Stadio Firenze: su accesso agli atti TAR Lazio da’ ragione a Comune

Una volta venuto a conoscenza del decreto di de-finanziamento dei 55 milioni precedentemente aggiudicati per la riqualificazione dello stadio Franchi, il Comune aveva inviato al Governo italiano formale istanza di accesso agli atti, per poter conoscere i documenti e le ragioni su cui quella improvvisa decisione si fondava

La vicenda è stata resa nota da  Palazzo Vecchio. Alla richiesta del Comune  il Governo,  aveva negato l’accesso, dichiarando che la conoscenza di quei documenti da parte  avrebbe potuto arrecare un “pregiudizio concreto” alla salvaguardia degli interessi pubblici inerenti alle relazioni internazionali e alla politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato. Il Tar, si spiega dal Comune, ha invece dichiarato illegittimo il diniego opposto dal Governo, rilevando come quel paventato “pregiudizio concreto” fosse in realtà del tutto insussistente. Di conseguenza, il Tar ha ordinato al Governo di rendere visibile al Comune tutta la documentazione relativa al de-finanziamento dello stadio Franchi. La decisione nel merito è confermata per il 14 novembre.

“A me non piace dover ricorrere ai tribunali amministrativi per ottenere il diritto. E’ successo, ne siamo felici, andremo avanti perché ci sarà l’udienza nel merito il 14 novembre. Ritengo però che la strada maestra debba essere la politica e la cooperazione istituzionale: per questo, nonostante la vittoria al primo round al Tar, continuiamo a ritenere che la strada migliore nell’interesse della città sia la collaborazione col governo”. Lo ha detto il sindaco di Firenze Dario Nardella, commentando la pronuncia del Tar del Lazio che ha dato ragione a Palazzo Vecchio sull’accesso agli atti nella vicenda del restyling dello stadio Franchi.

“A Firenze sono stati tolti 55 milioni, a Venezia 90 milioni, a Venezia sono stati restituiti e a Firenze no – ha affermato Nardella -. Credo che sia una ingiustizia che va recuperata e colmata. Ho registrato a parole disponibilità da parte di tutti i ministri coinvolti, dal ministro Fitto, ai ministri Piantedosi e Giorgetti. Secondo me ora basta davvero poco perché il governo restituisca a Firenze questi soldi che ci sono stati sottratti e che l’allora governo Draghi ci aveva dato”.

Nardella ha ribadito di “non aver ricevuto risposte dal governo” alla lettera inviata con proposte per recuperare i 55 milioni. Su qualche fischio ricevuto ieri sera all’inaugurazione del Viola Park, il nuovo centro sportivo della Fiorentina, “sono fischi dei tifosi, qualche fischio ci sta. Non sono i fischi di un gruppetto di tifosi che mi preoccupano, è dieci anni che faccio il sindaco, figuriamoci”.

Toscana, Commercio: nel 2020 persi 3 mld fatturato e 20 mila posti lavoro

In termini di fatturato, in Toscana sei titolari di pubblici esercizi su dieci hanno lamentato un crollo di oltre il 50%, mentre il 35,2% ritiene che il fatturato si sia contratto tra il 10% e il 50%. I dati della FIPE

Nel 2020 la Toscana ha perso circa tre miliardi di euro di fatturato, oltre 20mila posti di lavoro (20.548) e un migliaio di imprese (973) nel solo settore dei pubblici esercizi. È quanto emerge dal Rapporto annuale sulla ristorazione realizzato dall’Ufficio Studi di Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) e presentato ieri (18 maggio 2021) a Roma alla presenza del ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti e del presidente della Fipe Lino Stoppani.

