Nardella: “Mi candido, a dare un contributo di idee: poi sulle vere e proprie candidature ufficiali vedremo nei prossimi giorni”

Firenze, il sindaco Dario Nardella, intervenendo in collegamento con Agorà su Rai3, risponde alle ormai frequenti domande sulla sua eventuale candidatura a segretario del Pd, facendo anche una analisi della situazione particolare che sta attraversando il suo partito in vista del congresso.

“Credo che la cosa importante oggi sia legare una leadership a delle proposte concrete, lavorando sulla massima apertura del Pd – ha detto Nardella – a questo mi candido, a dare un contributo di idee: poi sulle vere e proprie candidature ufficiali vedremo nei prossimi giorni, nelle prossime settimane”.

“Non mi tiro indietro, non nel lanciare un’autocandidatura, ma nel lavorare perché questo Pd si apra alle forze sociali, al mondo della cultura, al mondo dell’associazionismo”, ha affermato Nardella ricordando che “abbiamo promosso per fine novembre una iniziativa a Roma che possa far parlare chi oggi non si sente rappresentato nel Pd di oggi, non è dentro il Pd, ma vuole dare una mano, e pensa che sia fondamentale avere una forza democratica di centrosinistra che sia alternativa alle destre”.

Infatti, ha sottolineato il sindaco di Firenze, “rischiamo con questo congresso, che è decisivo e fondamentale per la rinascita del Pd, di schiacciarci solo su un posizionamento a favore di un candidato piuttosto di un altro, cosa già fatta in passato e che non ha portato però i risultati che ci attendevamo”. Invece, ha concluso, “la cosa importante è darci un profilo chiaro, un’identità e anche un’autonomia per fare poi un’opposizione credibile a questo governo”.

“Se il Pd non si dà un progetto, una missione, poi rischia di farsi fare il congresso da chi né fuori, ed è evidente la competizione, lo scontro che c’è tra 5 Stelle da un lato e il Terzo Polo dall’altro. Il mio partito, che è uscito come secondo partito dal voto, non può rimanere schiacciato da questa competizione”.

“Per questo ci serve il congresso – ha proseguito Nardella -, per darci forza e rimanere uniti, perché il congresso non sia una resa di conti tra gruppi di potere per cui chi vince prende tutto e chi perde se ne va, ci vuole una dialettica. Se siamo più forti e autonomi, possiamo costruire anche delle alleanze utili guardando a chi può essere più vicino alle nostre posizioni, se Conte o se il Terzo Polo”.

Secondo Nardella “non si costruisce un progetto politico con il rancore, credo che chiunque usi il metro del rancore nel mio partito sbagli. Penso che le alleanze siano opportune, talvolta anche necessarie: ma per fare alleanze devi avere un tuo profilo”

“Il Pd ha bisogno di ritrovare una sua identità, e io credo che questa debba essere basata sui temi del lavoro, la prima grande emergenza. Uno degli errori del passato del Pd, secondo me – ha proseguito -, è stato mettere in cima all’agenda troppe cose. Siamo stati preoccupati di avere una risposta per tutto, e non si è capito quale fosse la vera bandiera del nostro partito. Certamente per me quella del lavoro è la bandiera fondamentale, come ad esempio la questione fiscale, le tasse sul lavoro che in Italia sono troppo alte. Speriamo che questo governo faccia qualche atto concreto in questa direzione”.

Sul tema dell’immigrazione, Nardella ha osservato che “l’ultimo governo con un presidente Pd, Paolo Gentiloni, aveva firmato accordi importantissimi. Non è vero che non c’è stato un investimento sull’Africa. Gentiloni è stato in Tripolitania, è stato in Algeria, ha stretto accordi con la Tunisia, con il ministro Minniti si è affrontato in modo pragmatico il tema dell’immigrazione, senza esasperazioni, senza cercare il conflitto. Se invece la strategia è menare schiaffi alla Germania, alla Francia, la Spagna, perché così si pensa di avere un po’ di consenso, credo che non porti da nessuna parte”.

Bollo auto: Toscana, leva le agevolazioni per il noleggio senza autista

Novità per le auto a noleggio: la Regione Toscana si appresta ad approvare una legge per eliminare le agevolazioni per il noleggio senza conducente. In questo modo, anche questi ultimi dovranno pagare il bollo dell’auto.

