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Ven 25 Lug 2025
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Camion a fuoco, Comune Massarosa invita a ‘chiudere finestre’

Un camion che trasporta pacchi ha preso fuoco, per cause ancora da accertare, mentre transitava sulla bretella autostradale Lucca – Viareggio in prossimità della località Bozzano, nel comune di Massarosa (Lucca).

Le fiamme hanno interessato anche un bosco che costeggia l’autostrada e per questo motivo sono stati allertati i vigili del fuoco, i volontari dell’anticendio boschivo e della Protezione civile.

Sui social il Comune di Massarosa raccomanda di chiudere porte e finestre a Bozzano e zone limitrofe interessate.

L’incendio è attualmente in fase di contenimento ha percorso una superficie di circa un ettaro. Non ci sono stati feriti. Ad andare a fuoco un camion alimentato a metano che transitava sulla Bretella autostradale Lucca-Viareggio in direzione mare. L’autista, ha accostato in una delle piazzole di emergenza e le fiamme hanno coinvolto la vegetazione a fianco e una porzione di bosco.
L’autostrada è stata chiusa prima in direzione Viareggio, poi, per permettere le operazioni di soccorso, anche nell’altra direzione, visto lo svuotamento dal serbatoio di parte del metano. Sul posto sono intervenuti anche due elicotteri della Regione per spegnere l’incendio sia del mezzo pesante che nel bosco, insieme ai vigili del fuoco e volontari delle varie associazioni dell’anticendio boschivo e della Protezione civile. Le fiamme ed il fumo erano visibile da lontano. Sul posto anche la polizia stradale. Da terra il lavoro dei vigili del fuoco e del personale della protezione civile è stato estremamente difficoltoso, trattandosi di un’area boscata priva di vie di accesso. L’incendio e la successiva chiusura dell’autostrada, in un orario di punta, ha mandato in tilt il traffico con numerosi mezzi diretti verso mare bloccati in autostrada, mentre quelli diretti a Lucca sono stati fatti uscire dal casello di Massarosa per poi procedere lungo la Sarzanese che si è ben presto congestionata.

Chiazza di idrocarburi in Arno tra Ponte da Verrezzano e Ponte San Niccolò

La Protezione civile sta allestendo una diga di galleggianti per impedire lo scivolamento lungo il corso del fiume. Sul posto la vicesindaca Galgani e l’assessora Sparavigna.

Una chiazza di idrocarburi in Arno tra Ponte da Verrazzano e Ponte di San Niccolò. La scoperta è avvenuta nel tardo pomeriggio da parte del personale della Polizia Municipale che ha allertato i Vigili del Fuoco, i tecnici di Arpat e di Publiacqua e le squadre della Protezione Civile. Sul posto la vicesindaca Paola Galgani e l’assessora alla Protezione Civile Laura Sparavigna.

Mentre sono in corso accertamenti per capire la provenienza e le cause dello sversamento, è stato disposto un intervento per impedire lo scivolamento della chiazza lungo il corso del fiume all’altezza dell’alveo sotto lungarno Pecori Giraldi. In concreto con personale e mezzi della Protezione Civile è in corso di allestimento una sorta di diga da riva a riva realizzata con le galleggianti. “Stiamo avvisando le attività economiche e le attività sportive presenti sulle sponde e sull’alveo del fiume di questo intervento – spiegano Galgani e Sparavigna –. Intanto saranno effettuati approfondimenti per capire l’origine della chiazza di idrocarburi”.

Ddl femminicidio: commissioni pari opportunità, svolta storica

Così Anna De Gaio e Francesca Basanieri, rispettivamente presidente nazionale delle commissioni pari opportunità e presidente della commissione pari opportunità della Toscana, sull’approvazione in Senato del disegno di legge sul femminicidio.

Un primo, importantissimo, traguardo, una “svolta culturale” è la definizione bipartisan, di certo “quando si decide per la libertà e la piena parità dei diritti, non esiste colore politico. Stiamo costruendo una società più giusta in cui l’esercizio dei diritti non deve essere ostacolato dalle differenze di genere”. Così Anna De Gaio e Francesca Basanieri, rispettivamente presidente nazionale delle commissioni pari opportunità e presidente della commissione pari opportunità della Toscana, sull’approvazione in Senato del disegno di legge sul femminicidio.

