WWF: “A Firenze non serve un aeroporto più grande, con ulteriore consumo di suolo”

Firenze, in concomitanza con la partenza del dibattito pubblico sul nuovo progetto della pista dell’aeroporto di Peretola, il Comitato Oasi Wwf Area Fiorentina: “Ribadisce il suo no al progetto di ampliamento, anche nella nuova versione”.

“Al di là dei dettagli tecnici del nuovo progetto, con una pista non più perfettamente parallela all’autostrada ma leggermente obliqua e con una lunghezza un po’ inferiore a quella del precedente progetto, – si legge nel comunicato – il WWF ribadisce come sia erronea l’impostazione di base della proposta”.

“A Firenze non serve un aeroporto più grande, con ulteriore consumo di suolo (a danno per altro delle poche aree verdi residue della Piana) e aumento dell’inquinamento, ma serve un migliore collegamento, in tempi e funzionalità, con l’aeroporto di Pisa”.

“Ricordiamo che la nostra Associazione è stata da sempre fermamente contraria all’ipotesi della nuova pista dell’aeroporto di Firenze per numerosi motivi che sono stati esplicitati più volte durante i vari momenti di confronto con gli atti di pianificazione pubblica”.

“Ricordiamo inoltre come la posizione del WWF non possa essere certo giudicata ‘di principio’ ma, al contrario, molto pratica e legata alla profonda conoscenza del territorio di cui si parla e del patrimonio ecologico paesaggistico presente. Il WWF è infatti da sempre attento alle problematiche della Piana Fiorentina e lavora da decenni in prima persona per darle un futuro attraverso la creazione e la tutela dei paesaggi più tipici di questo territorio che sono gli ecosistemi palustri, portando all’istituzione di ben due Oasi del Sistema Nazionale delle Aree Protette WWF, in collaborazione con gli Enti proprietari dei terreni, rispettivamente il Comune di Campi Bisenzio e l’Università degli Studi di Firenze: Oasi WWF Val di Rose e Oasi WWF Stagni di Stagni di Focognano”.

“Il progetto del nuovo aeroporto cancellerebbe completamente l’area di Val di Rose e sarebbe la prima volta in Italia che un’Oasi WWF viene spazzata via da una trasformazione urbanistica”.

“Se la nostra società intende davvero adottare la tanto decantata ‘transizione ecologica’, è l’ora di cambiare mentalità e approccio. E a poco servono progetti per abbellire o nascondere alcune strutture come il nuovo terminal, quando in realtà resta un enorme consumo di territorio e di risorse; ci servono invece soluzioni concrete per vivere in modo più sostenibile e utilizzare al meglio le risorse che abbiamo”.

Wwf: “Preoccupato degli impatti ambientali che le opere per il rigassificatore potranno avere”

Piombino (Livorno), il delegato del Wwf Italia per la Toscana, Roberto Marini, si dice “preoccupato degli impatti ambientali” che potranno avere i lavori per il rigassificatore

Il progetto è da mesi al centro di un grande dibattito locale e “al di là delle valutazioni sulle strategie energetiche sottese a tale scelta, il Wwf – dice Marini- è molto preoccupato degli impatti ambientali che le opere a terra necessarie per il rigassificatore potranno avere su un’area di grande valenza naturalistica protetta a livello nazionale e internazionale”.

In più di una occasione il Wwf Italia aveva evidenziato le problematiche che potevano legarsi agli impatti delle opere a terra per realizzare il rigassificatore. Soprattutto, continua Marini, “rispetto al sito ‘Padule Orti-Bottagone’ classificato come zona speciale di conservazione nonché zona di protezione della Rete Natura 2000 dall’Unione Europea”

“Il sito -continua il delegato Wwf- si sovrappone in buona parte alla Riserva naturale regionale ‘Padule Orti-Bottagone’ e rientra nella rete delle Oasi Wwf in base ad un accordo per attività di gestione e conservazione della biodiversità”

Il suddetto accordo è stato sottoscritto dal Wwf e dalla Regione Toscana e di conseguenza qualsiasi intervento in luogo merita “la massima cautela al fine di rispettare i valori di biodiversità che esso contiene e gli impegni assunti al riguardo dall’Italia a livello europeo ed internazionale”.

Per il l’associazione ambientalista l’importanza che il sito possiede va a richiedere una maggiore attenzione nei processi di valutazione per tutte le opere di messa a terra che si posizionano a circa 300 metri dall’area protetta.

