Disco della settimana: The Weather Station “Ignorance”

The Weather Station è il progetto della cantante folk canadese Tamara Lindeman, arrivata al traguardo del quinto album. Il primo lavoro per  Fat Possum, con un deciso cambio di passo verso una produzione classica e sofisticata.

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«Scrivo canzoni su cose che esistono» dice di sè, e in questo caso l’attenzione è su ambiente e cambiamenti climatici, ma senza alcuna retorica o pedanteria.

‘Ignorance’, nuovo capitolo della band guidata dalla musicista e attrice di Toronto Tamara Lindeman (già nota come Tamara Hope, in curriculum parecchi film e serie tv), è il nuovo album della settimana di Controradio. E’ appena uscito per Fat Possum, anticipato dai singoli ‘Atlantic’, ‘Robber’ e ‘Tried To tell You’.

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Rispetto alle prove precedenti caratterizzate da un cantautorato folk più intimista e sottotono con Ignorance la band alza sensibilmente il livello della produzione diventando più “pop” e fruibile”.  Grazie anche ad ad arrangiamenti “classici” e sofisticati.

Il nuovo album è stato registrato con una band composta dal batterista Kieran Adams, il bassista Ben Whiteley, il percussionista Philippe Melanson, Brodie West e Ryan Driver al sassofono e flauto, il tastierista Johnny Spence e la chitarrista Christine Bougie. Tamara Lindeman oltre a cantare e suonare piano e chitarra, ha scritto musica e testi e prodotto tutte le tracce del nuovo album insieme a Marcus Paquin.

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I video sono stati tutti diretti dalla poliedrica Tamara Lindeman, sempre più a suo agio nel ruolo di artista totale.

Il progetto è attivo dal 2006 ed è ad oggi tra le più interessanti realtà folk nordamericane, capaci si rifarsi tanto alle lezioni dei classici (evidente l’intenzione di confrontarsi con le produzioni di Joni Mitchell o Fleetwood Mac) quanto di rendere moderne le produzioni dei loro lavori.

Sito ufficiale della band: www.theweatherstation.net

Facebook: www.facebook.com/TheWeatherStn

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Disco della settimana: King Gizzard & The Lizard Wizard “L.W.”

Dopo gli Altin Gun, continua il nostro viaggio nei territori che uniscono psichedelia moderna e world music. A distanza di qualche mese dall’uscita di  “K.G.” i King Gizzard & The Lizard Wizard  fanno uscire “L.W.”, diciassettesimo album della australiana. Il nostro “Disco della settimana”.

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LW“ è l’ultimo tassello della cosiddetta “Microtonal Tuning Trilogy“ (gli intervalli più piccoli dei semitoni sono tipici della musica occidentale), composta dal diretto predecessore “KG“ e da “Flying Microtonal Banana”. L’album dei King Gizzard & The Lizard Wizard è stato anticipato dal singolo “O.N.E.”, accompagnato dal video diretto da Alex McLarren.

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Così ha descritto il disco Stu Mackenzie: “Questa volta volevamo fare nuova musica che fosse in qualche modo più colorata e che forse riflettesse le molte cose nuove che abbiamo imparato lungo la strada. Dopo aver registrato Flying Microtonal Banana, le canzoni si sono espanse mentre le abbiamo suonate dal vivo, e quindi ci siamo sentiti pronti per affrontare di nuovo il panorama microtonale. Non ci aspettavamo di realizzare questi due nuovi dischi, ma poiché sono stati registrati in un modo per noi nuovo – non essendo tutti nella stanza contemporaneamente – c’era la sensazione di essere quasi troppo preparati, il che non è assolutamente normale per noi. Qualunque cosa si intenda per normale”.

Nell’album il consueto mix di psichedelia acida, suoni stoner e prog, trip desertici e suggestioni mediorientali . Una formula ormai rodata che non sorprende ma sicuramente non stanca.

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La band figurava già nel cartellone del Primavera Sound Festival a Barcellona, ormai rimandato al 2022.

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Disco della settimana: Altin Gün “Yol”

La band di Amsterdam di orgine turca Altin Gün, torna con il nuovo album. Un potente mix di Anatolian rock, psichedelia folk turca e synth-pop dal tocco anni ’80.

La musica degli Altin Gun è un inconfondibile mix di rock anatolico, psichedelia folk e synth-pop dal tocco anni ’80. Come spesso accade per le loro composizioni anche i brani del nuovo disco si ispirano a classici della tradizione folk turca. Il nuovo disco flirta senza remore con il dancefloor, guidato dalla voce di Merve Dasdemir e influenzato dall’Europop e dalla musica turca.