A fornire il dettaglio dei dati regionali è Confcommercio Toscana. “La sfiducia è ai massimi storici per il mondo dei pubblici esercizi. Nel 2020 in Toscana hanno aperto 570 nuove aziende a fronte di 1.543 cessazioni. Ma il dato sulla mortalità è ancora falsato”, precisa il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni, “molte aziende sono sotto anestetico: indecise sul da farsi, stanno in bilico tra la vita e la morte aspettando di avere liquidità sufficiente a chiudere. Perché anche cessare l’attività rappresenta un costo proibitivo per chi, come il 97,5% degli imprenditori di bar e ristoranti, ha perduto parte importante del fatturato: oltre il 50% per sei su dieci”.

“Il nostro settore esce devastato dalla pandemia”, sottolinea il presidente della Fipe toscana Aldo Cursano, che è anche vicepresidente vicario nazionale della categoria, “e insieme alle nostre imprese esce con le ossa rotte anche l’intero sistema di accoglienza italiano e uno stile di vita che da sempre ci caratterizzava nel mondo. In questi mesi i nostri locali sono stati additati come luoghi di contagio. Ora finalmente, dati alla mano, possiamo confermare quanto abbiamo sempre sostenuto e mettere la parola fine a quella credenza diventata quasi un luogo comune. Infatti, da quando bar e ristoranti hanno potuto riprendere la somministrazione sul posto, seppure solo all’esterno, l’indice dei contagi si è addirittura abbassato. Perché i nostri locali offrono più sicurezza alla socialità, molta di più di quella che è garantita nelle case private o negli assembramenti spontanei all’aperto”.

“Apprezziamo il segnale che il Governo Draghi ha voluto dare al Paese e al sistema economico, perché finalmente abbiamo delle date per programmare la riapertura totale, ma ci aspettavamo un po’ più di coraggio. La ripartenza della somministrazione all’interno solo dal 1° giugno è insufficiente: mancano solo pochi giorni a questa data, è vero, ma per noi ogni giorno in più a guadagni ridotti è insostenibile”, evidenzia Cursano. Il secondo lockdown è stato addirittura peggiore del primo da un punto di visita psicologico ed economico: “i ristoranti non hanno lavorato la sera per sei mesi. Prima della riapertura del 26 aprile scorso, in Toscana abbiamo servito l’ultima cena il 25 ottobre 2020, l’ultimo pranzo il 13 febbraio 2021. E fino al 1° giugno lavorerà solo chi ha spazi esterni. Arriveranno pure i soldi del Recovery Fund, ma speriamo che trovino le imprese ancora vive. Di questo passo, rischiano di trovare solo macerie”, dice con amarezza Cursano.

A proposito di ristori, il rapporto di Fipe ha messo in evidenza l’insufficienza di quelli stanziati finora: il 23% delle imprese, ad esempio, non li ha ricevuti per una serie di difficoltà burocratiche, tra codici Ateco e mancate aperture di partite Iva. Fra gli imprenditori che li hanno ricevuti, nove su dieci li considerano inutili o poco efficaci.

In termini di fatturato, sei titolari di pubblici esercizi su dieci hanno lamentato un crollo di oltre il 50%, mentre il 35,2% ritiene che il fatturato si sia contratto tra il 10% e il 50%. I motivi alla base della riduzione dei ricavi sono dovuti principalmente al calo della domanda a causa delle misure restrittive dovute al Coronavirus, sia sulle attività che sulla mobilità delle persone (88,8%), nella riduzione della capienza all’interno dei locali per l’attuazione dei protocolli di sicurezza (35,4%) e nel calo dei flussi turistici (31,1%), in particolare di quelli stranieri. Dopo aver raggiunto il suo massimo storico nel 2019, con oltre 46 miliardi di euro a livello nazionale, il valore aggiunto generato dalle imprese italiane della ristorazione è precipitato in un solo anno del 33%.

 

Oggi l’84,3% degli imprenditori scommette su una ripresa del settore, subordinata però alla fine dell’emergenza. Secondo gli intervistati da Fipe-Confcommercio, il 2021 sarà ancora un anno di fatturati in calo, mediamente del 20%. Il 66% dei responsabili di grandi aziende della filiera (industria, distribuzione e ristorazione) prevede una ripresa non prima del 2022-2023, mentre il 27% pensa che solo nel 2024 ci sarà una vera inversione del trend.