“Un’attenzione – continua Marini- che, purtroppo, non si è riscontrata nella fase dello Studio di incidenza ambientale dove sono riportati dati tratti da studi anche di oltre dieci anni fa, tanto che tra quelle prese in considerazione mancano specie rarissime in Italia”.

“Non sono stati poi – conclude- adeguatamente valutati i possibili effetti sulla fauna, neppure per le specie prioritarie, a causa del passaggio di veicoli e mezzi meccanici durante la fase di cantiere. Le emissioni sonore potrebbero creare un disturbo significativo in fase di nidificazione per diverse specie protette e la ricaduta di polveri rilasciate in atmosfera potrebbe alterare in maniera significativa (per quanto temporanea) la qualità delle acque del Padule”.

WWF, il numero degli animali sul pianeta, si è ridotto in media del 69% nell’ultimo mezzo secolo. Esistono soluzioni concrete contro la perdita di biodiversità?

Londra, un nuovo rapporto del World Wildlife Fund (WWF) e della Zoological Society of London, che ha analizzato anni di dati sul numero degli di animali selvatici che ci sono in tutto il mondo, ha riscontrato una generale tendenza al ribasso della biodiversità della Terra.

Inoltre, secondo il Living Planet Index, una metrica che esiste da cinque decenni, le popolazioni animali nel mondo si sono ridotte in media del 69% tra il 1970 e il 2018. Sempre secondo il rapporto del WWF, il quadro si presenta differente nelle diverse regioni del globo.

Non tutte le popolazioni animali sono infatti diminuite: in alcune parti del mondo si sono registrati cambiamenti più drastici di altri. Nonostante ciò, gli esperti affermano che la forte perdita di biodiversità è un segnale chiaro e preoccupante di ciò che sta per accadere al mondo naturale.

Sviluppo delle infrastrutture, produzione di energia e deforestazione: queste le principali cause emerse dal rapporto. A queste si aggiunge il cambiamento climatico. Lo studio infatti suggerisce che quest’ultimo, che sta già scatenando effetti ad ampio raggio sulle specie vegetali e animali a livello globale, potrebbe diventare la principale causa di perdita di biodiversità se l’aumento delle temperature non sarà limitato a 1,5°C.

Marco Lambertini, direttore generale del WWF Internazionale, ha affermato che le crisi intrecciate della perdita di biodiversità e del cambiamento climatico sono già responsabili di una serie di problemi per l’uomo. Tra questi le migrazioni e le morti causate da condizioni meteorologiche estreme, la mancanza di accesso al cibo e all’acqua in molte zone del globo e l’aumento della diffusione di malattie zoonotiche, ossia quelle che possono essere trasmesse direttamente o indirettamente tra gli animali e l’uomo.

Per intervenire e prevenire i danni ambientali, i leader mondiali che si riuniranno a dicembre a Montreal in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità dovranno adottare misure importanti. Lambertini ha sottolineato come questa sia l’ultima occasione per fare qualcosa di concreto. Per il direttore livornese bisogna intraprendere azioni coraggiose, a volte anche drastiche, per raggiungere un futuro positivo. A poi lasciato al tempo il responso: con la fine di questo decennio si saprà se la lotta per le persone e la natura è stata vinta o persa.

Esistono delle soluzioni?

Un segnale di speranza ci sarebbe, sebbene non esista una cura immediata, gli esperti ritengono che esistano soluzioni concrete contro la perdita di biodiversità. Queste vanno dalla conservazione delle mangrovie a un sistema di baratto transfrontaliero in Africa, fino alla rimozione delle barriere migratorie per i pesci d’acqua dolce.

A queste macro-azioni si possono aggiungere dei piccoli ma significativi gesti che tutti possiamo apportare. Rebecca Shaw, scienziato capo del WWF, ha dichiarato in un’intervista che gli esseri umani hanno l’opportunità di cambiare il loro modo di agire a beneficio della natura cambiando i propri modelli di sviluppo.  Attraverso piccoli gesti giornalieri è possibile cambiare la direzione di questo declino della popolazione.

L’America Latina e i Caraibi hanno registrato un’enorme perdita media di popolazioni del 94% e l’Africa un calo del 66%, mentre il Nord America ha registrato solo un calo del 20% e l’Europa e l’Asia centrale hanno visto le proprie popolazioni di animali selvatici diminuire del 18%.

