
Dalla targa per ricordare la morte degli operai cinesi morti nel rogo di Teresa Moda a Prato 11 anni fa alla strada intitolata a Luana D’Orazio la ventiduenne che quattro anni fa perse la vita a Montemurlo mentre lavorava in una ditta tessile, un Primo maggio in Toscana per chiedere sicurezza sul lavoro.
Era stata vandalizzata proprio alla vigilia del Primo maggio. Una targa commemorativa, voluta dal sindacato Sudd Cobas, per ricordare un fatto all’apparenza d’altri tempi o di altri luoghi, magari come l’India o il Bangladesh. E invece accadde a Prato, 11 anni fa. 7 operai che lavoravano in una ditta di pronto moda – Teresa Moda – morirono bruciati vivi. Lì dormivano, mangiavano, lavoravano, vivevano. La targa recita: «uccisi dalle fiamme della barbarie padronale. Nei cuori di chi lotta contro lo sfruttamento vivrà per sempre la loro memoria». In cinese e poi in traduzione in italiano. Sulla vicenda intervenne anche la Cassazione, sette anni fa, per dire che gli operai lavoravano in una situazione disumana. Questo Primo maggio è servito da monito, per ricordare che nel 2025 in Toscana si muore di lavoro e si muore nel modo peggiore, in maniera quasi ottocentesca. Pensiamo soltanto agli operai del cantiere Esselunga di via Mariti a Firenze. Qui sono stati i Giovani Palestinesi a guidare una marcia fino all’Isolotto. A Empoli, c’è stato uno sciopero proprio il Primo maggio, al Mc Donald’s di via Livornese, dove secondo la Cgil «c’è l’indisponibilità aziendale ad avviare un tavolo di trattativa» sul contratto integrativo. Ma il giorno della festa del lavoro è stato anche il giorno di Luana D’Orazio. A Montemurlo, è stata intitolata una via proprio a lei, la 22enne morta 4 anni fa in una ditta mentre lavorava al macchinario tessile a cui era stata assegnata. Un Primo maggio pieno di amarezza dunque, con rimandi al precariato, al lavoro povero, alla mancanza di lavoro, al lavoro che può uccidere. O che comunque può fare male, tutti i giorni. Un’indagine dell’Ordine degli psicologi della Toscana ha rivelato che in questa regione almeno un giovane su 5 (il 21%) lascia il proprio posto per mobbing, vessazioni o violenza.