Renzi: “Obiettivo è arrivare al 5%”, e lancia la campagna ‘Dammi il 5’

Firenze, in un’intervista all’Adnkronos Matteo Renzi, leader di Italia Viva, ha dichiarato che per le Elezioni politiche 2022, “l’obiettivo è arrivare al 5%, siamo convinti di poterci arrivare”.

Il numero cinque sembra essere per Renzi il numero chiave per queste elezioni; infatti, dalla sua Enews lancia anche la campagna ‘Dammi il 5’: “Abbiamo superato i 2mila volontari in un giorno e mezzo. Stiamo preparando la Leopolda, che si svolgerà nei giorni 1, 2 e 3 settembre e si chiamerà ‘Dammi il 5’: chiederemo a ciascuno di portare 5 amici, c’è grande entusiasmo attorno a questa iniziativa”, sottolinea Renzi.

“Questa campagna elettorale sarà molto difficile – avvisa poi Renzi nella sua Enews – Ma sarà anche breve e dovrà essere ispirata a due parole: coraggio e libertà. Il coraggio di dire le cose come stanno. Senza incertezze, mediazioni, compromessi: diremo la verità su questi anni e sui prossimi che verranno. Siamo gli unici che volevano Draghi e che hanno combattuto contro tutti per averlo, mentre altri dicevano ‘Conte o morte’. La libertà di rischiare, la libertà di sognare, la libertà di provarci” .

“Quanto alle alleanze -spiega poi Renzi accennando la sua strategia politica – siamo pronti ad allearci con chi ha voglia di costruire un progetto serio per il Paese. Se le alleanze devono servirci per racimolare tre seggi non ci interessa: le poltrone contano ma le idee contano di più. Noi siamo pronti, in campo, anche da soli”.

“Alla Leopolda ci guarderemo negli occhi e ci scopriremo, una volta di più, coraggiosi. E liberi e forti. – conclude Renzi parlando al suo crowd – I deboli e ricattatati non stanno con noi”.

Banca Etruria: tutti assolti perchè fatto non sussiste, anche Pierluigi Boschi

Arezzo – La pena richiesta era di un anno per Pierluigi Boschi e altri tre dirigenti: Nataloni, Nanniperi e Bugno. Maria Elena Boschi: “Oggi ho pianto”. Renzi: “Mostri non eravamo noi”.

Tutti assolti, perché il fatto non sussiste, i 14 imputati del processo sul filone consulenze d’oro alla ex Banca Etruria. La sentenza è stata pronunciata questa mattina dalla giudice di Arezzo, Ada Grignani. Al tribunale il pm Angela Masiello aveva chiesto il massimo della pena (1 anno) per Pierluigi Boschi, padre dell’ex ministro Maria Elena ed ex vicepresidente di Etruria, e per altri tre dirigenti cioè Luciano Nataloni, Claudia Bugno e Luigi Nannipieri. Per gli altri imputati erano state chieste condanne da 8 a 10 mesi. Ma il verdetto è di assoluzione con formula piena.

Quella di oggi è una sentenza relativa ad uno dei numerosi procedimenti penali incardinati dopo la debacle dell’istituto di credito aretino. Secondo la procura, le consulenze avrebbero pesato sulla situazione di Banca Etruria per circa 4 milioni di euro. Erano incarichi affidati dall’istituto di credito a societa specializzate per valutare, analizzare e poi avviare il processo di fusione con un istituto di elevato standing per evitare il crac. A proporre lo scenario della fusione furono le autorità bancarie che avevano individuato in Banca Popolare di Vicenza il possibile partner dell’operazione. Le consulenze d’oro furono affidate comunque, ma nulla di quanto analizzato e valutato si concretizzò: i pm hanno parlato di ‘consulenze inutili’ e ‘ripetitive’.

L’assoluzione del tribunale di Arezzo, però è arrivata anche grazie alle arringhe finali degli avvocati della difesa i quali hanno tutti sostenuto che non ci furono “operazioni imprudenti, piuttosto un’azione doverosa rispetto a quanto chiesto da Banca d’Italia” ovvero “dare una risposta sulla fusione entro una precisa data” e per questo “i vertici di Banca Etruria – hanno sostenuto gli avvocati – si sono mossi affidando ai migliori advisor d’Italia le consulenze”.

