Toscana: “Arcipelago Pulito” va avanti per altri quattro mesi.

La Regione Toscana ha deciso che il progetto “Arcipelago Pulito”, basato sulla raccolta della plastica che galleggia o si deposita sui fondali, proseguirà per altri quattro mesi, in attesa della cosiddetta legge “Salvamare” allo studio del ministero dell’ambiente

La sperimentazione è terminata all’inizio di novembre, ma la Regione Toscana – assieme a tutti gli altri partner, tra cui Legambiente ed Unicoop – ha deciso che il progetto “Arcipelago pulito”, che ha visto una cooperativa di pescatori di Livorno e una mezza dozzina di pescherecci impegnati nella raccolta della plastica che galleggia o si deposita sui fondali, proseguirà per altri quattro mesi, in attesa della cosiddetta legge “Salvamare” allo studio del ministero dell’ambiente.

Proseguirà anche perché in sei mesi i risultati non si sono fatti attendere. “Il progetto – spiega l’assessore alla presidenza della Toscana, Vittorio Bugli – ha dimostrato che è utile, funziona e ha senso pratico. Certo ora va strutturato e reso ancora più efficace, ma è già un esempio di economia collaborativa e circolare, un tema al centro dell’agenda di questa giunta regionale”. E’ diventato modello e anche una buona pratica riconosciuta dal Parlamento europeo, dove è stato presentato a fine giugno.

Il 13 settembre l’Europarlamento ha approvato una risoluzione non vincolante che contiene, tra le varie proposte per la riduzione dei rifiuti di plastica, anche l’incentivo ai pescatori che possono riportare in porto quanto raccolto. Ed oggi, a Rimini, sempre i pescatori toscani hanno ricevuto pure un premio. E’ accaduto durante Ecomondo 2018, la kermesse internazionale dell’ambiente che nella sue ventiduesima edizione torna a parlare di green economy e sostenibilità.

“Il nostro obiettivo  è arrivare ad avere una legge nazionale che consenta ai pescatori di raccogliere i rifiuti che rimangono impigliati nelle loro reti. Ieri ne ho parlato con il ministro Costa, che mi ha informato circa la volontà di presentare un testo quanto prima e a cui ho ribadito la disponibilità di metterci a disposizione per dare tutte le indicazioni utili emerse dalla nostra sperimentazione” spiega Bugli.  Oggi, per un vuoto normativo, questo non è possibile e il pescatore è ritenuto responsabile dei rifiuti che riconduce in porto, anche quelli raccolti in mare perché casualmente rimasti nelle reti. Anzi, ne dovrebbe addirittura pagare i costi di smaltimento. La conseguenza è che, prima di “Arcipelago Pulito”, i rifiuti tirati su con rombi e sugarelli puntualmente venivano rigettati in mare. Un’assurdità, colpa di un corto circuito normativo che trasforma un comportamento virtuoso in un costo.

“Parallelamente – aggiunge l’assessore – stiamo promuovendo l’allargamento della sperimentazione da Livorno e dallo specchio di mare di fronte a tutta la costa e l’arcipelago toscano. Credo sia un obiettivo che possiamo raggiungere lavorando insieme”.

Al termine dei primi sei mesi di sperimentazione, con l’ultimo conferimento registrato il 27 settembre, i pescatori hanno raccolto complessivamente più di 18 quintali di rifiuti, per un volume di oltre 24 mila litri. E’ la dimostrazione che la sfida di ripulire il mare da quanto altri vi hanno gettato o vi è arrivato attraverso i fiumi è possibile. Quattordici quintali sono plastiche non recuperabili e da avviare allo smaltimento, il 14 per cento (260 chili) plastiche riciclabili. Ci sono anche piccole percentuali di acciaio, alluminio o banda stagnata. In mare in fondo si può trovare di tutto. Ad aprile, in una delle prime uscite, i pescatori di Livorno tra sanpietri e sugarelli, scampi, qualche sardina, rombi e perfino un polpo tirarono su con le reti a strascico non solo bottiglie di plastica, fascette, sacchi e buste, ma anche il presunto sterzo di un motoscafo, una vecchia tanica e una torcia da sub. Oggetti a volte quasi nuovi, altri a pezzi, molti incrostate dal tempo e dalle conchiglie.

