🎧 “Bollette in vetrina” da Firenze contro il caro energia. Intervista a Confcommercio

Secondo giorno di campagna ‘Bollette in vetrina’ lanciata da Confcommercio e partita da Firenze contro il caro energia.  “Una grande operazione di trasparenza a livello nazionale per mostrare ai cittadini e agli avventori di bar e ristoranti in quale situazione drammatica le imprese sono costrette ad operare”.

Intervista al direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni

Bollette monstre, triplicate rispetto a un anno fa a causa dell’impennata dei prezzi del gas. Una situazione che – sottolinea – sta costringendo gli esercenti a dover scegliere tra gli aumenti dei listini, finora assai modesti, e la sospensione dell’attivita’ in attesa di un intervento risolutivo da parte del governo”.
“Questa iniziativa – spiega Aldo Cursano, vicepresidente di Fipe-Confcommercio – ha l’obiettivo di rendere trasparente cosa sta succedendo oggi a chi gestisce un bar o un ristorante anche nel tentativo di spiegare ai clienti perche’ stanno pagando il caffe’ un po’ di piu’ con il rischio nei prossimi mesi di ulteriori aumenti. Con aumenti dei costi dell’energia del 300% si lavora una pistola puntata alla tempia. Se il Governo non interviene o si agisce sui listini o si sospende l’attivita’. Contiamo sulla sensibilita’ dei cittadini e dei clienti perche’ fare lo scaricabarile dei costi e’ proprio quello che non vorremmo fare”. “Per questo Fipe Confcommercio – aggiunge Cursano – ha chiesto al governo di potenziare immediatamente il credito di imposta anche per le imprese non energivore e non gasivore, Un credito di imposta del 15% per l’energia elettrica non e’ assolutamente adeguato agli extra costi che le imprese stanno sostenendo ora. Occorre pero’ fare presto, altrimenti si rischia di innescare una spirale inflazionistica destinata a gelare i consumi”.

“55% ditte toscane non trova personale”: l’allarme di Confcommercio

E’ quanto emerge da un’indagine condotta da Format Research per Confcommercio Toscana nel mese di luglio, su un campione rappresentativo di aziende toscane di commercio, turismo e servizi con 200 interviste

Negli ultimi 18 mesi circa la metà (48%) delle imprese toscane di commercio, turismo e servizi ha cercato nuovi addetti, ma oltre il 55% ha avuto difficoltà nel reperirlo. E oltre sei su dieci lamentano per questo una riduzione dei ricavi fino al 31% (18% in media) e l’impossibilità di procedere sulla via dell’innovazione. E’ quanto emerge da un’indagine condotta da Format Research per Confcommercio Toscana nel mese di luglio, su un campione rappresentativo di aziende toscane di commercio, turismo e servizi con 200 interviste.

Dall’indagine ci Confcommercio emerge che nel 55% dei casi è stato riscontrato difficoltà nel reclutamento, in genere a causa della scarsità di candidati con le competenze richieste. Ma tra i danni collaterali delle mancate nuove assunzioni, le imprese del terziario toscano segnalano anche la riduzione dei servizi al cliente (come la consegna a domicilio o orari più ampi di apertura), la riduzione dell’attività di e-commerce, campagne di marketing o politiche di sostenibilità. Per risolvere la situazione, alcuni imprenditori chiedono provvedimenti utili ed efficaci, come la riduzione del costo del lavoro (75,1%) e maggiori agevolazioni per l’assunzione di giovani (31,4%).

Il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni sottolinea che “dobbiamo correre subito ai ripari per evitare che la mancanza di personale preparato diventi una zavorra per lo sviluppo. Le soluzioni per uscire dall’impasse? Ripartiamo dalla formazione, per aggiornare le competenze di chi lavora alle esigenze di imprese e mercato”. Per il presidente di Confcommercio Toscana Aldo Cursano “senza persone formate e senza innovazione non si va lontano, ma non possiamo rischiare di perdere la competitività del nostro sistema di servizi, commercio e accoglienza, e quindi di tutta la Toscana. L’invito che facciamo a tutti, istituzioni, sindacati dei lavoratori, categorie economiche, è di capire nella loro complessità, e fuori da ogni pregiudizio, le cause che rendono così difficile trovare persone adeguate ai ruoli aziendali”.

