Collesalvetti, incendio raffineria Eni, Prot. civile, tenere finestre chiuse

Collesalvetti, in provincia di Livorno, una colonna di fumo nero preceduta da alcuni forti rumori, che hanno fatto pensare ad alcune esplosioni, si è sollevata intorno nella raffineria Eni di Stagno.

Il fumo è visibile da molta distanza. Il sindaco del vicino comune di Collesalvetti Adelio Antolini riferisce: “Eravamo in consiglio comunale e ci hanno avvertito della cosa. È visibile una colonna di fumo nero che si vede anche da Collesalvetti, dopo che si sono sentiti ci dicono almeno tre forti rumori”, simili a scoppi.

La Protezione civile del Comune di Livorno, a livello precauzionale, invita la cittadinanza di tenere le finestre chiuse. Lo fanno sapere dal Comune in merito all’incendio in corso in un impianto che è in manutenzione dentro lo stabilimento Eni. Il sindaco Luca Salvetti si è recato alla raffineria per seguire la situazione da vicino.

Secondo prime informazioni, sarebbe un incendio scoppiato all’interno di un impianto della raffineria Eni. L’impianto era in manutenzione e forse erano presenti residui di idrocarburi che hanno preso fuoco. Al momento non risultano persone coinvolte.

“Ho parlato con il direttore dello stabilimento – ha confermato il sindaco di Livorno Luca Salvetti andato sul posto – Al momento non risultano persone coinvolte nell’incendio di un impianto in manutenzione. Nel frattempo, sembra che i vigili del fuoco siano riusciti a domare le fiamme”.

AGGIORNAMENTO dei Vigili del Fuoco: Intervento alla raffineria ENI di Stagno, nel comune di Collesalvetti: l’incendio ha coinvolto l’ impianto forno hot oil all’ interno allo stabilimento. L’Incendio è stato estinto e sono in atto le operazioni di raffreddamento e bonifica.
Al momento non risultano coinvolte persone. Sul posto stanno operano squadre del comando di livorno, di pisa, di lucca e di firenze.
La viabilità stradale è stata ripristinata.

Uomo muore dopo vaccino Covid, no correlazione per Asl

Livorno, un uomo di 53 anni è morto ieri all’hub vaccinale di Rosignano Solvay, poco tempo dopo aver ricevuto la somministrazione della seconda dose del vaccino contro il Coronavirus Pfizer.

La notizia del decesso è riportata oggi dal quotidiano Il Tirreno, che informa inoltre di come, per chiarire le cause del decesso dell’uomo, sia stato chiesto il riscontro diagnostico.

Secondo una nota diffusa oggi dalla Asl, dopo una prima valutazione, visti anche i tempi ridotti intercorsi tra la vaccinazione ed il malore accusato, e l’assenza riferita di patologie allergiche, non sembrerebbe esserci una relazione causale tra la somministrazione del vaccino ed il decesso.

Secondo la ricostruzione dell’Azienda sanitaria l’uomo, dopo la vaccinazione, avrebbe trascorso i 15 minuti di attesa previsti all’interno dell’hub, quindi sarebbe uscito dalla struttura per poi rientrare poco dopo accusando un senso di oppressione retro-sternale e nausea.

Il paziente, in attesa dell’arrivo dell’ambulanza, è stato prontamente assistito dal personale presente, tra cui anche un medico anestesista, che ha messo in atto tutte le azioni necessarie per la gestione dell’emergenza.

Contemporaneamente all’arrivo dei sanitari del 118 l’uomo è andato in arresto cardiaco. A seguito delle manovre rianimatorie effettuate dal personale, l’attività cardiaca era ripresa, ed il paziente era stato inviato al pronto soccorso di Cecina ma purtroppo è deceduto durante il trasporto.

Sisma a Livorno: scossa magnitudo 3.5, non si segnalano danni

Il sisma ha avuto ipocentro a 13 km di profondità ed epicentro 15 km da Livorno. La scossa è stata chiaramente avvertita dalla popolazione

Una scossa di terremoto di magnitudo 3.5 è stata registrata alle 6:21 davanti alla costa livornese. Secondo i rilevamenti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), il sisma ha avuto ipocentro a 13 km di profondità ed epicentro 15 km da Livorno. La scossa è stata chiaramente avvertita dalla popolazione. Non si segnalano danni a persone o cose.

