Nu Genea, “Bar Mediterraneo”. Disco della settimana.

A 4 anni da “Nuova Napoli”, i Nu Genea tornano con “Bar Mediterraneo”, un nuovo viaggio, che proietta ancora più lontano i suoni del duo che attualizza la grande tradizione ritmica partenopea.

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“Bar Mediterraneo è il nostro “Disco della settimana“, puoi ascoltarlo in onda su Controradio o qui: https://orcd.co/nugenea-barmediterraneo

A quattro anni da “Nuova Napoli”, i Nu Genea tornano con “Bar Mediterraneo” disponibile da oggi su tutte le piattaforme digitali (NG Records su licenza Carosello Records). Un nuovo album e un nuovo viaggio, che proietta ancora più lontano i suoni del duo composto da Massimo Di Lena e Lucio Aquilina.

Il Bar Mediterraneo è l’idea di uno spazio comune, dove le persone si incontrano e si fondono. Un luogo con le porte sempre aperte ai viandanti e alle loro vite, sempre esposte ai capricci della sorte. Lo si prova ascoltando la moltitudine di suoni che caratterizzano i brani: strati di strumenti acustici, voci e sintetizzatori che si uniscono in una miscela unica di timbri.

Aprendo alle voci di tanti popoli diversi, separati dalle lingue ma uniti dal mare e dalla musica, la Napoli dei Nu Genea si fa vero luogo d’incontro. Si sente nei versi tunisini e nel flauto Ney di Marzouk Mejiri che spezzano il cuore di malinconia in Gelbi; nel canto dell’artista Marco Castello che, in Rire, attraversa lo Stretto di Messina per donarsi alle agrodolci parole di Napoli; nei versi francesi di Célia Kameni che sfilano sinuosi tra i vicoli di Marechià; o ancora nella batteria del compianto Tony Allen che accompagna i mandolini di Straniero.
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La passione dei Nu Genea per la cultura napoletana si espande in questo album attraverso l’adattamento di una poesia del 1931 di Raffaele Viviani, le cui parole cantate da Fabiana Martone si posano sul pacato groove jazz-funk di La Crisi. La stessa ricerca si nota anche nei versi di Vesuvio, una rilettura per il dance floor di una canzone folk napoletana degli ‘E Zezi, storica band operaia di Pomigliano D’Arco: qui, i Nu Genea, hanno registrato le voci di un coro di bambini di Napoli, che aggiunge alla canzone una dimensione tribale e insieme evocativa.
Il disco è stato anticipato dal singolo Tienaté, dove la potenza vocale di Fabiana Martone si unisce con sintetizzatori ed archi, impregnandoli con le matrici musicali del Sud-Est del Mediterraneo.

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Con la data del 5 maggio al X-Jazz di Berlino, hanno dato il via al loro tour internazionale, con una formazione di otto elementi, nei più famosi festival italiani ed europei.

Inoltre in occasione della tournée estiva, i NU GENEA in collaborazione con la direzione artistica di alcuni festival italiani, hanno sviluppato il progetto NU GENEA INVITE coinvolgendo sul loro stage band internazionali del calibro di L’Impératrice, Azymuth, Seun Kuti & Egypt 80, Kokoroko, Kit Sebastian, Los Bitchos, Quantic, The Mauskovic Dance Band e Yin Yin.

