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Sab 25 Ott 2025
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ToscanaSportMorto Raffaello Paloscia: Ast e giornalismo sportivo in lutto

Morto Raffaello Paloscia: Ast e giornalismo sportivo in lutto

L’Associazione Stampa Toscana, con il presidente Sandro Bennucci e tutti gli organismi dirigenti, e il Gruppo Toscano giornalisti sportivi, con il presidente Franco Morabito e il Consiglio direttivo, piangono la scomparsa di Raffaello Paloscia, un mito della nostra professione, e si stringono alla famiglia, alla moglie Annamaria e ai figli, Alberto e Fulvio, nostro collega di Repubblica.

Di seguito la nota del sindacato dei giornalisti:

“Raffaello se n’è andato, quasi in punta di piedi, a 97 anni, dopo una vita nella quale ha incarnato il vero modello di giornalista sportivo: stile essenziale, leggero ma incredibilmente incisivo, mai sconfinato nella polemica spicciola e  inutile, risultando un vero maestro per generazioni di cronisti sportivi: ha raccontato i due scudetti della Fiorentina (1955-56 e 1968-69), i Mondiali di calcio, le Olimpiadi. Due anni fa, nel giorno del suo novantacinquesimo compleanno, venne insignito della “Penna d’oro” dall’Associazione Stampa Toscana ed entrò come ambasciatore  nella Hall of Fame del Museo Fiorentina.

 Cominciò a scrivere, Raffaello Paloscia, che aveva poco più di vent’anni. Nato a Urbino il 27 settembre 1928, dopo l’esordio al Corriere dello Sport, nell’agosto del 1950, venne chiamato da Giordano Goggioli a “La Nazione” dove contribuì, appunto insieme a un altro fuoriclasse del giornalismo come Goggioli, a inventare quel “giornale del lunedì” che era un quotidiano sportivo all’interno della testata: dove si trovavano tutti gli avvenimenti della domenica, fino ai dilettanti di terza categoria. Poi diventò il capo di quella redazione sportiva, composta anche da Giampiero Masieri, Sandro Picchi, Carlino Mantovani, Giorgio Moretti.

 Raffaello ha legato indissolubilmente il suo impegno professionale alla Fiorentina: appena assunto fu incaricato di seguire il nascente squadrone di Fulvio Bernardini (del quale divenne grandissimo amico, al punto di chiamare Fulvio il suo secondo figlio) vincitore dello scudetto nella stagione 1955-56 e secondo nella Coppa dei Campioni nel 1957 (con un rigore “inventato”, a Madrid, a favore del Real). Ha quindi raccontato tutte le seguenti stagioni viola e naturalmente il secondo scudetto del 1968-69. Celebrando per i lettori i campioni: da Julinho e Montuori a Sarti, Albertosi e Hamrin; da Chiarugi, De Sisti e Amarildo, fino ad Antognoni, Baggio, Batistuta, Luca Toni, Mutu.

 Raffaello Paloscia è stato anche apprezzatissimo collaboratore di “Stadio” e delle pagine sportive del “Corriere della Sera”. Lasciata “La Nazione” non si accomodò in pensione ma fu, per qualche decennio, uno dei più seguiti commentatori nei talk show televisivi.

 Due anni fa, quando gli fu assegnata la “Penna d’oro” dal sindacato dei giornalisti, durante la cerimonia nel Centro tecnico di Coverciano – che aveva a lungo frequentato fin dai tempi di Luigi Ridolfi, Artemio Franchi, Fino Fini e Ferruccio Valcareggi – Raffaello Paloscia si commosse. Lo abbracciò Gianluigi Buffon che, a nome della Nazionale e della Federcalcio, gli disse: “Grazie per quello che hai fatto”. Ed è la frase che Ast e Gruppo toscano giornalisti sportivi pronunciano oggi: “Grazie Raffaello, anche per quello che sei stato”.