“Oggi ho pianto. Avevo giurato a me stessa che non avrei mai pianto per Banca Etruria. Oggi l’ho fatto. E non ho paura di ammetterlo in pubblico. Ho pianto come una bambina, in ufficio, alla Camera. Ho pianto perché mio padre è stato assolto dall’ultima accusa che gli veniva mossa su Banca Etruria. Con oggi si chiude un calvario lungo sette anni. E si chiude nell’unico modo possibile: con la certezza che mio padre era innocente”. Lo scrive in un post su Facebook Maria Elena Boschi, presidente dei deputati di Italia Viva, commentando l’assoluzione del padre Pier Luigi.

“La verità giudiziaria non cambia niente per me: ho sempre saputo che mio padre è stato attaccato sui media e non solo per colpire altri. Ma oggi la verità giudiziaria stabilisce ciò che io ho sempre saputo nel mio cuore: mio padre è innocente. E ora – aggiunge – lo sanno tutti, non solo la sua famiglia. Lo sa il popolo italiano, nel cui nome la sentenza è stata pronunciata. Lo sanno le Istituzioni di questo Paese che io ho servito con dignità e onore. Lo sanno gli avversari politici che mi hanno chiesto le dimissioni per reati che mio padre non aveva fatto. Lo sanno i talk che hanno fatto intere trasmissioni contro di me e di noi e che non dedicheranno spazio a questa vicenda. Lo sanno gli odiatori che mi hanno insultato spesso con violenza verbale e frasi sessiste nel silenzio complice e imbarazzato di tanti”.

“Questa vicenda – sottolinea – ha segnato la mia vita e la mia carriera molto più di quanto uno possa pensare: ma le lacrime di oggi sono lacrime di gioia e di speranza. Perché nessuno debba subire quello che ha subito la mia famiglia. Combatterò per una giustizia giusta. E ringrazio quei tanti magistrati che in ogni angolo del Paese fanno prevalere il diritto sull’ingiustizia. Grazie a chi mi è stato vicino. Ti voglio bene babbo”.

“Oggi molti avversari politici, ospiti dei talk, odiatori dovrebbero mettersi in fila e dire una cosa sola: scusa. Non lo faranno. Ma quello che è sempre più chiaro è che i mostri non eravamo noi. Un abbraccio a tutta la famiglia Boschi”. Così un in tweet il leader di Iv Matteo Renzi.

🎧 Matteo Renzi presenta a Firenze il suo nuovo libro: ‘Il Mostro’

Firenze – Matteo Renzi accusa la magistratura fiorentina. Dall’inchiesta Open, al caso David Rossi, passando per l’omicidio del bambino a Scarperia e ancora, il caso Menarini e la querela al vicepresidente del Csm, David Ermini.

In podcast un estratto della conferenza stampa di Matteo Renzi con i giornalisti, a cura di Lorenzo Braccini. 

Matteo Renzi ha presentato il suo nuovo libro ‘Il Mostro. Inchieste, scandali e dossier. Come provano a distruggerti l’immagine, a Firenze, al Mandela Forum. 189 pagine in cui il senatore di Italia Viva ed ex premier, fa i nomi e cognomi dei magistrati fiorentini. Denuncia l’operato di Giuseppe Creazzo, Antonino Nastasi e Luca Turco nelle varie vicende che hanno occupato la sua vita privata e giudiziaria negli ultimi dieci anni.

Renzi nel libro parla del caso Open, dell’accusa dei finanziamenti illeciti. La tesi del libro è: come posso fidarmi dei magistrati che indagano su di me quando loro stessi hanno uno molestato una collega, il secondo arrestato e indagato buona parte della famiglia Renzi, il terzo contaminato la scena del crimine del caso David Rossi.

Il libro dell’ex sindaco di Firenze, ricostruisce le ultime vicende legate alla magistratura, dal caso Palamara alla loggia Ungheria. Su David Ermini ha detto, “è vicepresidente del Csm perchè è stato portato lì da un accordo tra Luca Palamara, Cosimo Ferri e Luca Lotti. Questa è la verità. Smentitela, se volete. Se siete in grado fatelo. Io c’ero, lo so come sono andate le cose. L’idea che Palamara sia il colpevole di tutto che Ferri vada messo sotto procedimento disciplinare del Csm, che Lotti fosse l’unico politico che era in grado di parlare con i magistrati è una barzelletta che non fa ridere. Ma è il tentativo del Csm, senza riuscirci di pulirsi la coscienza”.