Ora, dopo il lunghissimo tour prima della pandemia che li ha visti registrare un sold out dietro l’altro e una nomination ai Grammy del 2020 come Best Global Music Album, gli Altin Gun hanno pubblicato ‘Yol’ (trad. la strada), ancora su Glitterbeat Records.


I live degli Altin Gun negli ultimi anni hanno registrato sold out ovunque nel mondo e aiutato la band a diventare una delle più richieste dal circuito dei festival rock, indie e world music internazionali ottenendo una nomination ai Grammy del 2020 come Best Global Music Album. La band guidata dai due cantanti Merve Dasdemir e Erdinç Ecevit ha scritto e registrato il nuovo album durante la forzata quarantena del 2020. Coaudiuvati dal  team di produzione belga Asa Moto (Oliver Geerts and Gilles Noë) sempre fedeli alla missione di attualizzare il passato in chiave moderna ampliandone così anche la divulgazione.

Anche se i primi due estratti confermano un cambio di stile più “dancefloor oriented”, gli Altin Gun non hanno abbandonato il sound che li ha resi unici. Il loro maturo trademark psych-folk-rock influenzato dalla tradizione turca è ancora riconoscibilissimo in brani come ‘Sevda Olmasaydı’, ‘Maçka Yolları’, ‘Kara Toprak’ e ‘Yekte’. Ma non fatevi ingannare dalla ariosità e fruibilità “euro-pop” delle composizioni, i loro parenti più stretti, nel senso della attitudine freak, sono il lisergico sciamanesimo dei Goat il jazz oscuro di The Comet Is Coming, le mutazioni pulsanti di King Gizzard & The Lizard Wizard.

Per comprendere meglio il progetto il consiglio è di dare un’occhiata ai videoclip che accompagnano le canzoni.

Album info: https://glitterbeat.com/artists/altin-gun/ 

 

Disco della settimana: Django Django “Glowing in the Dark”

Quarto disco della band inglese dei Django Django. Tredici canzoni eclettiche, tra pop, psichedelia, elettronica e dance con la speciale partecipazione di Charlotte Ginsburg

Dalla seconda metà degli anni zero sono comparse una serie di band britanniche indie accomunate dallo stesso approccio sonoro mai racchiuse in una scena ben specifica come Metronomy, Hot Chip, Wild Beats e, appunto, Django Django.

Descritti dal The Guardian come “capaci di fare musica vicina alla perfezione”, sono conosciuti per il loro sound eclettico e sempre distante da facili classificazioni.

Glowing in the Dark, il loro quarto album di studio è incentrato sulla tematica della fuga: dalla disperazione, dalle costrizioni, dalla vita delle piccole città e anche, nei sogni, dalla terra.

La title track è costruita sui sample di uno degli album di spoken word di Dave Maclean, tra synth Moog e batteria in loop.  “Glowing in the Dark” è accompagnato da un video con luci stroboscopiche, creato dall’artista e illustratore emergente newyorkese Braulio Amado. Artista  che ha già lavorato con Roisin Murphy, The New York Times e molti altri.

Riguardo al video, Amado afferma: “Non volevo essere letterale facendo qualcosa che fosse ‘fosforescente’, quindi nella mia testa il video è in qualche modo una rappresentazione astratta del titolo del brano senza essere troppo esplicito. Volevo che sembrasse organico, volevo che sembrasse allucinato, vibrante e colorato. È stato fatto durante la pandemia, con Vinny che ha girato le scene per conto suo utilizzando uno schermo verde e l’iPhone. Volevo semplicemente tirarlo fuori da questi tempi strani che stiamo vivendo, per trasportarlo in un posto divertente e molto lontano da qui.”

Il precedente singolo “Spirals” inizia con un elegante synth che cresce in un inno alla speranza mai così attuale, utilizzando l’immagine del DNA per riflettere sul fatto che “i legami che abbiamo come esseri umani sono più forti delle differenze.” Il mini road movie “Waking Up” con i suoi richiami a T Rex e “Bonnie and Clyde” di Serge Gainsbourg potrebbe essere principalmente acustico e cantato dolcemente, ma esplode in un’attesa senza fiato, con la partecipazione della figlia di Gainsbourg, Charlotte alla voce. “Free From Gravity” potrebbe essere l’espressione più completa delle influenze della band che si uniscono, con bellissime melodie a cascata e archi che avvolgono una drum machine funky e una linea di basso implacabilmente contagiosa, per incarnare perfettamente il tema agrodolce del desiderio di ” sfuggire a tutto ciò che ti appesantisce ”.

Glowing in the Dark è disponibile dal 12 febbraio su vinile fosforescente in edizione limitata, vinile standard nero, CD e in digitale. Intanto lo potete ascoltare su Controradio .

