Il primo centro di giustizia riparativa a sorgere sarà a Firenze: il Comune ha già da dato la propria disponibilità. Ad annunciarlo nel corso di un convegno su carcere, inclusione sociale e comunità organizzato dalla Regione è stata l’assessora toscana alle politiche sociali Serena Spinelli. “Stiamo attendendo indicazioni ‘gestionali’ dal Ministero e l’attribuzione quindi delle risorse impegnate. Ci sono ancora alcuni punti da mettere a fuoco. Ma di fatto siamo pronti per partire”.
“Nel centro che apriremo lavoreranno sei mediatori: questo è il livello essenziale delle prestazioni fissato dal Ministero: dovremo monitorare se questo è sufficiente – aggiunge Spinelli -. I Lep sono stati infatti definiti sulla base delle risorse finanziarie a disposizione e non partendo da un ragionamento sui reali bisogni”.
L’occasione per parlare di giustizia riparativa è stata la tavola rotonda per presentare il libro ‘Oltre la vendetta. La giustizia riparativa in Italia’ edito nel.2025 da Laterza e scritto dal magistrato Marcello Bortolato, presidente del tribunale di sorveglianza di Firenze, e dal giornalista Edoardo Vigna.
La giustizia riparativa è oramai a tutti gli effetti una legge italiana. E’ parte della riforma Cartabia avviata nel 2022, che le ha dato una disciplina organica ampliandone i casi di applicazione. Regioni e Comuni sono soggetti chiamati da protagonisti ad organizzarne l’architettura, seduti insieme nelle conferenze locali che dovranno lavorare all’apertura dei centri di giustizia riparativa. Obiettivo finale: strutturare programmi che coinvolgano vittima, autore del reato e comunità, per comporre e risolvere le conseguenze del reato ed esprimere emozioni e bisogni, attraverso la partecipazione attiva e consensuale delle parti con l’assistenza di un mediatore. L’eventuale accordo avrà anche effetti positivi sull’esito del processo.
“Giustizia riparativa non vuol dire dimenticare il reato e chi l’ha compiuto” ricorda ancora Spinelli. Ma, è stato detto nel corso della tavola rotonda, “giustizia non può essere solo punizione”. E punizione non vuol dire solo carcere: numeri alla mano oggi in Italia, è stato ricordato, sono 62mila i detenuti, altre 100mila le persone sottoposte a misure alternative e tra 90 e 100 mila i liberi con sospensione delle pena.