Radio sequestrata trasmette in streaming, pm gli oscura il sito Internet

E’ stato oscurato il sito Internet dell’emittente radiofonica Radio Studio 54 di Scandicci su disposizione del pm Christine von Borries.

Il decreto di oscuramento del sito Internet, notificato ai gestori della rete e ai titolari della radio da carabinieri e polizia postale, è stato sottoposto nell’ambito di un’inchiesta per diffamazione e istigazione all’odio razziale relativa alle trasmissioni condotte dallo speaker Guido Gheri.

Il 19 agosto scorso, sempre nell’ambito della stessa inchiesta, i carabinieri avevano già sottoposto a sequestro il trasmettitore che permette di agganciare la frequenza assegnata alla radio a seguito di un’ordinanza del tribunale del riesame.

Ma, secondo quanto emerso da successivi accertamenti, tuttavia, Guido Gheri, speaker e fondatore di Radio Studio 54, aveva continuato a trasmettere in streaming sul web attraverso un dominio registrato in arizona (USA).

A seguito della notifica del decreto di oscuramento agli operatori di rete attivi in Italia, il sito della radio non sarà più visibile in Italia. Radio Studio 54 però continua a essere ascoltabile all’estero.

Emittente radiofonica sequestrata a Firenze per ‘odio razziale’

Radio Studio 54, emittente radiofonica di Scandicci, è stata sottoposta a sequestro preventivo dai carabinieri in esecuzione di un’ordinanza del tribunale del riesame che ha dato ragione circa la necessità di non far proseguire le trasmissioni condotte dal titolare, lo speaker Guido Gheri.

Secondo il Tribunale del riesame, che ha accolto un appello del pm Christine von Borries, sussistono le ipotesi dei reati di diffamazione e di istigazione all’odio razziale per cui Gheri è indagato: in alcune trasmissioni Gheri non solo avrebbe diffamato un ex consulente e un ex suo avvocato, ma avrebbe diffuso tramite la sua emittente radiofonica, in trasmissioni da lui stesso condotte, “idee fondate sull’odio razziale” facendo riferimento “agli stranieri non come soggetti ben individuati ma come appartenenti a un’etnia, con ciò inducendo negli ascoltatori il pregiudizio che tutti gli stranieri siano cannibali, stupratori, ladri e incitando gli italiani ad avercela con gli stranieri”.

I carabinieri hanno, per questo motivo, apposto i sigilli al trasmettitore che permette di agganciare la frequenza assegnata; per il riesame appare evidente che “solo il sequestro della radio impedirà al Gheri di reiterare condotte analoghe a quelle per le quali si procede” anche tenendo conto di altri procedimenti giudiziari in cui è coinvolto.

“Così si perde una delle poche radio indipendenti del territorio”, ha dichiarato il consigliere regionale della Lega Jacopo Alberti. “Ogni settimana vado a Radio Studio 54 – continua il consigliere leghista – per informare i cittadini sulle mie attività in Consiglio regionale, e se Guido alza i toni è più per un provocazione, cerca di coinvolgere gli ascoltatori”, “mi auguro che la controversia giudiziaria sia risolta il prima possibile – aggiunge Alberti in una nota – per la libertà di informazione di una storica emittente toscana, attiva dal 1975. Così si perde una voce radiofonica libera e si nega la libertà di espressione”.

Morto durante controllo a Empoli, pm chiede archiviazione fascicolo

Christine Von Borries, pm della procura di Firenze, ha chiesto al gip l’archiviazione delle indagini per omicidio colposo relative alla morte del 31enne tunisino Arafet Arfaoui, deceduto la sera del 17 gennaio scorso a Empoli (Firenze) dopo essere stato colto da un malore durante un controllo di polizia all’interno di un money transfer.
La moglie dell’uomo è pronta a presentare opposizione alla richiesta di archiviazione. Per il legale ci sono “elementi che potrebbero indicare concausa asfittica da posizionamento”.

La ricostruzione dei fatti emersa dall’inchiesta, rimasta sempre a carico di ignoti, si è basata sui racconti dei testimoni, tra cui gli agenti intervenuti nel money transfer e i sanitari che soccorsero il 31enne, sui risultati dell’autopsia e sulle immagini riprese dalle telecamere sistemate dentro e fuori il negozio.