“Quanto a David,  – continua Renzi parlando di Ermini – è una persona alla quale mi unisce un percorso molto serio. Io ho fatto una giunta provinciale per portarlo in Consiglio perchè non era stato eletto, poi l’esperienza del 2009, quella del 2013, la ricandidatura del 2018. Ne riconosco i tratti caratteriali, se egli ritiene di avere qualcosa da dirmi in tribunale, non vedo l’ora che lo faccia”.

Secondo Renzi “Palamara, Lotti e Ferri hanno eletto Ermini, gli altri volevano eleggere qualcun altro. Orlando con Martina voleva mettere nel Csm un altro candidato, il professor Luciani”. Renzi ha ricordato l’elezione di Giovanni Legnini a vicepresidente del Csm nel 2014: “Quando ero presidente del Consiglio il candidato a presidente del Csm era l’avvocato Calvi. Una mattina Roberto Speranza capogruppo Pd alla Camera, Andrea Orlando ministro e Luca Lotti si incontrano a Palazzo Chigi, nella stanza di Lotti, fanno fuori Calvi e mettono Legnini. Guardate, non è uno scandalo, la politica è questo”.

Sulla crisi di Governo Matteo Renzi si è riferito al leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte e ha detto, “se vuoi aprire una crisi non fai un tweet al giorno, fai dimettere i ministri: dopo un anno e mezzo Conte dovrebbe aver capito com’è andata. Conte non ne azzecca una”, ha aggiunto Renzi, secondo cui l’ex premier del M5s “in realtà non riesce a convincere neanche i suoi: quindi – ha ironizzato – un affettuoso saluto a Letta per il duro lavoro che deve fare”.

Non sono mancate neanche parole sulla riforma elettrale. “La riforma elettorale? Non ci credo nemmeno se li vedo – ha detto ancora Matteo Renzi -, ma se la fanno, bene: noi siamo per l’elezione diretta del premier. Si parla di difendere la democrazia – ha aggiunto – ma in Italia abbiamo un problema: questa legislatura è partita con una maggioranza euroscettica, ed è finita con l’ex presidente della Bce come premier. Non c’è un collegamento fra il voto dei cittadini e le scelte dell’esecutivo. Per noi l’unica legge elettorale è quella per i sindaci. Non credo che siamo in condizioni di cambiare legge elettorale: la destra è convinta di vincere, e la sinistra non ha un’idea. Il proporzionale chiama le preferenze: ve li immaginate i grillini con le preferenze?”.

Processo genitori Renzi: chiesta conferma delle condanne in primo grado

Firenze – Il processo ai genitori di Renzi è stato rinviato al 7 luglio prossimo per gli interventi della parte civile e dei difensori.

Il procuratore generale Filippo Di Benedetto ha chiesto la conferma delle condanne di primo grado al processo di appello per l’inchiesta su due presunte fatture emesse da loro società che vede imputati a Firenze Tiziano Renzi e Laura Bovoli, genitori dell’ex premier Matteo Renzi, e l’imprenditore Luigi Dagostino. In primo grado furono inflitti un 1 anno e 9 mesi ai coniugi Renzi e 2 anni per Dagostino, ‘re’ degli outlet.

Il processo d’appello per Tiziano Renzi e Laura Bovoli è iniziato questa mattina nelle aule del Tribunale di Firenze. Entrambi i coniugi erano presenti in aula. Anche Dagostino era presente in aula.Le due fatture false sarebbero, una da 20.000 euro dalla società Party, un’altra da 140.000 euro piu’ Iva dalla Eventi 6 – per consulenze ad aziende riferibili a Dagostino. Le consulenze riguardavano studi per un’attività di ristorazione e per potenziare il flusso di turisti, in particolare orientali, verso l’outlet The Mall nel Valdarno. Ma per l’accusa si trattò di pagamenti per operazioni inesistenti e le fatture, pertanto, sarebbero false. I coniugi Renzi sono imputati della loro emissione, Dagostino dell’utilizzo.

Il processo ha rischiato di bloccarsi, durante la giornata perchè non si trovava un fascicolo. Per l’esattezza, stando a quanto riportato dalla Corte, non si trovava il fascicolo con gli atti del processo. Inoltre, non sarebbe stato disponibile un tecnico addetto alla fonoregistrazione richiesto dagli avvocati degli imputati, che hanno presentato istanza di una riapertura parziale del dibattimento.

