Firenze: Matteo Renzi condannato in primo grado a risarcire il Comune di 69mila euro

L’ex sindaco di Firenze e Presidente del Consiglio, dovrà risarcire oltre 69 mila euro al Comune di Firenze per assunzioni ‘irregolari’. La decisione della Corte dei Conti arriva, infatti, per gli incarichi affidati all’ex portavoce Marco Agnoletti, a Bruno Cavini. Anche due ex dirigenti di Palazzo Vecchio dovranno pagare.

Il leader di Italia Viva Matteo Renzi è stato condannato dalla sezione Toscana della Corte dei conti a risarcire un danno erariale di 69.000 euro per fatti relativi a quando ricopriva l’incarico di sindaco di Firenze. Con Renzi condannate altre due persone, che all’epoca dei fatti contestati erano dirigenti di Palazzo Vecchio, Claudio Martini che dovrà risarcire un danno erariale di 34.000 euro, l’altra, Sarina Liga  che dovrà risarcire una somma pari a 313.000 euro.

Le condotte contestate sono relative alla nomina di due collaboratori dello staff dell’allora primo cittadino. Per l’accusa i due collaboratori sarebbero stati assunti nel 2009 con contratto a tempo determinato nonostante non avessero i requisiti necessari previsti dalle normative, tra cui quello di aver conseguito la laurea.

Gli incarichi erano stati conferiti a Marco Agnoletti (nominato responsabile dell’ufficio per la comunicazione esterna di Palazzo Vecchio) e a Bruno Cavini (nominato portavoce del sindaco). Da sottolineare che Agnoletti e Cavini non hanno violato leggi o regolamenti e dunque non sono stati né inquisiti né tantomeno sanzionati dai giudici contabili.

 “Agnoletti aveva conseguito il diploma di scuola media superiore – si legge nella sentenza – mentre Cavini aveva addirittura conseguito solo il diploma di scuola media inferiore”. Dunque, sempre secondo la Corte dei conti, i due nuovi dirigenti avrebbero percepito “una retribuzione non proporzionata al titolo di studio posseduto”.

Inchiesta Open: procura Genova chiede archiviazione pm Firenze denunciati da Renzi

Il commento di Renzi: Anche a me è capitato di essere iscritto nel registro degli indagati, proprio a Firenze, e poi archiviato ma dopo ben 17 mesi di tempo. Se Genova impiega solo 10 giorni significa che ha una straordinaria efficienza della quale non posso che rallegrarmi formulando molti complimenti”.

La procura di Genova ha iscritto nel registro degli indagati e, contestualmente, ha chiesto l’archiviazione dei pubblici ministeri di Firenze titolari dell‘inchiesta Open, denunciati dal leader di Iv Matteo Renzi dopo la richiesta di rinvio a giudizio a carico suo e di altri 10 per presunte irregolarità nei finanziamenti della Fondazione. Per  il procuratore Francesco Pinto e l’aggiunto Ranieri Miniati che hanno studiato il fascicolo (“compiendo un esame molto approfondito della questione” sottolinea Pinto) contenente le accuse nei confronti del procuratore Giuseppe Creazzo, dell’aggiunto Luca Turco e del pm Antonino Nastasi, i colleghi di Firenze non avrebbero commesso alcun illecito penale durante la fase delle indagini sulla fondazione Open.

