Estremismo destra: 12 indagati a Siena, nel mirino anche moschea

Operazione della polizia di Firenze e Siena, coordinata dalla Dda, nei confronti di 12 persone appartenenti agli ambienti dell’estremismo di destra indagati per detenzione abusiva di armi correlata alla costituzione di un’associazione con finalità eversiva. Gli uomini delle Digos, coordinati dalla Polizia di prevenzione, stanno eseguendo numerose perquisizioni a abitazioni e uffici in provincia di Siena.

L’indagine sugli ambienti dell’estremismo di destra in provincia di Siena, che vede 12 indagati “per detenzione abusiva di armi correlata alla costituzione di un’associazione con finalità eversiva”, è partita da un monitoraggio dei social network sui messaggi di istigazione all’odio razziale e di apologia del fascismo. A far scattare l’inchiesta coordinata dalla Dda di Firenze e condotta dalla Digos fiorentina sono state le immagini pubblicate su Facebook da un nostalgico del fascismo e del nazismo, che divulgava foto e scritte inneggianti le Ss, Adolf Hitler e Benito Mussolini. Si tratta di un senese di 60 anni, dipendente della Banca Monte dei Paschi, che lavora nella sede centrale di Siena. Sul suo profilo Facebook le foto ritraevano il 60enne indossare una mimetica delle Ss a bordo di un sidecar militare. In altre immagini l’uomo compare a Dongo, dove venne catturato Mussolini nell’aprile 1945, intento a fare il saluto romano e mentre mima con le mani il gesto di sparare a un cartello dell Anpi, l’associazione nazionale dei partigiani.
C’era anche la moschea di Colle Val d’Elsa (Siena) nel mirino dei 12 estremisti di destra indagati dalla Dda di Firenze. Da alcune conversazioni intercettate, sarebbe emersa l’intenzione di far saltare il luogo di culto sabotando una condotta delle tubature del gas emerge. Il tentativo di “far saltare” la moschea non venne portato a termine perchè il 60enne di Siena, al centro dell’inchiesta, sarebbe stato contattato dalla polizia che aveva notato strani movimenti vicino all’edificio di Colle Val d’Elsa. “Noi, come ci si move, noi siamo no guardati a vista… di piu’ !”, si lamentavano gli indagati nelle intercettazioni.
La Digos ha recuperato anche foto in cui il 60enne impugna un lanciarazzi e un album accompagnato dalla musica dell’inno ufficiale del partito nazista. Sempre da un profilo Facebook a lui riferibile, il 60enne si qualificava come segretario della federazione di Siena del ‘Movimento Idea Sociale’. Tra i 12 indagati ci sono anche due familiari del 60enne, la moglie e il figlio. Sul profilo social della donna, 52 anni, sono state pubblicate foto del marito davanti alla tomba di Mussolini a Predappio. Indagato e perquisito anche il figlio 22enne della coppia. I tre risiedono in provincia di Siena.
“Al momento non abbiamo riscontri di correlazioni con formazioni politiche di estrema destra già esistenti”. Così il procuratore capo di Firenze e della Dda Giuseppe Creazzo, in merito alle perquisizioni che sarebbero ha aggiunto – è il primo atto di un’inchiesta da sviluppare”.
Durante le perquisizioni sono intervenuti anche gli artificieri poiché sarebbe stato trovato esplosivo in una dei luoghi visitati dagli investigatori della polizia. Nelle perquisizioni sono stati sequestrati dalla polizia ordigni bellici della Seconda Guerra Mondiale, polvere da sparo, tritolo e silenziatori per armi costruiti artigianalmente. Secondo quanto appreso, nel garage del 60enne, sarebbero state trovate bottiglie riempite con polvere da sparo ricavata svuotando alcune bombe risalenti all’ultima guerra, trovate dall’uomo e dal figlio grazie all’uso di un metal detector.

Gdf Firenze: facevano ‘cartello’ per vendere divise, interdetti 9 imprenditori

Un’inchiesta della GdF di Firenze ha scoperto un ‘cartello’ di imprenditori volto a vendere divise per Comuni ed enti pubblici. L’operazione è stata condotta anche dal pm fiorentino Leopoldo De Gregorio. I 9 imprenditori sono titolari di ditte toscane che producono capi di abbigliamento da lavoro. Indagati anche tre funzionari pubblici.

