Ven 26 Apr 2024

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Ospedale Arezzo: Visita marito con foto e scritta’dentro tuta sono io’

Ricoverato nel reparto covid dell’ospedale di Arezzo da 15 giorni. La moglie è tornata a trovarlo con una grande foto con scritto ‘Dentro la tuta ci sono io’ attaccata alla tuta

Ricoverato da 15 giorni nel reparto Covid dell’ospedale di Arezzo, col respiratore, Sergio non riusciva a riconoscere, neanche dalla voce, la moglie Patrizia: era andato a trovarlo indossando la tuta e gli altri dispositivi che le lasciavano visibili solo gli occhi. La donna è tornata allora con una grande foto con scritto ‘Dentro la tuta ci sono io’ attaccata alla tuta.

Così l’uomo ha capito chi fosse. La la vicenda è stata raccontata oggi dalla Asl Toscana sud est. “La prima cosa che ha fatto – racconta Patrizia – è stata di accarezzare la foto. Era ancora un po’ incerto su chi ci fosse dietro maschera e dentro la tuta ma nessun dubbio su chi fosse la donna della foto: sua moglie. Quando mi ha riconosciuta, siamo scoppiati a piangere: è stato veramente un ritrovarsi dopo un viaggio terribile che avevamo fatto in solitudine, uno lontano dall’altra”.

Marito e moglie, 52 anni, si sono entrambi ammalati di Covid. Patrizia, maestra di religione, è stata contagiata in forma lieve ed è rimasta in isolamento a casa. Sergio, istruttore di scuola guida, invece il 15 febbraio è entrato in ospedale: solo ieri è stato spostato nelle cure intermedie. La moglie, guarita, ha avuto la possibilità di andarlo a trovare: “Quando l’ho visto sul letto – spiega – ho avuto la conferma di quanto fragili e deboli si sia durante la malattia. Soprattutto se si tagliano tutti i fili con la famiglia e gli amici. Se poi il contatto visivo avviene attraverso camici, visiera, doppia mascherina si rischia addirittura di non riconoscersi anche dopo 30 anni di matrimonio”. Così è stato con Sergio. La donna ha poi avuto l’idea di confezionarsi una sorta di ‘tesserino’. “Medici e infermieri sono angeli – spiega ancora -. Ma agli occhi di chi è disteso su un letto, con il viso coperto dalla maschera del respiratore sono come tanti soldatini anonimi. Non sono riconoscibili. anche gli operatori potrebbero avere grandi foto sulle tute di protezione”.

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