venerdì scorso, da dopo il vergognoso sgombero degli operai Texprint, che Piazza del Comune è sotto occupazione militare di blindati e volanti di polizia, carabinieri e guardia di finanza”.

Secondo Si Cobas, “la denuncia dello sfruttamento selvaggio al Macrolotto sono incompatibili con l'”ordine pubblico”. Perché evidentemente l’ “ordine”, per chi la governa questa città, deve continuare ad essere quello dei turni di lavoro 12-14 ore al giorno e del lavoro nero e la “sicurezza” quella che porta centinaia di operai a perdere le dita e mutilarsi in copri in fabbrica. Firenze, nel giorno della Liberazione, dava la sua Piazza della Signoria ai lavoratori della GKN che da lì in cinquemila sfilavano in corteo per il centro città. E noi eravamo, come sempre, con loro. Questa invece è Prato”.

“Che tutto questo avvenga nel giorno della ricorrenza della Liberazione della città lo rende ancora più paradossale.La Questura ha autorizzato il concentramento della manifestazione in piazza delle Carceri. L’appuntamento è lì alle 18:30.Giunta Comunale, Prefettura e Questura fanno la guerra agli sfruttati, e non agli sfruttatori.Ma è troppo tardi. Non si può zittire l’urlo di riscatto che si alza dal Macrolotto. Il re è nudo. Solo un motivo in più per scendere tutti in piazza oggi. Pacificamente e con la determinazione di sempre2 conclude il comunicato dei Si Cobas

Texprint: convalidato arresto, sindacalisti scarcerati. Processo a marzo

Texprint: il giudice del tribunale di Prato ha convalidato i quattro arresti per resistenza effettuati ieri dalla polizia nel corso dello sgombero da piazza del Comune del presidio organizzato da Si Cobas per protestare contro i licenziamenti nella stamperia tessile Texprint, e nei successivi tafferugli avvenuti di fronte alla questura.

Il giudice ha poi disposto per i quattro manifestanti fermati – tre uomini e una donna – la scarcerazione senza adottare alcuna misura cauletare.
Il processo per direttissima è invece slittato al 3 marzo prossimo.
La procura aveva invece chiesto che venisse applicato ai quattro il divieto di dimora a Prato o in subordine l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Una volta liberati gli arrestati, le decine di persone che manifestavano sotto il tribunale in loro sostegno si sono allontanate.

Uno sgombero effettuato “con una violenza mai vista”. È questo il racconto che L.T., sindacalista Si Cobas, ha fatto all’agenzia Dire dell’intervento delle forze dell’ordine di per sciogliere  il presidio di alcuni lavoratori Texprint in piazza del Comune a Prato.

“Mi hanno afferrato da dietro, stringendomi il collo con un braccio”, racconta il sindacalista. “Mi mancava l’aria, non riuscivo neanche a parlare. Quando mi sono liberato ho detto ‘ho paura, così mi ammazzi’ e mi sono sentito rispondere ‘fai bene ad avere paura’”.

Ma L. si considera uno di quelli a cui “è andata bene: altri sono stati colpiti con il manganello ed il presidio è stato completamente distrutto”. Al presidio in piazza del Comune erano presenti 10 persone, 8 lavoratori e 2 sindacalisti, tutti in sciopero della fame da tre giorni.

Commenti e reazioni in Toscana dopo lo sgombero del presidio, con sciopero della fame, degli operai Texprint in piazza del Comune a Prato. Potere al popolo di Firenze parla di “complicità istituzionale con l’azienda” a cui “i lavoratori hanno opposto uno sciopero della fame e un presidio pacifico. La risposta sono stati manganelli e una decina di fermi violenti. Pd, questura e prefettura di prato, siete dalla parte sbagliata della storia e
prima o poi ve ne accorgerete”. Per il Pci “quello che stanno subendo da mesi i lavoratori della Texprint, nella totale indifferenza delle istituzioni locali, é inaccettabile e
dimostra chiaramente quanto il sistema sia ostile ai lavoratori che lottano per difendere i propri diritti.  Il Partito della Rifondazione Comunista della Toscana, commentando l’arresto di uno degli operai, sottolinea che “siamo alla repressione più brutale, il sindaco si dimetta e si ritirino le accuse ai lavoratori”.

“Il Comune di Prato da mesi sta sostenendo i lavoratori, attesi anche per lunedì prossimo presso  lo sportello anti-sfruttamento. Il Comune lavora con concretezza, inserendo i lavoratori che lo vogliono in un percorso di regolarizzazione e tutela contro lo sfruttamento lavorativo che denunciano. Un lavoro interistituzionale complesso, portato avanti da anni per tutti, compresi i lavoratori della Texprint. Questo è quello che facciamo, per i lavoratori la porta è sempre stata aperta. Forme di protesta contro ogni regola sono solo un danno per i lavoratori”. Così in una nota l’assessore alla cittadinanza del Comune di Prato Simone Mangani, intervenendo in merito allo sgombero.

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