Frammenti metallici e un brandello del vestito che potrebbe contenere tracce di polvere esplosiva. Reperti di 81 anni fa, prelevati con l’esumazione del corpo di Vittoria Volpini, morta sul colpo il 22 luglio 1944, nel duomo di San Miniato (Pisa), dove erano stati radunati centinaia di civili dall’esercito tedesco che aveva rastrellato le case, quando un’esplosione causò 55 morti e tantissimi feriti. Al Ris di Roma è iniziato il campionamento e la catalogazione scientifica dei reperti che saranno esaminati nella nuova indagine richiesta dal Comitato Gori di San Miniato per dissipare gli ultimi dubbi sulla tragedia: eccidio tedesco o strage causata da fuoco amico?
Dubbi che per decenni hanno diviso la comunità samminiatesi e che ora si proverà a dissipare grazie anche all’uso di nuove tecnologie sempre più raffinate. Un’analisi metallografica, in particolare, dovrà cercare di stabilire dove l’esplosivo fu fabbricato, se in Germania o negli Stati Uniti. Il Comitato Gori è sempre stato convinto che nei corpi delle vittime potrebbe esserci la verità, il tassello che manca per consegnare definitivamente alla storia la responsabilità del massacro ricordato anche dai fratelli Taviani nel film “La notte di San Lorenzo”.
La tomba, nella cappella dei frati minori che hanno fornito tutte le autorizzazioni, è stata aperta alla presenza di 8 esperti guidati dal esplosivologo Danilo Coppe, del Comune e di un medico legale. La famiglia Volpini si è estinta e Vittoria fu una delle 27 vittime che perse la vita sul colpo. Gli altri morirono alcuni giorni dopo in ospedale, e per questo si presume che le schegge siano state rimosse dalle salme. Ecco perché è stato ritenuto che i resti della giovane siano quelli con la maggiore possibilità di parlare dopo oltre ottant’anni. Il responso del Ris è atteso entro Natale.



