La Corte costituzionale ha respinto il ricorso del Governo contro la legge regionale toscana sul turismo che contempla anche misure di contenimento del fenomeno di overtourism. Giani: ” Toscana vince su tutta la linea per la legge sul turismo. La decisione della Consulta dimostra la correttezza del nostro operato’
La Consulta ha dichiarato infondate le questioni di legittimità sollevate dal Governo a marzo scorso con riferimento a più disposizioni della legge regionale toscana n.61 del 2024, recante il testo unico del turismo, per violazione degli articoli 3, 41, 42 e 117 della Costituzione.
Tra le disposizioni del testo unico anche norme per dare una cornice di regolazione specifica ai Comuni che subiscono di più l’impatto di b&b, affitti brevi e affittacamere.
Gli articoli 42-45 del testo unico sul turismo della Toscana, stabilendo che le strutture ricettive turistiche extra-alberghiere con le caratteristiche della civile abitazione devono essere gestite in forma imprenditoriale, determinano “un’ingerenza nelle libere scelte dei proprietari” che però è “giustificata” “in quanto volta a perseguire una funzione sociale in modo proporzionato, in particolare la finalità di limitare la proliferazione delle strutture ricettive extra-alberghiere e gli effetti negativi dell’overtourism”. Così la Corte Costituzionale che ha respinto tutte le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Governo contro la legge 61/2024 della Toscana sul turismo.
L’impugnazione ha riguardato più disposizioni: tra queste quella sulla possibilità, per gli alberghi, di associare nella gestione, in aumento della propria capacità ricettiva e nei limiti del 40% della medesima, unità immobiliari residenziali nella loro disponibilità, entro duecento metri, attribuendo però ai Comuni il potere di stabilire una percentuale inferiore. Secondo la Corte, la norma “conferma la generale funzione comunale di regolare gli insediamenti sul proprio territorio e fa salva la possibilità per il singolo Comune di temperare l’espansione delle attività alberghiere, tenendo conto delle esigenze” del territorio.
Per le “strutture ricettive extra-alberghiere con le caratteristiche della civile abitazione”, ha ritenuto poi infondata la questione dell’articolo 41, comma 3, secondo il quale l’attività ricettiva extra-alberghiera e` consentita esclusivamente in unita` immobiliari aventi, ai fini urbanistici, destinazione d’uso turistico-ricettiva, con esclusione di quelli aventi destinazione d’uso residenziale. Dal momento che gli articoli 42-45 prevedono la gestione in forma imprenditoriale, “se un immobile è utilizzato in modo stabile ed organizzato come struttura ricettiva extra-alberghiera, la previsione della destinazione d’uso turistico-ricettiva non può essere considerata irragionevole”.
Infondate per la Consulta anche le questioni sull’articolo 59 sugli affitti brevi: stabilisce che i Comuni ad alta densità turistica e quelli capoluogo di provincia «possono, con proprio regolamento, individuare zone o aree in cui definire criteri e limiti specifici per lo svolgimento, per finalità turistiche, delle attività di locazione breve”. La Corte ha escluso “l’invasione della materia ‘ordinamento civile’: la norma detta una disciplina amministrativa che “interseca in via prevalente le materie del governo del territorio e del turismo, in quanto prevede un potere regolatorio comunale – che riguarda un’attività economica di tipo turistico e si riflette sull’assetto del territorio – e istituisce un (possibile) regime amministrativo autorizzatorio”.