Nu Genea

Dopo il successo dell’album “The Tony Allen Experiments” (2015) in collaborazione con Tony Allen, storico batterista di Fela Kuti, nel 2018 i Nu Genea hanno pubblicato l’LP “Nuova Napoli” con la propria etichetta NG Records, in omaggio alla loro città natale: i sintetizzatori diventano un ponte tra passato e futuro, amalgamandosi a strumenti acustici, elettronica e voci in lingua napoletana. Questo album, molto apprezzato dalla critica di settore, diventa rapidamente uno dei vinili più venduti nel 2019 sulla piattaforma Discogs: #2 nel mercato globale, #1 in Italia, #2 in Francia. Lo show di “Nuova Napoli” è stato acclamato in prestigiosi club e festival – dal Dekmantel di Amsterdam a Strawberry Fields in Australia, da Queremos! in Brasile al ClubToClub di Torino, da New Morning di Parigi allo Strelka di Mosca. I loro spettacoli hanno entusiasmato il pubblico sia per la grande energia della band al completo sul palco, sia per la sofisticata selezione musicale che rende i loro Dj-set originali e insoliti. Nu Genea sono anche coinvolti nella curatela della compilation Napoli Segreta, incentrata sulla rivalorizzazione e ripubblicazione di musica prodotta a Napoli negli anni ’70 e ’80. A luglio 2021 viene pubblicato “Marechià”, il primo singolo estratto dal nuovo album. In pochissimi giorni il brano si conferma come una travolgente hit estiva controcorrente: un brano in perfetto stile funk disco in cui la lingua napoletana si fonde con quella francese in un perfetto equilibrio di sintetizzatori e chitarre. Il 13 maggio esce “Bar Mediterraneo”, l’atteso nuovo disco, un crocevia di culture differenti, separate dalle lingue ma unite dal mare della musica: un luogo di incontro e fusione, dove la curiosità si trasforma in partecipazione, la tradizione in condivisione, lo straniero in familiare

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Fontaines D.C. “Skinty Fia”. Disco della settimana.

Allontanati i paragoni con Joy Division e Fall, i Fontaines D.C. danno alle stampe un album di cui tutti parlano ma che divide, una delusione per qualcuno, il primo disco di peso di questa nuova generazione del “post-punk” per altri. A voi il giudizio.

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‘Skinty Fia’, il terzo album degli irlandesi Fontaines D.C. è ora appena uscito per Partisan Records. Il titolo dell’album, Skinty Fia è una frase irlandese che può essere tradotta come “la dannazione del cervo” e la copertina dell’album presenta appunto un cervo strappato dal suo habitat naturale e inserito in una casa, illuminato da una luce rossa artificiale. Il cervo gigante irlandese è una specie estinta e i pensieri della band sull’identità irlandese sono al centro dell’album. La frase, che è usata per manifestare delusione o fastidio, ha risuonato con il frontman Grian Chatten come l’esatta espressione dei suoi sentimenti nei confronti della “mutazione” della cultura irlandese all’estero e la canzone, che dà il tono a tutto l’album, esplora quei sentimenti attraverso la lente di una relazione condannata da paranoia, alcool e droghe.
YouTube video playerIl video musicale diretto da Hugh Mulhern, cattura la tensione della canzone con Grian che si muove inosservato in mezzo a una folla in festa.
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Ci sono gli echi rock di Dogrel e le atmosfere più cupe di A Hero’s Death, ma Skinty Fia è molto più ampio e cinematografico. I Fontaines D.C. sono una band in uno stato di costante evoluzione e questa volta il risultato è un album di stati d’animo mutevoli, intuizioni sorprendenti e maturità.

Skinti Fia è il nostro “Disco della settimana“.
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Il “Disco della Settimana” non è:

Già pubblicato nel 2011, a grande richiesta, riecco lo “spiegone” sui criteri che guidano la scelta dei nostri “Dischi della settimana”.

Sembra assurdo doverlo spiegare per la centesima volta, ma, si sà, spesso la ggente è “de coccio”. Perchè? Perchè periodicamente vien fuori uno a dire la sua (certo, legittima) su “e quel disco fa caha” e “quell’altro era più bello” e “su radio cippalippa l’ho sentito il mese scorso”, “avete preso i vaìni”, allora, a scanso di ulteriori equivoci è il caso di dire, una volta per tutte e per iscritto (scripta manent?) cosa il Disco della Settimana NON E’:

Il “Disco della Settimana” non è necessariamente il disco “più bello” della settimana (potrebbero infatti uscire dischi bellissimi ma di scarso appeal radiofonico, o talmente di nicchia da risultare poco interessanti per una vasta platea di ascoltatori), ma un disco (tra altri) che si decide di ascoltare con più attenzione e nel dettaglio per le ragioni più svariate (magari perchè se ne parla troppo, o troppo poco) fosse anche per giungere alla conclusione che “non vale la pena acquistarlo”.