 

“La ripresa sarà purtroppo molto dura e lenta”, avverte il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni, “perché in questi oltre 15 mesi le famiglie italiane hanno cambiato le loro abitudini, tra paura dei contagi, smartworking, locali chiusi e restrizioni. Ci siamo abituati a mangiare di più in casa, ma la bilancia è in deficit: la spesa alimentare tra le mura domestiche è cresciuta di 6 miliardi di euro, ma quella in bar e ristoranti è crollata di ben 31 miliardi di euro. Manca all’appello l’80% dei consumi che fino al 2019 erano consolidati”. In termini di consumi generali, la perdita è stata di 130 miliardi di euro. A livello di reddito siamo tornati ai livelli del 1994 con circa 900 euro pro capite

 

“La voglia di normalità, di uscire e tornare a frequentare bar e ristoranti come prima è fortissima – rileva Marinoni – speriamo poi che la bella stagione aiuti in questa direzione. Ma l’onda lunga della pandemia proseguirà ancora per diverso tempo”. La filiera prova comunque a guardare al futuro: il rilancio del settore, secondo gli esperti, passerà da un potenziamento dei servizi digitali, food delivery in testa, e da una maggior attenzione su qualità dei prodotti, originalità nell’offerta, marketing e sostenibilità. “I consumatori, anche in Toscana, hanno scoperto la praticità di servizi come la consegna a domicilio dei pasti e non torneranno indietro. I locali devono tenerne conto e investire nell’innovazione e nella comunicazione digitale per assecondare questo nuovo trend”.

 

A livello nazionale, il settore della ristorazione ha perso quasi 250 mila posti di lavoro (514mila se si tiene conto anche del settore alloggio) molti dei quali a tempo indeterminato e soprattutto di giovani e donne. Nel 2020 sono oltre 22 mila i pubblici esercizi, bar e ristoranti, che hanno chiuso a fronte delle 9.190 che hanno aperto, un saldo negativo di oltre 13 mila imprese.

Fabbrica Jsw: sindacati, impianti fermi, ministro Giorgetti convochi Jindal

‘Ci sia piano alternativo con altri privati e ingresso Stato’: l’appello dei sindacati per una strategia per la fabbrica Jsw

“La fabbrica Jsw Steel Italy Piombino tra pochi giorni vedrà nuovamente tutti gli impianti di laminazione fermi, migliaia di lavoratori sono in cassa integrazione e il piano industriale presentato a fine gennaio da Jindal è decisamente poco credibile, e considerato dallo stesso ministro insoddisfacente. Riteniamo che il ministro Giorgetti debba confrontarsi nel più breve tempo possibile direttamente con Sajjan Jindal, e che senza garanzie vadano individuate da parte del Governo tutte le misure necessarie per voltare pagina per non subire passivamente le non scelte di una multinazionale totalmente inadempiente”.

Così le segreterie provinciali Fim, Fiom, Uilm e Uglm con le rsu Jsw e Piombino Logistics-Gsi. Il quadro della situazione sulla situazione della fabbrica Jsw e del polo siderurgico di Piombino (Livorno) è stato fatto oggi in occasione di un consiglio di fabbrica. I sindacati chiedono, in una nota congiunta, che Governo e Mise valutino “un piano alternativo serio e credibile con altri soggetti privati e con l’ingresso importante dello Stato nel capitale sociale, per dare concretezza alle dichiarazioni fatte di un sito e di una siderurgia strategica”.

Il consiglio di fabbrica e le segreterie “si attivano fin da subito per richiedere un incontro al presidente della Regione Toscana con il sindaco di Piombino per costruire insieme le richieste da portare al prossimo incontro con il ministro e proveremo ad organizzare un incontro con tutte le parti politiche che hanno dato la propria solidarietà al presidio, per fare insieme una valutazione sugli impegni che si erano assunte nelle scorse settimane”.