Firenze, Silb-Confocommercio: “Contro mala movida serve polizia”

Firenze – Per Riccardo Tarantoli di Silb-Confcommercio, “sulla questione alcol vanno coinvolte le scuole e le famiglie, con progetti formativi e incontri che noi molto volentieri siamo disposti ad ospitare nel pomeriggio”.

Il presidente di Silb-Confcommercio Firenze Riccardo Tarantoli, in occasione dell’incontro dei gestori dei locali da ballo fiorentini con il questore Maurizio Auriemma, ha chiesto un coordinamento più forte con le forze di polizia per scongiurare episodi di ‘mala movida’. Per Aldo Cursano e Franco Marinoni i locali notturni rappresentano un argine al disordine sociale e agli episodi di violenza.

“Su noi e sui nostri addetti alla sicurezza a volte ricade l’onere di gestire situazioni spiacevoli frutto dell’ebbrezza da alcol – ha spiegato Riccardo Tarantoli -: ma non vogliamo né possiamo assumerci responsabilità che non ci competono, soprattutto all’esterno dei locali. I giovani sono tornati a frequentare i nostri locali con grande entusiasmo ma per tutelare la loro voglia sana di divertirsi dobbiamo risolvere con l’aiuto delle forze dell’ordine alcune criticità che possono presentarsi”.

“Per questo chiediamo alle autorità competenti modi e strategie per arginare ogni problema e, anzi, prevenirlo – ha aggiunto -. Sulla questione alcol vanno coinvolte le scuole e le famiglie, con progetti formativi e incontri che noi molto volentieri siamo disposti ad ospitare nel pomeriggio”.

“I nostri locali – hanno detto il presidente di Confcommercio Toscana Aldo Cursano e il direttore generale Franco Marinoni – sono lo strumento per prevenire e scongiurare il disordine sociale e gli episodi di violenza e criminalità: sono un presidio di sicurezza, il luogo più controllato e controllabile, al di là del quale c’è illegalità, improvvisazione e disordine”.

Confcommercio Toscana: “Green Pass da 1 febbraio sfavorisce solo piccoli negozi”

Secondo la Confcommercio Toscana l’introduzione delle nuove norme relative all’utilizzo del Green Pass nei luoghi al chiuso sfavorisce troppo i piccoli negozi. Il Green Pass, dal 1 febbraio sarà obbligatorio per negozi, pubblici uffici, poste e banche.

Secondo quanto affermato dal direttore di Confcommercio Toscana, Franco Marinoni, il fatto che si possa acquistare un quotidiano al supermercato, ma non in edicola (senza Green Pass) mette in ginocchio le piccole realtà, già duramente colpite dalla pandemia.

Confcommercio chiede che il Governo torni sui suoi passi, correggendo quella che viene definita come un’anomalia, prima dell’entrata in vigore del primo febbraio. Le perdite di fatturato, denunciano da Confcommercio, sarebbero troppo onerose. I piccoli negozi non potrebbero più competere contro la grande distribuzione.

Questa la dichiarazione di Marinoni. “Siamo al ridicolo: dall’1 febbraio chi è senza Green pass potrà acquistare il quotidiano al supermercato, ma non in edicola. E lo stesso vale per profumi, pentole, televisori o magliette, che saranno in vendita per tutti sugli scaffali della grande distribuzione organizzata, ma non nei negozi specializzati, dove entrerà solo chi ha la certificazione verde. È una norma assurdo e inaccettabile, con cui di fatto il Governo favorisce la concorrenza sleale ai danni dei negozi, che già fanno salti mortali per sopravvivere tra calo dei consumi, crisi da Covid e caro bollette”.

“Abbiamo sempre accettato il Green pass – aggiunge Franco Marinoni in una nota -, convinti che possa essere uno strumento per dare un impulso decisivo alla campagna vaccinale, aumentare i livelli di sicurezza e non chiudere più le nostre attività. Lo consideriamo un ‘male necessario’ per uscire più in fretta dall’incubo della pandemia, nonostante le complicazioni burocratiche e gestionali che derivano dalla sua applicazione e che gravano solo sulle nostre spalle. Ma non possiamo tollerare che diventi un mezzo per creare figli e figliastri tra le imprese”.

 

Confcommercio Toscana, al via ‘Imprendigreen’, progetto per la sostenibilità ambientale

Confcommercio Toscana: al via il progetto ‘Imprendigreen’: un impegno sostenibile delle imprese di commercio, turismo, servizi e professioni, valorizzando e promuovendo comportamenti ambientalmente virtuosi.

