Mar 23 Apr 2024

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Firenze, il turismo e l’identità smarrita

Gli italiani sono un popolo meraviglioso: quante volte infatti  abbiamo sentito dire “questo Paese può vivere di arte e di cultura, grazie al turismo”?

Ed in effetti è così: un paese stracolmo di bellezze storico-artistiche e monumentali, paesaggistiche e naturali,  ha nella cultura e nella bellezza un motore eccezionale di sviluppo e di economie. Se poi ci mettiamo dentro anche il ‘patrimonio immateriale’ , ovvero il folclore secolare, gli stili di vita, le nostre tradizioni,  il cibo, il vino, le tipicità enogastronomiche, risulta evidente che stiamo parlando di un patrimonio unico al mondo, che naturalmente attira centinaia di milioni di turisti da tutto il mondo.
Il rovescio della medaglia è che il turismo di massa trasforma fin nell’intimo il volto dei nostri scenari urbani e rurali. Le dinamiche innescate dal movimento di milioni di persone per scopi legati al divertimento ed allo svago determina la vita e la struttura  dei nostri centri storici, va a ridisegnare i quartieri, incide profondamente anche nello sviluppo delle campagne, impone modelli di consumo e di produzione che a loro volta trasformano gli ambienti circostanti, compresi quelli sociali ed economici.
Insomma: non possiamo pretendere che la ricchezza del turismo di produca senza i turisti. Sarebbe un controsenso.

Quello che dobbiamo pretendere ed auspicare semmai  è che ci sia una gestione intelligente dei flussi ed una migliore distribuzione proventi economici che si determinano attraverso il turismo. Ma vaneggiare del ‘bel tempo andato’, di un’età dell’oro definitivamente sepolta sotto il peso del turismo di massa, non ha senso. Soprattutto quando, come spesso accade, questo ‘bel tempo’ è frutto in gran parte  delle nostre costruzioni storico-retoriche e nulla hanno a  che fare con la realtà.

Prendete il surreale dibattito sulle lastricature: si vaneggia di un passato (quale?) in cui le strade fossero tutte in pietra e si chiede che vangano messe ovunque, dimenticandosi che per secoli invece le vie urbane  furono in massima parte di terra battuta, anche nel cuore del Rinascimento. E che comunque la pietra era riservata ai luoghi di pregio più centrali. Il passato è sempre una costruzione immaginaria. Spesso immaginifica, che risente molto delle nostre nostalgie individuali e ci porta a trasfigurare la corretta  ricostruzione storica. Insomma: proprio chi dice di non voler trasformare Firenze nella Disneyland del Rinascimento, spinge inconsapevolmente verso questo paradosso.

Il turismo è una ricchezza. Lo è anche dal punto di vista della nostra identità.
Ad esempio, visto che si parla tanto di ‘artigianato’ e della necessità di preservarlo e promuoverlo, delle produzioni autoctone che vanno salvaguardate etc., va detto con chiarezza che tutto ciò sopravviverà solo grazie al turismo. Perché è il turista che cerca la ‘tipicità’ non il residente. Ed è il turista che chiede servizi di prossimità, laddove il residente va più volentieri a fare la spesa negli ipermercati.

Abbiamo bisogno di città vive e vivaci, non di simulacri di un passato che non torna.
Quindi bene le regole, bene gli investimenti, bene la ridistribuzione dei flussi e dei guadagni, ma, per favore, smettiamola con questo piagnisteo, che non fa giustizia nemmeno del nostro passato.

DOMENICO GUARINO

1 commento

  1. Da residente, non ho mai comprato articoli d’artigianato tipico e tradizionale, che non sono di mio gusto e soprattutto son fuori dalla portata delle mie tasche.
    Non ho nemmeno mai fatto acquisti nei prestigiosi negozi storici, cari assaettati e troppo spesso spocchiosi; alcuni di questi hanno chiuso senza che me ne sia accorto, se le insegne e gli arredi son stati conservati (le merci non le avevo guardate).
    Non mangio quasi mai nella ristorazione tipica, dato che non mi piace la cucina centro-toscana, mi limito ad accompagnare gli ospiti, molti dei quali pure non la amano.
    La spesa la faccio nella distribuzione medio-grande di vicinato (nel mio rione hard discount e supermercati si raggiungono a piedi), per comodità logistica e perché c’è maggior scelta.
    Non sono una mosca bianca, dato che i miei vicini in maggioranza consumano in modo molto simile al mio, e credo perciò che la fiorentinità sia davvero una costruzione retorica ad uso dei turisti, di chi li imita e di minoranze che vantano un pedigree.
    Trovo infine paradossale rivendicare pavimentazioni dignitose, se poi se ne deve coprire una grande fetta con le auto dei residenti parcheggiate sopra.

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