Lavoro povero, Confcommercio risponde alla CGIL: non è colpa del turismo

Secondo il direttore generale di Confcommercio Toscana Franco Marinoni :”il  vero humus del lavoro precario è un Paese in cui la crescita è al palo ormai da oltre trenta anni, in cui ‘instabilità’ è la parola d’ordine di politica ed economia, in cui il clima di fiducia è ai minimi termini. Insomma, se il lavoro è precario è perché l’Italia è un Paese precario”. 

Per Confcommercio Toscana, che risponde alle critiche della CGIL, non è “colpa del turismo” se in città come Firenze cresce di più la quota di lavoratori assunti con contratti a termine o in somministrazione. “L’attività di alberghi, bar, ristoranti, campeggi e stabilimenti balneari è caratterizzata da sempre da un alto tasso di stagionalità, così le imprese offrono quello che possono offrire. E, forse, senza turismo non ci sarebbero neppure quei posti di lavoro temporanei”.

“La stagionalità non è una colpa – gli fa eco il presidente di Federalberghi Toscana Daniele Barbetti ribadendo il concetto – è una caratteristica strutturale del nostro settore, indipendente dalla volontà di imprese e lavoratori, e non può essere trasformata in un capo d’accusa. Ma si può sempre lavorare insieme, pubblico e privato, per pianificare anche nei mesi di minore affluenza turistica dei calendari di eventi attrattivi che allunghino la stagione”.

“La nostra economia regionale, poi, non è legata solo al turismo”, chiarisce il direttore di Confcommercio Toscana Marinoni. “E per fortuna, visto che solo i Paesi più poveri del mondo hanno un’economia di rendita basata quasi esclusivamente sul turismo, che mette a frutto i valori paesaggistici o l’eredità artistica del passato senza aggiungere altro. Noi invece possiamo contare anche su commercio, servizi innovativi, manifatturiero, agricoltura. Ed è evidente che se la crisi occupazionale permane è sintomo della difficoltà di tutti questi settori, nel complesso, a trovare nel nostro Paese una rampa di lancio per la crescita. Un altro fattore che non aiuta è la tipologia dell’impresa media italiana: piccola o piccolissima, spesso a gestione familiare, è naturale che sia più fragile di fronte alle fluttuazioni dell’economia internazionale”.

Quale la soluzione, quindi? Oltre alla necessità di puntare allo sviluppo per recuperare tutti quei gap – infrastrutturali e non solo – che stanno rallentando la corsa del nostro Paese, secondo Confcommercio Toscana, servono anche provvedimenti concreti che favoriscano l’uso di forme contrattuali stabili nelle imprese: “prima di tutto il taglio del cuneo fiscale – ricorda Marinoni – gli oneri a carico delle aziende sono ancora troppo alti e nelle tasche dei lavoratori finisce solo la metà di quanto gli imprenditori versano. Speriamo quindi che il Governo prosegua sulla strada dei tagli. Ma ragionando in un quadro macroeconomico serve che il nostro Paese punti allo sviluppo, trainando tutte le imprese del sistema”.

Sul versante delle retribuzioni, non sempre soddisfacenti se paragonate al costo medio della vita, secondo l’associazione di categoria “serve rimettere al centro la contrattazione collettiva portata avanti dalle sigle veramente rappresentative del mondo datoriale e dei sindacati dei lavoratori – sottolinea il presidente di Confcommercio Toscana Aldo Cursano – oggi proliferano contratti “pirata” che espongono i lavoratori al rischio di un ribasso nelle retribuzioni medie e a minori tutele. Forse per ristabilire l’ordine servirebbe anche una legge sulla rappresentanza”.

Ancora sottostimato, poi, l’impatto del welfare aziendale nella costruzione del benessere dei dipendenti: “strumenti come i fringe e flexible benefit garantiscono ai lavoratori dipendenti una migliore qualità di vita, integrando le disponibilità di bilancio delle famiglie – fa sapere il presidente di Federalberghi Toscana Daniele Barbetti – ma occorre semplificare le procedure di gestione e aumentare l’importo massimo erogabile con la detassazione, che adesso arriva a 3mila euro l’anno solo per i lavoratori con figli a carico. Bene l’attenzione alle famiglie, ma non trascuriamo anche gli altri lavoratori. Servono poi forme premiali per le imprese che utilizzano i benefit, così come serve una maggiore detassazione di premi e incentivi”.

