Uccide il padre a Livorno, arrestato uomo di ventiquattro anni

Livorno, è stato arrestato per omicidio aggravato il figlio del 60enne trovato morto la scorsa notte nel suo letto con ferite da arma da taglio alla gola.

Il ventiquattrenne, che aveva tentato il suicidio ferendosi alle braccia, dopo le cure è stato dimesso dall’ospedale e si trova ora nella caserma dell’Arma di Livorno in stato di arresto per omicidio aggravato.

Le motivazioni del gesto sono in fase di accertamento. Nel frattempo l’appartamento è stato sottoposto a sequestro e sono ancora in corso rilievi da parte dei carabinieri.

Arrestata donna accusata di 50 reati, tra cui furto e ricettazione

Livorno, ritenuta responsabile di 50 reati, tra i quali furto aggravato, ricettazione ed indebito utilizzo di strumenti di pagamento, messi a segno negli ultimi quattro mesi a Livorno, una donna di 36 anni, già conosciuta dalle forze dell’ordine, è stata arrestata dai carabinieri del comando provinciale livonrse in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Secondo quanto spiegato in una nota dell’Arma, l’arrestata, livornese, viene descritta come “avvezza a commettere delitti contro il patrimonio”, “del tutto fuori controllo”, e che manifesta “spregiudicatezza ed assoluta mancanza di remore”.

Il provento complessivo dei reati contestati ammonta a circa 10.000 euro, spesi, si spiega, “sia per il sostentamento” sia per “ricariche per siti di gioco, lotterie e sigarette”.

Le indagini, condotte dai militari e coordinate dalla procura livornese, avrebbero “consentito di ricostruire le diverse modalità di azione poste in essere dalla donna, la quale avrebbe colpito, dopo averli distratti, dipendenti e titolari di negozi, supermercati, ristoranti ed uffici, oltre ad una rivendita di beneficenza in una parrocchia e una terapista di un reparto pediatrico dell’ospedale. In alcuni casi, l’arrestata avrebbe utilizzato numerose carte di pagamento oggetto di furto per effettuare tempestivamente prelievi e spese varie”.

Proiettile in busta al Tirreno e minacce ai giudici, solidarietà del Consiglio regionale e di Simona Bonafè

Livorno, una busta con un proiettile e minacce ai giudici è stata indirizzata al direttore del Tirreno Luciano Tancredi e fa riferimento alla vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito.

Lo riferisce il quotidiano livornese nell’edizione odierna pubblicando l’immagine del proiettile e del foglio a quadretti in cui c’è scritto in maiuscolo, a stampatello, la frase: “Se Alfredo Cospito muore i giudici sono tutti obiettivi 2 mesi senza cibo fuoco alle galere”.

La missiva è arrivata ieri dentro una busta gialla francobollata nella sede di Livorno del giornale. La polizia ha sequestrato tutto il materiale. Accertamenti sono in corso.

“Un atto grave, da non sottovalutare, da condannare con fermezza che sono certo non influenzerà comunque l’operato del direttore Luciano Tancredi e di tutti i professionisti del Il Tirreno che ogni giorno lavorano a servizio dell’informazione per le cittadine e i cittadini. A tutti loro va, immediata, la solidarietà mia e di tutto il Consiglio regionale”. Così il presidente Antonio Mazzeo appresa la notizia di una busta con proiettile e minacce ai giudici indirizzata al direttore della redazione livornese del giornale.

Così, Simona Bonafé, segretaria del Pd toscano: “Veniamo a conoscenza, a pochi minuti di distanza, di due gravissimi episodi di minacce con invio di cartucce e proiettili, in Toscana, nei confronti del direttore del Tirreno e del sindaco di Castelfiorentino. Due vicende diverse, che però riguardano un giornalista e un amministratore: due figure, ognuno per il proprio ruolo, al servizio della comunità. Siamo certi che entrambi andranno avanti senza lasciarsi intimorire e auspichiamo che le forze dell’ordine individuino presto i responsabili. Nel frattempo, ad entrambi, la solidarietà del Pd toscano”.

