Omicidio Duccio Dini: arrestato settimo indagato, dna in auto

Nuovo arresto per la morte di Duccio Dini, il 29enne travolto il 10 giugno scorso, mentre era fermo in scooter a un semaforo a Firenze in via Canova, da un’auto coinvolta in un inseguimento per un regolamento di conti.

I carabinieri hanno eseguito una misura di custodia cautelare nei confronti di settimo componente del gruppo coinvolto, disposta dal gip Angelo Pezzuti su richiesta del pm Tommaso Coletta. Destinatario del provvedimento Kjamuran Amedt, 38 anni, residente presso il campo nomadi del Poderaccio.
Secondo le indagini, in base alle tracce biologiche repertate su una Volto S60, l’auto inseguitrice, anche il 38enne si sarebbe trovato per l’accusa sul luogo degli eventi quale
componente della spedizione punitiva nei confronti del cognato Rufat Bajram. Inoltre nei giorni precedenti avrebbe inviato a Rufat Bajram messaggi contenenti minacce di morte.

Sarebbe stato infatti proprio Kamjuran Amedt il passeggero seduto sul sedile posteriore della Volvo che colpì lo scooter di Duccio Dini. Il 38enne, pur ferito, sarebbe riuscito a nascondersi dopo l’incidente. I carabinieri hanno ricostruito anche i giorni precedenti alla spedizione contro Rufat Bajaram, e soprattutto le minacce che proprio il 38enne gli avrebbe rivolto con messaggi sul cellulare, minacciando di morte lui, il padre e gli altri familiari.

Per il gip Angelo Antonio Pezzuti la misura cautelare in carcere va applicata perchè l’unica “idonea” anche per il tentativo attuato dagli altri indagati, e dello stesso 38enne, di tenere nascosto il suo coinvolgimento. Inoltre il giudice sottolinea che il campo nomadi del Poderaccio non appare un “luogo idoneo” all’eventuale svolgimento della misura degli arresti domiciliari, e che comunque le accuse di omicidio, tentato omicidio, e lesioni personali, giustificano la misura della custodia cautelare in carcere.

Morte Duccio Dini: chiuse indagini, 6 accusati omicidio

Uccisero Duccio Dini nel corso di un inseguimento tra auto per punire un loro parente. C’è un settimo indagato

Volevano punire un parente e lo inseguirono in auto a 100 chilometri all’ora nelle strade di Firenze, zona via Canova, causando la morte di un ignaro passante in scooter, Duccio Dini, 29 anni, travolto da auto mentre era fermo a un semaforo rosso.

Per questo fatto del 10 giugno 2018, la procura di Firenze ha concluso le indagini indicando come responsabili dell’omicidio sei uomini. Sono Dehran Mustafa di 36 anni, Remzi Mustafa di 20, Remzi Amet di 65, Antonio Mustafa di 44, Emin Gani di 27, Kole Amet di 39.

Il procuratore Giuseppe Creazzo e il sostituto Tommaso Coletta li accusano, in concorso, dell’omicidio di Duccio Dini e del tentato omicidio del loro parente, Bajram Rufat che volevano uccidere a causa di una lite, e che rimase gravemente ferito nello speronamento della sua auto, e di lesioni per un altro automobilista (40 giorni di prognosi) di passaggio, anche lui, come Duccio Dini, estraneo allo scontro.

Nella ricostruzione, i sei indagati inseguirono, su tre vetture, quella di Bajram Rufta speronandola più volte fino a fargli perdere il controllo. Anche gli inseguitori persero il controllo delle loro auto finendo per scontrarsi con altri veicoli fra cui lo scooter di Duccio Dini, che morì il giorno dopo in ospedale a causa dei gravissimi traumi riportati.

Nell’inchiesta c’è un settimo indagato, Kamjuran Amet, 37 anni, per violenza privata: la procura lo accusa di aver minacciato gravemente di morte Bajram Rufta intimandogli di lasciare l’Italia.

Ad oggi gli indagati risultano tutti detenuti nel carcere di Sollicciano tranne Emin Gani, che è agli arresti domiciliari, e Kamjuran Amet.

