Mer 24 Apr 2024

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Uccise figlio a Scarperia: Corte di Strasburgo condanna l’Italia

Strasburgo – Lo Stato italiano dovrà versare alla donna 32mila euro per danni morali per non averla protetta dalla furia del compagno che nel settembre 2018 uccise il figlio a coltellate.

La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), con sede a Strasburgo (Francia) ha condannato l’Italia per non aver protetto una donna e i suoi figli dalla violenza domestica terminata in tragedia. I fatti risalgono al settembre del 2018 quando Niccolò Patriarchi uccise a coltellate il figlio di un anno, ferendo in modo grave anche la convivente, Annalisa Landi, e cercando di uccidere l’altra figlia di 7 anni. Il tutto scaturì da una lite domestica. Le due donne, soccorse dal 118, riuscirsono a salvarsi.

Al tempo, furono portate all’ospedale di Borgo San Lorenzo dove venivano riscontrati delle “ferite da taglio alla testa e agli arti superiori” alla donna ed un “grave stato di shock” alla bambina, entrambe non risultarono in pericolo di vita.

Il ricorso è stato presentato dall’avvocato Massimiliano Annetta che ha accusato l’Italia di aver violato il diritto alla vita non essendo stato in grado di adottare le misure necessarie alla protezione dei suoi cittadini. Infatti, secondo quanto spiegato, prima dell’omicidio del bambino la donna aveva presentato diverse denunce nei confronti del convivente.

“I procuratori – si legge nella sentenza – sono rimasti passivi di fronte ai gravi rischi che correva la donna e con la loro inazione hanno permesso al compagno di continuare a minacciarla e aggredirla”.

Tra le argomentazioni difensive che erano state portate alla Cedu dallo Stato italiano, spiega il legale, c’era anche quella secondo la quale alcuni mesi prima la donna aveva rimesso la querela presentata nei confronti del convivente, e poi lo aveva ripreso a vivere a casa sua.

“La motivazione portata dallo Stato è inaccettabile – afferma l’avvocato Annetta – perché lo Stato ha comunque il dovere di capire cosa sta accadendo in questi casi, c’è anche un passo della sentenza della Cedu che critica questa linea di difesa”. Le autorità italiane, si legge nella sentenza della Corte di Strasburgo, avrebbero dovuto adottare misure di protezione verso la donna e i suoi figli, “indipendentemente dalla presentazione di denunce e indipendentemente dal fatto che fossero state ritirate, o del cambiamento di percezione del rischio da parte della vittima”.

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