“Se moltiplichiamo questo dato, raggiunto con sole sei barche impegnate, per tutti i pescherecci presenti in Italia – si sofferma Bugli – ben possiamo comprendere il contributo che allargare questo progetto darebbe alla salvaguardia dell’ambiente e allo sviluppo di un’economia collaborativa”.

Il progetto toscano è stato reso possibile grazie ad un protocollo d’intesa siglato a marzo tra Regione Toscana, Ministero dell’Ambiente, Unicoop Firenze, Legambiente, Guarda Costiera, Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Settentrionale, la società Labromare che gestisce la raccolta dei rifiuti nel porto, Revet che li ricicla, la cooperativa Cft e i pescatori appunto. Il valore aggiunto dell’esperienza, innovativo rispetto ad altri progetti portati avanti in altri mari e in altre parti del mondo, è proprio quello di aver creato una filiera completa, che va dalla raccolta del rifiuto alla sua analisi e trattamento e, quando possibile, recupero in un impianto idoneo. E’ il primo in Italia e in Europa da questo punto di vista e tutti i partner hanno confermato la loro adesione.

Al progetto Unicoop Firenze destina, sotto forma di incentivo e premio per i pescatori che si sono impegnati nella sperimentazione – gli stessi che forniscono il pescato per i supermercati -, parte del ricavato del centesimo che soci e clienti, per legge, dall’inizio dell’anno devono pagare per le buste in mater-b dell’ortofrutta.

Collisione navi tra Capraia e la Corsica: allarme inquinamento

Collisione tra Capraia e la Corsica: da Legambiente il sollecito a dare seguito alle operazioni di contenimento in maniera rapida ed efficace per tutelare la biodiversità e la fauna marina minacciate dallo sversamento di centinaia di metri cubi di olio carburante

La collisione tra la nave tunisina Roro Ulysse e la portacontainer cipriota CLS Virginia avvenuta domenica mattina nell’area del santuario dei cetacei, santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos, dimostra per l’ennesima volta l’estrema vulnerabilità di questo prezioso triangolo di mare tra il nord della Sardegna, la Corsica, la Toscana e la Liguria, ricco di biodiversità marina.

La collisione è avvenuta a 28 km da Capo Corso e ha provocato uno sversamento in mare di 600 metri cubi di olio carburante enormemente tossico per l’ambiente marino, che ha generato in mare una chiazza estesa per circa 10 km quadrati che si è estesa per una lunghezza di circa 20 Km. Il fatto che l’incidente sia avvenuto in buone condizioni meteomarine dimostra che il santuario è quotidianamente esposto a rischi troppo alti e che evidentemente i controlli non sono sufficienti a metterlo in sicurezza. Sul luogo della collisione stanno intervenendo in queste ore mezzi anti-inquinamento francesi e italiani.

Com’è noto, le operazioni di disincagliamento possono essere causa di un ulteriore rischio di sversamento, inoltre occorre gestire al meglio questo delicato intervento per cercare di contenere il rischio incendi vista l’alta infiammabilità del carburante. Per tale ragione, è fondamentale che le azioni volte al contenimento avvengano in maniera rapida, al fine di limitare i danni sia nei confronti della fauna e della flora presenti nell’area che dei mammiferi marini e della tartaruga Caretta caretta che ha iniziato negli ultimi anni a nidificare lungo la costa toscana, all’Isola d’Elba e in Sardegna e per evitare che il carburante raggiunga la costa.

