
Pakistani – al servizio di proprietari cinesi – che fanno da braccio armato e organizzano spedizioni punitive contro i loro connazionali operai. Sfruttamento, minacce e violenza all’ombra della “guerra delle grucce”. C’è tutto il campionario del “sistema Prato” nelle indagini che stamane hanno portato a emettere 4 misure di custodia cautelare.
Caporali che organizzano squadre punitive, sfruttamento, minacce e violenza, all’ombra della “guerra delle grucce”. Questa mattina il giudice per le indagini preliminari ha disposto 4 misure cautelari a carico di due cittadini pakistani (di 45 e 56 anni) e due cittadini cinesi (di 40 e 39 anni). Il primo, considerato il principale responsabile delle attività illecite, è stato posto agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, mentre gli altri tre hanno ricevuto il divieto di abitare nella provincia di Prato. Secondo gli inquirenti, i quattro indagati rappresenterebbero il braccio operativo di una rete più ampia, riconducibile a una struttura societaria di proprietà cinese.
Al centro dell’indagine c’è la società “Acca Srl”, attiva nel settore della logistica e del facchinaggio, già nota per essere stata una delle aziende bersaglio dei plichi esplosivi recapitati il 16 febbraio scorso, nel contesto di scontro imprenditoriale che ha assunto dimensioni criminali anche su scala internazionale: la cosiddetta guerra delle grucce. Si tratta di un magazzino di Seano (Carmignano) che ospita diverse denominazioni commerciali di aziende, tutte impegnate nella logistica del settore dell’abbigliamento. L’inchiesta ha fatto emergere “un sistema radicato di sfruttamento di lavoratori, soprattutto migranti provenienti da Pakistan, Bangladesh, Afghanistan e Africa”, spiega la Procura.
Le testimonianze di alcuni operai sfruttati – che anche in questo caso hanno collaborato – hanno permesso di ricostruire turni massacranti di oltre 12 ore al giorno, sette giorni su sette, senza contratto, pause minime per i pasti, stipendi e licenziamenti decisi arbitrariamente, e un controllo costante sull’attività lavorativa. Nelle pagine dell’inchiesta emerge anche la violenza dei caporali: pakistani – al servizio di proprietari cinesi – che fanno da braccio armato e organizzano spedizioni punitive contro i loro connazionali che fanno gli operai e che si erano iscritti al sindacato Sudd Cobas.