Dom 5 Mag 2024

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Manuale di storia della popular music e del jazz. Terza puntata

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L'acrobata
Manuale di storia della popular music e del jazz. Terza puntata
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Terzo appuntamento all’interno del programma L’Acrobata con il musicologo Fabrizio Basciano, autore del “Manuale di storia della popular music e del jazz” (Volontè&Co). In questa puntata “L’evoluzione del jazz: dalle sale da ballo all’estetica free”

1 commento

  1. Argomento “Talent show”.

    Ma mi chiedo, come conferma Vernetti a fondo pagina, il talent show è musica? Ha senso in una discussione, in uno studio storico, seppur leggero, inserirlo nella trattazione musicale-musicologia, quando molte parti e aspetti molto più importanti, nel libro sono stati ignorati?
Ci si interroga se la nascita della fabbrica del “talento” (mah… lapsus?) sia stata una buona soluzione alla crisi discografica indotta, si dice, dallo streaming e dal web (pre-2000).


    Basciano è dell’82. Fino a quel periodo la musica e la discografia si poteva considerare un ambiente dalla flora abbastanza rigogliosa e variegata, e il mondo della fruizione della canzone poteva essere gestito ancora anche dall’utente finale (confermato da Awanagana in un programma TV di diversi anni fa).
    Ma queste cose Basciano non le può sapere. Le può solo leggere nei libri, e altro, che sono stati scritti. E quello che si è scritto è stato dettato dalla convenienza di ciò che sarebbe dovuto rimanere ai posteri.
    All’inizio degli anni 80 questa flora s’è cominciato a limitarla, a “disboscarla” in modo che l’utente finale (DJ compresi) avesse sempre meno potere: la possibilità di scoprire le novità in anticipo (che non erano certo di basso livello) con conseguente promozione dal basso dei dischi. Questo più l’attrattiva del video
    Non da meno, nello stesso periodo, è anche l’inizio dell’abbassamento qualitativo dei dispositivi di riproduzione.

    Il 2000, con Basciano attorno ai vent’anni (conoscenze, chissà quali?), il web e lo streaming sono stati una sorta di colpo di coda dell’utente.
Chi la conoscenza se la faceva dal mondo reale e senza tossiche ipocrisie, si ricorda che è esistito il ben organizzato mp3 punto com.

    Altri portali e siti sono rimasti invece ai posteri per la conveniente questione del fenomeno della pirateria.
Quindi la crisi non è stata causata dal web e dallo streaming. E tantomeno dalla pirateria, per il semplice fatto che in rete continuavano ad esserci dischi molto al di fuori delle top 50-100.

    Se limiti, se occulti parte dei dischi prodotti, e quelli , per un buon 60%, sono pure brutti, è ovvio che avviene la crisi discografica, e con questa anche quella culturale.
    E a nulla serve rimaneggiare i numeri delle “vendite” ora diventate meri clic, e le quantità assegnate ai dischi d’oro, di platino, ecc.

I commenti sono chiusi.

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