Il “Disco della Settimana” non è un disco uscito necessariamente “quella settimana”, poichè, per fortuna, siamo svincolati dalle dinamiche “agonistiche” di molti media che seguono lo “stile milanese”, per cui un disco è “Disco della Settimana” nella settimana in cui noi ne veniamo in possesso. O comunque quando ci pare.

Il “Disco della Settimana” non è una scelta individuale del conduttore, ma una scelta della Redazione Musicale della quale il conduttore si fa portavoce.

Il “Disco della Settimana” non è un disco necessariamente “alternativo” o fuori dalle logiche “commerciali” (delle quali non ce ne frega comunque un gran chè). Un buon disco può anche essere un disco di successo, senza che questa debba essere considerata una colpa.

Il “Disco della Settimana” non è il disco dell’artista “più famoso”, visto che non è infrequente che artisti pur molto quotati o stimati diano alle stampe delle emerite “sòle”.

Il “Disco della Settimana” non è per forza un disco che entrerà nella Storia del Rock. Magari la settimana dopo ce lo dimentichiamo ecchissenefrega

Il “Disco della Settimana” non è un disco che per forza ha dei testi “bellissimi” (vorrei sapere quanti  stanno attenti ai testi dei prodotti anglofoni) e, se di un disco in italiano un paio di versi non vi piacciono, beh, ce ne faremo una ragione.

Il “Disco della Settimana” non è il disco più “figo”, magari è un disco “sfighissimo”, ma ci piace proprio per quello.

Il “Disco della Settimana” non è per forza un disco “politicamente” orientato. La musica può essere anche altro.

Il “Disco della Settimana” non è un disco che debba piacere a tutti, ma magari può essere un disco importante solo per una determinata fascia di pubblico.

Il “Disco della Settimana” non è un disco che debba per forza piacere ad una determinata fascia di pubblico, ma, magari, quella settimana si decide di fare una “mediazione” vista l’eterogeneità dei gusti e della fasce di età degli ascoltatori di Controradio.

Il “Disco della Settimana” non è un Segno del Destino.

Il “Disco della Settimana” non è (si spera..) veicolo di un messaggio infrasonico mirato sulle tue frequenze celebrali allo scopo di farti saltare i nervi (la schermatura di alluminio sulla calotta cranica comunque potrebbe bastare).

Il “Disco della Settimana” non è un segnale per Servizi Segreti di potenze avverse alla nostra Nazione.

Insomma, il “Disco della Settimana” non è un sacco di cose, e molte altre potrebbe NON essere…

Come dite? Alcune cose sembrano in contraddizione???

Ahh..l’avete capito alla fine! Si fa un pò come cavolo ci pare, convinti comunque di fare un “servizio” a quelli che saranno soddisfatti della scelta come a quelli che la disapproveranno.

Poi, detto fra di noi, lasceremmo l’indignazione per cose più “serie”.

*Dalla Redazione Musicale, pubblicato per la prima volta nel 2011.

Alessandro Fiori, “Mi sono perso nel bosco”. Disco della settimana.

Alessandro Fiori è una delle personalità più creative e orgogliosamente indecifrabili di tutto il panorama indipendente italiano degli ultimi vent’anni. Un artista poliedrico e raffinato, a tratti inafferrabile, un flusso continuo ed eterogeneo di musica e parole. “Mi sono perso nel bosco” è forse il suo disco più compiuto e rappresentativo.

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Un attesissimo ritorno quello di Alessandro Fiori, anticipato dai singoli “Amami meglio” e “Una sera”, che segna anche la sua entrata tra gli artisti di 42 Records. Il disco esce in tutti gli store digitali , in CD e in una versione limitata e numerata (a mano) in vinile bianco (più cd slim).

A distanza di sei anni dal precedente lavoro “Plancton”, “Mi sono perso nel bosco” racchiude e condensa la poetica unica e disallineata dell’eclettico cantautore toscano, e al tempo stesso segna una sorta di punto zero del suo percorso solista: non tanto la chiusura di un cerchio, quanto la ripartenza della spirale. Un fratello maggiore di “Attento a me stesso” (2010), il suo album d’esordio solista.