Nel pomeriggio, poi il processo è ripresto. In particolare, la corte ha precisato di non essere in possesso del fascicolo dell’appello ma di avere comunque copia di tutti gli atti. Quindi la presidente ha invitato le parti a procedere con la discussione.

Via al processo Open, Renzi: “É scandalo assoluto”

Firenze – Il senatore Matteo Renzi ha raggiunto il tribunale di Firenze per l’inizio dell’udienza preliminare del procedimento Open che lo vede tra gli indagati. Renzi annuncia anche l’uscita di un libro che racconterà questa vicenda giudiziaria.

Iniziato il processo per la fondazione Open che oltre a Matteo Renzi vede indagati altri 10 imputati, tra cui i parlamentari Maria Elena Boschi e Luca Lotti, l’avvocato Alberto Bianchi, ex presidente di Open, e l’imprenditore Marco Carrai.

“Secondo la Corte di Cassazione il processo Open si dimostra per quello che è, cioè uno scandalo assoluto. La Cassazione, non le difese, ha spiegato con chiarezza per cinque volte che l’operato dei magistrati di Firenze ha infranto le regole”. Ha detto il senatore Matteo Renzi ai giornalisti, dopo aver partecipato all’inizio dell’udienza preliminare sul procedimento Open uscendo dall’aula, dove è stato presente.

“Ho fatto il presidente del Consiglio dei ministri e quindi rispetto le istituzioni”, ha anche detto Matteo Renzi, mentre riguardo alla sua presenza all’avvio dell’udienza preliminare ha aggiunto: “Sarò qui anche alle prossime udienze compatibilmente con il calendario laddove sarà possibile. Sarò qui a dire con molta franchezza che noi stiamo rispettando la legge. I magistrati di Firenze” invece “non hanno rispettato né la Costituzione né la legge né le sentenze della Corte di Cassazione. Questa vicenda tra qualche anno sarà nei manuali di cronaca giudiziaria come uno scandalo assoluto”.

“C’è un collegio difensivo di altissimo livello – ha poi osservato il senatore di Italia Viva -, avvocati straordinari, agevolati dalla Cassazione che è stata la prima a sbriciolare l’impianto accusatorio della procura di Firenze”.

“Nonostante questo siamo qua”, ha aggiunto “per anni saremo in questo processo.” Io ho visto i pm di Firenze violare la Costituzione, violare la legge. Mi auguro che non abbiano violato la Cassazione inviando il materiale su Carrai al Copasir, perché sarebbe l’ennesimo sfregio alle istituzioni e al diritto. Andiamo avanti con il sorriso. Vogliamo giustizia e la otterremo chiedendo di aprire un procedimento nei confronti dei pm” di Firenze “a Genova. Quindi, avanti a testa alta”, ha aggiunto Renzi.

Chiediamo – ha aggiunto Renzi in relazione all’esposto presentato a Genova – che i magistrati di Firenze siano processati non per le molestie sessuali del procuratore capo di Firenze Creazzo, questo problema riguarda loro e il Csm, non per ciò che ha fatto il dottor Nastasi a Siena, che è uno scandalo assoluto ma non riguarda questo processo. No, noi chiediamo che siano processati per aver violato la Costituzione e la legge”, “noi chiediamo giustizia”.

“Il processo Open sarà molto interessante soprattutto per gli studenti di diritto e per i ragazzi che fanno la scuola della magistratura a Castelpulci, per dire quanto sia importante ciò che sta avvenendo: è il momento di dire le cose come stanno”. “Sono mesi, anni che ci sono plurime, e reiterate iniziative” giudiziarie “nei miei confronti – aggiunge – e ora ho scelto di scrivere un libro, di circa 200 pagine, che si chiamerà ‘Il Mostro’ e uscirà il 10 maggio. Vi troverete alcune valutazioni. Penso che chi leggerà quel libro dal giorno dopo avrà una valutazione diversa su quello che è successo in questi anni in Italia non solo a Firenze”

Matteo Renzi, ricevuta la notifica della richiesta di rinvio a giudizio, rispose firmando una denuncia a carico del pm fiorentini per presunta violazione dell’articolo 68 della Costituzione sulle prerogative dei parlamentari e abuso d’ufficio.