Contributo alla famiglia di Duccio Dini, via libera alla mozione

Soddisfazione di Maurizio Marchetti (capogruppo marrasFI), primo firmatario della mozione per dare un contributo di solidarietà alla famiglia di Duccio Dini, travolto e ucciso da due auto lo scorso giugno. ”Un atto istituzionale doveroso, noi sempre dalla parte delle vittime”, ha affermato Marchetti. Oltre che del Capogruppo di Forza Italia, la mozione era firmata dai Consiglieri Stella (FI), Marcheschi (FdI), Marras (PD).

”Il via libera alla nostra mozione che attribuisce un contributo regionale di solidarietà alla famiglia di Duccio Dini, il giovane che ha perso la vita nel giugno scorso travolto da due auto che si rincorrevano mentre si trovava sul suo motorino, ci vede soddisfatti perché da parte della Regione si trattava di un atto istituzionale doveroso. Come Forza Italia noi siamo sempre dalla parte delle vittime”: lo afferma il Capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale Maurizio Marchetti, primo firmatario della mozione che reca le firme anche dei Consiglieri regionali Marco Stella (FI), Paolo Marcheschi (FdI) e Leonardo Marras (PD).

”Oltretutto – sottolinea Marchetti – l’atto approvato va oltre, grazie a un emendamento che biennalizza il contributo straordinario di 20mila euro, somma che verrà dunque assicurata alla famiglia Dini sia per quest’anno che per il 2019”.

Oltre a ciò, la mozione impegna la giunta regionale anche su altre azioni. Innanzitutto l’elaborazione di ”una disciplina regionale organica per casi simili”, e poi la costituzione come ”parte civile nel processo contro i responsabili dell’inseguimento avvenuto in via Canova a Firenze e finito tragicamente con la morte di Duccio Dini”.

La drammatica vicenda, si diceva, risale al 10 giugno scorso. Il giovane Duccio Dini si stava recando al lavoro e, si legge nella premessa dell’atto, «è stato travolto mentre si trovava fermo a un semaforo con il suo scooter da due automobili che, lanciate ad alta velocità in strada, si davano all’inseguimento reciproco. Alla guida delle due auto, risultate poi rubate, risultano due uomini di etnia Rom che sono stati iscritti nel registro degli indagati insieme a un terzo uomo per ‘omicidio volontario’». La Regione Toscana, con legge regionale del 27 ottobre 2008, ha istituito un apposito fondo di solidarietà per le famiglie delle vittime di incidenti mortali sul luogo di lavoro, e Duccio Dini stava proprio andando a prendere servizio.

Due striscioni davanti al tribunale per Duccio Dini

Affissi per Duccio Dini due striscioni all’entrata del palazzo di Giustizia a Firenze, “Duccio merita giustizia” rivendica uno dei due,  “Finché la giustizia non funzionerà, non potremo sentirci al sicuro” scrive un amico del ragazzo in una lettera per La Nazione.

“Duccio merita giustizia”: questa la frase vergata con vernice nera su uno dei due striscioni affissi alla cancellata di un giardino nei pressi dell’ingresso principale del palazzo di Giustizia, a Firenze. “Anche io avrei voluto passare ferragosto in famiglia, firmato Duccio Dini”, si legge nel secondo striscione.

Il 29enne morì in ospedale dopo essere stato travolto il 10 giugno scorso durante un inseguimento tra auto. Nell’ambito delle indagini sull’episodio, i carabinieri hanno arrestato 6 persone di etnia rom. Tra queste Emin Gani, recentemente scarcerato dal gip che accogliendo un’istanza della difesa lo ha posto ai domiciliari.

Gani era finito in carcere per il tentato omicidio di Bajram Rufat, obiettivo della spedizione punitiva che scatenò l’inseguimento. I due striscioni sono stati affissi la notte scorsa. Dopo la scarcerazione un amico di Duccio Dini aveva inviato una lettera a La Nazione, per chiedere ‘giustizia e certezza della pena’. “Finché la giustizia non funzionerà”, afferma “non potremo sentirci al sicuro”.