Da quel che è emerso dagli accertamenti, i poliziotti del commissariato di Empoli intervenuti per calmare il tunisino, che aveva dato in escandescenze perché accusato dal titolare del money transfer di avere una banconota falsa, avrebbero usato nei suoi riguardi adeguate tecniche di contenzione e non avrebbero messo a rischio la sua incolumità. In base all’esame autoptico disposto dalla procura, l’uomo, che si trovava in un forte stato di agitazione psicofisica, sarebbe deceduto per un arresto cardiaco verificatosi durante un’intossicazione acuta da cocaina, assunta circa un’ora prima della morte. Nessuna responsabilità sarebbe stata riscontrata poi a carico dei sanitari del 118, che non poterono fare nulla per salvarlo nonostante il tempestivo intervento.

Durante le indagini si è scoperto che, quando accusò il malore, l’uomo era a terra con le manette ai polsi e i piedi bloccati con un cordino, fornito agli agenti dal negoziante. Gli agenti erano stati costretti a immobilizzarlo dopo che aveva dato in escandescenze, anche mordendoli. In base agli accertamenti eseguiti, i poliziotti avrebbero sempre mantenuto un atteggiamento corretto mentre il tunisino era a terra, contenendolo con le mani, senza mai salirgli sopra. Quando si sentì male la dottoressa del 118 era già sul posto.
Sarebbero stati gli stessi agenti che lo contenevano ad avvisarla che qualcosa non andava. Poi sono scattate le procedure di rianimazione.

Il legale della moglie di Arafet Arfaoui, avvocato Giovanni Conticelli, ha annunciato l’intenzione di presentare opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dalla procura di Firenze relativamente alle indagini sulla morte del 31enne  deceduto il 17 gennaio scorso a Empoli. “In base agli accertamenti medico legali del nostro consulente – spiega Conticelli – sono stati rilevati elementi che potrebbero indicare una concausa asfittica da posizionamento”. Secondo quanto ipotizzato dal legale, dunque, al decesso del 31enne potrebbe aver concorso anche la posizione nella quale è stato immobilizzato.

“Dagli atti d’indagine e dalle dichiarazioni dei poliziotti – precisa Conticelli – è emerso che c’è stato un posizionamento a terra”, e che il tunisino era “prono con le mani ammanettate e le gambe legate, e gli agenti che lo tenevano per le caviglie e sulle spalle”. “Pertanto – annuncia l’avvocato – proporremo opposizione chiedendo tra le altre cose al giudice ulteriori accertamenti di natura medico legale, da effettuare eventualmente anche tramite una perizia”. “Dal 2014, anno del caso Magherini, aggiunge Conticelli – i carabinieri hanno avuto direttive specifiche circa il modo di immobilizzare soggetti in stato di alterazione, è sorprendente che dopo 5 anni la polizia non abbia specifiche circolari sul tema. In sede d’indagine abbiamo fatto richiesta di verificare alla procura e non risulta che siano state emanate”. Conticelli difende i familiari di Arfaoui insieme all’avvocato Gianluca Vitale.

Processo fatture false, D’Agostino: c’era sudditanza psicologica verso Renzi padre

 “C’era un fatto di sudditanza psicologica, quello è il padre di Renzi”; “se il padre del presidente del consiglio dei ministri ti fa un’offerta, ti metti a discutere?” Sono alcune frasi intercettate dalla guardia di finanza all’imprenditore Luigi Dagostino, il ‘re degli outlet’. La difesa: nessun vantaggio fiscale né tributario sulle e operazioni contestate.

E ancora : “Dovevo far fare un progettino perché il padre di Renzi mi rompeva”. Il pm Christine von Borries ha fatto  leggere queste frasi dagli atti a un investigatore delle Fiamme Gialle, sentito come teste.

Dagostino, intercettato in auto e in ufficio, le pronunciò nel 2018 sfogandosi nel suo ufficio, parlando di fatture pagate nel 2015 a società dei Renzi dalla Tramor da lui controllata e poi ceduta al gruppo Kering.