“Mi sono perso nel bosco” è un disco d’amore. Amore in ogni sua forma e tempo, esplorato in ogni sua sfumatura e momento. Dodici canzoni, scritte per la maggior parte al pianoforte, che tratteggiano un microcosmo personale, raccontato con delicatezza e poesia.

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Immaginate un mix tra Luigi Tenco e i Flaming Lips, tra la canzone italiana più “classica” e un estro creativo brillante e sorprendente, che si esprime anche nell’utilizzo di strumenti inusuali: wurlitzer, harmonium, omnichord, philicorda, marxophone, flauto shakuhachi. Sopra arrangiamenti ricchi e raffinati, sospesi e mai scontati, sono incastonate storie sempre un po’ sfumate, un po’ nascoste, ma straordinariamente immediate. Testi nati di getto, intimi e autobiografici, di una sincerità così potente che non può che affondare sotto la pelle di chi li ascolta.

Scritto e composto da Fiori (eccezion fatta per la canzone “Pigi Pigi”), il disco è anche il frutto di un lavoro collettivo. Oltre ai produttori Giovanni Ferrario (PJ Harvey, Hugo Race, Rokia Traoré, Scisma…) e Alessandro “Asso” Stefana (Vinicio Capossela, PJ Harvey, Guano Padano, Mike Patton), tanti sono i musicisti che per la grande stima che hanno nei confronti di Alessandro hanno voluto collaborare alla realizzazione dell’album. Da Brunori Sas a Levante, da Colapesce a Massimo Martellotta, e poi Dente, IOSONOUNCANE ed Enrico Gabrielli – con cui per anni Alessandro ha condiviso uno dei suoi progetti più luminosi, i Mariposa.

L’album si apre con la title-track “Mi sono perso nel bosco”: una canzone immersa in un’atmosfera sospesa e brumosa, che racconta di smarrimento e paura per poi risolversi grazie a una persona che al tempo stesso si fa Virgilio e Beatrice. La segue “Io e te” con Brunori Sas: una poesia di amore quotidiano, dei progetti di una relazione. In “Amami meglio” tornano le atmosfere del bosco con i suoi funghi, i suoi lupi, le sue multisale e i suoi distributori di metano. Un brano in pieno stile Fiori, apparentemente spensierato e intensamente quotidiano, con un breve affaccio su un ricordo d’ infanzia, cullato dal sax di Enrico Gabrielli e dai cori di Colapesce. “Buonanotte amore” è una delle poche canzoni non composte al pianoforte: nata con un harmonium Farfisa del 1961, parla della chiusura di una relazione, dando massima dignità alla fine, prerogativa fondamentale per ogni virtuoso inizio. “Stella cadente” invece nasce alla chitarra acustica per poi svilupparsi con un andamento quasi danzante, sostenuto da una batteria ruspante, ed è dedicata a chi ha il coraggio di buttarsi dal trampolino dei sogni. “Fermo accanto a te” è il primo duetto scritto da Fiori, che coinvolge Levante nel racconto di un tentativo di riavvicinamento tra due ex. Un duetto d’amore inusuale, che canta un fuoco spento che non ha possibilità di riaccendersi. “Una sera”invece è un cortometraggio, una canzone tutta da vedere: il racconto di come l’amore consenta di crescere, imparare ad accettare e perdonare, di dissolversi in un’altra anima e poi in un tutto. “Pigi pigi” è la prima canzone che Fiori interpreta in un suo disco senza averla scritta. Si tratta infatti di un dono dell’amico Luca Caserta, e denuncia – a suo modo – il dramma delle morti in mare nel Mediterraneo e della normalizzazione dell’orrore e del dolore. Se “Per il tuo compleanno” è stata scritta come regalo all’amico Giacomo Allazetta (Giacomo Laser/ Gioacchino Turù) e ricorda un momento domestico felice, in cui due amici si tirano su di morale, “L’appuntamento” invece racconta il complicato processo di rielaborazione di un lutto in seguito alla scomparsa di una persona molto cara. In “Estate” c’è tanta amarezza e malinconia, resa quasi tangibile nell’arrangiamento dei fiati di Enrico Gabrielli: quella di un amore maturo che rimpiange il tempo andato e sa di non poter tornare indietro, ma che comunque non vuole arrendersi e continua a sognare.“Troppo Silenzio”, in chiusura, è una canzone che si ispira a Calderón de la Barca e anzi va oltre, dichiarando che la vita è il sogno di un sogno. Le strofe che aprono il brano sono cantate in dialetto sorsese, paese nel nord ovest della Sardegna dove è nato il padre di Fiori, e raccontano la richiesta di conforto alla nonna di un Alessandro bambino inquietato dagli incubi. I ritornelli sono cantati all’unisono con Dente mentre IOSONOUNCANE dipinge una tempesta tardo romantica di sintetizzatori.

