Fievel Is Glauque, “Flaming Swords”. Disco della settimana.

Flaming Swords è l’LP di debutto di un ensemble che ruota attorno al pianista di Brooklyn Zach Phillips e alla cantante franco-belga Ma Clément. Come Fievel Is Glauque, la coppia e i loro compagni di band a rotazione si sono guadagnati una speciale reputazione per i live tanto da essere stati scelti dagli Stereolab come opening act delle date statunitensi.

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Phillips e Clément sono stati presentati dal loro comune amico (e poi collaboratore) Eric Kinny nel 2018. Phillips stava subaffittando lo studio di un amico a Bruxelles per un periodo, lavorando vagamente su un po’ di musica ma soprattutto in vacanza. Le cose hanno preso una piega inaspettata quando Phillips ha violentemente battuto la testa svenendo. Preoccupato che Phillips potesse subire un trauma cranico, Kinny chiamò una collega che aveva studiato infermieristica per diagnosticarlo. Quell’infermiera era proprio Clément. “Ci siamo incontrati perché avevamo bisogno di incontrarci. Questa è la mia interpretazione degli eventi”, da lì l’amiciciza che ha dato il via al duo jazz Fievel is Glauque. Nel 2021 pubblicano God’s Trashmen Sent to Right the Mess, una compilation di registrazioni fai-da-te low-fi (20 tracce e 34 minuti pubblicato in mono). “Alcune di quelle registrazioni provengono, letteralmente, dalla prima volta che siamo usciti insieme e abbiamo suonato alcune canzoni”, dice Phillips. “È molto poco professionale.” Il disco suona un po’ come se fosse stato registrato in una scatola di cartone ma cancellain modo inventivo i confini tra bossa nova, pop di metà secolo e free jazz.

Nel 2022 sono tornati con il loro vero e proprio album di debutto in studio che Phillips e Clément hanno registrato come parte di un settetto. Flaming Swords è un elegante mix retrofuturista/antimodernista di tropicalia, avant-jazz, groove anni ’70, musica modulare, Lo-Fi, punk, campioni di film, suonato quasi interamente come piccole vignette della durata massima di un paio di minuti.

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Flaming Swords, ha preso prese vita mentre Phillips viveva ancora una volta a Bruxelles. La musica è stata scritta più gradualmente rispetto al primo album. Clément andava nello spazio di Phillips una o due volte alla settimana per scrivere. Lo hanno fatto circa 25 volte e queste sessioni hanno prodotto circa 20 canzoni “non possiamo davvero stancarci l’uno dell’altro perché è così breve quando ci incontriamo, di solito. Ma è così intenso. Tutto deve accadere durante quelle poche settimane in cui ci incontriamo”.

Zach Phillipsdal Vermount, è un veterano dell’avanguardia, a trascorso gli anni 2010 usando il suo temperamento anticapitalista e senza fronzoli per plasmare l’etichetta OSR Tapes mentre suonava in gruppi underground come Blanche Blanche Blanche, Grendel’s Mother e Perfect Angels.

Quanto al nome, Fievel è un personaggio della serie di film d’animazione per bambini An American Tale (che Phillips e Clément si rifiutano di guardare) e “glauque” è una parola francese per una sfumatura di grigio bluastro.

Flaming Swords è il nostro “Disco della settimana“.

 

Sports Team, “Gupl!”. Disco della settimana.

“Una delle band più rivoluzionarie degli ultimi anni” recita il comunicato stampa. Ovviamente non è vero ma “Gulp!” è un divertente concentrato di indie rock, post-punk, esuberanze garage rock e testi politicizzati.
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GULP! è il secondo album dei londinesi Sports Team, guidati da Alex Rice, fulcro carismatico degli infuocati live della band, a metà fra Mick Jagger e Jarvis Cocker. Dopo i fortunati EP Winter Nets (2018) e Keep Walking! (2019) ci ha pensato il lockdown a penalizzare l’album d’esordio Deep Down Happy, del 2020. Più volte rimandato GULP! si nuove sui consueti territori in bilico fra indie rock, pub rock, post-punk, garage rock, ad accompagnare testi piuttosto arguti e sarcastici e violente invettive anti-capitalistiche.
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La band è stata elogiata dal Times per lo “spirito indomabile e il rifiuto a prendere le cose troppo sul serio” e da The Guardian per i “testi fortemente critici”.