Piombino: sindacati dal prefetto, Giorgetti Giorgetti, Piombino ha potenzialità

Il prefetto di Livorno ha incontrato al Palazzo del Governo i segretari provinciali dei sindacati  Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm e i coordinatori Rsu aziendali in merito alla vicenda della Jsw Steel Italy di Piombino. “Lo stabilimento di Piombino – ha affermato D’Attilio al termine dell’incontro – rappresenta un sito di grande rilevanza, non solo a livello locale ma anche nazionale.  Anche il ministro Giorgetti si è espresso sulle acciaierie Piombino ieri dichiarando che hanno grande potenzialità per la collocazione geografica particolare e per il mercato di sbocco”.

Il prefetto di Livorno Paolo D’Attilio ha incontrato al Palazzo del Governo i segretari provinciali dei sindacati Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm e i coordinatori Rsu aziendali in merito alla vicenda della Jsw Steel Italy di Piombino.

“Nel corso dell’incontro – riferisce una nota della prefettura -, estremamente cordiale e costruttivo, le rappresentanze sindacali hanno espresso al prefetto la propria apprensione per la situazione che stanno vivendo i lavoratori dello stabilimento, nell’incertezza delle decisioni della proprietà circa i necessari investimenativo che possa fare chiarezza sul futuro di uno stabilimento che occupa, direttamente e con l’indotto, circa 2.000 persone”.

Da parte sua, il rappresentante del Governo, “che ha rimarcato il comportamento corretto e
responsabile tenuto in questi giorni dai lavoratori nell’espressione del proprio malcontento, ha assicurato che la prefettura sarà attenta osservatrice delle vicende dell’azienda,
impegnandosi a fare da tramite con il Governo – che peraltro ha già in agenda la questione ritenendo il settore dell’acciaio strategico nell’economia nazionale – per veicolare le istanze e le preoccupazioni dei lavoratori”.

“Lo stabilimento di Piombino – ha affermato D’Attilio al termine dell’incontro – rappresenta un sito di grande rilevanza, non solo a livello locale ma anche nazionale. Ma soprattutto, al di là della rilevanza strategica del settore, quello che conta è il lavoro e la tranquillità di centinaia di famiglie. Per questo saremo sempre attenti a queste problematiche e cercheremo, per quelle che saranno le nostre possibilità, di favorire sempre il
dialogo e le interlocuzioni con le Organizzazioni sindacali. Riporteremo al Ministero dello Sviluppo Economico, che conosce bene la vicenda e la sta seguendo, quanto ci è stato riferito oggi”.

In una nota le segreterie provinciali di Fim Fiom Uilm provinciali hanno parlato di “un
incontro cordiale e costruttivo” in cui “il prefetto ha dato prova di un interessamento preventivo all’incontro, con contatti personali con le figure ministeriali e altri soggetti che si
occupano della nostra vicenda”. Durante la riunione, spiegano i sindacati hanno manifestato la “propria apprensione per la situazione che stanno vivendo i lavoratori dello stabilimento, nell’incertezza delle decisioni della proprietà indiana circa i necessari investimenti per il rilancio del sito produttivo piombinese. Abbiamo altresì auspicato un rapido intervento governativo che possa fare chiarezza sul futuro di uno stabilimento che occupa, direttamente e con l’indotto, circa 2.000 persone. Soprattutto che si avvii rapidamente il tavolo della vertenza Jsw con una prima convocazione, consci che sarà
comunque un lungo percorso di lavoro”.

Come segreterie provinciali Fim-Fiom-Uilm, continua la nota, “in attesa della convocazione urgente e non più rinviabile da parte del ministero dello Sviluppo economico, abbiamo informato il Prefetto che insieme ad una delegazione della rsu venerdì 26 marzo saremo a rappresentare la vertenza piombinese a Roma sotto il Mise. Riteniamo che la nostra vertenza, la Regione Toscana, Piombino ed i lavoratori piombinesi debbano avere il rispetto che meritano così come lo hanno i lavoratori di altre aree di crisi
italiane”.