Disco della Settimana: The Fleshtones “Face of the Screaming Werewolf”

Posticipato più volte a causa delle ben note questioni pandemiche esce finalmente l’album di una delle ultime band ancora in attività nate in quell’incredibile calderone che era sul finire degli anni ’70 il CBGB’s di New York, e The Fleshtones, nonostante tutto, si dimostrano ancora una band incredibilmete vitale e potente.

The Fleshtones sono una della band di garage rock più attive negli Stati Uniti. Dal 1976, anno della loro fondazione, Keith Streng, Peter Zaremba, Bill Milhizer e, successivamente, Ken Fox, hanno pubblicato 20 album, l’ultimo nel 2016, “The band drinks for free” (Yeproc), celebrava il quarantesimo anno di attività.

I leggendari garage-rockers noti per i loro live straordinariamente coinvolgenti ed eccitanti (per anni uno degli appuntamenti fissi del  cartellone dell’Auditorium Flog di Firenze), hanno pubblicato un nuovo Lp, si intitola “Face Of The Screaming Werewolf” ed esce su Yep Roc Records. Il disco più volte annunciato e posticipato, era stato anticipato dal singolo “Alex Trebek”.

Il disco, preceduto dal Live at Yep Roc 15: The Fleshtones il ventitreesimo in quarantacinque anni di carriera, mostra una band in una forma smagliante nelle mani di una ottima produzione in grado di snocciolare brani che non sfigurano affatto in confronto alla produzione “classica” della band. Tra gli undici brani la band di Peter Zaremba affronta anche la cover di Child Of The Moon dei Rolling Stones.

E’ quindi, ancora una volta, un antitodo alla “Super Sad Generation” in nostro nuovo Disco della Settimana!

Questa la tracklist:

1. Face Of The Screaming Werewolf
2. Alex Trebek
3. Spilling Blood (At The Rock & Roll Show)
4. Child Of The Moon
5. Manpower Debut
6. Swinging Planet X
7. You Gotta Love, Love
8. Violet Crumble, Cherry Ripe
9. Waiting On A Girl
10. The Show Is Over
11. Somerset Morning

Kiwi Jr. “Cooler Returns”, Disco della Settimana

Disco scanzonato e solare, decisamente in controtendenza rispetto alle contingenze pandemiche, Cooler Returns, il secondo disco dei canadesi Kiwi Jr uscito per Sub Pop, ci riporta dalle parti del jingle-jungle in salsa indie dei Modern Lovers di Jonathan Ritchman, Go-Betweens, Feelies, Pavement, Strokes e, perchè no? anche un po’ degli Housemartins.

Appena pubblicato per la storica Sub Pop, Cooler Returns è il nuovo disco dei Kiwi Jr. e arriva a solo un anno di distanza da Football Money, buon esordio via Mint Records che aveva puntato i riflettori sulla band di Charlottesville

Originari di Charlotteville nell’Isola del Principe Edoardo, i Kiwi Jr. si sono trasferiti nella più popolosa Toronto all’epoca dell’album d’esordio. La band, formata da Jeremy Gaudet (voce e chitarra), Brohan Moore (batteria), Mike Walker (basso) e Brian Murphy (chitarra), presenta nel suo secondo fulminante disco 13 brani in 35 minuti scarsi senza alcun riempitivo o sbavatura e suona esattamente come deve suonate un disco di buon sano “indie rock” old style con una esibitissima attitudine “slacker”.

Dal sito della band:
Cooler Returns – memories of Augusts past, unrepressed & transcribed fast – goes down easier thanks to meaningful changes enacted in 2019’s KiwiCares Pledge: delivering on a promise to transition from Crunchy to Smooth by 2021, the caveman chug of Football Money has been steamed & pressed with the purifying air of a saloon piano – operated with bow-tie untied – and a spring green side-salad of tentatively up-tempo organ taps & freshly fluted harmonica.

A chronically detuned spin of the dial through swivel-chair distractions & WFH daydreams, an immersive ctrl-tab deluge cycling through popular listicle distractions like the unentombing of Richard III, or the deja vu destruction of the Glasgow School of Art, Kiwi Jr sing this song to an indoor audience, crisscrossing canceled, every other prestige distraction source wrung dry, only songwriting remaining to deliver engrossing tales to the populace, just how I imagine it worked in the old days. Fixing loose ingredients into a sturdy whip, Kiwi jr beam in live from the 9-5, striding into 2021 with a mastered brainwave that comes equally from the back room of the record store as the penalty box. And how do we, left holding this box of deliberate entanglements, sign off to those as yet uninitiated, undecided, uncertain, unseen, absent return coordinates. Best Wishes, Warm Regards, Good Luck? Cooler Returns, Cooler Returns, C o o l e r  R e t u r n s !”

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