L’album è stato anticipato da “R Entertainment”, brano che esplora “L’esperienza umana all’interno del fenomeno dell’intrattenimento, sollecitata dallo scroll infinito dei feed social e la folle e frenetica quantità di immagini con le quali abbiamo a che fare ogni giorno. Informazioni continuamente interrotte da annunci pubblicitari, news frammentate, ascoltate distrattamente, in attesa del prossimo input“.

Le vivide immagini che gli Sports Team offrono della Gran Bretagna moderna con le sue assurdità e delle debolezze e le frustrazioni dei giovani hanno portato il gruppo ad avere una appassionata fanbase, una specie di comunità che si riunisce ad ogni loro concerto.
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Però no, non è “una delle band più rivoluzionarie degli ultimi anni”, anche se inanella una serie di ottimi brani che ascolteremo insieme questa settimana promuovendo “Gulp!” a nostro “Disco della Settimana“.

Bruce Springsteen “Only The Strong Survive”. Disco della settimana.

Only The Strong Survive” è il nuovo album di Bruce Springsteen, una raccolta di 15 brani dal repertorio degli anni d’oro del soul reinterpretati dall’artista.

Only The Strong Survive”, che arriva a due anni di distanza da “Letter To You” (del 2020), celebra la musica e i leggendari cataloghi di Motown, Gamble and Huff e Stax: al suo interno, l’inconfondibile voce di Bruce Springsteen e i contributi musicali di The E Street Horns, gli arrangiamenti degli archi realizzati da Rob Mathes e i cori di Soozie Tyrell, Lisa Lowell, Michelle Moore, Curtis King Jr., Dennis Collins e Fonzi Thornton. I brani “Soul Days” e “I Forgot to Be Your Lover”, infine, sono arricchiti dalla leggendaria voce di Sam Moore.

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Realizzato al Thrill Hill Recording in New Jersey, l’album è prodotto da Ron Aniello, con Rob Lebret come ingegnere del suono e Jon Landau come produttore esecutivo.

Una operazione commerciale? Probabilmente, ma è innegabile il senso di liberatorio diverimento e la sincera passione del Boss per la musica che ha accompagnato la sua crescita musicale. Ed è proprio questo che rende estremamente godibile un album che purtroppo soffre di una produzione troppo patinata e “gonfia” che, più che agli anni ’60, guarda alla rilettura “ripulita” che del genere si fece negli anni ’80.

L’album è stato anticipato dal singolo “Do I Love You (Indeed I Do)”, originariamente interpretato e scritto da Frank Wilson.

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«Volevo fare un album in cui cantare e basta – commenta Bruce Springsteen – E quale musica migliore, per fare tutto questo, se non il repertorio americano degli anni sessanta e settanta? Ho preso ispirazione da Levi Stubbs, David Ruffin, Jimmy Ruffin, the Iceman Jerry Butler, Diana Ross, Dobie Gray, Scott Walker, tra gli altri. E ho provato a rendere giustizia a tutti loro e a tutti gli spettacolari autori di questa musica gloriosa. Il mio obiettivo è permettere al pubblico moderno di fare esperienza della bellezza e gioia di queste canzoni, così come ho fatto io fin dalla prima volta che le ho sentite. Spero che amiate ascoltarle tanto quanto ho amato io realizzarle».

Questa la tracklist dell’album e gli artisti che avevano originariamente reso noti i brani:

1. Only the Strong Survive
Jerry Butler
2. “Soul Days” (featuring Sam Moore) Dobie Gray
3. Nightshift
Commodores
4. Do I Love You (Indeed I Do) Frank Wilson
5. The Sun Ain’t Gonna Shine Anymore
Frankie Valli
6. Turn Back the Hands of Time
Tyrone Davis
7. When She Was My Girl
Four Tops
8. Hey, Western Union Man
Jerry Butler
9. I Wish It Would Rain
The Temptations
10. Don’t Play That Song
Ben E. King
11. “Any Other Way” William Bell
12. I Forgot to Be Your Lover” (featuring Sam Moore)
William Bell
13. 7 Rooms of Gloom Four Tops
14. What Becomes of the Brokenhearted
Jimmy Ruffin
15. Someday We’ll Be Together
Diana Ross & the Supremes

 

 

Il 2023 vedrà il ritorno on the road di Bruce Springsteen and The E Street Band, con una serie di date negli Stati Uniti e in Europa, inclusa l’Italia.