“Apprendo dalle agenzie di stampa che la procura di Genova avrebbe iscritto nel registro degli indagati e contestualmente chiesto l’archiviazione per i magistrati Creazzo, Turco e Nastasi denunciati dal sottoscritto per violazione dell’articolo 68 della Costituzione, della Legge 140/2003 e ai sensi dell’articolo 323 codice penale. Mi congratulo con la procura di Genova che in poco più di una settimana ha trovato il tempo di leggere le novanta pagine della denuncia e ha dato risposta tempestiva come sempre dovrebbe essere fatto davanti alle istanze dei cittadini”. Lo dichiara in una nota il senatore Matteo Renzi. “Anche a me è capitato di essere iscritto nel registro degli indagati, proprio a Firenze, e poi archiviato ma dopo ben 17 mesi di tempo. Se Genova impiega solo 10 giorni significa che ha una straordinaria efficienza della quale non posso che rallegrarmi formulando molti complimenti. Sono certo che sia sempre così per tutti e non solo quando gli indagati sono colleghi magistrati. Naturalmente aspetto di leggere le motivazioni e di ricevere la formale notifica che in un procedimento penale vale più di un’agenzia di stampa. E chiederò al Giudice competente di essere interrogato nell’udienza che dovrà decidere sull’archiviazione degli indagati”.

Inchiesta Open: chiesto processo per Matteo Renzi e altri 10 indagati

Tra gli indagati per i quali è stato chiesto il processo ci sono anche Maria Elena Boschi, Luca Lotti, l’ex presidente di Open Alberto Bianchi e l’imprenditore Marco Carrai. Coinvolte nell’inchiesta anche quattro società. L’udienza preliminare si terrà il 4 aprile prossimo.

La procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio di 11 indagati, tra cui Matteo Renzi, per l’inchiesta sulle presunte irregolarità nei finanziamenti a Open, la fondazione nata per sostenere le iniziative politiche dell’ex premier.

“Nella giornata di oggi è stata fissata l’udienza preliminare per il processo Open che si terrà il giorno 4 aprile. Si tratta di un atto scontato e ampiamente atteso che arriva ad anni di distanza dai sequestri del novembre 2019 poi giudicati illegittimi dalla Corte di Cassazione.
Finalmente inizia il processo nelle aule e non solo sui media. E i cittadini potranno adesso rendersi conto di quanto sia fragile la contestazione dell’accusa e di quanto siano scandalosi i metodi utilizzati dalla procura di Firenze”. Questa la replica di Matteo Renzi, in una nota.

Renzi poi aggiunge, “Io non ho commesso reati, spero che i magistrati fiorentini possano in coscienza dire lo stesso”.

I reati contestati nell’inchiesta della Procura di Firenze, a vario titolo, sono quelli di finanziamento illecito ai partiti, traffico di influenze, corruzione, emissione di fatture per operazioni inesistenti e autoriciclaggio. Il senatore Matteo Renzi, ritenuto dagli inquirenti il direttore di fatto della ex fondazione, è accusato di finanziamento illecito ai partiti in concorso con l’ex presidente di Open, avvocato Alberto Bianchi, con i componenti del cda, Marco Carrai, Luca Lotti e Maria Elena Boschi e con l’imprenditore Patrizio Donnini. Luca Lotti, Alberto Bianchi, Patrizio Donnini dovranno difendersi anche dall’accusa di corruzione insieme al costruttore Alfonso Toto. 

“Nella giornata di oggi intanto il senatore Matteo Renzi ha provveduto a firmare una formale denuncia penale nei confronti dei magistrati Creazzo, Turco, Nastasi. L’atto firmato dal senatore sarà trasmesso alla Procura di Genova, competente sui colleghi fiorentini, per violazione del’articolo 68 Costituzione, della legge 140/2003 e dell’articolo 323 del codice penale. Renzi ha chiesto di essere ascoltato dai pm genovesi riservandosi di produrre materiale atto a corroborare la denuncia penale contro Creazzo, Turco, Nastasi”. Così in una nota l’ufficio stampa di Matteo Renzi dopo la richiesta di processo della Procura sul caso Open.

 

 

Renzi consegna memoria difensiva nell’ambito inchiesta Fondazione Open

Firenze, il senatore Matteo Renzi si è presentato questa mattina in procura nell’ambito dell’inchiesta sulla fondazione Open. Secondo quanto appreso, Renzi, accompagnato dai suoi legali, avvocati Federico Bagattini e Giandomenico Caiazza, avrebbe scelto di non rispondere alle domande dei pm e avrebbe consegnato una memoria difensiva ai pm Luca Turco e Antonio Nastasi.