Morte Duccio: Funaro: “Amareggiati per scarcerazione di uno dei quattro coinvolti nell’omicidio”

“Siamo veramente amareggiati per la notizia della scarcerazione di uno dei quattro individui coinvolti nell’omicidio di Duccio Dini. Questa vicenda dimostra che il sistema penale italiano va rivisto, a partire dall’applicazione delle misure cautelari”. Lo afferma l’assessore a Welfare Sara Funaro a proposito della scarcerazione di una delle persone coinvolte nell’inseguimento che lo scorso 10 giugno causò l’incidente di via Canova in cui ha perso la vita Duccio Dini.

“Come Comune abbiamo le mani legate di fronte alla decisione di tenere questa persona agli arresti domiciliari in un alloggio erp – spiega l’assessore -. Questo ci rende ancora più convinti della nostra richiesta alla Regione Toscana di riformare la legge sulle assegnazioni delle case popolari. Non è sostenibile mantenere case di edilizia popolare pubblica a persone coinvolte in reati gravi contro le persone o contro il patrimonio”.

“Il sindaco Nardella – conclude Funaro – è in costante contatto con la famiglia di Duccio e conferma l’intenzione del Comune di essere sempre al loro fianco anche con la richiesta di costituirsi parte civile nel processo che si dovrà tenere”.

Tradotti a Sollicciano i 4 nuovi arrestati per la morte di Duccio Dini

Firenze, nelle prime ore della mattinata odierna, i Carabinieri del Comando Provinciale hanno eseguito 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti indagati emesse dal GIP presso il Tribunale di Firenze, Dott. Angelo Antonio Pezzuti, su richiesta della Procura della Repubblica del capoluogo fiorentino (Sost.Proc. Dott. Tommaso Coletta) a seguito degli approfondimenti investigativi svolti dopo l’omicidio di Duccio Dini.

Duccio Dini è deceduto l’11 giugno scorso dopo essere stato investito il giorno prima da un’autovettura mentre si trovava fermo a bordo del proprio scooter al semaforo posto all’incrocio tra via Canova e via Martini nel quartiere Isolotto.

“L’investimento era scaturito da un folle inseguimento – si legge nel rapporto dei Carabinieri – iniziato nel parcheggio del supermercato Esselunga di via Canova e proseguito sulla stessa strada, di tre autoveicoli con a bordo gli odierni arrestati, oltre ad altri due soggetti rom arrestati in flagranza di reato lo stesso 10 giugno, nei confronti di un loro parente a bordo di una quarta autovettura. Quella mattina al parcheggio del supermercato, i sei arrestati, avevano organizzato una vera e propria “spedizione punitiva” nei confronti del 43enne macedone Bajram Rufat, finalizzata alla sua eliminazione e motivata dal fatto che tre giorni prima, all’interno del campo del Poderaccio, costui aveva reagito, colpendolo con dei pugni al volto, all’aggressione del suocero Remzi Amet che intendeva fargliela pagare per aver pesantemente maltrattato la propria moglie, nonché figlia dell’aggressore”.