Piogge e venti forti stanno ostacolando le operazioni di pulizia della chiazza d’idrocarburi che galleggia sul mare e si sposta di ora in ora. Il rischio maggiore, proprio per l’alta densità del combustibile sversato, è che possa in parte finire sotto la superficie dell’acqua, rendendo più difficile il recupero e mettendo in pericolo un numero maggiore di animali. “L’aumento del moto ondoso – afferma l’Ispra – non permetterà un agevole recupero del combustibile che ingloberà goccioline di acqua (fino all’80% del volume totale) favorendone altresì lo spostamento sotto la superficie del mare, non vista dai sistemi di rilevamento in atto, e apparire solo quando in prossimità della costa”.

Se si è per fortuna evitata quella che poteva essere una tragedia con molte vittime, i danni ambientali rimarranno per molto tempo e nessuno sa davvero quali effetti avranno in un’area vitale per i cetacei, sia per le loro rotte migratorie che per il fenomeno della risalita delle acque fredde che fertilizzano il mare dando il via alla catena alimentare che li attira fino alle coste liguri.

Ci preoccupano anche le dichiarazioni del ministro dell’Environnement et de la Transition écologique della Francia, François de Rugy, secondo il quale la collisione tra la nave ro-ro tunisina e la portacontainer cipriota deriva da «Un comportamento della nave ro–ro totalmente anormale» e che ha aggiunto che «Non c’era nessuno sveglio al timone della nave ro-ro. Altrimenti la collisione si sarebbe potuta evitare». E’ chiaro che in questo come in altri incidenti marittimi ha svolto un ruolo anche la scarsa preparazione professionale lo sfruttamento degli equipaggi di navi come quella tunisina.

Il Santuario dei Cetacei rischia di restare un’istituzione importante e strategica solo sulla carta. Di fatto, infatti, è sempre più teatro di incidenti a causa dell’intenso traffico navale, a partire dal naufragio della Costa Concordia all’Isola del Giglio e poi la caduta nel mare in tempesta al largo di Gorgona di decine di bidoni contenenti sostanze tossiche (molti dei quali mai recuperati), fino a naufragi sfiorati e collisioni, mentre nell’Arcipelago Toscano le navi cariche di sostanze pericolose continuano a passare vicinissime a Pianosa e ad altre isole protette”.

L’auspicio di Legambiente, dunque, è che i controlli aumentino in maniera sensibile in modo tale da garantire la necessaria sicurezza del sito. Nel tratto di mare in cui è avvenuta la collisione transitano circa un centinaio di navi al giorno che non solo disturbano balenotteri, capodogli, stenelle e delfini, ma costituiscono un pericolo per la biodiversità marina. Occorre, pertanto, attivare un sistema di protezione dell’area, facendo in modo che quello accaduto domenica non sia l’ennesimo incidente destinato a cadere nell’oblio. Non è pensabile che in una delle aree teoricamente più controllate del Mediterraneo, soggetta ad un trattato internazionale in cui la navigazione dovrebbe essere estremamente sicura e sita in prossimità dell’area protetta francese e del Parco nazionale dell’Arcipelago toscano, possa accadere un incidente di tale portata che avrà ripercussioni molto gravi a prescindere dal tempestivo intervento che ci auguriamo venga messo in atto.

Legambiente: rischio disastro ambientale al largo delle coste toscane

L’incidente tra le due navi avvenuto ieri a largo della Corsica mette a rischio l’area del Santuario dei cetacei Pelagos, un ecosistema di enorme interesse scientifico grazie alle sue caratteristiche naturali e al patrimonio di biodiversità che custodisce.

Intervista con Fausto Ferruzza,  presidente Legambiente Toscana

Corsica, collisione navi: Santuario Pelagos a rischio

L’incidente tra le due navi avvenuto ieri a largo della Corsica mette a rischio l’area del Santuario dei cetacei Pelagos, un ecosistema di enorme interesse scientifico grazie alle sue caratteristiche naturali e al patrimonio di biodiversità che custodisce.