“Si formula in via principale istanza perchè la Procura di Firenze, preso atto dei gravi errori in fatto, avanzi richiesta di archiviazione del procedimento. Il difetto della qualifica di “Direttore di fatto” della Fondazione Open in capo al Senatore Renzi così come la assoluta inesistenza della c.d. “corrente renziana”, determinano il venir meno delle premesse fattuali, logiche e giuridiche che sostengono la imputazione provvisoria a carico del nostro assistito”. Lo si legge nella memoria difensiva consegnata oggi da Matteo Renzi, con i suoi avvocati, ai pm di Firenze, nel corso di un incontro durato circa 40 minuti che fonti di Iv dicono essere avvenuto in un clima “costruttivo”.

Nella memoria Renzi presenta cinque istanze difensive e formula cinque istanze istruttorie: “Espellere dal fascicolo ogni e qualsiasi corrispondenza indebitamente acquisita dalle SS.LL. senza il rispetto dell’articolo 68 Costituzione; verificare quali spese asseritamente in favore del senatore Renzi siano state effettuate nel periodo compreso tra il febbraio ed il maggio del 2017, nel quale Matteo Renzi, diversamente da quanto affermato nel capo di incolpazione, non ha rivestito la carica di Segretario Nazionale del Partito Democratico, traendone le doverose conseguenze in relazione alla formulata imputazione provvisoria; accertare e indicare quali e quanti siano i contributi indiretti di cui avrebbe beneficiato il politico Matteo Renzi nell’arco di tempo in cui può essere considerato oggetto di incolpazione e quale sia l’importo ad esso riferibile per ciascun anno; accertare e indicare a quanti e quali consigli direttivi della Fondazione Open abbia partecipato il politico Matteo Renzi e quali attività gestorie o amministrative egli abbia assunto nel corso degli anni nella veste di “direttore di fatto” della medesima fondazione, anche permettendo a questa difesa di accedere al copioso materiale di archivio consegnato spontaneamente agli investigatori dal Presidente della Fondazione, avvocato Alberto Bianchi, non utilizzato dai medesimi e non ancora dissequestrato per consentire le doverose indagini difensive sul punto; espellere dal fascicolo ogni e qualsiasi riferimento all’asserito finanziamento illecito per le iniziative della c.d. Leopolda sulla quale si è già formato un giudicato parziale, essendosi espressa la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, il 26 maggio 2021, numero 29409, definendo “dato storico, ampiamente documentato” il fatto che gli eventi della Leopolda fossero “incontri a carattere eminentemente politico, con programmazione di numerosi laboratori, eventi di discussione, occasioni di partecipazione della società civile, diretti a stimolare il confronto su temi oggetto delle attività espressamente previste dallo Statuto della fondazione, senza peraltro alcun collegamento con le attività del Partito democratico”.

“È profondamente errata l’affermazione circa l’esistenza di una corrente renziana interna al Partito Democratico. Si tratta di un autentico sproposito dal punto di vista politico, reso ben più grave per essere contenuto e ribadito negli atti di una indagine penale”. Questa una delle affermazioni contenute nella memoria difensiva. Parlare di una corrente renziana del Pd, si sostiene ancora nella memoria, è da parte degli inquirenti una “grossolana ed arbitraria mistificazione della realtà, tanto più se tale sorprendente artefazione costituisce la pre-condizione logica e giuridica della pretesa rilevanza penale dei fatti contestati”.

“E’ di dominio pubblico – si legge ancora nel documento consegnato ai magistrati – il fatto che il senatore Matteo Renzi non ha mai creato una propria corrente, anzi ha sempre avversato una tale logica. Numerose e ripetute sono le circostanze in cui egli rifiuta la costituzione di una propria corrente al punto da dichiarare in più sedi: “prima di strutturare una corrente del Pd, lascio il Pd e faccio un partito diverso”. Cosa che poi è oggettivamente avvenuta”.