Le acciaierie di Piombino “hanno molte potenzialità, anche per la collocazione geografica
particolare e per il mercato di sbocco”. Lo ha detto il Ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, intervenendo al webinar ‘Reshape the World’ del Sole 24 Ore, sottolineando che il piano messo a punto per Piombino “a mio giudizio è assolutamente insufficiente” per cui “bisogna mettersi intorno a un tavolo seriamente”. “Io spero possa essere risolto anche col coinvolgimento di soggetti privati”, ha concluso Giorgetti.

Piombino, Giani incontra Giorgetti: “confermato gli impegni governo”

Al centro del colloquio tutte le tematiche riguardanti le prospettive del sito di Piombino, considerato “fondamentale” dalla Regione.

“E’ stata una riunione positiva. Il ministro Giorgetti ha riconfermato l’impegno attivo del governo per la riqualificazione e lo sviluppo del polo industriale di Piombino”.
Lo ha detto il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani al termine  dall’incontro online con il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, al quale Giani ha partecipato insieme Gianni Anselmi, consigliere delegato dal presidente sulla questione.
“La disponibilità espressa dal ministro – ha aggiunto – prevede anche un coinvolgimento diretto dello Stato nel capitale della società che gestisce le acciaierie, utilizzando soluzioni consentite dal nostro ordinamento per gli impianti ritenuti strategici.”

Al centro del colloquio tutte le tematiche riguardanti le prospettive del sito di Piombino, considerato “fondamentale” dalla Regione. Giani, si legge nel comunicato della Regione Toscana,  ha messo al centro la questione principale per il futuro del polo e dell’intero territorio: la necessità di una rivisitazione della presenza industriale per favorire il rilancio e la modernizzazione ecologica della siderurgia, la diversificazione produttiva e la transizione ambientale dell’area. Un tema, questo che era stato trattato anche nell’incontro di ieri col ministro per la transizione ecologica Cingolani: “E’ necessario – ha detto Giani – che i due ministeri cooperino per affrontare questa partita che è industriale e ambientale. Giorgetti mi ha garantito che, su questo, si confronterà rapidamente con Cingolani e anche con il ministro Franco per gli aspetti connessi con le opportunità legate al Recovery Plan.”

In questo percorso di incontri, in cui fondamentale sarà anche il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali, il prossimo passaggio dovrà coinvolgere necessariamente il partner privato, Jindal. “Accanto agli impegni dei soggetti pubblici, Regione e, a questo punto, Governo, è infatti necessario conoscere le intenzioni di Jindal. Ideale sarebbe infatti inserire gli impegni di tutti in una Intesa complessiva sul polo di Piombino”.

“Questi primi passaggi di confronto con il Governo recentemente insediatosi – aggiunge Gianni Anselmi – sono stati molto utili e conforta l’attenzione che insieme al presidente abbiamo registrato su una vicenda che abbisogna dopo anni di difficoltà di un punto di svolta vero. Un rinnovato e ancor più incisivo impegno della parte pubblica dovrà tuttavia essere condizionata a un piano industriale serio e a un corrispondente impegno del privato sugli investimenti, perché anche nei settori strategici di base non sarebbe etico favorire forme di imprenditoria assistita e passiva. Per meritare sostegni pubblici servono una visione e un protagonismo condivisi.”

Bekaert: ancora otto settimane di cassa, Fiom non firma licenziamenti

Gli oltre 100 dipendenti della Bekaert rimasti, potranno utilizzare le residue 8 settimane di cassa covid previste in finanziaria, un’opportunita’ senza alcun costo a carico dell’azienda che nonostante cio’ si e’ opposta fino all’ultimo. Un ‘respiro’ che si accompagna alla ricerca di una soluzione di reindustrializzazione del sito di Figline Valdarno. E’ quanto scaturito dopo il tavolo di crisi e quello tecnico.