Nel 2015 Matteo Renzi era presidente del consiglio dei ministri  e segretario del Pd. Per il pm Dagostino pagò a società dei genitori di Renzi due fatture false da 20.000 euro e 140.000 euro.

Le fatture vennero pagate alla società Party srl (una da 20.000 euro, unica fattura emessa dalla Party srl nel 2015) e alla Eventi 6 (una da 140.000 euro) nel luglio 2015 per progetti di fattibilità su aree ricreative e per la ristorazione all’outlet di Reggello (Firenze).

Ma secondo l’accusa tali consulenze non furono fatte, anche se  la Tramor di cui Dagostino fu amministratore saldò regolarmente i due conti.

Poi quando, ormai indagato, alcuni anni dopo, Dagostino viene ‘ascoltato’ dalla GdF che lo intercetta, l’imprenditore pugliese si sfoga anche riguardo agli importi pagati, peraltro giudicati molto più alti del valore delle prestazioni pattuite. Ma, diceva Dagostino – secondo quanto ha letto in aula l’investigatore delle Fiamme gialle -, “il padre di Renzi mi rompeva i c…” per “fare un progettino” che forse valeva 30-40 mila euro (e non 140.000 euro) “ma se sei il padre del presidente del consiglio, cosa faccio, mi metto a trattare?”. Con un altro professionista in rapporti di affari, Dagostino si giustificava di essere rimasto indagato per le fatture dicendo di aver subito “un fatto di sudditanza psicologica, quello era il padre di Matteo Renzi…”.

Il processo ha ricostruito gli incontri annotati nell’agenda di Dagostino con Tiziano Renzi e la moglie Laura Bovoli, anche alla vigilia di disposizioni di pagamento della fattura contestata della Eventi 6.

Inoltre, lo stesso testimone ha confermato al pm Christine von Borries che nelle perquisizioni non sono stati trovati né lettere di incarico per le società dei Renzi, né gli studi di fattibilità per i progetti pattuiti, tuttavia i pagamenti vennero fatti.

Le difese nei loro interventi hanno fatto rilevare che le società dei Renzi non ebbero nessun vantaggio fiscale e che fu, anzi, pagata l’Iva. “Oggi il processo ha provato l’insussistenza giuridica del fatto contestato – ha commentato l’avvocato Federico Bagattini, difensore di Tiziano Renzi – poiché non c’è stato nessun vantaggio fiscale né tributario su queste operazioni, cosa che è l’essenza del reato di falsa fatturazione”. Per l’avvocato Sara Gennai, difesa Dagostino, ha evidenziato che “nel processo non viene integrato il delitto di fatturazioni false per operazioni inesistenti”.

“Le intercettazioni ambientali eseguite nei confronti di Dagostino e le testimonianze raccolte dimostrano come il lavoro svolto dai Renzi sia reale. Le società hanno poi correttamente assolto ai pagamenti delle imposte: nessun euro evaso, né danno per l’erario. La difesa giudica quello di oggi un punto importante e a favore degli imputati”. Così  poi in serata il collegio difensivo di Tiziano Renzi e Laura Bovoli, formato dagli avvocati Federico Bagattini, Francesco Pistolesi e Lorenzo Pellegrini, esprime “soddisfazione” per l’andamento dell’udienza odierna davanti al tribunale di Firenze dove si sta celebrando un processo per fatture false dove i genitori di Matteo Renzi sono imputati insieme all’imprenditore Luigi Dagostino.

 

Genitori Renzi, a processo l’8 luglio per fatture false

I genitori di Matteo Renzi, Tiziano Renzi e Laura Bovoli, verranno ascoltati come imputati l’8 luglio nel processo per fatture false emesse dalle loro società Eventi 6 e Party srl verso Tramor, srl che faceva capo al ‘re degli outlet’, l’imprenditore pugliese Luigi Dagostino. Anche lui imputato e anche lui interrogato lo stesso giorno.

Lo ha deciso il giudice Fabio Gugliotta di Firenze al momento di stilare il calendario delle prossime udienze. Tiziano Renzi e Laura Bovoli erano assenti, mentre Dagostino ha assistito in aula all’intero svolgimento.
Oggi sono stati sentiti i primi testimoni convocati dal pm Christine von Borries, secondo cui ci furono due fatture false che riguardarono operazioni inesistenti.