🎧 #sicurezzaVera, l’accordo fra Polizia di Stato e locali di Firenze

E’ stato presentato oggi a Firenze il progetto #sicurezzaVera ideato da Fipe-Confcommercio: grazie alla formazione del personale e a una app per fare segnalazioni dirette alla polizia, i pubblici esercizi diventano presidi di legalità nella lotta contro la violenza di genere.

Bar, ristoranti e locali notturni di Firenze e provincia mobilitati contro la violenza di genere: parte il progetto ‘#sicurezzaVera’, ideato dal Gruppo imprenditrici di Fipe (Federazione italiana Pubblici esercizi)-Confcommercio, in sinergia con la Polizia di Stato. Due gli strumenti principali che saranno adottati: la formazione del personale (che si dovranno iscrivere alla piattaforma www.sicurezzavera.it) e un’app per fare segnalazioni dirette alla polizia (‘YouPol’, scaricabile gratuitamente). L’obiettivo è diffondere la cultura della legalità e creare attraverso la rete dei pubblici esercizi un sostegno concreto per combattere
il fenomeno.

“Progettualità sperimentali come ‘#sicurezzaVera’, che vede nella stretta collaborazione tra Stato e cittadino-imprenditore la chiave per massimizzare l’efficacia delle iniziative di sensibilizzazione sulla violenza di genere – ha dichiarato il prefetto della provincia di Firenze Valerio Valenti – ci consentono di portare avanti, con ancora più forza e determinazione, le attività di prevenzione e contrasto quotidianamente svolte dalle forze di polizia”. “La Toscana è all’avanguardia sul territorio nazionale per il contrasto alla violenza di genere- afferma il prefetto – ed è importante che il mondo del commercio e degli esercizi pubblici sia integrato in questa rete. Il rapporto della Prefettura e Confcommercio si è consolidato in questi mesi e stiamo lavorando per far sì che le discoteche e i luoghi di divertimento pubblico si trasformino da luoghi di solo svago in luoghi anche educativi”

Il questore di Firenze Maurizio Auriemma ha sottolineato che “il progetto nasce da un protocollo d’intesa tra la direzione nazionale anticrimine e la Fipe con una particolare attenzione alla violenza di genere: non bisogna mai smettere di parlarne, anzi, questa è un’occasione per fare rete sul territorio tra chi si occupa di prevenzione e repressione di questo reato e queste nuove sentinelle che ci aiutano a intervenire per tempo”. Il questore aggiunge che  “sul fronte della violenza di genere molto è stato fatto ma ancora molto resta da fare, soprattutto in ambito sociale: per questo il nostro impegno deve essere costante e continuo nel tempo”, per l’assessore a sicurezza e pari opportunità Benedetta Albanese “gli esercizi pubblici possono essere un presidio di sicurezza e legalità, è un importante passo avanti nel contrasto alla violenza sulle donne, sia quelle che vi lavorano che tutte noi altre”.

“Quella per il rispetto e la libertà delle donne è la madre di tutte le battaglie”, ha sottolineato Valentina Picca Bianchi, presidente del Gruppo donne imprenditrici di Fipe Confcommercio e principale promotrice dell’iniziativa. Secondo Aldo Mario Cursano, presidente di Confcommercio Toscana, “le imprese hanno un ruolo attivo nella costruzione di una società migliore”.

Simona Gentili ha intervistato Aldo Cursano, presidente di Confcommercio Toscana e Valentina Picca Bianchi, presidente nazionale delle donne imprenditrici della Federazione Italiana Pubblici Esercizi del sistema Confcommercio.

Toscana, Commercio: nel 2020 persi 3 mld fatturato e 20 mila posti lavoro

In termini di fatturato, in Toscana sei titolari di pubblici esercizi su dieci hanno lamentato un crollo di oltre il 50%, mentre il 35,2% ritiene che il fatturato si sia contratto tra il 10% e il 50%. I dati della FIPE

Nel 2020 la Toscana ha perso circa tre miliardi di euro di fatturato, oltre 20mila posti di lavoro (20.548) e un migliaio di imprese (973) nel solo settore dei pubblici esercizi. È quanto emerge dal Rapporto annuale sulla ristorazione realizzato dall’Ufficio Studi di Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) e presentato ieri (18 maggio 2021) a Roma alla presenza del ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti e del presidente della Fipe Lino Stoppani.