“E’ stato guadagnato tempo prezioso, pero’ ora il governo deve utilizzarlo al meglio”, commenta Valerio Fabiani, delegato del presidente della Regione Toscana Eugenio Giani al lavoro e alle crisi aziendali, che ha sostenuto le proposte della Regione con Arti e in contatto continuo con i rappresentanti sindacali. Fabiani ricostruisce il lavoro portato avanti con il governo centrale fino a ottenere l’impegno pubblico e formale, da parte dell’allora sottosegretaria Alessia Morani, di riunire un tavolo presso il Mise.

Un punto sul quale lo stesso presidente Giani e’ tornato sabato scorso, nella lettera aperta scritta al nuovo ministro Giancarlo Giorgetti, per sollecitare l’intervento ministeriale sulla vicenda di Bekaert. “Come si vede la Regione c’e’ – aggiunge Fabiani – Rivendichiamo con orgoglio l’assorbimento di oltre 60 lavoratori ex Bekaert da parte di Laika, la multinazionale che produce camper a San Casciano”.

Un ringraziamento specifico Fabiani lo rivolge a Fim, Fiom e Uilm: ” Le sigle sindacali fino all’ultimo hanno seguito questa trattativa, seppure con distinte posizioni: Fiom non ha firmato l’accordo in sede tecnica pur essendo disponibile a partecipare a tutti i futuri tavoli che ci saranno per la reindustrializzazione”.

“La vertenza Bekaert – dichiara Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil- e’ diventata emblematica per la determinazione e la lotta dei lavoratori contro la chiusura decisa dalla multinazionale secondo logiche che nulla hanno a che vedere con l’andamento dell’impresa. Oggi mentre si discute sulle risorse del Recovery Plan, siamo sempre piu’ convinti che nessun piano di rilancio industriale sia credibile se non si salvaguarda l’occupazione esistente garantendo la riapertura delle aziende sui nostri territori. Per questo la Fiom rifiuta di firmare i licenziamenti e chiede al Governo e a tutte le istituzioni di fare la sua propria parte”.

A margine del tavolo tecnico il segretario generale della Fiom Cgil Firenze-Prato Daniele Calosi osserva che “abbiamo fatto tutto il possibile per trovare una soluzione a questa vertenza. Durante tutti questi mesi grazie alla determinazione dei lavoratori e della Fiom non abbiamo mai consentito a Bekaert di procedere ai licenziamenti, ma abbiamo sempre chiesto che alla perdita del lavoro corrispondesse una nuova occupazione soprattutto attraverso la reindustrializzazione del sito di Figline e Incisa, sta in questa logica infatti l’accordo siglato con Laika”

“Non possiamo percio’ oggi- continua la Fiom- siglare un accordo che preveda licenziamenti in assenza di prospettive occupazionali certe per i lavoratori. Abbiamo quindi chiesto all’azienda il ritiro della procedura di licenziamento, rinnovando la disponibilita’ a firmare accordi sulle uscite volontarie, e l’attivazione immediata della Cassa Integrazione per Covid-19, totalmente gratuita per Bekaert, al fine di guadagnare quel tempo necessario ad avere l’incontro al Ministero dello Sviluppo Economico alla presenza del neo Ministro Giorgetti, come richiesto anche dal Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani nella lettera inviata sabato scorso. Dopo 32 mesi trascorsi a lottare perché alla perdita del lavoro corrispondesse una nuova occupazione non siamo disposti a firmare un accordo che lascia per strada piu’ di cento lavoratori”.

Infine, “se avessimo voluto fare un accordo economico non avremmo aspettato trentadue mesi. Il sindacato negozia la reindustrializzazione ed il lavoro, non la mitigation e gli incentivi. Dopo oltre 60 anni di attivita’ si chiude una fabbrica che ha fatto la storia di un territorio. Una vergogna ed una mancanza di rispetto per i lavoratori e per il territorio. Tutto cio’ che hanno ottenuto i lavoratori e’ il risultato dell’impegno del sindacato e della loro mobilitazione. L’eventuale mancata reindustrializzazione del sito avra’ delle responsabilita’ ben definite”.

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