Nel comunicato dell’Arma dei Carabinieri compare una ricostruzione dettagliata dei fatti che riproduciamo in forma integrale: ” Alle ore 12.00 circa di domenica 10 giugno, la Opel Zafira grigia condotta dal 43enne arriva al parcheggio dell’Esselunga. Sul posto è già presente ad attenderlo la Lancia Lybra rossa alla cui guida vi è il cognato Antonio Mustafa con la sua convivente, che prima chiama al telefono altri parenti e, subito dopo, inizia a speronare la Opel Zafira per tentare di bloccarla in attesa dei rinforzi. Nel frattempo dal campo nomadi del Poderaccio partono immediatamente tre soggetti a bordo di una Volvo S60 (alla guida Remzi Mustafa, figlio di Antonio, e passeggeri il nonno Remzi Amet ed il cugino Dehran Mustafa) e due a bordo di un furgone Opel Vivaro (Kole Amet, figlio di Remzi, e Emin Gani) che pochi minuti dopo arrivano all’Esselunga, dove il guidatore della Zafira, speronato a più riprese dalla Lybra e dal furgone, riesce a divincolarsi e a fuggire con l’autovettura su via Canova, inseguito a folle velocità dalla Volvo e dalla Lybra. Il furgone si attarda nell’inseguimento in quanto al primo urto avvenuto nel parcheggio, riporta la foratura di uno pneumatico. Le tre autovetture davanti, seguite a rilento dal furgone, si rincorrono ad una velocità di oltre 100 km orari e, lungo tutto il tragitto da via Canova in direzione del Ponte dell’Indiano, oltre che speronarsi a vicenda, urtano altre autovetture in transito e rischiano di investire altri utenti della strada, ferendone anche uno nel parcheggio dell’Esselunga. Arrivati all’incrocio semaforico di via Canova con via Simone Martini, la Volvo con a bordo le tre persone investe violentemente la Opel Zafira sul paraurti posteriore che, sbandando, va ad impattare prima contro un cartello stradale e infine contro il tronco di un albero posto nella siepe a bordo strada. Nel frattempo anche il guidatore della Volvo perde il controllo del mezzo e, dopo ripetute sbandate, va a colpire violentemente una Hyundai IX30, e lo scooter a bordo del quale vi era il povero Duccio Dini, fermi al semaforo in attesa della luce verde, nonché un’altra Volvo che aveva appena effettuata la svolta a sinistra per immettersi in via Canova. Il giovane scooterista viene sbalzato in aria e, dopo l’impatto al suolo che gli procurerà delle lesioni gravissime, il giorno successivo morirà. In tali frangenti il guidatore – speronato – della Zafira, anch’egli pesantemente ferito ma non in pericolo di vita, dopo aver lasciato l’abitacolo per salvarsi dalle fiamme che, divampate dopo l’urto. avevano avvolto l’autovettura, si rifugia su un albero poco vicino per sfuggire all’aggressione dei tre occupanti della Volvo che, discesi dall’auto con una mazza da baseball, intendevano portare a termine il loro intento criminoso. Al semaforo, luogo dell’incidente, era causalmente ferma anche una pattuglia dei Carabinieri che, dopo aver assistito all’incidente, supportata da altri colleghi presenti nelle vicinanze ed immediatamente giunti sul posto, provvedeva a prestare i primi soccorsi al giovane scooterista e, successivamente, a bloccare due degli occupanti della Volvo che aveva causato l’investimento, che saranno poi dichiarati in arresto.

L’attività degli investigatori del Nucleo Investigativo e della Compagnia Oltrarno, coordinati dalla Procura della Repubblica di Firenze, è stata finalizzata a ricostruire minuziosamente il susseguirsi degli eventi di quella tragica mattina ed è proseguita anche nelle settimane successive sino ad arrivare all’intera ricostruzione della vicenda delittuosa. Le indagini, consistite nello svolgimento di attività tradizionali con numerose escussioni di testi, acquisizione e visione dei filmati del sistema di videosorveglianza comunale presente, prelievo di campioni biologici sui veicoli, oltre che analisi dei tabulati telefonici degli apparecchi cellulari in uso agli indagati, hanno consentito di svelare non solo il movente della spedizione punitiva ma di identificare, in aggiunta ai primi due soggetti arrestati lo stesso giorno del fatto e ancora detenuti a Sollicciano, gli altri correi negli odierni arrestati, tutti accusati del tentato omicidio in concorso del guidatore della Zafira e, eccetto i due occupanti del furgone Opel Vivaro sopraggiunto in ritardo sul luogo dell’investimento a causa della foratura dello pneumatico, dell’omicidio in concorso del 29enne Duccio Dini.

Gli arrestati, nei cui confronti è stato eseguito il prelievo di un campione biologico di saliva per ulteriori riscontri investigativi, sono stati tradotti presso la Casa Circondariale di Firenze Sollicciano”.

Gimmy Tranquillo ha intervistato il Procuratore Capo della Repubblica di Firenze, Giuseppe Creazzo:

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