“Negli atti dell’indagine – si fa notare ancora – non è stata allegata nessuna delle plurime prove e testimonianze del rifiuto dell’allora segretario del Pd di voler costituire una corrente ma anzi si è deliberatamente scelto di ignorarle”. Secondo quanto emerge sempre dal documento dato oggi ai pm, la scelta di consegnare una memoria dopo aver presentato richiesta di interrogatorio non ha rappresentato un cambio di strategia difensiva, ma una presa d’atto da parte del senatore e dei suoi difensori dell’impossibilità di rispondere sulla base di un capo di imputazione giudicato troppo indeterminato. Da qui la richiesta ai pm di definire meglio l’imputazione attraverso le indagini specificate nella memoria stessa.

Leopolda, Nardella: sono per dialogo, non facciamo guerre con Iv

E’ in corso il secondo giorno della Leopolda, la kermesse fiorentina di Italia Viva.  “Alle 18.30 – annuncia Renzi – vi racconto di Open: senza polemiche, ma per fare finalmente chiarezza sullo scandalo di un processo politico alla politica”.

“Faccio parte del Pd e sono fiero di farne parte, è un partito diverso da Italia Viva, ma il fatto che siamo in partiti diversi non significa che dobbiamo farci la guerra”. Lo ha affermato Dario Nardella, sindaco di Firenze, parlando a margine dei lavori di Leopolda 11. “Io sono per il dialogo – ha proseguito -, ieri ero con Luigi Di Maio a una iniziativa, oggi sono qui. Io credo che il nostro compito sia quello di unire le persone: a dividere sono tutti bravi, è pure troppo facile. La cosa difficile è unire, essere promotori di dialogo. Io mi trovo molto più a mio agio a dialogare invece che a cercare i punti di divisione: questo vale sia per il Movimento 5 Stelle sia per Italia Viva, che peraltro sono tutti nello stesso governo insieme a noi a sostenere Draghi”.

“Le elezioni anticipate in questo paese sarebbero davvero drammatiche: lo dico a prescindere da giudizi prettamente politici o di convenienza” ha poi detto  Nardella. “Penso di interpretare il sentimento di tanti sindaci, noi abbiamo bisogno che l’Italia vada avanti”, ha aggiunto, osservando che ci sta guardando tutta l’Europa, che ha bisogno dell’Italia, e l’Italia, i sindaci, gli imprenditori italiani, hanno bisogno di stabilità”.

Alla Leopolda nel pomeriggio anche  il sindaco di Milano, Beppe Sala. “Non è un endorsement a Renzi, da uomo libero che sono domani faccio la presentazione di un libro della Boldrini e oggi sono da Renzi” ha affermato. “Credo che chi fa politica deve avere la forza e il coraggio di andare ovunque presentandosi a testa alta e dire le sue cose”, ha aggiunto. In merito alla vicenda Open, Sala ha detto: “So che alle 18:30 Matteo Renzi parlerà, lo ascolterò: dare dei giudizi se no diventa un po’ superficiale. Credo che sia il momento anche di vedere cosa dice Renzi dal suo punto di vista rispetto a queste vicende”. In generale, ha aggiunto, “credo che tutti noi stiamo cercando di capire cosa Renzi voglia fare nel futuro, se voglia essere centrale nello scenario politico oppure no. Il fatto di essere qua però significa che comunque certamente vuole contare”.