I nove imprenditori sono stati interdetti per aver costituito un’associazione a delinquere finalizzata a turbare il corretto svolgimento delle procedure di affidamento di pubbliche forniture, in particolare divise, per Comuni e altri enti pubblici. Le indagini della GdF, avviate dopo una denuncia presentata due anni fa dall’ufficio anticorruzione, trasparenza e controlli del Comune di Firenze, avrebbero “messo in luce alterazioni nelle procedure di affidamento indette da alcuni Comuni ed enti pubblici della Toscana”. Tali imprese, in circa cinque anni, sono risultate più volte aggiudicatarie delle gare bandite da alcuni enti pubblici, territoriali e non, per l’acquisizione prevalentemente di divise e accessori per la polizia municipale, per servizi di guardiania e di rappresentanza.

L’inchiesta avrebbe svelato l’esistenza di un ‘cartello’ di imprese. “Sarebbe emerso un forte vincolo a carico di alcune delle principali società attive nelle forniture dei beni, fondato su interessi perseguiti secondo logiche di non aggressione e accordi attraverso cui alcune aziende si sarebbero divise i territori di diverse regioni del Centro-nord”, si legge nella nota della GdF di Firenze. Le misure interdittive sono state emesse dal gip Alessandro Moneti.
Anche alcuni dipendenti pubblici sono indagati nell’inchiesta. Secondo quanto appreso a tre funzionari pubblici viene contestato il reato di turbativa d’asta. La procura ha perciò chiesto la misura cautelare dell’interdizione dai pubblici uffici sulla quale il gip deciderà dopo l’interrogatorio non ancora avvenuto. Si tratterebbe di un funzionario della polizia municipale di San Giuliano Terme (Pisa), e di due dipendenti dei Comuni di Siena e Cecina (Livorno).
Secondo l’accusa, i funzionari si sarebbero accordati con alcuni degli imprenditori indagati per falsare l’esito di alcune delle gare oggetto dell’inchiesta. Tra i bandi finiti al centro delle indagini nel corso degli anni, ci sono quello per le forniture di divise ai dipendenti della Galleria dell’Accademia di Firenze, dell’Opera primaziale pisana, di fornitura di divise alla polizia municipale di Firenze, di Siena e di Massa.

Lavoro: GdF Siena scopre 18 braccianti pagati ‘in nero’

La Guardia di Finanza di Siena ha scoperto 18 braccianti agricoli pagati “in nero” da parte di una società del comparto agricolo. Emerse irregolarità anche retributive: la società avrebbe pagato ai lavoratori, seppur formalmente assunti in modo regolare, una parte della paga ‘fuori busta’.

La strategia evasiva, secondo la Gdf di Siena, permetteva un risparmio d’imposta e contributi sia per la società che per gli stessi braccianti. L’azienda remunerava in modo sistematico i braccianti agricoli facendo confluire il 50% circa degli emolumenti in busta paga, mentre la restante metà veniva consegnata “in nero”.
Immediata la segnalazione da parte delle Fiamme Gialle per le conseguenti procedure sanzionatorie e di recupero delle imposte e di contributi evasi.

Siena, rimpasto Giunta: via assessore Sportelli

Il sindaco di Siena Luigi De Mossi ha revocato le deleghe all’assessore ai lavori pubblici e protezione civile Massimo Sportelli. Il rimpasto della giunta è arrivato al termine di un lungo ‘braccio di ferro’ tra l’assessore e il primo cittadino. De Mossi, più volte, aveva chiesto a Sportelli di lasciare l’incarico.

Il primo cittadino di Siena De Mossi ha revocato le deleghe a l’assessore procedendo al rimpasto. Sportelli era espressione di cinque liste civiche che alle ultime elezioni amministrative avevano appoggiato il futuro sindaco al momento del ballottaggio. Il rimpasto potrebbe prevedere l’ingresso di un nuovo assessore e la redistribuzione delle deleghe.
“Ho ricevuto dal messo comunale la formale revoca dall’incarico di assessore che avevo avuto dal sindaco Luigi De Mossi. Il sindaco nella sua comunicazione mi ha parlato di valutazioni strategiche. A me non è stato detto che ho lavorato male. A questo punto sono disposto a sacrificare il mio profilo politico ma sono pronto a preparare qualsiasi battaglia per salvaguardare il mio profilo etico e civico”, ha commentato De Mossi.
“Non mi chiedete di dare valutazioni politiche – ha aggiunto -. Io non sono un politico, sono un cittadino che si è illuso di poter indurre un cambiamento nella città. Ci ho creduto, ho raccolto un buon risultato e ho pensato di convogliare il mio consenso verso quello che pensavo fosse la forma di cambiamento”.

Pedopornografia e razzismo in chat di ragazzi, 30 indagati

Avrebbero scambiato video pedopornografici, inneggiato a Hitler, Mussolini e all’Isis, postando frasi contro migranti ed ebrei, su una chat di WhatsApp battezzata ‘The Shoah party’, con la diffusione in tutta Italia di immagini e frasi choc. A scambiarsi video e messaggi, come riporta oggi il Corriere Fiorentino, un gruppo di ragazzi tra i 15 e i 19 anni: una trentina sono stati coinvolti in un’inchiesta partita da Siena e coordinata dalla procura dei minori di Firenze.