Tra i primi elementi emersi c’è che ai testi finora ascoltati non risultano agli atti della società Tramor srl, né del gruppo Kering che la rilevò dal 17 giugno 2015, lettere di incarico o contratti con cui la stessa Tramor avrebbe commissionato a Eventi 6 e Party srl progetti di fattibilità per migliorare la capacità commerciale ed attrattiva dell’outlet The Mall a Reggello, in particolare riguardo a una possibile area di ristorazione e per studiare attività utili a convogliare turisti asiatici.

Risultano, però, i pagamenti di due fatture, una da 20.000 euro alla Party e una da 140.000 euro alla Eventi 6 di cui sono stati ricostruiti i passaggi contabili e bancari. I pagamenti furono fatti quando Tramor era già passata al gruppo Kering, che l’aveva acquisita tra le sue attività italiane. Per il pm von Borries i pagamenti furono veri ma per operazioni, però, mai fatte.

Violenza ed estorsione, fidanzato in carcere dopo seconda denuncia

Per mesi ha estorto denaro all’ex fidanzata, dopo una convivenza durata sei anni, che aveva trasformato in un inferno per la sua compagna, tra pugni e calci e minacce continue, al punto da essere condannato in primo grado, dopo la denuncia sporta da lei. Ma nonostante la condanna, che gli è stata inflitta nell’estate scorsa, un 27enne ha ripreso nell’ultimo periodo insistentemente a minacciare e a estorcere denaro alla sua ex compagna per poi sperperare nelle scommesse e nelle slot machine, fino al punto di rubarle 25mila euro. Solo una nuova denuncia ha fatto scattare le manette, concluse con il violento estorsore finito in carcere.

I carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Firenze hanno eseguito questa mattina un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale del capoluogo toscano, Antonella Zatini, al termine di un’attività d’indagine coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica di Firenze Christine Von Borries. Il provvedimento rivolto nei confronti di S.B., 27enne, pregiudicato, nato in Albania e residente a Barletta (Ba), scaturisce da una delicata attività investigativa intrapresa a seguito delle denunce presentate ai carabinieri dalla sua ex fidanzata convivente, domiciliata a Firenze ma originaria anche lei di Barletta.

Sono stati raccolti gravi indizi di colpevolezza a carico dell’uomo che, dallo scorso dicembre a marzo, ha rivolto “continue e reiterate minacce alla vittima mediante telefonate e messaggi, richiedendo insistentemente indebite somme di denaro”. In un’occasione, all’nizio di dicembre 2018 a Firenze, l’indagato è riuscito a costringere la ex fidanzata a consegnargli la somma di 1.500 euro, promettendole che in cambio avrebbe lasciato la città.

“Ancora più preoccupante l’atteggiamento intimidatorio” tenuto da S.B. quando, hanno spiegato gli investigatori, in occasione di una breve permanenza della donna a Barletta, ha stazionato a lungo sotto l’abitazione della ex “nonostante questa avesse opposto un rifiuto all’ennesima richiesta di denaro”. Le condotte ricostruite attraverso l’attività d’indagine dell’Arma “sono ancor più gravi” visto che S.B. è stato già condannato dal Tribunale di Firenze, nell’agosto scorso, per violenza privata e furto aggravato in danno della stessa parte offesa: dopo una relazione di circa sei anni in cui l’indagato si è mostrato possessivo e geloso, all’inizio del 2018 la donna ha denunciato l’ex fidanzato “per sottrarsi alle pressanti richieste di denaro e alle conseguenti minacce dell’uomo, che era solito spendere cifre considerevoli per scommettere sulle partite di calcio e giocare alle slot machines”. Una scommettere sulle partite di calcio e giocare alle slot machines”. Una volta riallacciati i rapporti, nell’aprile 2018 a Firenze, S.B. aveva sottratto alla donna la somma di 25.000 euro, incasso dell’esercizio commerciale del quale la vittima è amministratrice, dopo averla anche picchiata.

Il destinatario del provvedimento cautelare è stato rintracciato dai carabinieri della compagnia di Barletta ed è stato associato alla casa circondariale di Trani.

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