Secondo il WWF, questa disparità potrebbe essere dovuta al fatto che gran parte dello sviluppo in Nord America e in Europa è avvenuto prima del 1970, anno in cui sono iniziati i dati sulla perdita di biodiversità.

Giornata mondiale degli Squali, il 14 di luglio per ricordare che più del 50% delle specie di squali e razze nel Mediterraneo è minacciato di estinzione

Il 14 luglio è la Giornata mondiale degli Squali e il WWF lancia l’allarme: più del 50% delle specie di squali e razze nel Mediterraneo è minacciato di estinzione e dalla salute di questi animali iconici, in molti casi predatori all’apice della catena alimentare, dipende il benessere degli ecosistemi marini e delle altre specie.

Per la Giornata mondiale degli Squali, il WWF ricorda i progetti SafeSharks e Medbycatch, che ha portato avanti in questi anni in Italia e nel Mediterraneo, con i quali è stato possibile raccogliere dati essenziali per conoscere meglio queste specie così affascinanti e poter valutare quali siano le misure di gestione della pesca più adeguate da poter raccomandare.

Questi dati si trovano nel nuovo report WWF: “SafeSharks e Medbycatch: tutelare gli squali per Salvare il Mediterraneo”, pubblicato oggi nell’ambito della campagna #GenerAzioneMare, che raccoglie anche raccomandazioni per istituzioni e consumatori sull’importanza di salvaguardare squali e razze per la tutela del Mediterraneo.

Squali e razze sono indicatori della salute degli oceani. Purtroppo però, il 37.5 % delle specie di squali e razze nel mondo sono a rischio estinzione, dato che supera il 50% se riferito alle specie del Mediterraneo, con gravi conseguenze su tutto l’ecosistema marino. Questa situazione è provocata dalla pesca eccessiva, sia diretta (tra cui anche molta pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, per finalità sia alimentari che cosmetiche), sia indiretta a causa delle catture accidentali (bycatch) per cui queste specie finiscono vittime involontarie delle attività di pesca.

SafeSharks e Medbycatch sono due progetti internazionali, portati avanti in Italia insieme a Coispa Tecnologia & Ricerca, nati per migliorare le conoscenze sui tassi di cattura accidentale di specie vulnerabili in Mediterraneo e ingaggiare pescatori e autorità per garantire buone pratiche di gestione e mitigazione delle catture accidentali.

I due progetti hanno coinvolto i pescatori di Monopoli, che praticano la pesca con palangaro (lunga lenza di grosso diametro con inseriti a intervalli regolari spezzoni di lenza più sottile portanti ognuno un amo) al pesce spada nell’Adriatico meridionale, rendendoli attori fondamentali nelle fasi di ricerca e raccolta dei dati. La raccolta dati ha rivelato che le verdesche (Prionace glauca) rappresentano, in media, il 15% del pesce sbarcato: ogni sette pesci spada – in media- viene sbarcata una verdesca.

Ma ridurre un tale impatto è possibile. All’interno del progetto infatti, il monitoraggio mediante tag satellitari, applicati sulle verdesche accidentalmente pescate e poi successivamente liberate con il supporto dei pescatori, ha permesso di verificare che il 90% delle verdesche rilasciate sopravvive. Il rilascio in mare può quindi essere una valida misura gestionale per migliore lo stato delle popolazioni di verdesca. L’utilizzo degli ami circolari, testati al posto dei tradizionali ami a forma di J, sembra inoltre influire sulle condizioni degli animali alla cattura e potrebbe contribuire a migliorare la probabilità di sopravvivenza nel caso siano liberati. Grazie ai dati raccolti dai tag è anche emerso che le verdesche durante il giorno preferiscono nuotare in acque anche molto profonde fino oltre i 600 metri, mentre durante la notte cacciano in superficie, anche a pelo d’acqua.

Queste informazioni sono state la chiave per ideare una strategia di mitigazione basata sull’inversione notte-giorno delle operazioni di pesca. Importantissimo risultato del progetto, è stato infatti verificare che per le giornate di pesca in cui l’inversione delle attività di pesca è stata messa in atto, il bycatch di verdesche è stato ridotto a 0. Sebbene siano necessari ulteriori test per valutare i risultati di questa strategia in altre stagioni e gli effetti sulla cattura di pesce spada (i primi dati indicano una riduzione di cattura di circa il 30%), questo è un primo passo importante verso l’identificazione di misure gestionali adeguate.