“L’approvazione unanime in Senato del disegno di legge sul femminicidio segna una svolta storica – sottolinea in una nota De Gaio – e rappresenta la conquista di una società democratica e matura che, prendendo atto della gravità della condotta di chi uccide una donna, ha qualificato il delitto commesso come ‘atto di odio o di discriminazione o di prevaricazione o come atto di controllo o possesso o dominio in quanto donna, o in relazione al rifiuto della donna di instaurare o mantenere un rapporto affettivo o come atto di limitazione delle sue libertà individuali”.

“Esprimo – continua – soddisfazione per questo primo step, in attesa del passaggio alla Camera per l’approvazione definitiva, che introduce una fattispecie specifica di omicidio, aggiungendo il nuovo articolo 577 bis al codice penale. Questo intervento normativo va nella direzione della tutela dei diritti delle donne, contribuendo a creare una società più giusta e consapevole del problema della violenza di genere. Suggella, inoltre, l’impegno dello Stato a contrastare un fenomeno dilagante ed estremamente complesso per le sue molteplici implicazioni economiche, culturali, antropologiche, criminologiche e sociali”.

Per Basanieri, “siamo di fronte ad un traguardo importante, frutto di un lavoro congiunto del Parlamento che evidenzia ancora una volta, se mai ce ne fosse necessità, che la lotta contro la violenza sule donne e il raggiungimento della piena parità di diritti e di opportunità non ha colore politico ma è una lotta di civiltà e progresso. Chiamare il femminicidio finalmente con il suo nome significa riconoscerne la specificità rispetto agli altri reati violenti. Non è un omicidio frutto di un raptus, casuale e inaspettato, ma è sempre frutto di una cultura di odio contro le donne che genera incapacità di gestire le relazioni e di riconoscerne la libertà di scelta”.

Parà malato vince causa, contatto uranio e sostanze cancerogene

Dopo i no del ministero della Difesa il parà ‘vince’ la sua battaglia per il riconoscimento della dipendenza della sua patologia, linfoma di Hodgkin in fase avanzata diagnosticato nel 2014, da causa di servizio.

La Corte dei Conti toscana, come riporta l’edizione locale de Il Tirreno, ha riconosciuto che il militare, che aveva acquisito la specializzazione di mortaista e all’epoca in forza al 183mo Reggimento paracadutisti Nembo a Pistoia, si era ammalato di tumore stando a contatto con armi e munizioni dello Stato italiano. I giudici hanno accolto la richiesta del 40enne, e la relazione del consulente del parà che sottolinea come la causa determinane della malattia è stata “con molta probabilità lo ‘stretto contatto’ con una o più sostanze cancerogene (uranio impoverito, benzene, 1-3 butadiene e torio)”.

La malattia ha costretto il militare a pesanti cicli di chemioterapia e a due trapianti di midollo osseo, e lo ha anche reso sterile. Nelle sue mansioni il militare utilizzava solventi per la lubrificazione e la manutenzione di mortai e fucili, “utilizzando solventi contenuti in contenitori di plastica non etichettati”, e veniva a contatto con le polveri residue di combustione delle cariche esplosive. Era impegnato anche nella bonifica dei poligoni militari di Monte Romano (Viterbo), Foce sul Reno (Ravenna) e Capo Teulada (Cagliari) senza utilizzare alcun dispositivo di protezione individuale. Ci sono poi le missioni all’estero: due volte in Afghanistan, sempre con funzioni di mortaista e fuciliere.

La domanda di riconoscimento della dipendenza della patologia da causa di servizio (con contestuale richiesta di equo indennizzo), presentata nel giugno 2014, venne respinta dal ministero della Difesa, con la motivazione che “non risultano oggettivamente documentate esposizioni a fattori cancerogeni per la neoplasia in esame”. La Corte dei conti sottolinea, tra l’altro, le mancate risposte del ministero sulla composizione chimica dei solventi e di altre sostanze usate per la pulizia delle armi, “nonché l’esatta tipologia delle armi e munizioni utilizzate dal militare”

Shigella, anticorpo monoclonale capace protezione completa

Contro il batterio Shigella, sempre più resistente ai farmaci e causa di infezione intestinale potenzialmente fatale nei bambini sotto i cinque anni, scoperto un anticorpo monoclonale che si è dimostrato capace di una protezione completa grazie a uno studio ora pubblicato su Pnas.