Se Alessandro Fiori si perde in quel bosco reale e immaginario, fisico e sentimentale, è perché ha avuto – ancora una volta – il coraggio di entrarci. Di volerlo esplorare, raccontare, sognare. Di soffrire e respirare, di vivere e amare. E di trovare la strada per uscirne – ancora una volta – con la musica. Perché, come dice lui stesso, tutta questa voce, tutta questa morte, tutto questo disco, tutto questo amore altro non sono che il tentativo di tenersi alla larga dall’assenza della stessa assenza. In fin dei conti ci va bene così, qualsiasi caso la sorte ci assegni il gioco vale la candela.

“Mi sono perso nel bosco” sarà presentato in 5 occasioni speciali che alterneranno chiacchiere e qualche canzone al pianoforte, prima di essere eseguito dal vivo con la formazione completa a partire dall’estate 2022, curato da Panico Concerti. Dopo l’anteprima del 21 aprile a Volume a Firenze, Fiori sarà il 23 aprile a Off Topic a Torino, il 28 a Fonoprint a Bologna, il 29 a Germi a Milano e il 30 al Monk a Roma.

“Mi sono perso nel bosco è il nostro “Disco della settimana”!

TRACKLIST

1. Mi sono perso nel bosco

2. Io e te

3. Amami meglio

4. Buonanotte amore

5. Stella cadente

6. Fermo accanto a te

7. Una sera

8. Pigi Pigi

9. Per il tuo compleanno

10. L’appuntamento

11. Estate

12. Troppo silenzio

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Alessandro Fiori. Biografia.

Alessandro FioriArtista toscano estroso e caleidoscopico, Alessandro Fiori con la sua musica e la sua attitudine creativa ha segnato la storia della musica indipendente italiana degli ultimi 20 anni. Nel 1996 fonda i Mariposa, con cui ha avuto all’attivo 9 dischi e più di 400 concerti. Da sempre aperto a ogni genere di collaborazione, negli anni partecipa ad altri progetti musicali, come gli Scudetto, gli Amore e i Craxi. Dopo il successo di stampa e pubblico dell’esordio solista “Attento a me stesso”, (2010) con il successivo “Questo dolce museo” (2012) viene inserito nella rosa dei cinque finalisti della Targa Tenco per la categoria “album dell’anno”. A questo lavoro seguiranno altri due dischi, “Cascata” (2014) e “Plancton”(2016). Oltre alla musica, Fiori insegna teatro, dipinge, scrive poesie e racconti. Apprezzatissimo da molti artisti della nuova scena italiana, può essere considerato il cantautore preferito del tuo cantautore preferito, e dopo un’attesa di sei anni torna ora con il suo quinto album, “Mi sono perso nel bosco”, in uscita il 22 aprile 2022 per 42 Records, anticipato dai singoli “Amami meglio” e “Una sera”.

Calexico: “El Mirador”. Disco della settimana.

“El Mirador“ è il 10° album dei Calexico, un disco dedicato a famiglia, amici e comunità, che, nella tradizione del gruppo, ibrida suggestioni desertiche e ritmi subamericani, questa volta con una particolare attitudine “cosmica”.

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Texas, Messico, polvere e percussioni caraibiche, è sempre stata questa la cifra stilistica del progetto di Burns e Convertino; il decimo album conferma la formula con qualche levigatura di troppo ma rivestendo il lavoro di una inedita dimensione cosmica ed universale.

