Gio 28 Mar 2024

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Regionali: vince la buona amministrazione, perde Salvini

Le elezioni regionali ci consegnano un quadro politico rivoluzionato, con tendenze che, se confermate, rischiano di determinare un vero e proprio terremoto nel Governo e nel Paese. L’analisi di Domenico Guarino

Per un volta il quadro appare assolutamente chiaro e difficilmente contestabile. Nelle elezioni regionali in Calabria ed Emilia ci sono alcuni sconfitti certi un  paio di vincenti e qualche rimandato a settembre. Pardon, a maggio.

Il principale sconfitto, inutile girarci intorno, è chiaramente Matteo Salvini. Diciamo Salvini e non la Lega,  tale è stato il tasso di personalizzazione dello scontro politico-elettorale che il leader del (ex) Carroccio ha impresso a questa tornata regionale, soprattutto in Emilia. E’ stato Salvini a caricare il voto di un significato politico nazionale. E’ stato lui che, evidentemente immemore della lezione renziana, ha promosso un referendum sulla sua persona, uscendone sonoramente battuto.  E’ stato lui ad oscurare candidata ed alleati. Di fronte a queste evidenze, che Bergonzoni finisca a 8 punti da Bonaccini (altro che testa a testa…) e che in Calabria vinca Forza Italia, per il nostro Matteo Padano non è proprio un buon segno. Anzi. Del resto lo si era capito quando a mezzanotte e trenta sì è presentato di fronte alla telecamere, insolitamente dimesso ed insolitamente ecumenico, con un commento di una banalità tale che anche alle elementari avrebbero saputo fare meglio.

Se si considera il voto di lista la debacle si fa addirittura più evidente: rispetto alle europee di meno di un anno fa, la Lega nelle regionali in Emilia perde il 2% oltre al titolo di primo partito, ed in Calabria addirittura il 20.

Sconfitto, anzi, disintegrato, il Movimento 5 Stelle che, se è vero che sui territori ha sempre avuto vita difficile, in Calabria perde il 20% ed in Emilia il 13, condannandosi ad una marginalità politica sempre più evidente, frutto di scelte reiteratamente errate, se non scellerate. Compresa la pervicacia nel non voler ripetere a livello locale le alleanze di Governo. Con gli Stati Generali alle porte e i vari Di Battista che scalpitano vendetta, anche a Roma, statene pur certi, gli effetti di questi ‘spifferi’ regionali si faranno sentire. Credo alla fine, nel senso di un rafforzamento di Conte e della sua strategia di alleanza nell’alveo del Centrosinistra; ma le fibrillazioni e le turbolenze, anche gravi, non mancheranno.

Si condanna alla residualità anche la sinistra cosiddetta radicale che raccoglie le briciole delle briciole, riportando nelle urne gli effetti di una incapacità oramai parossistica di rinnovare la propria identità, ovvero di adeguare il proprio pensiero e le proprie strategie alla nuova fase politica che si è aperta da qualche anno questa parte. Lo ‘splendido isolamento’, teorizzato e praticato con orgoglio e convinzione,  alla fine ha prodotto quello che si poteva prevedere: la riduzione a percentuali da prefisso telefonico o poco più. Una triste realtà che dovrebbe far aprire delle riflessioni anche in vista dei prossimi appuntamenti regionali, a cominciare dalla Toscana. Ma siamo quasi certi che questo non accadrà.

E veniamo ai vincenti.

Innanzitutto vince la buona amministrazione. Così come nelle recenti amministrative, in un’epoca profondamente de-ideologizzata, l’elettore va sul concreto e premia chi dimostra di saper governare bene  i territori. Si vota consapevolmente sulla qualità della propria vita e non su orizzonti ideali che sono visti come eccessivamente lontani se non gravosi. Che sia un bene o un male non importa: conta che è così. E la politca, come dovrebbe essere noto,  si fa con ciò che c’è, non con ciò che si vorrebbe ci fosse. Così alle regionali in Emilia conferma chi ha governato finora, mentre in Calabria si prova un riscatto dopo gli ennesimi scandali.

Vince sicuramente il Pd di Zingaretti che, nonostante le scissioni, in Emilia guadagna, oltre al Governatore, 3 punti percentuali sulle recenti europee, riconquistandosi la palma non solo simbolica di primo partito. E in Calabria, nonostante i recenti scandali, contiene il travaso di voti verso le liste civiche collegate a Callipo. Ora Zinga, paziente tessitore che rifugge dal palcoscenico ma evidentemente conosce l’arte del compromesso esatto, può rifiatare in vista delle prossime sfide, rafforzato dal voto e, soprattutto, dagli ‘umori’ che questo voto regale.

Vince soprattutto una visione positiva dell’Italia, che contesta la narrazione catastrofista del centrodestra salviniano. Un’Italia che vuole credere in se stessa e nel futuro. Un segnale chiaro, da coltivare con passione ed entusiasmo in quanto segna una novità significativa. Forse la più significativa. Merito ancora una volta del protagonismo civico che, come già ad inizio 2000, prova a rianimare, forse in maniera arruffata, forse con poca coerenza, ma tuttavia in maniera energica, una politica esangue o ripiegata su se stessa. Che si chiamino Sardine o altro, il nocciolo sta lì.

Poi ci sono i non pervenuti. Quelli rimasti alla finestra. Come Italia Viva, innanzitutto. Per Renzi and co, il peggior risultato possibile: la non partecipazione (una mossa apparentemente furba) lo ha reso un corpo estraneo alla contesa. Il rafforzamento della leadership di Zingaretti, per mezzo della vittoria netta di Bonaccini, renderà più ardua la partita  nel campo del centrosinistra, allargando il fossato tra gli ex rimasti nel Pd e il nuovo partito Renziano.  Si aspettano naturalmente  esiti sul dibattito romano. Con la certezza però che al momento IV non ha la forza elettorale e di consenso per far saltare il tavolo. Barufferà, statene certi, ma con minore forza. A meno che la volontà suicidaria non prevalga.

Ora tocca alla Toscana con due incognite. La prima è che il Giani rafforzato dall’esito delle elezioni in Emilia, creda di aver già vinto e non si concentri sul miglioramento dell’azione di Governo. La seconda riguarda il centrodestra: avrà la forza Salvini di imporre a questo punto regole e protagonisti della campagna elettorale? O dovrà scendere a più miti consigli soprattutto con gli alleati? Vedremo. Domani, come sempre in politica, è un altro giorno.

 

DOMENICO GUARINO

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