A fornire il dettaglio dei dati regionali è Confcommercio Toscana. “La sfiducia è ai massimi storici per il mondo dei pubblici esercizi. Nel 2020 in Toscana hanno aperto 570 nuove aziende a fronte di 1.543 cessazioni. Ma il dato sulla mortalità è ancora falsato”, precisa il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni, “molte aziende sono sotto anestetico: indecise sul da farsi, stanno in bilico tra la vita e la morte aspettando di avere liquidità sufficiente a chiudere. Perché anche cessare l’attività rappresenta un costo proibitivo per chi, come il 97,5% degli imprenditori di bar e ristoranti, ha perduto parte importante del fatturato: oltre il 50% per sei su dieci”.

“Il nostro settore esce devastato dalla pandemia”, sottolinea il presidente della Fipe toscana Aldo Cursano, che è anche vicepresidente vicario nazionale della categoria, “e insieme alle nostre imprese esce con le ossa rotte anche l’intero sistema di accoglienza italiano e uno stile di vita che da sempre ci caratterizzava nel mondo. In questi mesi i nostri locali sono stati additati come luoghi di contagio. Ora finalmente, dati alla mano, possiamo confermare quanto abbiamo sempre sostenuto e mettere la parola fine a quella credenza diventata quasi un luogo comune. Infatti, da quando bar e ristoranti hanno potuto riprendere la somministrazione sul posto, seppure solo all’esterno, l’indice dei contagi si è addirittura abbassato. Perché i nostri locali offrono più sicurezza alla socialità, molta di più di quella che è garantita nelle case private o negli assembramenti spontanei all’aperto”.

“Apprezziamo il segnale che il Governo Draghi ha voluto dare al Paese e al sistema economico, perché finalmente abbiamo delle date per programmare la riapertura totale, ma ci aspettavamo un po’ più di coraggio. La ripartenza della somministrazione all’interno solo dal 1° giugno è insufficiente: mancano solo pochi giorni a questa data, è vero, ma per noi ogni giorno in più a guadagni ridotti è insostenibile”, evidenzia Cursano. Il secondo lockdown è stato addirittura peggiore del primo da un punto di visita psicologico ed economico: “i ristoranti non hanno lavorato la sera per sei mesi. Prima della riapertura del 26 aprile scorso, in Toscana abbiamo servito l’ultima cena il 25 ottobre 2020, l’ultimo pranzo il 13 febbraio 2021. E fino al 1° giugno lavorerà solo chi ha spazi esterni. Arriveranno pure i soldi del Recovery Fund, ma speriamo che trovino le imprese ancora vive. Di questo passo, rischiano di trovare solo macerie”, dice con amarezza Cursano.

A proposito di ristori, il rapporto di Fipe ha messo in evidenza l’insufficienza di quelli stanziati finora: il 23% delle imprese, ad esempio, non li ha ricevuti per una serie di difficoltà burocratiche, tra codici Ateco e mancate aperture di partite Iva. Fra gli imprenditori che li hanno ricevuti, nove su dieci li considerano inutili o poco efficaci.

In termini di fatturato, sei titolari di pubblici esercizi su dieci hanno lamentato un crollo di oltre il 50%, mentre il 35,2% ritiene che il fatturato si sia contratto tra il 10% e il 50%. I motivi alla base della riduzione dei ricavi sono dovuti principalmente al calo della domanda a causa delle misure restrittive dovute al Coronavirus, sia sulle attività che sulla mobilità delle persone (88,8%), nella riduzione della capienza all’interno dei locali per l’attuazione dei protocolli di sicurezza (35,4%) e nel calo dei flussi turistici (31,1%), in particolare di quelli stranieri. Dopo aver raggiunto il suo massimo storico nel 2019, con oltre 46 miliardi di euro a livello nazionale, il valore aggiunto generato dalle imprese italiane della ristorazione è precipitato in un solo anno del 33%.

 

Oggi l’84,3% degli imprenditori scommette su una ripresa del settore, subordinata però alla fine dell’emergenza. Secondo gli intervistati da Fipe-Confcommercio, il 2021 sarà ancora un anno di fatturati in calo, mediamente del 20%. Il 66% dei responsabili di grandi aziende della filiera (industria, distribuzione e ristorazione) prevede una ripresa non prima del 2022-2023, mentre il 27% pensa che solo nel 2024 ci sarà una vera inversione del trend.