“Non credo molto al tema del partito di centro” ha poi aggiunto Sala. “Io credo a un’interpretazione in modo moderato – ha aggiunto – di tematiche radicali. Oggi le tematiche sono radicali: le questioni ambientali, di diritti, di equità sociale. Dipende come le interpretiamo. Non sono invece molto caldo sull’idea di un partito di centro”. Secondo Sala “in questo momento la società chiede radicalità nell’interpretazione del futuro della società. Non so cosa voglia dire mettersi al centro. Si può essere moderati, a volte anche conservatori, ma a me questa idea del centro non convince molto, personalmente. Se però qualcuno ritiene che ci sia spazio fa bene a cercare. Oggi è evidente che se il 50% dei cittadini non va a votare probabilmente non va a votare anche perché non ha un partito nel quale rispecchiarsi. Magari invece qualcuno può immaginare che un partito di centro può essere il suo partito: non per me, ripeto”.

Riguardo alla collocazione di Italia Viva, dalla Leopolda  si è espresso Ettore Rosato, presidente di Italia Viva.  “Non so perché mettere etichette, centrodestra, centrosinistra: noi siamo dei riformisti che stanno sui contenuti, quei contenuti che il Pd ha perso”. “Mi dispiace per loro – ha aggiunto -, noi continueremo a portare avanti le ragioni dei riformisti, con toni moderati, ma con contenuti molto precisi e con toni molto decisi”. Secondo Rosato “evidentemente qualcuno non ci vuole” come alleato, “perché se ogni giorno continua a dire che siamo di centrodestra, è perché non ci vuole tra i piedi. Ma li capisco: il Pd, il centrosinistra, li mettiamo di fronte alle loro responsabilità. Quali sono le responsabilità del Pd? Di aver perso il riformismo. Dove c’è questo confronto sui temi riformisti, la discussione su una giustizia garantista, la discussione su un paese che non ha bisogno solo di assistenzialismo e che non può vivere di reddito di cittadinanza? Queste battaglie le facevamo nel Pd, con il Pd. Il Pd le ha perse per strada, noi continuiamo ad averle. Siamo noi che stiamo seguendo la stessa strada, sono loro che hanno cambiato strada”.

 

Open: Gdf, 130.000 euro per sbloccare finanziamenti per tv scientifica

Open: l’ex presidente della fondazione Open Alberto Bianchi, sfruttando le sue relazioni con Luca Lotti si sarebbe fatto dare dall’imprenditore Pietro Di Lorenzo 130.000 euro. La mediazione, si legge negli atti dell’inchiesta sulla fondazione renziana, avrebbe riguardato l’erogazione da parte del Miur e del Mise di finanziamenti pubblici per la realizzazione di una tv scientifica su piattaforma digitale.

Per l’episodio l’avvocato Alberto Bianchi, presidente di Open, è indagato per traffico di influenze illecite in concorso con Di Lorenzo.
La natura economica dell’accordo tra Bianchi e Di Lorenzo si desume secondo gli investigatori della Gdf da un appunto sequestrato allo stesso Bianchi, da cui emergerebbe che per l’interessamento ai finanziamenti pubblici a cui era interessato Di Lorenzo, “O” – ossia Open secondo le Gdf – avrebbe ricevuto da lui “100 entro 30.6” di cui “30 subito” e “altri 100 almeno il 31.12”.

L’appunto si riferisce a un incontro tra Bianchi e Di Lorenzo avvenuto a Roma il 12 aprile 2017. Dalla documentazione sequestrata dalle fiamme gialle, risulta che tra marzo e giugno del 2017 persone e società riconducibili alla sfera dell’imprenditore versarono nelle casse di Open 100.000 euro.
Sempre dagli appunti sequestrati a Bianchi, emerge come il presidente di Open si sia interessato all’iter dei finanziamenti da parte del Miur per la realizzazione della tv scientifica: “Di Lorenzo – si legge in un foglio datato 8 maggio 2017 -: se non si sblocca roba al Miur è un problema”. Sempre nello stesso appunto Bianchi ipotizza di parlare della cosa con uno stretto collaboratore di Luca Lotti. Sentito dalla finanza, il collaboratore di Lotti tra l’altro ha detto che “Bianchi era un punto di accesso al Governo”, in quanto persona “della sfera di fiducia di Renzi e Lotti”. (fonte ANSA).

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