In territorio italiano, il Santuario Pelagos (chiamato anche Santuario per i mammiferi marini) è stato istituito nel 1991 come area naturale marina protetta di interesse internazionale, e occupa una superficie a mare di 2.557.258 ha (circa 25.573 km2) nelle regioni Liguria, Sardegna e Toscana

Legambiente e Expédition MED, impegnate nel progetto Pelagos Plastic Free per difendere la biodiversità del Santuario dei cetacei dall’inquinamento da plastiche, lanciano un appello ai governi di Italia, Francia e Monaco affinché si mettano in campo tutte le opzioni per limitare i danni provocati dallo sversamento di olio combustibile in mare e si intervenga in tempi rapidi con una normativa ad hoc per il traffico delle merci in quest’Area Specialmente Protetta d’Importanza Mediterranea (ASPIM).
“La collisione fra le due navi avvenuta al largo della Corsica ha dell’incredibile per le dinamiche dell’incidente e perché ancora una volta assistiamo impotenti a uno sversamento importante di sostanze inquinanti in una zona protetta” ha dichiarato Sebastiano Venneri, responsabile mare di Legambiente .
“E’ evidente che, come chiediamo da tempo, sia necessario normare in maniera più stringente i traffici marittimi in una porzione di mare così preziosa come il Santuario Pelagos. Ci ritroviamo invece a sperare nella buona sorte e nelle condizioni meteomarine che consentano di recuperare la maggior parte delle sostanze oleose che stanno fuoriuscendo dai serbatoi delle navi”.
Sull’argomento sono intervenute anche Cgil Toscana e Livorno attraverso un comunicato stampa:
“Circa alle 7 di domenica 7 ottobre, è avvenuto un inspiegabile incidente a nord di Capo Corso. Oggi le navi hanno strumenti in grado di prevenire eventi pericolosi sia per l’ambiente che per le persone eppure è accaduto. La prima domanda che ci poniamo è quali siano le misure di sicurezza dedicate agli equipaggi in casi anche come questi e se siano stati fatti rilievi a bordo per verificare lo stato fisico ma anche psicologico (dato lo shock evidente) dei marittimi a bordo. Dalla stampa si rileva che siano state le navi stesse a garantire che nessuno si sia fatto male.
Come CGIL Toscana e Livorno chiediamo quali garanzie esistono sul contenimento dello sversamento in mare che ieri era di 10 KMQ ed oggi è già di 20 con 600 m cubi di olio carburante.
Le operazioni di separazione delle due navi desta grande preoccupazione. Anche le isole dell’arcipelago Toscano sono a poche miglia da Capo Corso e tutta la costa Toscana come la Liguria sono a rischio. Un salto di vento è sempre possibile in mare. Il consorzio Lamma è presente e speriamo che possa prevedere e monitorare con estrema precisione, resta la preoccupazione dell’azione conseguente che si dovrebbe fare. La tempistica è essenziale in quanto una mareggiata anche minima potrebbe provocare l’affondamento del materiale con grave danno della flora dei fondali e in conseguenza anche della fauna.
Preoccupa inoltre che non si sia fatto cenno dei contenuti dei Ro Ro della nave Cipriota. Da Legambiente perviene preoccupazione e si paventa che possano contenere sostanze altamente tossiche e cancerogene. L’alta intensità di traffico nelle zone determinate dalla presenza di più porti nello spazio marino interessato, obbliga a interventi di sicurezza assolutamente trasparenti, conosciuti da lavoratori e cittadini e certo, questo caso, non suggerisce che le cose stiano esattamente in questo modo. ”
Maurizio Brotini segretario CGIL Toscana
Patrizia Villa segretaria CGIL LIvorno

Anche ad Altopascio ‘Puliamo Il Mondo’

Lucca, anche Altopascio ha aderito così all’iniziativa ‘Puliamo il Mondo’, promossa da Legambiente Capannori e Piana lucchese.

L’iniziativa ‘Puliamo il Mondo’ è stata affiancata e supportata dai Comuni di Altopascio, Capannori e Porcari, dal Consorzio di Bonifica 1 Toscana Nord e da Ascit, in collaborazione con le scuole del territorio.