Anche in Toscana prende il via da oggi ‘Imprendigreen’, l’iniziativa di Confcommercio Toscana che costituisce l’asse portante del progetto ‘Confcommercio per la sostenibilità’. col quale la Confederazione intende offrire il suo contributo al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu.

Dalla raccolta differenziata all’utilizzo di strumenti e tecnologie che aiutino a risparmiare sull’uso di acqua e luce. Gli imprenditori toscani che otterranno il marchio ‘Imprendigreen’ potranno concorrere alle diverse premialità previste. Per esempio, la possibilità di usufruire di speciali convenzioni per la fornitura di energia ‘green’, per acquisire tecnologie o servizi per la sostenibilità, per avviare percorsi di certificazione volontaria secondo la norma ISO 14001 o altra norma.

Gli imprenditori ‘green’ avranno inoltre la possibilità di partecipare a percorsi formativi realizzati insieme a partner prestigiosi (come la Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa), per migliorare la conoscenza delle normative e di comportamenti virtuosi sotto il profilo ambientale e sociale, da replicare in azienda.

Un progetto per aumentare la sensibilità verso l’ambiente e contribuire alla salvaguardia del pianeta.

“Dalla raccolta differenziata dei rifiuti eseguita scrupolosamente – spiega il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni – fino all’uso di strumenti e tecnologie che aiutino a risparmiare sull’uso di acqua e luce, sono molte le iniziative che ogni impresa, anche la più piccola, può adottare per diventare sostenibile, al di là degli obblighi di legge”.

 

Toscana, Commercio: nel 2020 persi 3 mld fatturato e 20 mila posti lavoro

In termini di fatturato, in Toscana sei titolari di pubblici esercizi su dieci hanno lamentato un crollo di oltre il 50%, mentre il 35,2% ritiene che il fatturato si sia contratto tra il 10% e il 50%. I dati della FIPE

Nel 2020 la Toscana ha perso circa tre miliardi di euro di fatturato, oltre 20mila posti di lavoro (20.548) e un migliaio di imprese (973) nel solo settore dei pubblici esercizi. È quanto emerge dal Rapporto annuale sulla ristorazione realizzato dall’Ufficio Studi di Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) e presentato ieri (18 maggio 2021) a Roma alla presenza del ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti e del presidente della Fipe Lino Stoppani.

A fornire il dettaglio dei dati regionali è Confcommercio Toscana. “La sfiducia è ai massimi storici per il mondo dei pubblici esercizi. Nel 2020 in Toscana hanno aperto 570 nuove aziende a fronte di 1.543 cessazioni. Ma il dato sulla mortalità è ancora falsato”, precisa il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni, “molte aziende sono sotto anestetico: indecise sul da farsi, stanno in bilico tra la vita e la morte aspettando di avere liquidità sufficiente a chiudere. Perché anche cessare l’attività rappresenta un costo proibitivo per chi, come il 97,5% degli imprenditori di bar e ristoranti, ha perduto parte importante del fatturato: oltre il 50% per sei su dieci”.

“Il nostro settore esce devastato dalla pandemia”, sottolinea il presidente della Fipe toscana Aldo Cursano, che è anche vicepresidente vicario nazionale della categoria, “e insieme alle nostre imprese esce con le ossa rotte anche l’intero sistema di accoglienza italiano e uno stile di vita che da sempre ci caratterizzava nel mondo. In questi mesi i nostri locali sono stati additati come luoghi di contagio. Ora finalmente, dati alla mano, possiamo confermare quanto abbiamo sempre sostenuto e mettere la parola fine a quella credenza diventata quasi un luogo comune. Infatti, da quando bar e ristoranti hanno potuto riprendere la somministrazione sul posto, seppure solo all’esterno, l’indice dei contagi si è addirittura abbassato. Perché i nostri locali offrono più sicurezza alla socialità, molta di più di quella che è garantita nelle case private o negli assembramenti spontanei all’aperto”.