Resta sospeso il pagamento per i veicoli consegnati per la rivendita, venduti o radiati. Formalizzata, invece, l’esenzione per le automediche al pari dei veicoli adibiti ad ambulanze di trasporto. È quanto prevede la proposta di legge licenziata con il voto favorevole di Iv e Pd, tra le cui file si è però astenuto il consigliere Gianni Anselmi, e quello contrario di gruppo misto – Toscana Domani, Lega e Fdi.

La Giunta della Toscana ha anche chiesto per l’approvazione una ‘procedura d’urgenza’ considerato che gli adeguamenti sul bollo auto devono essere approvati entro il 10 novembre. È stata quindi fissata il 2 novembre una seduta straordinaria del Consiglio regionale.

Se gli uffici della Giunta hanno definito la norma un “adeguamento normativo derivante da un decreto legge del 2019”, la vicepresidente della commissione Elisa Tozzi (Gruppo Misto – Toscana Domani) ha stigmatizzato che si proceda quest’anno mentre nulla è stato fatto nel 2021. Per Marco Casucci (Lega) e Francesco Torselli (Fdi) non c’è invece alcun obbligo normativo, inoltre chiedere una procedura d’urgenza e fissare una seduta straordinaria significa “non voler far esprimere il Consiglio regionale”.

Quanto al surplus di risorse che dovrebbe incamerare la Regione con l’adeguamento, calcolato da Torselli in circa 9 milioni di euro, non è chiaro come verrà impiegato. La normativa, si spiega, imporrebbe di destinare i proventi della tassa automobilistica per incentivare investimenti sul territorio: “Secondo quanto già riferito dal governatore della Toscana attraverso organi di stampa, queste risorse dovrebbero essere destinate alla sanità, ma come e quali interventi non sono affatto noti”.

Sollevato poi da Anselmi il problema dei trapiantati, sui quali è doveroso un approfondimento. In sede di dichiarazione di voto Stefano Scaramelli (Italia Viva) ha appoggiato la proposta di legge per “senso di responsabilità” e come “atto di fiducia. Vogliamo però una discussione e un confronto in Aula per conoscere come verranno utilizzate queste risorse”.

Pd: dopo il silenzio Lotti attacca i vertici

“Commessi errori enormi, non si ricostruisce solo con congresso, dobbiamo chiederci  chi siamo’ scrive Lotti in una nota.

era scomparso dalla scena. Si era chiuso in un silenzio impenetrabile, negandosi anche ai più fidati collaboratori. Dopo la delusione e le ruggini legate alla mancata candidatura, oggi Luca Lotti, ex plenipotenziario di Matteo Renzi, poi capocorrente di Base Democratica una volta rimasto nel PD, torna sulla scena politica. e lo fa con un lungo post su FB, in cui, pur con parole misurate, lancia un attacco durissimo ai vertici del partito.

“La vita mi ha insegnato che sono poche le persone che vedendo i propri errori sanno riconoscere le proprie responsabilità. In quest’ultimo periodo sono stati commessi errori enormi: mi auguro che per il bene del Pd ci sia una assunzione di responsabilità altrettanto grande, sia a livello nazionale che in Toscana”scrive Lotti.

Che aggiunge “più che provare a capire da dove ripartire, dobbiamo prima saper rispondere alla domanda chi siamo? Non credo che un congresso divisivo sui nomi o sul dilemma ‘Conte sì, Conte no’ se affrontato così possa dare una risposta”.

“Facevo parte della classe dirigente che nel 2018 subì quella che venne definita la ‘peggiore sconfitta’ del Pd e del centrosinistra dal Dopoguerra – sottolinea Lotti -. Adesso quella sconfitta è diventata la ‘seconda peggiore’, superata da quella del 25 settembre. Cinque anni fa, giustamente, partirono processi e accuse all’allora segreteria che poi si presentò dimissionaria all’assemblea e innescò il percorso congressuale. Oggi vedo invece un clima di autoassoluzione generale che guarda al congresso come alla panacea di tutti i mali”.

Per Lotti il Pd “non si ricostruisce solo con un congresso o rinchiudendosi nei gruppi parlamentari, altrimenti si compie lo stesso errore commesso nel post 2018”. “Il primo grande errore che è stato commesso è non aver cambiato la legge elettorale”, spiega ancora, poi “come Pd abbiamo lanciato le Agorà, un progetto che ho condiviso. Abbiamo detto di voler allargare: giusto. Ma lo abbiamo fatto costruendo un cartello elettorale, che fin da subito è apparso privo di strategia, e soprattutto lo abbiamo fatto senza parlarne, senza capire perché e lo abbiamo fatto senza spiegarlo a nessuno”.