Il Comune di Livorno, dal sistema di allertamento di protezione civile, comunica che oggi, in via precauzionale, le scuole di ogni ordine e grado saranno chiuse per valutare eventuali criticità nelle strutture a seguito del terremoto registrato al largo della costa livornese. In tutto sono state tre le scosse avvertite stamani a Livorno intorno alle 6.21: alla prima di magnitudo 3.5, come riporta l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, ne sono seguite altre due, di magnitudine 2 e 2.1, con epicentro sempre al largo della costa livornese a 13 km di profondità.

Sciopero al porto di Livorno, Filt-Cgil massima adesione

Il porto di Livorno è fermo: i lavoratori dello scalo toscano hanno aderito in massa allo sciopero di 48 ore proclamato da Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti, cominciato alla mezzanotte di oggi e che si protrarrà fino alla mezzanotte di domani.

“Lo sciopero è iniziato, 48 ore e tiriamo dritto – afferma Giuseppe Gucciardo (Filt-Cgil) dal Terminal Darsena Toscana – e a parte i deperibili e i passeggeri, tutto il resto è fermo totalmente: cancelli chiusi e attività ferme in tutti i terminal portuali”.

La mobilitazione nasce per chiedere maggiore sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, contenimento del lavoro straordinario e superamento del precariato, riconoscimento del lavoro usurante per il lavoro portuale, stop all’autoproduzione (il disegno di legge Concorrenza rischia infatti di spalancare le porte a questa pratica cara agli armatori) e per denunciare la mancata proroga nel decreto legge Infrastrutture dei sostegni alla portualità per l’anno 2022.

Domattina dalle 9.30 alle 12, manifestazione ‘statica’ in piazza del Luogo Pio. “Questa adesione altissima – aggiunge il sindacalista – è la dimostrazione che la comunità portuale c’è ed è presente. Ora quelle rivendicazioni che hanno portato allo sciopero andranno concretizzate. Un’adesione altissima come questa dà ai noi sindacati un mandato pieno per interagire con la ‘politica’ e riuscire a tradurre così in azioni e soluzioni concrete quello che i lavoratori portuali chiedono a gran voce”.

Tre portuali fanno parte degli arrestati in carcere a Livorno, per ‘ndrangheta

Livorno, tre portuali fanno parte degli arrestati in carcere oggi nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Firenze contro il traffico di droga dal Sudamerica coordinato da cosche di ‘ndrangheta.

I tre portuali avrebbero avuto proprio il compito di facilitare l’accesso dei criminali calabresi al porto toscano, sia per verificare l’arrivo dei carichi di cocaina sia per portare i carichi fuori dallo scalo. Inoltre, un altro livornese, che invece il gip ha sottoposto a obbligo di dimora, avrebbe avuto il compito logistico di fornire appartamenti per le necessità di soggiorno degli ‘ndranghetisti in trasferta a Livorno quando dovevano sovrintendere ai trasporti di cocaina.

Questo è quanto emerge dall’inchiesta della Dda illustrata in una conferenza stampa alla procura di Firenze con 13 arrestati in carcere e un obbligo di dimora. Le indagini sono partite nei primi mesi del 2019, quando è stata segnalata la presenza a Livorno di presunti esponenti di vertice delle ‘ndrine calabresi.

Secondo quanto spiegato dalla polizia, alcuni precedenti sequestri di coca fatti nel porto di Gioia Tauro avevano indotto alcune cosche, in particolare la cosca Molè, a reindirizzare il traffico di stupefacenti verso i porti di Livorno e Vado Ligure (Savona). L’organizzazione criminale, specializzata nell’importazione di cocaina, poteva contare anche su aderenti stanziati in Olanda e in Sud America.

Nel marzo del 2019 le indagini scoprirono un fallito tentativo di recupero di droga, che non era arrivata a destinazione, da un container contenente crostacei. Il 7 novembre 2019 gli investigatori hanno sequestrato nel porto di Livorno 266 panetti di cocaina, per un valore di 15 milioni di euro, contrassegnati col marchio H, in un container di legname. Il giorno dopo sempre nel porto sono stati sequestrati altri 164 panetti per in totale di 430 chili di cocaina.

Nel gennaio del 2020 altri 22 chili di cocaina, prelevati da un presunto broker, sono stati sequestrati al porto di Vado Ligure.

Nell’agosto del 2019, nascosti nel bagagliaio della propria auto, uno dei dipendenti di una compagnia portuale di Livorno avrebbe fatto entrare nel porto due uomini di Gioia Tauro incaricati dalla ‘ndrangheta di recuperare un carico di cocaina da uno dei container arrivati dal Sud America.