Only The Strong Survive” è il nostro “Disco della settimana

Phoenix “Alpha Zulu”. Disco della settimana.

Tornano gli alfieri del “french touch” con l’ennesimo gioiellino pop. “Alpha Zulu” è un disco interamente registrato all’interno di una sezione del Louvre, il Musée des Arts Décoratifs di Parigi.

Prodotto dalla band stessa e registrato al Musée des Arts Décoratifs di Parigi, che si trova all’interno del Palazzo del Louvre, “ALPHA ZULU” rappresenta i Phoenix all’opera su quello che sanno fare meglio: melodie accattivanti e disinvolte accompagnate da una produzione sempre innovativa in bilico tra electro pop, dance e indie pop vagamente psichedelico.
Il titolo e il testo di “Alpha Zulu” nascono da una frase che il frontman dei Phoenix, Thomas Mars, ha sentito ripetere alla radio da un pilota durante un volo turbolento, nel bel mezzo di una tempesta. L’urgenza della frase non lo ha più abbandonato e ha portato nel giro di breve alla nascita della nuova canzone della band che ha poi dato il titolo ll’album.
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Ad accompagnare l’anuncio del disco, la pubblicazione di “Tonight” un duetto con Ezra Koenig dei Vampire Weekend e subito a seguire “Winter Solstice” e l’omonima “Alpha Zulu.
Come leggiamo dalle note che accompagnano l’uscita del disco, quando a causa della pandemia si sono dovuti allontanare, nella primavera del 2020, sapevano che difficilmente si sarebbero visti di lì a breve. I Phoenix non erano abituati a lavorare singolarmente a nuova musica per cui in quei mesi di allontanamento non hanno prodotto nuove idee. Quando però sono stati finalmente in grado di rivedersi e riunirsi, mesi dopo, “we were almost in a trance“, ha affermato Christian. Oltre a questa nuova sensazione quasi ultraterrena, è arrivata l’opportunità di un nuovo incredibile luogo di registrazione. “We felt it would be a fantastic adventure to create something out of nothing in a museum,” ha detto Branco. “And so with the pandemic, we could live exactly this scene, to be alone in an empty museum.”.
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Durante il lockdown potevano accedere al museo solo attraverso una porta piuttosto distante che li costrungeva a una passeggiata di 10 minuti attraverso stanze buie e vuote, piene di storia  e di arte. Le torce del loro telefono illuminavano statue drappeggiate, quadri e anche il trono d’oro di Napoleone. “I was a bit afraid, when there was too much beauty around us, that to create something could be a bit hard,” ha affermato Christian. “But it was the opposite: we couldn’t stop producing music. In these first 10 days, we wrote almost all of the album.”.In questa occasione hanno navigato da soli in questa esplosione di creatività, guidati dallo spirito del compianto Philippe Zdar, il loro più profondo collaboratore e amico, scomparso nel 2019. “We lost more than ever, almost”, ha detto Christiam di Zdar, un bon vivant, il loro spirito guida nell’album di svolta  “Wolfgang Amadeus Phoenix”. “We had many moments where we could feel his ideas. Jeté, that’s a word he would say, when you’re throwing something very fast.” .
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L’incontro di emozioni, stili ed epoche nato dal folle incubatore stilistico che è stato il Musée des Arts Décoratifs ha dato i suoi frutti nella estrema eterogeneità di atmosfere e suggestioni che si riscontra nelle canzoni dell’album.
Lavorare al Musée ha in un certo senso portato i Phoenix al punto di partenza.
Da ragazzini cresciuti a Versailles, si erano ribellati all’opprimente classicismo francese intorno a cui erano cresciuti: l’idea che la cultura appartenesse a un museo. Eppure, ecco quattro dei più importanti ambasciatori culturali di Francia, che fanno il loro prossimo lavoro in uno spazio del genere. E la cosa ha funzionato perfettamente: lontano dalle mostre al Musée des Arts Décoratifs, il loro studio è diventato uno spazio di contenimento per un miscuglio di opere: Dalí accanto a pezzi medievali e sculture di Lalanne.“The backstage of the museum is like a mashup,” ha detto Deck “It’s very pop in a way – like how we make music.”.I Phoenix sono alla prese con un lungo tour mondiale. Il tour farà tappa anche in Italia, il 18 novembre, all’Alcatraz di Milano.Intanto, Alpha Zulu è il nostro “Disco della Settimana

Brant Bjork, “Bougainvillea Suite”. Disco della settimana.

