Gio 25 Apr 2024

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Ndrangheta in Toscana: sequestro milionario per riciclo denaro a due imprenditori

Sequestrati un fondo agricolo, alcuni vecchi fabbricati e annessi rurali per un valore di 5 milioni di euro, da parte del centro operativo Dia di Firenze e della polizia di Stato. Il sequestro a due imprenditori di origini calabresi, ma da tempo trapiantati in Toscana che sarebbero indagati per affiliazione con la ndrangheta.

I due imprenditori, provenienti dalle province di Catanzaro e Crotone erano proprietari di una serie di porzioni immobiliari di tipo rurale ubicate nel comune di Chiusdino (Siena), acquistate ad agosto 2007, e consistenti in un fondo agricolo in unico corpo, con sovrastanti alcuni vecchi fabbricati ed annessi rurali, per una consistenza catastale di oltre trecentocinquanta ettari ed un valore commerciale complessivo di circa 5.000.000 di euro.

I due, secondo quanto riferito dagli investigatori in una nota, sarebbero indagati “per avere impiegato nella propria attività economico-imprenditoriale – agricola denaro, per un importo di almeno 1.500.000,00 euro, proveniente dal delitto di cui all’art. 416 bis c.p. riconducibile all’organizzazione criminale di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta’, e segnatamente alla cosca ‘Grande Aracri’ di Cutro (Crotone) e alla ‘locale’ di Petilia Policastro ad essa affiliata”.

Sequestro ndrangheta Sulla base dell’attuale ipotesi investigativa, nell’ambito dell’indagine condotta dalla Dia e della squadra mobile della questura di Firenze e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica presso il tribunale di Firenze, vagliata dal giudice per le indagini preliminari, i due indagati “si sarebbero messi a disposizione delle cosche calabresi per consentire investimenti e impieghi di proventi derivanti dalle attività criminali della ‘ndrangheta”, prosegue la nota. “Tutta l’attività d’indagine ha trovato ulteriori riscontri volti a consolidare l’ipotesi investigativa riguardante sia la ricostruzione degli investimenti effettuati in Toscana, sia i legami con soggetti appartenenti alle cosche calabresi”, concludono gli investigatori.

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