Mer 24 Apr 2024

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Alluvione ’66: gli interventi nel giorno delle commemorazioni

Firenze, 4 novembre anniversario dell’alluvione dell’Arno che devastò la città nel 1966. In occasione della giornata commemorativa il sindaco Nardella ha illustrato il ‘piano ponti’ e la prevenzione delle esondazioni del reticolo minore.

“Il 4 novembre è l’occasione per onorare tutte le vittime della terribile alluvione – ha detto Nardella – per ricordare, come ha fatto il presidente Mattarella nel 2016, quel grande moto globale di solidarietà e per ringraziare gli angeli del fango di tante nazionalità. Il 4 novembre, però, è anche l’occasione per fare il punto della situazione sull’impegno delle istituzioni sul fronte della prevenzione dei fenomeni legati all’esondazione non solo dell’Arno, ma anche del reticolo fluviale minore e di tutti gli affluenti”.

Nardella ha parlato dal Ponte alle Grazie da cui, dopo la benedizione del fiume da parte del cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, il sindaco ha lanciato una corona di alloro in memoria delle Vittime.

“A Firenze – ha continuano Nardella – il nostro impegno è focalizzato su due fronti. Il piano dei ponti: procedono i lavori di messi in sicurezza del ponte Vespucci“, poi “abbiamo illustrato pochi giorni fa l’intervento di restauro per Ponte Vecchio che ha anche finalità di maggiore sicurezza” e “abbiamo avviato una serie di analisi su Ponte San Niccolò”. Il secondo filone, ha aggiunto, “riguarda la prevenzione delle esondazioni del reticolo minore, abbiamo completato la grande vasca di laminazione” e “abbiamo già realizzato con il consorzio di bonifica due progetto di fattibilità che riguardano sia la Greve che l’Ema. La nostra intenzione è realizzare delle piccole vasche di laminazione lungo questi due fiumi per un investimento stimato di altri 15 milioni”.

In questa occasione di commemorazione diverse figure del mondo della politica e non solo, hanno rilasciato dichiarazioni.

Convegno “L’Arno a 56 anni dall’alluvione”

Dopo 56 anni dall’alluvione del 1966 la Regione Toscana ha organizzato, presso la tavola rotonda in Sala Pegaso, il convegno “L’Arno a 56 anni dall’alluvione, riflessioni, idee e proposte”.

Tra i partecipanti, insieme a Giani e Monni, anche il direttore Autorità idrica toscana Alessandro Mazzei, il presidente Anbi Marco Bottino, il segretario Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Gaia Checcucci e l’assessore all’ambiente del Comune di Firenze Andrea Giorgio

Ad aprire il discorso è stato il presidente della Regione Eugenio Giani: “Possiamo dire che siamo una regione leader a livello nazionale sul piano dell’assetto idrogeologico e quello degli interventi di tutela e difesa del suolo. Per quelli che abbiamo messo in campo fino ad oggi, e quelli che metteremo in futuro. Ci sono in questo momento circa 600milioni fra progetti che stiamo lavorando per aumentare le casse di espansione, progetti in corso come nel comune di Figline, progetti in via d’appalto. Siamo la regione che ha già costruito Bilancino, ha già realizzato l’area di esondazione a Roffia (70 milioni di metri cubi a Bilancino, 5 milioni a Roffia) una Regione che ha già dato segnali molti forti che hanno evitato alluvioni che potevano avere effetti catastrofici come quelli del 4 novembre del 1966. Penso che gli interventi sul Serchio, l’Albegna, il Carrione, siano il segno di una regione molto forte e presente che non si limita a questo, ma che cerca anche di ridistribuire meglio l’acqua con i forti interventi assunti con il Pnrr, con i 6 enti di gestione coordinati dall’autorità idrica che vedono risistemare la rete dell’acquedotto risistemandone o riducendone fortemente le perdite”.

Subito dopo il discorso di Giani è intervenuta anche l’assessora all’ambiente Monni. L’assessora ha riportato alla mente i fatti tragici del 4 novembre 1966, sottolineando che questi hanno coinvolto non solo Firenze, ma anche gran parte della Toscana ma che comunque oggi “grazie agli investimenti fatti, possiamo finalmente vedere il fiume come ‘amico’ e non parlarne pensando solo al miglioramento della sicurezza ed alla difesa del suolo, ma anche alla tutela della biodiversità, alla migliore qualità delle acque, alla manutenzione, alla produzione di energia dalle ‘briglie’, che sono al tempo stesso strumento di difesa e di produzione di energia elettrica pulita.”