 

Open, Cassazione:” Fondazione non operava come Partito”

Rese note le  motivazioni della Cassazione che ha ordinato i dissequestri per i pc e i cellulari di Marco Carrai. Un verdetto che non potrà non influire sull’inchiesta con al centro la fondazione Open nella quale i magistrati fiorentini contestano, tra gli altri, a Matteo Renzi, Maria Elena Boschi e Luca Lotti i reati di finanziamento illecito ai partiti, traffico di influenze, corruzione, autoriciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti

A pochi giorni dall’udienza preliminare, fissata per il 4 aprile, arrivano le motivazioni della Cassazione che ha ordinato i dissequestri per i pc e i cellulari di Marco Carrai. Un verdetto che non potrà non influire sull’inchiesta nella quale i magistrati fiorentini contestano, a vario titolo, a lui e ad altri dieci imputati – tra cui Matteo Renzi, i parlamentari Maria Elena Boschi e Luca Lotti – i reati di finanziamento illecito ai partiti, traffico di influenze, corruzione, autoriciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.  Secondo la Cassazione, è  consentito alle fondazioni di partito raccogliere fondi, erogare somme per contribuire al finanziamenti di iniziative in favore di partiti, movimenti politici o loro articolazioni interne, e i giudici del riesame avrebbero dovuto, in via preliminare, verificare se l’attività della Fondazione Open avesse esorbitato o meno dall’ambito “fisiologico” della fondazione politica, invece ha considerato Open una “articolazione politico-organizzativa” del Pd “esclusivamente in ragione della funzione servente” in favore delle “corrente renziana”.

Open, è la tesi, avrebbe agito come una articolazione di partito e ricevuto 3,5 milioni in violazione delle norme sul finanziamento ai partiti. Secondo la Cassazione, che per la terza volta ha annullato – stavolta senza rinvio – il sequestro probatorio nei confronti di Carrai, il tribunale del Riesame nel qualificare la Fondazione Open come articolazione politica non ha tenuto conto delle precedenti pronunce della Cassazione sullo stesso caso e della disciplina sulle fondazioni politiche. L’impianto dell’inchiesta considera Open come ‘articolazione’ di partito politico: una tesi contestata dalla difesa e che non convince la Cassazione, che aveva già esaminato la questione nel settembre 2020 e nel maggio 2021.

“Nel qualificare la Fondazione Open, del quale Carrai era componente del consiglio direttivo, ‘articolazione politico-organizzativa del Partito Democratico (corrente renziana)”, secondo il collegio, il riesame non ha “rispettato i principi già affermati dalle sentenze “emesse dalla stessa Cassazione e non ha considerato “compiutamente la disciplina dettata per le fondazioni politiche” nella normativa vigente all’epoca dei fatti, che all’articolo 5 del dl 149 del 2015, ricorda la Cassazione, “espressamente riconosce e consente che le fondazioni di partito possano raccogliere fondi, erogare somme a titolo di liberalità e contribuire al finanziamenti di iniziative”. “Il riesame avrebbe dovuto verificare se l’attività di Open avesse esorbitato o meno dall’ambito fisiologico della fondazione politica”, invece, scrivono i giudici, in sostanza ha rinvenuto il ‘fumus’ del delitto, ma non ha dimostrato il carattere illecito del finanziamento. “Noi siamo i primi ad aver fiducia nella giustizia – è il commento del presidente di Italia Viva Ettore Rosato – ed essere stati oggetto di un palese abuso è stato doloroso e difficile da spiegare.

Oggi lo spiega la Cassazione nelle motivazioni dell’ordinanza con cui ha annullato i provvedimenti di quei magistrati che, continuo a pensarlo, non erano guidati dall’interesse della giustizia nel loro lavoro”. Intanto sono stati interrogati ieri in procura l’avvocato Luca Casagni Lippi e l’imprenditore Alessandro Di Paolo, indagati in un secondo filone dell’inchiesta. I pm fiorentini contestano ai due l’accusa di traffico di influenze in concorso con l’avvocato Alberto Bianchi. Sempre ieri inoltre i magistrati avrebbero sentito una terza persona, non indagata, ritenuta informata sui fatti. “Abbiamo chiarito la nostra posizione”, afferma il difensore di Casagni Lippi, l’avvocato Francesco Maresca.

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