Inneggiamento al nazismo, al fascismo e allo stato islamico, frasi al veleno contro migranti ed ebrei, pedopornografia. Erano questi alcuni dei contenuti del gruppo Whatsapp “The Shoah Party” che per mesi, a partire dal 2018, è stata il luogo dove un gruppo di ragazzi, anche under 14, ha diffuso il materiale incriminato in tutta Italia. Una trentina sono attualmente gli indagati dalla Procura per i minori di Firenze. Il gruppo sarebbe stato creato da ragazzi, minorenni e non, residenti nella zona di Rivoli (Torino).

“Eppoi dicono che i preti non devono stuprare i bambini”; questo è uno dei tanti commenti raccapriccianti che giravano all’interno della chat creata da giovani a Siena che per mesi avrebbero diffuso  filmati di adulti che seviziavano bambini, pubblicato video pornografici con minorenni come protagonisti, inneggiato a Hitler, a Mussollini ed all’ISIS. Secondo quanto appreso, la chat sarebbe stata usata anche per diffondere immagini di carattere blasfemo, video di animali torturati e frasi per denigrare i malati di leucemia.

Sono scattate ieri le perquisizioni in Toscana, Piemonte, Lazio, Campania, e Calabria nelle abitazioni di una trentina giovani, indagati, a vario titolo, dalla Procura  con l’accusa di detenzione e diffusione di materiale pedopornografico, istigazione all’apologia di reato avente per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali.

Gli investigatori, autorizzati dai pubblici ministeri competenti, procura dei minori e procura distrettuale di Firenze, si sono introdotti all’interno del gruppo social, risalendo agli amministratori del gruppo. Sono stati sequestrati decine di telefonini e computer. Secondo quanto spiegato sempre dall’Arma, “tanti ragazzini dai 13 ai 17 anni sono rimasti invischiati più o meno consapevolmente” mentre altri, “dopo essere entrati ne sono subito usciti. Ma nessuno risulta aver denunciato la cosa”.

La scoperta sconvolgente da parte della mamma di un ragazzo che, dopo aver visto le foto presenti all’interno della chat, ha deciso di rivolgersi alla dirigente scolastica e poi ai carabinieri.

La cosa che colpisce profondamente è la giovane età dei soggetti coinvolti: il più anziano avrebbe compiuto da poco 19 anni, ma a gestire la chat ci sarebbero anche ragazzi di età inferiore ai 14 anni e, per questo, ritenuti dalla legge non imputabili.

La Procura per i minori aprirà anche un’inchiesta socio psicologica per valutare la idoneità dei contesti familiari in cui vivono gli indagati. Non è escluso che alla fine degli accertamenti, i genitori possano subire limitazioni nell’esercizio della potestà genitoriale e affiancati da assistenti sociali.

Pestaggio in carcere: da Dap inchiesta su 15 agenti, Pm Siena contesta anche reato tortura

“Sospensione immediata” per i quattro poliziotti penitenziari destinatari di provvedimento di interdizione da parte dell’autorità giudiziaria e “doverose valutazioni disciplinari” per i quindici che hanno ricevuto un avviso di garanzia. Lo ha disposto il Dap informato dalla Procura della Repubblica di Siena che indaga, come riporta La Repubblica, su un episodio di pestaggio ai danni di un tunisino che sarebbe avvenuto nel carcere di San Gimignano. Agli agenti in servizio è stato contestato anche il reato di tortura.

L’indagine definita dal Dap “complessa e delicata”, ha interessato 15 poliziotti penitenziari in servizio nel carcere di San Gimignano e trae origine dalla denuncia fatta da alcuni detenuti su presunti pestaggi avvenuti all’interno del’istituto toscano. Le accuse formulate dalla Procura di Siena vanno dalle minacce alle lesioni aggravate, al falso ideologico commesso da un pubblico ufficiale, alla tortura.
Nell’avviare l’iter dei provvedimenti amministrativi di propria competenza, il Dap confida “in un accurato e pronto accertamento da parte della magistratura”, ma al tempo stesso
esprime “la massima fiducia nei confronti dell’operato e della professionalità degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria che svolgono in maniera eticamente impeccabile il loro lavoro.