A conferma del suo discorso l’assessora cita ad esempio il sistema delle casse di espansione, posizionate sia a monte che a valle di Firenze: “Stiamo intanto realizzando il sistema delle casse di Figline Valdarno, un sistema complesso, che attualmente vede tra cantieri attivi ed un quarto che sta per partire. Queste casse sembrano distanti, ma rappresentano il miglior sistema di difesa possibile, ad esempio, per gli Uffizi. Quando si parla di opere idrauliche, infatti, si lavora magari a distanza, ma con l’obiettivo di tutelare i punti più delicati e fragili. Naturalmente la nostra attenzione non si concentra solo su Firenze: a valle del capoluogo abbiamo poi casse di espansione, tra cui quella dei Renai, importantissima opera collocata all’intersezione del Bisenzio con l’Arno, che aumenta la sicurezza di un’ampia parte di territorio e di molti abitati”.

Gli interventi di Alessandro Mazzei e Marco Bottino

Sempre durante il convegno tenutosi nella Sala Pegaso di Palazzo Strozzi Sacrati sono poi intervenuti anche  Alessandro Mazzei, direttore generale dell’autorità idrica toscana, e Marco Bottino, presidente di Anbi Toscana.

Mazzei, nel suo intervento, ha introdotto il tema dell’importanza dell’Arno per il servizio idrico integrato sottolineando l’importanza del fiume Arno anche per l’approvvigionamento idrico dell’area fiorentina, e ricordando il grande lavoro fatto dall’AIT per depurare le acque delle utenze reimmesse nel fiume, in modo da restituire all’ambiente acqua pulita dopo l’utilizzo.

“Il servizio idrico integrato ha un forte rapporto di simbiosi con l’Arno – ha detto Mazzei– il nostro sforzo è quello di ridurre sempre di più i prelievi dall’Arno, ridurre le perdite in rete e migliorare la qualità della depurazione, con conseguente miglioramento della qualità delle acque”.

Per quanto riguarda il prelievo di acqua dal fiume, Mazzei si è espresso anche sui prelievi di acqua dal fiume precisando che “In quattro anni abbiamo recuperato 22 milioni di metri cubi all’anno di perdite, con conseguenti minori prelievi sulla risorsa idrica del fiume e delle falde subalveo”,  invece per quel che riguarda le re-immissione delle acque depurate, spiega che: “Gestiamo le acque di scarto di circa 3,5 milioni di abitanti equivalenti, di queste riusciamo a depurarne per 3,2 milioni. Quindi il 90% delle acque che reimmettiamo è depurato. E questo ha fatto migliorare considerevolmente la qualità delle acque dell’Arno”.

Marco Bottino invece ha spiegato che: “Il Contratto di Fiume nasce come un patto, sottoscritto da diversi soggetti della comunità locale, che si propone di mettere a punto azioni di miglioramento delle aree fluviali, che spaziano dall’urbanistica alla riqualificazione ed educazione ambientale, dalla gestione del rischio idraulico alla valorizzazione del patrimonio locale, dalla fruizione delle rive al miglioramento della qualità delle acque. È un sistema che stiamo applicando con successo su diversi corsi d’acqua della nostra regione, consapevoli che avere occhi sul territorio aiuta anche dal punto di vista della sicurezza. A oggi sono 15 i Contratti di fiume attivati in Toscana a cui prendono parte i Consorzi di Bonifica, a cui si aggiunge il grande progetto di “Un patto per l’Arno”, che abbraccia l’intera asta fluviale del corso d’acqua toscano”.

Gli interventi di Gaia Checcucci e Andrea Giorgio

Agli interventi è poi seguita una tavola rotonda moderata da Erasmo D’Angelis alla quale ha partecipato la segretaria dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino settentrionale Gaia Checcucci, l’assessore all’ambiente del Comune di Firenze Andrea Giorgio, la consigliera della Provincia di Pisa Cristina Bibolotti e il direttore della settore Difesa del suolo e protezione civile della Regione Toscana Giovanni Massini.

“Ricorrenze come quella di oggi – ha detto Gaia Checcucci nel corso della tavola rotonda- servono per mantenere viva la memoria ma anche per fare un bilancio della situazione attuale. Una situazione sicuramente migliore ogni anno che passa ma c’è ancora tanto da fare, sia in termini di accelerazione dell’attuazione degli interventi, sia in termini di pianificazione, e questo è il nostro ruolo. Tenendo sempre presente che quando si parla di difesa dalle acque occorre sempre garantirne la tutela, conciliando quindi la pianificazione della gestione del rischio con quella delle acque. C’è poi il tema della scarsità d’acqua e in questo senso l’azione dell’Autorità di Bacino è determinante, in quanto ente che per legge deve farsi carico della gestione ottimale della risorsa: credo sia necessario rilanciare il ruolo degli Osservatori permanenti sugli utilizzi idrici, che hanno sede presso le Autorità di Bacino, elevandoli a cabine di regia operanti nei periodi di siccità a supporto delle decisioni degli organi di Governo. Altrettanto importante è puntare su una programmazione strategica integrata con alcuni significativi “interventi bandiera” che l’Autorità intende portare avanti grazie alle nuove linee di finanziamento nel settore idrico che la vedono come beneficiaria e autorità proponente”