“La politica non si fa solo stando in Parlamento – conclude Lotti-. Certo ritengo di aver subito un’ingiustizia rispetto a scelte spiegate con motivazioni imbarazzanti e da chi si è nascosto nell’ombra della propria viltà. Le cattiverie lette o l’ipocrisia che ho visto nei miei confronti farebbe venire voglia di lasciare andare tutto. Ma la politica non ti lascia e non si lascia abbandonare così”.

Enrico Rossi: “Letta fa una mossa astuta”. “Mi metterò a lavoro, perché quanti più compagni e amici possibile si iscrivano a questa piattaforma”

Firenze, Enrico Rossi, ex presidente della Regione Toscana, sulla sua pagina Facebook ufficiale, esprime il suo supporto al percorso in quattro fasi, proposto da Enrico Letta, a sua volta con un post su Facebook, che dovrebbe portare il Partito Democratico, ad un “vero Congresso Costituente”.

“Letta fa una mossa astuta – scrive Enrico Rossi – e in un solo colpo spiazza tutti i dirigenti che per conservare la propria posizione avrebbero voluto un congresso ‘votificio’ con correnti blindate. Soprattutto ferma la corsa alle numerose autocandidature che si sono fatte avanti in questi giorni e apre una costituente in cui tutti, elettori e militanti, potranno partecipare a pieno titolo, animando il congresso, a partire da una semplice e importante scelta: iscrivendosi e rispondendo alla “chiamata” per la piattaforma “Italia democratica e progressista”.

Enrico Rossi fa riferimento alla prima fase del Piano di Letta, la ‘chiamata’: “Durerà alcune settimane perché chi vuole partecipare a questa missione costituente, che parte dall’esperienza della lista “Italia Democratica e Progressista”, possa iscriversi ed essere protagonista in tutto e per tutto”.

“Per poi entrare nel merito e ridiscutere a tutto campo quelli che Letta chiama ‘nodi’: identità, nome, simbolo, alleanze, organizzazione. Voi che ne pensate? A me sembra una svolta importante”, continua Enrico Rossi con riferimento alla seconda fase del programma di Letta: “La seconda fase sarà quella dei ‘nodi’. Consentirà ai partecipanti di confrontarsi su tutte le principali questioni da risolvere. Quando dico tutte, intendo proprio tutte: l’identità, il profilo programmatico, il nome, il simbolo, le alleanze, l’organizzazione. E quando parlo di dibattito profondo e aperto, mi riferisco al lavoro nei circoli, ma anche a percorsi di partecipazione sperimentati con successo con le Agorà Democratiche”.

La terza fase del percorso di Letta viene definita come “quella del ‘confronto’ sulle candidature emerse tra i partecipanti al percorso costituente. Un confronto e una selezione per arrivare a due candidature tra tutte, da sottoporre poi al giudizio degli elettori”.

Ed infine la quarta fase porterà sarà “quella delle ‘primarie’. Saranno i cittadini a indicare e legittimare la nuova leadership attraverso il voto”.

“Aggiungo che essendo stato candidato in prima persona in un collegio uninominale proprio per ‘Italia democratica e progressista’ – conclude il suo post Enrico Rossi – credo che sia una scelta giusta e per questo mi metterò a lavoro, perché quanti più compagni e amici possibile si iscrivano a questa piattaforma, per partecipare alla costituente e spostare a sinistra l’asse politico, l’identità e conseguentemente le nostre alleanze. Inizia un percorso inedito per cambiare veramente il partito democratico e costruirne uno nuovo, più grande e di sinistra”.

Nardella: “Non abbiamo chiaro qual è il blocco sociale che vogliamo davvero rappresentare”

Firenze, il sindaco Dario Nardella, a margine della presentazione della stagione 2022-23 del Teatro di Rifredi, ha fatto alcune valutazioni politiche sui risultati elettorali come la sconfitta a livello nazionale del Partito Democratico e la sua tenuta invece, a livello cittadino.