“Apprezziamo il segnale che il Governo Draghi ha voluto dare al Paese e al sistema economico, perché finalmente abbiamo delle date per programmare la riapertura totale, ma ci aspettavamo un po’ più di coraggio. La ripartenza della somministrazione all’interno solo dal 1° giugno è insufficiente: mancano solo pochi giorni a questa data, è vero, ma per noi ogni giorno in più a guadagni ridotti è insostenibile”, evidenzia Cursano. Il secondo lockdown è stato addirittura peggiore del primo da un punto di visita psicologico ed economico: “i ristoranti non hanno lavorato la sera per sei mesi. Prima della riapertura del 26 aprile scorso, in Toscana abbiamo servito l’ultima cena il 25 ottobre 2020, l’ultimo pranzo il 13 febbraio 2021. E fino al 1° giugno lavorerà solo chi ha spazi esterni. Arriveranno pure i soldi del Recovery Fund, ma speriamo che trovino le imprese ancora vive. Di questo passo, rischiano di trovare solo macerie”, dice con amarezza Cursano.

A proposito di ristori, il rapporto di Fipe ha messo in evidenza l’insufficienza di quelli stanziati finora: il 23% delle imprese, ad esempio, non li ha ricevuti per una serie di difficoltà burocratiche, tra codici Ateco e mancate aperture di partite Iva. Fra gli imprenditori che li hanno ricevuti, nove su dieci li considerano inutili o poco efficaci.

In termini di fatturato, sei titolari di pubblici esercizi su dieci hanno lamentato un crollo di oltre il 50%, mentre il 35,2% ritiene che il fatturato si sia contratto tra il 10% e il 50%. I motivi alla base della riduzione dei ricavi sono dovuti principalmente al calo della domanda a causa delle misure restrittive dovute al Coronavirus, sia sulle attività che sulla mobilità delle persone (88,8%), nella riduzione della capienza all’interno dei locali per l’attuazione dei protocolli di sicurezza (35,4%) e nel calo dei flussi turistici (31,1%), in particolare di quelli stranieri. Dopo aver raggiunto il suo massimo storico nel 2019, con oltre 46 miliardi di euro a livello nazionale, il valore aggiunto generato dalle imprese italiane della ristorazione è precipitato in un solo anno del 33%.

 

Oggi l’84,3% degli imprenditori scommette su una ripresa del settore, subordinata però alla fine dell’emergenza. Secondo gli intervistati da Fipe-Confcommercio, il 2021 sarà ancora un anno di fatturati in calo, mediamente del 20%. Il 66% dei responsabili di grandi aziende della filiera (industria, distribuzione e ristorazione) prevede una ripresa non prima del 2022-2023, mentre il 27% pensa che solo nel 2024 ci sarà una vera inversione del trend.

 

“La ripresa sarà purtroppo molto dura e lenta”, avverte il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni, “perché in questi oltre 15 mesi le famiglie italiane hanno cambiato le loro abitudini, tra paura dei contagi, smartworking, locali chiusi e restrizioni. Ci siamo abituati a mangiare di più in casa, ma la bilancia è in deficit: la spesa alimentare tra le mura domestiche è cresciuta di 6 miliardi di euro, ma quella in bar e ristoranti è crollata di ben 31 miliardi di euro. Manca all’appello l’80% dei consumi che fino al 2019 erano consolidati”. In termini di consumi generali, la perdita è stata di 130 miliardi di euro. A livello di reddito siamo tornati ai livelli del 1994 con circa 900 euro pro capite

 

“La voglia di normalità, di uscire e tornare a frequentare bar e ristoranti come prima è fortissima – rileva Marinoni – speriamo poi che la bella stagione aiuti in questa direzione. Ma l’onda lunga della pandemia proseguirà ancora per diverso tempo”. La filiera prova comunque a guardare al futuro: il rilancio del settore, secondo gli esperti, passerà da un potenziamento dei servizi digitali, food delivery in testa, e da una maggior attenzione su qualità dei prodotti, originalità nell’offerta, marketing e sostenibilità. “I consumatori, anche in Toscana, hanno scoperto la praticità di servizi come la consegna a domicilio dei pasti e non torneranno indietro. I locali devono tenerne conto e investire nell’innovazione e nella comunicazione digitale per assecondare questo nuovo trend”.

 

A livello nazionale, il settore della ristorazione ha perso quasi 250 mila posti di lavoro (514mila se si tiene conto anche del settore alloggio) molti dei quali a tempo indeterminato e soprattutto di giovani e donne. Nel 2020 sono oltre 22 mila i pubblici esercizi, bar e ristoranti, che hanno chiuso a fronte delle 9.190 che hanno aperto, un saldo negativo di oltre 13 mila imprese.

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