 

Nel Giorno della Memoria, una svastica e insulti agli ebrei scritti in strada a Livorno e scritte fasciste su opere d’arte a Volterra

Livorno, una svastica e la scritta “Raus Juden” sono comparse stamani al mercato di via Buontalenti della città toscana, nel quale operano da decenni numerosi commercianti di origini ebraiche.

La scritta e la svastica sono state vergate con vernice bianca, verosimilmente con una bomboletta spray. Ignoto al momento chi ha compiuto questo atto, portato a termine con ogni probabilità la notte scorsa.

Le forze dell’ordine sono al lavoro per rintracciare i responsabili e stanno setacciando le immagini registrate dalle tante telecamere della videosorveglianza urbana nella zona.

Già in passato in città si erano verificati altri episodi analoghi, come quello del settembre dell’anno scorso, quando sulla saracinesca di un banco comparve la scritta “ebreo” con accanto il disegno di una forca dalla quale pendeva una stella di David.

Lo scorso 3 gennaio, invece, l’ultimo episodio con alcune svastiche sono state disegnate sui muri del sottopassaggio della stazione ferroviaria.

Volterra

Scritte fasciste questa volta su opere d’arte a Volterra, né dà notizia il Comune della città toscana, postando le immagini sulla propria pagina Facebook. “La deturpazione di un’opera d’arte è già di per sé un gesto vile e inqualificabile. Quanto però accaduto questa mattina non solo è inqualificabile, ma rappresenta un’azione di una bassezza umana e morale che non ha eguali.  Questa mattina, infatti, i pannelli all’interno del sottopassaggio del Gioconovo, inerenti al progetto “Poetico Alabastro” dell’artista Giuseppangela Campus, sono stati sfregiati con scritte inneggianti al fascismo, svastiche e altro ancora. Un gesto che non può né essere giustificato, né tantomeno tollerato, soprattutto in un giorno come questo dove si celebra il Giorno della Memoria”.

“Chi ha voluto sfregiare un’opera ed un bene pubblico – continua il post del Comune di Volterra – non ha fatto altro che dimostrare come ancora oggi sia necessario e fondamentale continuare a portare avanti le politiche e le azioni volte a tramandare quanto accaduto in passato, poiché ancora oggi c’è chi dimostra la propria nullità culturale e personale con atti del genere.

L’attacco ad un’opera d’arte non è un attacco solo all’artista o all’opera, ma è uno sfregio a tutta una comunità. Sfregiare l’arte con simboli e frasi inneggianti al fascismo e al nazismo rappresenta un attacco a tutto il paese, alla nostra Costituzione e alla memoria di tutti coloro che hanno perso la loro vita a causa di ideologie folli che hanno quasi distrutto il nostro mondo.

Oggi più che mai siamo dalla parte della bellezza, dell’arte, della poesia e della memoria di quanto accaduto ricordando come un monito straordinario le parole del Presidente Pertini “il fascismo non è un’opinione, è un crimine!”.

Porto di Livorno, scoperti 180 kg cocaina in un container carico di banane

Livorno, un’operazione di Guardia di Finanza e Agenzia delle Dogane ha portato al sequestro di 180 chili di cocaina purissima al porto di Livorno, la droga era nascosta in un container frigo carico di banane, proveniente dal Sud America.

La droga sequestrata al porto di Livorno, è stata poi distrutta in un inceneritore, e dalla Guardia di Finanza fanno sapere che sulle piazze dello spaccio “avrebbe fruttato alla criminalità organizzata oltre 50 milioni di euro”. Gli inquirenti sono stati diretti nell’operazione dalla procura di Livorno.

Per cercare di ingannare le attività ispettive, viene spiegato dagli investigatori, i narcos avrebbero nascosto 152 panetti di cocaina “nella struttura interna del contenitore che trasportava un carico di banane proveniente dal Sud America”.

“L’ingegnoso sistema di occultamento – si legge in un comunicato – è stato scoperto grazie agli strumenti tecnologici messi in campo dall’Agenzia delle Dogane, all’esperienza e alla meticolosità degli approfondimenti svolti dalle Fiamme Gialle e dai doganieri, supportati anche dalle unità cinofile della Guardia di Finanza”.

In particolare i panetti di cocaina erano stati imballati con nastro isolante e inseriti in fondo al contenitore seppelliti, “dietro tonnellate di banane”.