Appena uscito in vinile, CD e digitale ‘Bougainvillea Suite’ è il nuovo album in studio del leggendario cantante californiano, polistrumentista e membro fondatore dei Kyuss, poi con Fu Manchu e Mondo Genrator, Brant Bjork, vera icona del movimento che prendeva il nome di “stoner rock”. Questo quattordicesimo album in studio vede la leggenda del rock desertico underground sfoggiare le influenze del blues rock e del soul degli anni ’60 incastonate su di un avvolgente e sinuoso tappeto sonoro registrato su 8 tracce, tra echi di  Cream, Sly & The Family Stone e Steppenwolf. ’Bougainvillea Suite’ vede la partecipazione dei compagni di band degli Stöner Ryan Güt alle percussioni e alle tastiere e Nick Oliveri alla voce e alla chitarra solista in ‘Bread For Butter’. Il disco è  stato mixato da Yosef Sanborn presso The Rad Cabin a Joshua Tree, CA, ed esce per l’etichetta italiana Heavy Psych Sounds. L’artwork è stato creato da Brant Bjork e Mario Lalli.

Brant Bjork“Questo è un disco agrodolce per me. Ci sono stati molti cambiamenti nella mia vita. Alcuni sono più positivi di altri. Ma è sempre una benedizione poter fare un disco e far arrivare la musica ai fan. Questo è l’ultimo disco registrato nel mio studio di Joshua Tree. Sto dicendo addio a un’epoca e sto guardando verso nuovi inizi”.

 

Ascolta qui l’intero album.
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“Bougainvillea Suite” è il nostro “Disco della settimana“.

G. Love & Special Sauce “Philadelphia Mississippi”. Disco della settimana.

Tanti ospiti importanti nel nuovo album di G. Love & Special Sauce, un immaginario viaggio sonoro nel cuore del Sud degli Stati Uniti tra blues old school e folk da una parte, funk e hip-hop dall’altra.
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La produzione è di Luther Dickinson dei North Mississippi All Stars per un progetto artistico imperniato su jam performance e collaborazioni con alfieri del blues contemporaneo come Alvin Youngblood Hart e Christone “Kingfish” Ingram e icone del rap quali Schoolly D e Speech. Il risultato, “Philadelphia Mississippi”, è un disco spontaneo e avventuroso in grado di gettare ponti tra generi, culture e generazioni diverse.

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L’avevamo perso di vista da anni, ma è un piacere ritrovare G.Love con un ottimo progetto che ottimizza ed elabora le intuizioni degli esordi, nei lontani anni ’90. Garrett Dutton, nato a Filadelfia, ha affinato la propria arte eclettica per quasi trent’anni. Unendo l’hip hop e il funk della sua nativa Filadelfia con varie sfumature del blues americano, sviluppando un suono che è sia ultramoderno che ricco di tradizione.

Oltre a G. Love alla chitarra, voce e armonica, presenta un cast stellare di ospiti speciali tra cui icone del blues come Alvin Youngblood Hart, Christone ‘Kingfish’ Ingram, Cam Kimbrough, RL Boyce, Jontavious Willis e Trenton Ayers oltre alle leggende del rap Freddie Foxxx, Speech degli Arrested Development e Schoolly D.
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Il disco è stato prodotto dal chitarrista/cantante dei North Mississippi All-Stars Luther Dickinson, il cui padre, Jim, aveva già prodotto nel 1995 “Coast to Coast Motel”.

Come suggerisce il titolo, “Philadelphia Mississippi” è una lettera d’amore sia alla nativa Philly, che allo stato meridionale che gli ha fornito la facinazione sonora per la storia del blues.

“Philadelphia Mississippi” è il nostro Disco della settimana.

Segui G.Love & Special Sauce sulla sua pagina ufficiale.

 

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