L’assessore Andrea Giorgio ha aggiunto “Oggi la città ricorda un evento traumatico che per anni ha lasciato un ricordo indelebile e ha generato timore verso il fiume. Grazie agli interventi negli anni di messa in sicurezza e agli investimenti fatti in città per farlo diventare un luogo pieno di vitalità, l’Arno è tornato luogo di cultura, sport, socialità ed economia. Il ricordo dell’alluvione deve essere, se vogliamo che insegni qualcosa, anche occasione per pensare all’oggi, a tutti quegli eventi estremi, a quegli shock climatici che non sono più estemporanei ma frequentissimi. Le città devono trasformarsi e diventare più resilienti per riuscire ad assorbire questi shock e far sì che non diventino disastrosi. Le città inoltre sono responsabili – pur occupando una piccolissima superficie geografica del nostro continente – dell’80% dell’inquinamento e dei consumi di energia, come della produzione dei rifiuti. Sono quindi sia una parte rilevante del problema quanto il centro di ogni possibile soluzione e della transizione ecologica necessaria: da qui passerà la sfida della lotta al cambiamento climatico per i prossimi anni e le città dovranno essere protagoniste”.

L’intervento della Coldiretti

La Coldiretti ha voluto evidenziare come attualmente “271mila cittadini vivono in area ad elevato rischio alluvione, tra i quali 25mila famiglie – ossia 93 mila persone – nella sola provincia di Firenze”.

Fabrizio Filippi, presidente Coldiretti Toscana rilancia la “necessità di proseguire negli investimenti per le opere di manutenzione e lotta al dissesto idrogeologico su tutto il territorio regionale e ribadendo l’importanza di approvare una legge contro il consumo di suolo. I cambiamenti climatici ci pongono di fronte alla sfida più grande di tutte. Non possiamo continuare a rincorrere le emergenze ma pianificare e programmare per adattarci al nuovo scenario.

Coldiretti sta lavorando, insieme alla Regione, al piano invasi, “prima risposta ai lunghi periodi di siccità che dovremo affrontare con sempre più frequenza. Se riusciamo a raccogliere le acque piovane e rilasciarle nel momento del bisogno mettiamo in condizioni le imprese di avere una prospettiva e di mantenere viva l’agricoltura e le comunità in salute”, aggiunge Filippi ricordando che la siccità di questa estate è costata all’agricoltura 260 milioni di euro di danni tra mancate produzioni, minori rese o colture danneggiate”.

L’altro grande tema è quello del consumo del suolo. In Toscana dal 2006 al 2022 gli ettari di terra naturale urbanizzati, occupati da case, capannoni ed altre strutture sono stati 4.210 ad una velocità di 263 ettari all’anno.

Anche il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, in occasione della Santa Messa (accompagnata dalla banda dei Vigili del Fuoco) in memoria delle vittime dell’Alluvione dell’Arno del 4 novembre 1966, nella Basilica di Santa Croce, ha sottolineato l’importanza della prevenzione. “La creazione di Dio ha una sua armonia a condizione che ci sia chi la coltivi e la custodisca. Quando l’uomo dimentica questa sua responsabilità rispetto alla natura, questa da giardino in cui fiorisce la vita si trasforma in un inferno che trascina alla morte”.

“Lavoro e cura della natura non si oppongono, ma si integrano – ha aggiunto Betori – come mostra il nostro panorama toscano che risplende dei valori naturali esaltati dall’operosità di generazioni che li ha plasmati in forme di fecondità e di bellezza. La cura umana del territorio fa parte della nostra responsabilità di oggi, perché non accadano più tragedie come quella che ci sconvolse cinquantasei anni fa. Per far questo abbiamo bisogno di una ‘ecologia integrale’, come la definisce il Papa, che esalta la giusta centralità dell’uomo nella natura nel segno della responsabilità e chiede attenzione non solo ambientale, ma anche culturale, spirituale, sociale ed economica”. Per Betori quindi “solo ritrovando la verità dell’uomo nella sua apertura alla trascendenza, la sua vocazione alla fraternità universale, la sua responsabilità verso tutte le creature potremo costruire un mondo in cui le potenze della natura non saranno nostre nemiche ma il giardino della nostra gioia”.

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