Calciatori del Livorno Lucarelli e Apolloni arrestati per violenza di gruppo nei confronti di una studentessa ventenne

Milano, l’alcol e lo choc non hanno alterato i ricordi della studentessa, sebbene ai Pm di Milano abbia confessato di avere “vuoti di memoria intervallati da flash”. Le parti mancanti del racconto erano nei video salvati nei cellulari dei 5 presunti aggressori, due dei quali calciatori del Livorno (serie D).

Nei confronti dei calciatori del Livorno è stata emessa un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per violenza sessuale di gruppo nei confronti della studentessa ventenne aggredita nel marzo 2022 all’uscita da un locale del capoluogo lombardo.

I destinatari della misura sono il ventiduenne Federico Apolloni e il ventitreenne Mattia Lucarelli, quest’ultimo figlio del più famoso Cristiano, ex bomber di molti club di serie A e oggi allenatore. Le altre tre persone sono indagate e, da quanto si legge nelle carte avrebbero evitato la custodia cautelare poiché hanno avuto un ruolo “meno attivo”.

“Le modalità con cui è stata compiuta la violenza appaiono particolarmente allarmanti e denotano la spregiudicatezza degli indagati, in quanto risultano suscettibili di essere utilizzate dagli stessi innumerevoli altri episodi”, si legge nel provvedimento firmato dal gip Sara Cipolla, che definisce “non sussistente il pericolo di inquinamento probatorio” per Apolloni e Lucarelli ma sottolineata la possibilità di reiterazione della violenza da parte dei due calciatori.

Nell’ordinanza è ricostruita la ferocia dell’azione, condotta “in un contesto ludico e ricreativo, approfittando dello stato alterato della giovane” e tra i passaggi più duri c’è la descrizione “dell’atto sessuale”, avvenuto senza protezione “esponendo così la vittima a tutti i conseguenti rischi del caso, tra cui quello di contratte una malattia sessualmente trasmissibile”.

“Ho sentito il mio corpo come se non fosse il mio”, ha raccontato la vittima. Gli investigatori della Squadra mobile di Milano, diretti da Marco Calì, stavano indagando sulla violenza dallo scorso marzo, quando la giovane aveva denunciato di essere stata stuprata da diverse persone che si erano proposte di darle un passaggio a casa dopo averla incontrata per caso all’esterno di una discoteca in zona corso Sempione, uno dei centri della movida milanese.

Apolloni e Lucarelli non erano soli, con loro c’erano altri 3 amici. Invece di riaccompagnarla a casa l’hanno condotta nell’abitazione di Lucarelli, dove hanno commesso la violenza a turno, filmando alcuni momenti e conservandoli nella memoria del cellulare. Un errore fatale per il loro quadro indiziario ma che ha consentito agli agenti di accertare il racconto della vittima e di definire con precisione ruoli e responsabilità.

In una intercettazione risulta che Lucarelli, durante una lunga conversazione col padre Cristiano, abbia fatto riferimento a un video cancellato e infatti non è mai stato recuperato dagli inquirenti. “I video ci sono?”, chiede l’ex bomber al figlio, che risponde: “Sì ma meglio di no, non si usano perché fondamentalmente manca l’unico vero che avrebbe chiuso ogni dubbio. Quindi ancora non l’abbiamo scampata ma sono molto fiducioso”.

“Se questa chiama la polizia c’inc… tutti” sono invece le parole che avrebbe usato Federico Apolloni, in uno dei video registrati, I ragazzi negli altri filmati, girati anche all’esterno della discoteca e poi in macchina, quando portano la studentessa in quell’appartamento, parlano sempre in italiano, con espressioni volgari, e le dicono: “Non ci importa … se non capisci”.

Un quinto video “mostra chiaramente lo stato di confusione” della vittima, chiarisce il gip, che “non riesce a fare le scale” per salire nell’abitazione. Nell’ordinanza vengono riportate per diverse pagine tutte le espressioni volgari usate dai giovani nel corso delle presunte violenze, mentre la vittima, riassume il gip, “si scagliò” anche contro uno di loro manifestando “il proprio dissenso”. Inutilmente.

Exit mobile version