“I progetti SafeSharks e Medbycatch ci hanno permesso di dimostrare che il tasso di cattura accidentale di verdesche in alcune attività di pesca è considerevole e non può essere ignorato, e che misure gestionali efficaci possono essere identificate insieme a ricercatori e pescatori. L’Italia deve implementare quanto prima un monitoraggio adeguato su scala nazionale insieme a concrete misure di mitigazione delle catture accidentali di elasmobranchi, come richiesto dalla Raccomandazione della Commissione Generale per la Pesca in Mediterraneo e Mar Nero del 2021 (GFCM 44/2021/16). Deve anche dotarsi quanto prima di un Piano d’Azione Nazionale sugli Elasmobranchi secondo le linee guida FAO e UE” afferma Giulia Prato, Responsabile Mare del WWF Italia.

Per proteggere queste specie nel Mediterraneo e nel mondo, secondo il WWF, è anche necessario poi cambiare le proprie abitudini di consumo, evitandone l’acquisto.

Mufloni del Giglio, iniziato il trasferimento

Isola Del Giglio, in provincia di Grosseto, sono iniziate le operazioni di eradicazione dei mufloni residenti nell’isola, che fa parte del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano.

I primi esemplari di mufloni, che sono stati catturati e trasportati dall’Ente Parco, hanno trovato accoglienza presso il Centro di recupero fauna di Semproniano e nei rifugi individuati da Lav e Wwf, dove saranno loro garantiti cure e protezione fino a fine vita naturale, e presso altre aree messe a disposizione dai carabinieri forestali.

Questo è quanto fanno sapere, in una nota congiunta, Lav e Wwf. “Certamente il tema del controllo delle specie individuate come aliene comporta visioni e sensibilità diverse. In questo caso, grazie anche alla disponibilità del Parco e alle norme che prevedono l’opportunità di prendere in considerazione metodi non letali nel caso di eradicazioni per fini di conservazione – dichiarano Lav e Wwf – abbiamo accettato di farci carico del mantenimento degli animali catturati e traslocati a cura del parco presso nostre strutture selezionate o messe a disposizione da altre associazioni e dai carabinieri forestali per garantirne la sopravvivenza nelle migliori condizioni possibili. Riteniamo quanto deciso una buona pratica che dimostra come è possibile trovare dei punti di mediazione pur partendo da impostazioni diverse”.

Una taglia per uccidere i lupi: Wwf pensa a denuncia contro allevatore senese

“Promettere una ‘taglia’ per l’uccisione di un lupo non è una semplice provocazione né una sfida ma un reato sanzionato penalmente.

Il lupo è una specie particolarmente protetta dalla legge e la sua cattura, detenzione e uccisione sono illegali, oltre ad essere eticamente riprovevoli. Chi incita a compiere questo reato grave e odioso, infatti, può essere denunciato per ‘istigazione a delinquere’, ipotesi che il Wwf sta valutando con i propri legali”. Lo scrive lo stesso Wwf in una nota diffusa contro un allevatore di bestiame di San Casciano dei Bagni (Siena) per dichiarazioni sulla presenza di lupi alla cronaca di Siena de La Nazione.

“Quanto dichiarato – accusa il Wwf – è anche offensivo nei confronti di tutti quegli allevatori che ogni giorno lavorano per garantire una coesistenza pacifica. Per poter ottenere
misure di prevenzione e indennizzi sono disponibili fondi pubblici. Inoltre uccidere un lupo potrebbe peggiorare gli impatti sugli allevamenti, destrutturando la struttura sociale dei branchi, come dimostrato da alcuni noti studi scientifici in Europa e Nord America.

Il Wwf chiede alle autorità preposte, in particolare ai Carabinieri Forestali, di attenzionare il caso e prendere gli opportuni provvedimenti, mentre al quotidiano che ha pubblicato la notizia si chiede di porre maggiore attenzione nei confronti di casi come questi, purtroppo non inusuali in alcune zone della Toscana. Per chi fa informazione, poi, usare toni e termini allarmistici come ‘strage’ o ‘mattanza’ è culturalmente sbagliato e potrebbe indurre nel pubblico una percezione del tutto sbagliata sulle abitudini predatorie dei lupi. L’unica via possibile è la collaborazione tra allevatori, istituzioni pubbliche (per risarcimenti rapidi che comunque vengono elargiti agli allevatori) e associazioni di protezione ambientale”.

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