“Eh ma non entro”, si lamenta uno dei due calabresi nel corso della conversazione intercettata nella vettura. “Entri, entri – gli risponde l’altro -, mettiti coricato, entrano le persone di due metri”.

In base alla ricostruzione della polizia, il portuale, Massimo Antonini, finito agli arresti insieme ai colleghi Mario Billi e Fabio Cioni, una volta passato il suo cartellino sarebbe entrato nell’area doganale del porto, e avrebbe individuato il container grazie alla indicazione fornite in precedenza da Cioni.

I due calabresi, vestiti con le pettorine dei dipendenti del porto, avrebbero poi forzato il lucchetto che chiude il container e sarebbero entrati, ma non avrebbero trovano la droga, che non era mai giunta a destinazione. Poco dopo sarebbero costretti ad andare via, sempre nascosti nel bagagliaio, per l’arrivo di altri lavoratori.

Quella sera stessa Mario Billi sarebbe stato inviato nel porto col compito di chiudere lo sportello del container che nella concitazione i malviventi avevano lasciato aperto, ma avrebbe rinunciato trovando sul posto pattuglie della polizia: “Erano lì, oh – racconta Billi in una delle conversazioni intercettate, pattuglie della polizia della finanza -. Io di andare lì vicino non me la sono sentita”.

‘Ndrangheta: maxi operazione, 104 arresti tra Calabria, Toscana e Lombardia

Maxioperazione anti-‘ndrangheta in tutta Italia. Le Squadre mobili di Reggio Calabria, Milano, Firenze e Livorno hanno eseguito oltre 100 misure cautelari a conclusione di indagini che hanno riguardato esponenti della ‘ndrangheta operanti in stretto accordo tra loro, in diverse parti del territorio nazionale.

Le attività investigative, nell’ambito delle quali è stata sequestrata oltre una tonnellata di cocaina importata dal Sudamerica, hanno riguardato persone di origine calabrese provenienti dalla Piana di Gioia Tauro, attivi anche in Lombardia e in Toscana, e con ramificazioni internazionali.

“Noi siamo come le raccomandate, arriviamo direttamente a casa”: così ha detto intercettata una delle persone finite in carcere oggi nel blitz contro la ‘Ndrangheta, coordinato dalla Procura di Milano, Firenze e Reggio Calabria. La frase  è stata citata durante la conferenza stampa indetta a Milano in cui sono stati forniti i dettagli dell’operazione che  ha portato a 104 arresti tra Calabria, Toscana e Lombardia. I reati contestati sono associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, autoriciclaggio, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, produzione, traffico e cessione di sostanze stupefacenti, usura, bancarotta fraudolenta, frode fiscale e corruzione.

Il filone milanese delle indagini ha portato ad un sequestro di prevenzione nei confronti di un noto pluripregiudicato, attualmente detenuto, ritenuto tra gli elementi di vertice di una potente cosca egemone sul territorio di Cirò Marina ma con importanti ramificazioni nel Nord Italia, in Germania ed all’estero, recentemente condannato in appello per associazione mafiosa nell’ambito dell’Operazione “Stige” condotta dalla Dda di Catanzaro.

La ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha manifestato la propria ”soddisfazione per le vaste e articolate indagini che hanno portato all’arresto su tutto il territorio nazionale e all’estero di più di 100 persone ritenute appartenenti alla ‘ndrangheta”. ”Le complesse operazioni, che hanno, tra l’altro, consentito di intercettare un importante traffico internazionale di sostanze stupefacenti testimoniano ancora una volta l’elevata capacità investigativa e la professionalità delle nostre forze di polizia nel contrasto alle organizzazioni criminali i cui interessi illeciti assumono sempre più un carattere transnazionale”, ha concluso la titolare del Viminale.

Nel contesto locale emesse 13 misure di custodia cautelare in carcere e un obbligo di dimora nel Comune di Livorno, sgominando un’organizzazione criminale finalizzata al traffico di cocaina proveniente dal Sud America e legata a due cosche di ‘ndrangheta. Tra i destinatari delle misure, è stato riferito parallelamente in una conferenza stampa alla procura di Firenze, anche alcuni soggetti che lavoravano nel porto di Livorno dove nel corso delle indagini sono stati sequestrati 430 chili di cocaina. Destinatari degli arresti anche soggetti ritenuti espressione di due cosche calabresi, un presunto broker che faceva da raccordo tra gli esponenti delle ‘ndrine e altri complici in ambito nazionale e internazionale più un dipendente dell’amministrazione civile del ministero dell’Interno che avrebbe falsificato passaporti per alcuni latitanti.

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