Lo afferma Fondazione Toscana life sciences che ha coordinato la ricerca frutto della collaborazione con Università di Siena, Gsk vaccines institute for global health, University of Maryland, Ateneo di Napoli Federico II, Gsk-Siena, Cincinnati children’s hospital medical center, Institut Pasteur de Lille e Fondazione Biotecnopolo di Siena.

Il lavoro di ricerca ha portato alla scoperta di anticorpi monoclonali umani contro Shigella sonnei, una specie la cui prevalenza è in costante aumento in tutto il mondo ed è associata a infezioni spesso resistenti agli antibiotici oggi disponibili. Il team, si spiega, “ha isolato anticorpi generati in risposta a un vaccino sperimentale contro S.sonnei seguito da un’infezione umana controllata e li ha esaminati utilizzando un pannello di saggi high-throughput. Una molecola, in particolare, ha dimostrato una potente attività battericida in vitro e, quando testata ex vivo e in vivo, è stata capace di inibire l’invasione delle cellule epiteliali intestinali e di conferire una protezione completa dall’infezione da S.sonnei”.

La shigellosi, infezione intestinale causata dal batterio Shigella, evidenzia Tls, “rappresenta una sfida di salute pubblica globale che riguarda soprattutto i Paesi a basso e medio reddito, causando una notevole morbilità e mortalità soprattutto tra i bambini di età inferiore ai 5 anni” e l’Oms “ha incluso Shigella spp. tra gli agenti patogeni ad alto rischio per i quali sono urgentemente necessari nuovi strumenti profilattici e terapeutici”. Nel complesso, lo studio, afferma Tls, “fornisce un candidato anticorpo che, dopo le fasi di validazione clinica, potrebbe passare allo sviluppo industriale per essere sfruttato come nuovo strumento profilattico, terapeutico e diagnostico contro la shigellosi”

🎧 La procura di Firenze apre un fascicolo per omicidio colposo per la morte di Celeste P

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🎧 La procura di Firenze apre un fascicolo per omicidio colposo per la morte di Celeste P
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La procura di Firenze ha aperto un fascicolo per omicidio colposo per la morte di Celeste Pin, 64 anni. “Un atto inspiegabile”, dice Giovanni Galli dalle pagine della Nazione. Si cercano risposte nelle cartelle cliniche e anche nel cellulare.

La procura di Firenze ha aperto un fascicolo per omicidio colposo contro ignoti per la morte di Celeste Pin, 64 anni, l’ex difensore della Fiorentina trovato privo di vita due giorni nella sua abitazione sulle colline di Firenze.

Secondo una prima ricostruzione Pin si sarebbe suicidato, ma non sono stati trovati biglietti che spiegherebbero il perché. L’apertura del fascicolo si legherebbe alla necessita di fare una serie di accertamenti, come spiega in una nota il procuratore della Repubblica facenti funzioni, Giancarlo Dominijanni. Un atto che pare dovuto, quindi, che vuole fare luce sulla scomparsa inattesa di una persona definita dalla Sindaca di Firenze, Sara Funaro, “una bandiera che ora lascia un vuoto nella città”.

Un calciatore che ha scritto pagine importanti della squadra viola, dove approdò dopo aver esordito nel Perugia. Ci sono state altre maglie per Pin, una volta uscito dalla Fiorentina, ma è nel capoluogo toscano che l’ex difensore aveva scelto di rimanere e proseguire la sua carriera nel calcio divenendo dirigente. Una vita di successi, anche nel campo immobiliare, lavoro che svolgeva parallelamente da tempo.

Il suo carattere solare, come lo ha ricordato il presidente della Regione Eugenio Giani, fa sembrare questo epilogo anche più assurdo e inaccettabile. Un’analisi meticolosa su cartelle cliniche e cellulare potrà forse aiutare a capire quanto accaduto.