“Dobbiamo analizzare i voti, – ha spiegato il sindaco Nardella – il primo punto serio di crisi del nostro partito è che abbiamo perso la nostra missione. Non abbiamo chiaro qual è il blocco sociale che vogliamo davvero rappresentare. Dobbiamo fare un lavoro serio, anche doloroso ma necessario per ripartire da zero, cominciando da questa domanda: quali valore e quale parte dell’Italia il Pd rappresenta? A Firenze abbiamo vinto non perché Firenze storicamente è di sinistra, anzi. Abbiamo vinto perché abbiamo lavorato sulle periferie”.

Nardella ha ricordato che il successo di Firenze è perché il Comune è stato a “contatto con i ceti più poveri, abbiamo poi investito sulla sicurezza e affrontato temi che a sinistra sono tabù come la sicurezza urbana. Ci siamo anche differenziati da un’idea di sicurezza di destra proponendo una idea più attinente ai nostri valori. Abbiamo investito sul trasporto: non basta essere ambientalisti a parole, abbiamo messo da parte l’ambientalismo da salotto e ne abbiamo fatto uno concreto, pragmatico, investendo sulle tramvie e realizzando piste ciclabili. Abbiamo fatto poi un grande sforzo sulle politiche sociali: non li abbiamo mai tagliati”.

Il sindaco Nardella ha poi parlato anche “dell’attenzione agli anziani, ai senza tetto, alle persone svantaggiate. Abbiamo avuto un approccio sui temi dell’immigrazione molto pragmatico e non ideologico”.

“La vittoria a Firenze non nasce dal nulla, non nasce da un voto storico. Non esiste più un voto storico, le persone cambiano idea e lo abbiamo visto. Io credo che dobbiamo partire dalle buone esperienze che abbiamo nelle tante città, non solo a Firenze”.

E alla nostra domanda sull’eventualità di esportare quello che lui chiama modello Firenze a livello nazionale Nardella ha risposto: “Io non voglio imporre o esportare il modello Firenze. Parlo solo della nostra esperienza concreta di centrosinistra pragmatico, di governo della città che è più forte nelle periferie che nella Ztl”.

Giani: “Riflettere sugli errori compiuti”. “Il Pd dovrà cercare di collegare dai 5 Stelle a Calenda e Renzi”

Firenze, Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana, parlando dei risultati elettorali, a margine di un convegno alla Fondazione Spadolini, riconoscendo la vittoria elettorale a livello nazionale di Fratelli d’Italia, ha auspicato una riflessione sugli errori compiuti da parte del Partito Democratico.

“Per quello che riguarda il Pd, – ha detto il presidente Giani – occorrerà molto riflettere sugli errori compiuti, e su un approccio diverso che deve essere costruito all’insegna di un rinnovamento, di una rigenerazione della politica, dei contenuti, soprattutto del sistema di alleanze per il domani”.

“Una lettura del sistema elettorale – ha affermato Giani – doveva imporre uno sforzo maggiore per creare delle alleanze: i collegi uninominali sembravano tutti già decisi nel momento in cui poi il risultato del centrodestra, se andiamo a guardare i numeri, è di chi governerà col 43-44%, quindi non avendo la maggioranza assoluta nel paese”.

Secondo Giani “va riconosciuto che la vittoria del centrodestra è stata netta a livello nazionale, e va constatato come Giorgia Meloni acquisti un profilo che lascia in ombra la Lega e in secondo luogo Forza Italia”.

“Il Pd dovrà cercare di collegare, anche in vista di elezioni comunali importanti come ci saranno l’anno prossimo, dai 5 Stelle alle forze di centro di Calenda e Renzi. A Conte va dato atto di aver fatto una campagna elettorale brillante – ha aggiunto – fondata molto su una logica forte di opposizione, però indubbiamente attrattiva soprattutto in alcune aree del paese”.

Secondo Giani, peraltro, “se andiamo a vedere, la maggioranza in Regione Toscana è fondata sul rapporto fra il centro e la sinistra. Io ho come vicepresidente Stefania Saccardi, e Stefano Scaramelli – ha detto, parlando dei due esponenti di Italia Viva – è vicepresidente del Consiglio regionale. Se sommiamo il centro e la sinistra noi abbiamo il 5% in più del centrodestra, quindi per la Toscana, per l’Emilia-Romagna, la situazione ancora legittima il governo regionale di centrosinistra”.

Tuttavia, ha concluso il governatore toscano, “è indubbio che il Pd non può prescindere da tutte le analisi che ci portano a fare un po’ di esame di coscienza sui candidati sui programmi, sull’approccio verso gli elettori, sull’interpretare i bisogni veri della gente”.

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