“El Mirador è dedicato alla famiglia, agli amici e alla comunità”, ha affermato Joey Burns, cantante, polistrumentista e co-fondatore di Calexico. “La pandemia ha messo in evidenza tutti i modi in cui abbiamo bisogno l’uno dell’altro e la musica sembra essere il mio modo di costruire ponti e incoraggiare l’inclusione e la positività. Questo si accompagna alla tristezza e alla malinconia, ma la musica accende il cambiamento e il movimento”. Burns e Convertino si esibiscono insieme da oltre 30 anni, condividendo un profondo amore per il jazz e di solito costruendo canzoni su basi di basso e batteria. “El Mirador” mostra un lato più solare della band, tagliando due anni di nebbia pandemica con un’esplosione di ottimismo ballabile. Scrivendo e registrando insieme a Sergio Mendoza (tastiere, fisarmonica, percussioni), l’album espande le influenze di lunga data di cumbia, mariachi e la pletora di suoni della diaspora che fioriscono in tutto il sud-ovest.
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“Suono con i Calexico da circa 15 anni e ammiro la costante ricerca di nuovi suoni da parte di Joey e John”, riflette Mendoza, il cui studio casalingo di recente costruzione è diventato un rifugio per la band promuovendo una creatività più organica. “Dopo così tanti album”, aggiunge, “sono davvero orgoglioso che siamo riusciti a realizzare qualcosa di così fresco insieme”. Oscillando tra polverose atmosfere desertiche e vivaci sussulti di cumbia e “son” cubano, l’album affronta tematiche come la perdita di significato e certezze, la nostra paura dell’ignoto, le migrazioni, le ansie di un mondo in subbuglio e la manipolazione  delle informazioni, non offrendo mai una diagnosi, ma sostenendo con tutto il cuore l’unità e la compassione come unica cura per i nostri mali sociali.

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El Mirador si erge sia come punto di osservazione che come faro nell’oscurità; un’opportunità per cercare dentro di sé, riflettere sulle nostre connessioni con la Terra e la sua gente e, si spera, illuminare un percorso in avanti. Dopo decenni on the road, la musica di Calexico rimane aperta e romantica.

I Calexico intraprenderanno un tour europeo che includerà spettacoli in Austria, Germania, Francia, Regno Unito e altro ancora. Quest’estate partiranno anche per una serie di spettacoli negli Stati Uniti occidentali e in Canada.

El Mirador è il nostro “Disco della settimana“.

The Linda Lindas: “Growing Up”. Disco della Settimana

Ancora un disco su cui non fare grandi discorsi. Indie Rock, Punk Rock, Power Pop e Indie Pop shakerati al meglio da The Linda Lindas, 4 ragazzine spinte e inscatolate alla perfezione dallo staff della Epitaph, etichetta di riferimento per lo stile in questione. Fuck art, let’s dance!

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The Linda Lindas sono 4 fumettose ragazzine di origine asiatiche/americane dai 12 ai 18 anni che vivono a Los Angeles. I loro nomi sono Bela, Eloise, Lucia e Mila. Incoraggiate da Kristin Kontroli delle Dum Dum Girls, di loro ci mettono grinta e attitudine, al resto ci pensa il padre di due di loro, Carlos de Garza, pruduttore già di Paramore e Bad Religion che le indirizza in casa Epitaph, una etichetta che è già una garanzia.

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Nel 2020 diventano virali su internet con una astuta strategia di marketing intorno al brano “Racist, Sexist Boy” suonato dal vivo in una biblioteca e condiviso da Tom Morello dei Rage Against The Machine, Flea dei Red Hot Chili Peppers, Thurston Moore dei Sonic Youth e Kathleen Hanna delle Bikini Kill.

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Dopo una manciata di singoli è appena uscito il loro album di debutto dal titolo Growing Up.

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La press-release definisce il disco come “un prodotto di generazioni di musica underground a Los Angeles e oltre. Il debutto di The Linda Lindas incanala punk classico, post punk, power pop, new wave e altre sorprese in canzoni orecchiabili e senza tempo cantate da tutti e quattro i membri, ognuna con il proprio stile ed energia. Con un’abilità di scrittura sempre più matura e un’esperienza di vita ampliata, le Linda Lindas stanno crescendo.”

Growing Up delle Linda Lindas è, senza tanti discorsi, il nostro Disco della Settimana!
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