Ven 29 Mar 2024

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Martina Rossi: appello bis, imputati condannati a 3 anni

Secondo l’accusa la Martina stava sfuggendo a un tentativo di stupro. I due imputati sono stati condannati per tentata violenza sessuale di gruppo.

La corte di appello di Firenze ha condannato a 3 anni ciascuno Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, imputati nel processo bis di secondo grado sul caso della morte di Martina Rossi, la studentessa 23enne deceduta il 3 agosto 2011 precipitando da un balcone dove era in vacanza a Palma di Maiorca (Spagna). Secondo l’accusa la ragazza stava sfuggendo a un tentativo di stupro. I due imputati sono stati condannati per tentata violenza sessuale di gruppo. La pena inflitta a Vanneschi e Albertoni è quella che era stata richiesta nella requisitoria dal pg Luigi Bocciolini. I due imputati sono stati condannati per tentata violenza sessuale di gruppo. Dichiarato, invece, prescritto il reato di morte in conseguenza di altro reato. In primo grado il tribunale di Arezzo aveva condannato Albertoni e Vanneschi a 6 anni di reclusione per tentata violenza sessuale e morte in conseguenza di altro reato, accusa quest’ultima andata poi prescritta. In appello, il 9 giugno 2020, Albertoni e Vanneschi sono stati assolti. A gennaio la Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dalla procura generale di Firenze, ha annullato la sentenza disponendo un nuovo appello. Per la Suprema Corte i giudici dell’appello avrebbero commesso, tra l’altro, un “macroscopico errore visivo” nell’individuazione del punto di caduta. Un errore che avrebbe indotto la corte a credere che Martina avesse scavalcato il parapetto dal centro del balcone, forse con l’intento di togliersi la vita. Per l’accusa, la ragazza quando cadde stava fuggendo da un tentativo di stupro.

“Dicono che il sole vada ai belli ma oggi è andato anche ai giusti. Questa è la fine di un tentativo di fare del nuovo male a Martina. Ci hanno provato ma non ci sono riusciti. Il mio primo pensiero è andato a lei, ai suoi valori, a lei che non ha fatto niente e ha perso la vita”. Così Bruno Rossi, padre della ventenne genovese. Bruno Rossi lo ha detto proprio mentre dopo la lettura della sentenza è tornato il sole su Firenze dopo una mattinata di pioggia e cielo plumbeo. I due imputati “hanno avuto tre anni di prigione per aver fatto male a Martina. Occorre rivedere il rapporto fra giustizia e pena”, ha anche detto Bruno Rossi, inoltre “le donne devono essere più tutelate”. Per il padre di Martina “in questi processi chi ci rimette sono sempre i poveri. Se non fossimo stati economicamente all’altezza, non avremmo potuto fare un processo lungo 10 anni”.

Il 21 gennaio scorso la Cassazione aveva  ordinato un nuovo appello nei confronti dei  due imputati di tentata violenza sessuale di gruppo sulla studentessa.

In primo grado il tribunale di Arezzo aveva condannato Albertoni e Vanneschi a 6 anni di reclusione ritenendo che Martina fosse precipitata dal balcone della camera dove alloggiavano i due imputati – nello stesso hotel della studentessa genovese – per fuggire a un tentativo di stupro. In appello invece, lo scorso 9 giugno, Albertoni e Vanneschi sono stati assolti dall’accusa di tentata violenza sessuale di gruppo con la formula “perché il fatto non sussiste” mentre è stato dichiarato prescritto il capo di imputazione di morte come conseguenza di altro reato. Lo scorso gennaio la Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dalla procura generale di Firenze, ha annullato la sentenza disponendo un nuovo processo.

Una sentenza che arrivava a dieci anni dai fatti quando Martina Rossi era in vacanza nell’isola delle Baleari con delle amiche e all’alba del 3 agosto del 2011 di ritorno da una serata in discoteca la ragazza precipitò dal balcone della stanza 609, quella dei due giovani di Castiglion Fibocchi. Dopo le indagini in Spagna, dove la morte fu archiviata come suicidio, i genitori di Martina hanno lottato facendo riaprire il caso. L’inchiesta italiana, avviata a Genova, e’ passata per competenza territoriale ad Arezzo dove si e’ celebrato il primo grado di giudizio con la condanna dei due imputati. Sentenza poi ribaltata a Firenze dai giudici della Corte d’Appello.

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