 

“La ripresa sarà purtroppo molto dura e lenta”, avverte il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni, “perché in questi oltre 15 mesi le famiglie italiane hanno cambiato le loro abitudini, tra paura dei contagi, smartworking, locali chiusi e restrizioni. Ci siamo abituati a mangiare di più in casa, ma la bilancia è in deficit: la spesa alimentare tra le mura domestiche è cresciuta di 6 miliardi di euro, ma quella in bar e ristoranti è crollata di ben 31 miliardi di euro. Manca all’appello l’80% dei consumi che fino al 2019 erano consolidati”. In termini di consumi generali, la perdita è stata di 130 miliardi di euro. A livello di reddito siamo tornati ai livelli del 1994 con circa 900 euro pro capite

 

“La voglia di normalità, di uscire e tornare a frequentare bar e ristoranti come prima è fortissima – rileva Marinoni – speriamo poi che la bella stagione aiuti in questa direzione. Ma l’onda lunga della pandemia proseguirà ancora per diverso tempo”. La filiera prova comunque a guardare al futuro: il rilancio del settore, secondo gli esperti, passerà da un potenziamento dei servizi digitali, food delivery in testa, e da una maggior attenzione su qualità dei prodotti, originalità nell’offerta, marketing e sostenibilità. “I consumatori, anche in Toscana, hanno scoperto la praticità di servizi come la consegna a domicilio dei pasti e non torneranno indietro. I locali devono tenerne conto e investire nell’innovazione e nella comunicazione digitale per assecondare questo nuovo trend”.

 

A livello nazionale, il settore della ristorazione ha perso quasi 250 mila posti di lavoro (514mila se si tiene conto anche del settore alloggio) molti dei quali a tempo indeterminato e soprattutto di giovani e donne. Nel 2020 sono oltre 22 mila i pubblici esercizi, bar e ristoranti, che hanno chiuso a fronte delle 9.190 che hanno aperto, un saldo negativo di oltre 13 mila imprese.

Scuola-lavoro: attestati ‘ristorazione 4.0’ a studenti Isis Galilei

Si è chiuso a Firenze, con la consegna degli attestati a 17 studenti dell’Isis Galilei, il progetto di alternanza scuola-lavoro “Ristorazione 4.0, la buona scuola è servita”

Si è chiuso a Firenze, con la consegna degli attestati a 17 studenti dell’Isis Galilei, il progetto di alternanza scuola-lavoro “Ristorazione 4.0, la buona scuola è servita” promosso da Fipe, in collaborazione con Confcommercio Toscana, TripAdvisor, TheFork, Axelero e Foodora e col sostegno del Miur. Il progetto è partito in “prima nazionale” dal capoluogo fiorentino, con l’obiettivo di preparare gli studenti a utilizzare le loro competenze digitali all’interno dei pubblici esercizi per gestire al meglio pagine social, prenotazioni e recensioni online.

“E’ necessario valorizzare il mondo della ristorazione, espressione della nostra enogastronomia e il progetto va in questa direzione – ha detto il presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani durante la cerimonia di chiusura a Palazzo Bastogi -. Serve stare al passo con i tempi: oggi l’informatica è tutto, per questo i protagonisti sono gli studenti”. Secondo il vicesindaco di Firenze Cristina Giachi “l’alternanza scuola-lavoro è una straordinaria opportunità, se usata con intelligenza”.

Per l’onorevole Gabriele Toccafondi (che aveva tenuto a battesimo il progetto in qualità di sottosegretario di Stato al Miur) “la scuola è un luogo di conoscenza, ma anche di crescita. Ci dispiace che il Governo stia cercando di demolire tutto, dimezzando le ore di alternanza e togliendo quasi il 70% delle risorse che vengono destinate agli istituti sul tema dell’alternanza”.

I ragazzi del Galilei, nei mesi scorsi, hanno frequentato lezioni curate dagli esperti del settore, facendo esperienza in bar e ristoranti tra Firenze e Prato: in totale nove aziende hanno aderito all’iniziativa. “I pubblici esercizi hanno bisogno di nuove professionalità come quelle che gli studenti hanno sperimentato con questo progetto” ha sottolineato il presidente di Fipe-Confcommercio Toscana Aldo Cursano.

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