Cartacce, bottiglie, teli di plastica, cassette, spazzatura sparsa: i bambini di terza, quarta e quinta della scuola elementare di Badia Pozzeveri hanno ripulito le aree verdi della frazione, soprattutto quelle vicine all’istituto scolastico.

L’amministrazione della sindaca Sara D’Ambrosio ha coinvolto numerosi bambini, che, dopo aver seguito una parte teorica sul funzionamento della raccolta differenziata, hanno ripulito le aree antistanti la scuola con sacchi e guanti.

Arcipelago pulito, in quattro mesi raccolti 16 quintali di rifiuti

Sono sedici i quintali di rifiuti raccolti fino al 20 agosto dai pescatori di Livorno che partecipano al progetto “Arcipelago Pulito”: sei i pescherecci coinvolti, con una media di sei chili al giorno per ogni barca. La sperimentazione di sei mesi, partita a metà aprile, si avvia al termine e la Regione, insieme a Legambiente e Unicoop Firenze, chiede al Governo e al Parlamento di approvare una legge nazionale che incentivi i pescatori a non ributtare in mare le plastiche pescate. L’appello in particolare è rivolto al ministro Costa, che alcune settimane fa aveva annunciato la sua disponibilità a lavorare ad una norma in tal senso.

Il progetto toscano è stato reso possibile grazie ad un protocollo d’intesa siglato a marzo tra Regione Toscana, Ministero dell’Ambiente, Unicoop Firenze, Legambiente, Guarda Costiera, Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Settentrionale, la società Labromare che gestisce la raccolta dei rifiuti nel porto, Revet che li ricicla, la cooperativa Cft e i pescatori appunto. Per superare l’empasse di un vuoto normativo che oggi fa sì che che un pescatore che raccoglie rifiuti con le reti ne diventa poi responsabile (e ne deve pure pagare lo smaltimento) serve appunto una legge nazionale.

“L’esperimento che in questi mesi stiamo facendo ci dice che i pescatori possono dare un contributo importante per pulire il mare – spiega Bugli – e come Regione siamo pronti a mettere a disposizione l’esperienza fatta ed avanzare proposte normative”. Fino al 20 agosto i pescatori di Livorno coinvolti hanno raccolto 1590 chilogrammi di rifiuti e poco meno di un quarto delle plastiche raccolte sono risultate riciclabili. “Se moltiplichiamo questo dato per tutti i pescherecci presenti in Italia – aggiunge – possiamo comprendere il contributo che allargare questo progetto darebbe alla salvaguardia dell’ambiente e allo sviluppo di un’economia collaborativa”.

Il progetto “Arcipelago pulito” era stato illustrato a Bruxelles a fine giugno al Parlamento europeo e al commissario Ue Vella Ad accompagnare la delegazione era stata l’eurodeputata toscana Simona Bonafè. Il valore aggiunto del progetto toscano rispetto ad altri esperimenti è quello di aver costituito una filiera che dalla raccolta dei rifiuti in mare arriva fino allo smaltimento e al recupero delle plastiche: un buon esempio di economia collaborativa e circolare, primo in Italia e in Europa. Se infatti i primi protagonisti del progetto sono i pescatori, che hanno attrezzato le barche con appositi sacchi stivati a bordo dove raccogliere i rifiuti issati con le reti, c’è Labromare che periodicamente svuota i cassoni in porto, Cft che li trasporta e Revet che li analizza e classifica per poi destinarli al riciclo o allo smaltimento. La Guardia Cos tiera vigila in mare sul corretto svolgimento delle operazioni, Unicoop destina al progetto, come incentivo ai pescatori, parte del ricavato del centesimo che soci e clienti pagano per legge dall’inizio del 2018 per le buste in mater-b dell’ortofrutta (ma racconta anche il progetto nei propri spazi, provando ad educare in consumatori), mentre Legambientge offre il proprio contributo in termini di esperienza scientifica e sensibilizzazione.

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