“Nei casi di tortura l’accertamento della verità è una corsa contro il tempo. Una corsa che deve essere facilitata dalle istituzioni. Una corsa che richiede la rottura del muro del silenzio da parte di tutti gli operatori che hanno visto gli abusi e le violenze. In questo caso siamo rinfrancati dalla prontezza del lavoro della magistratura e dalla collaborazione del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria”. Lo sottolinea in una nota Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, commentando la vicenda dell’inchiesta della procura di Siena.
La stessa tempestività viene chiesta da Gonnella per “fatti analoghi” avvenuti nel carcere di Monza e denunciati nelle scorse settimane proprio da Antigone. “In Italia finalmente i giudici dal 2017 hanno a disposizione una legge (seppur migliorabile) che proibisce e punisce la tortura. E’ stata questa una battaglia ventennale di Antigone. Siamo ai primi casi di applicazione di questa legge”, fa notare ancora Gonnella.

“Sono pesantissime le accuse mosse nei confronti di alcuni appartenenti al Corpo di polizia
penitenziaria, motivo per il quale siamo i primi a chiedere agli inquirenti, nei quali riponiamo incondizionata fiducia, e ai vertici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di accertare con celerità i fatti realmente accaduti e fare chiarezza”. È quanto dichiara Gennarino De Fazio, della UILPA Polizia Penitenziaria. “Il Corpo di polizia penitenziaria – afferma De Fazio – è un’istituzione sana e da solo, o giù di lì, continua a reggere l’emergenza penitenziaria fatta di sovraffollamento detentivo, pesanti carenze di risorse umane, tecnologiche ed economiche e aggravata da una sostanziale assenza della politica”.

Sulla vicenda  “invito tutti a non trarre affrettate conclusioni prima dei doverosi accertamenti giudiziari. Noi confidiamo nella magistratura perché la Polizia penitenziaria, a S.Gimignano come in ogni altro carcere italiano, non ha nulla da nascondere”. Lo scrive in una nota Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo Sappe, aggiungendo che “la polizia penitenziaria opera con professionalità e umanità”.
“Noi del Sappe, così come tutti i poliziotti penitenziari – conclude -, siamo adusi rispettare le sentenze definitive e solo di fronte a queste potremmo esprimere la nostra opinione. La
presunzione d’innocenza è un caposaldo della nostra Costituzione ed è riferita a tutti i cittadini. Noi confidiamo con serenità nell’operato della Magistratura”.

“Da troppo tempo la casa di reclusione è abbandonata al suo destino, senza direzione
stabile e da mesi senza comandante e vice comandante del corpo di polizia penitenziaria”. Lo rivela in una nota il sindaco di San Gimignano Andrea Marrucci che, in una nota, commenta.
“Insieme alla parlamentare Susanna Cenni – spiega il sindaco – abbiamo denunciato le difficoltà di agenti e detenuti, le carenze infrastrutturali e chiesto interventi urgenti agli enti
preposti. Richiesta sfociata in una esplicita lettera di misure urgenti al ministro”. Situazione che “sarebbe stata risolta con il conferimento dell’incarico – aggiunge il primo cittadino – ad un commissario capo che dovrebbe entrare in servizio lunedì prossimo”. “Confidiamo nella rapida verifica da parte della magistratura – conclude nella nota – e nel corretto operato e nella professionalità degli appartenenti al corpo di polizia penitenziaria”.

“Auspico che si giunga al più presto all’accertamento della verità. L’opinione pubblica è sensibile a queste violenze inaudite. L’emersione e la verifica giudiziaria di questa condotta illegale e violenta nelle carceri – pensiamo al caso Cucchi – è diventata una spinta all’impegno civile e alla libertà di informazione” è il commento del governatore della regione Enrico Rossi sui fatti avvenuti nel carcere di San Gimignano. “Il garante regionale dei detenuti – aggiunge Rossi – ha dichiarato che nel carcere di San Gimignano, così come in altri istituti della Toscana, persistono problemi di carattere strutturale e carenza di servizi essenziali. In questi contesti, in cui pare palpabile la defezione dello Stato, possono verificarsi fenomeni inquietanti di extraterritorialità, omertà e violazione dei diritti umani, come ipotizzato per l’episodio di San Gimignano”. “La tortura è un crimine orrendo che nega la libertà fisica e interiore della persona che la subisce, con gravi effetti intimidatori sul contesto circostante. Anche se dal 2017 esiste una legge importante che introduce nel nostro ordinamento il reato di tortura – conclude il presidente della Toscana – siamo lontani dall’obiettivo di garantire la piena attuazione dal secondo comma dell’articolo 27 della Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. E’ una grande emergenza nazionale e tocca allo Stato spezzare questo intreccio di abbandono, violenza e impunità. Ora spetta al governo e al ministro Bonafede investire le risorse necessarie e costruire percorsi alternativi alla detenzione”.

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