Ven 19 Apr 2024

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Collettivo di Fabbrica Gkn, se riaprono licenziamenti “Promettiamo rabbia”

Firenze, “Tenetevi liberi sabato 20 mattina. Convergiamo per insorgere, insorgiamo per convergere”. Lo scrive su Facebook il Collettivo di Fabbrica della Gkn di Campi Bisenzio.

“Gkn ha fatto sapere che non riaprirà la procedura di licenziamento a novembre – ricorda il Collettivo, aggiungendo però che – Questo implica implicitamente che si prepara a farlo a dicembre”, e dunque “se Gkn riaprirà la procedura di licenziamento, promettiamo rabbia. La promettiamo per le strade e per le piazze. Firenze, scusaci per qualsiasi disagio”.

Il Collettivo chiede la nazionalizzazione della fabbrica, nell’ambito di “un piano complessivo, pubblico, di costruzione di un polo di mobilità sostenibile che parta dagli stabilimenti Stellantis in dismissione, passi per le acciaierie, arrivi a Gkn, recuperi la ex Irisbus, Bekaert, che si basi su ricerca e brevettazione pubblica di auto realmente ad emissioni a costo zero, esplorando tecnologie alternative alla stessa auto elettrica la quale determina potenzialmente una follia estrattiva. Si creino task force per la reindustrializzazione pubblica nelle università, si stimolino brevetti pubblici, si trasformi da subito Gkn in un laboratorio socialmente e produttivamente integrato con tutto questo”.

Il testo integrale dei 10 punti del comunicato del Collettivo Di Fabbrica – Lavoratori Gkn Firenze:

  1. Gkn Firenze potrebbe ripartire a produrre in qualsiasi momento ed effettuare la vendita ad un altro soggetto in piena continuità produttiva. La liquidazione e l’inattività del sito di Firenze sono scelte, imprenditorialmente miopi e socialmente criminali, di Gkn stessa.
  2. Gkn non ha mai ritirato la procedura di liquidazione, ritiene di aver espletato le procedure necessarie a riaprire la procedura di licenziamento. Per quanto ci riguarda Gkn non ha risposto a nessuna delle domande sulle reali cause e sui meccanismi del processo di delocalizzazione. Decideremo come e quando spiegarlo nelle sedi opportune, anche istituzionali, pubbliche e giornalistiche se necessario.
  3. Gkn ha fatto sapere che non riaprirà la procedura di licenziamento a novembre. Parole, solo parole: nemmeno verbalizzate. E in ogni caso questo implica implicitamente che si prepara a farlo a dicembre. In questo modo i 75 giorni della procedura cadrebbero nei mesi di dicembre e gennaio, mesi ostici per qualsiasi mobilitazione.
  4. Il tempo guadagnato con la vittoria in tribunale dell’articolo 28 è andato sprecato. Non è stato utilizzato dal Governo per approvare nessuna norma antidelocalizzazione né alcuna decretazione d’urgenza per impedire la nuova procedura di licenziamento. La legge antidelocalizzazioni è in Parlamento. Può essere discussa, emendata, modificata. E questo è un fatto. Se Gkn riaprirà la procedura di licenziamento, promettiamo rabbia. La promettiamo per le strade e per le piazze. Firenze, scusaci per qualsiasi disagio.
  5. Gkn quindi viene alla trattativa con la pistola carica sul tavolo. E viene a trattare il futuro del sito produttivo senza nessuna reale capacità, o forse volontà, di dare un mandato di vendita che garantisca realmente la continuità produttiva e occupazionale. Il futuro di Gkn Firenze è in mano a un fondo finanziario distante e arrogante, un amministratore delegato arrivato nel marzo 2020 e un pool di avvocati di Milano che nemmeno sa come sia fatta la fabbrica. Senza misure da parte del Governo, quindi non saremo chiamati a una trattativa ma a una trappola. Una trappola in cui la firma dell’ammortizzatore e le promesse dell’arrivo di improbabili compratori saranno usati come una clava, prima per ricattarci e per poi portarci alla lenta agonia.
  6. Il movimento di difesa di Gkn è un movimento con molteplici implicazioni. Esso è anche e soprattutto un movimento per impedire che lo stabilimento di Campi diventi l’ennesimo ecomostro sul nostro territorio. Il fatto che l’azienda abbia tra l’altro paventato la nomina di un advisor seriamente convinto che vadano costruiti termovalorizzatori vicino ad ogni stabilimento dell’automotive dovrebbe inquietarci doppiamente.
  7. Noi non facciamo nulla che non sia dettato dalle esigenze dirette di questa vertenza. La necessità di insorgere e di un cambiamento radicale ne sono solo la conseguenza. Facciamola insieme questa eventuale trattativa. Prendiamo in considerazione tutte le ipotesi. Possiamo sperare in un buon accordo in sede ministeriale? Certamente, cercheremo di ottenerlo. Ma il passato è pieno di casi in cui le stesse multinazionali hanno violato e si sono rimangiate accordi firmati. Non è questa la storia di Whirlpool? Possiamo allora affidarci all’ammortizzatore per guadagnare tempo? Potrebbe essere un passaggio necessario. Ma la storia del paese non è forse pieno di aziende cotte a fuoco lento e poi chiuse a suon di ammortizzatore? Possiamo affidarci all’advisor nominato dall’azienda e all’attesa di un compratore privato? L’azienda non ha nessun reale interesse a lasciare uno stabilimento in reale continuità produttiva. E la recente storia è piena di aziende morte in attesa del compratore che è sempre dietro l’angolo, ma non arriva mai. Noi non vogliamo attendere, né essere prima campati  e poi soppressi ad ammortizzatore. Chiediamo di essere nazionalizzati e di essere rimessi al lavoro, con ricadute socialmente vantaggiose e utili. Ma anche in questo caso facciamo i conti con le vergognose nazionalizzazioni di Mps, Ilva, Alitalia: nazionalizzazioni a perdere o peggio usate come nel caso di Alitalia per una operazione di ricatto sociale.
  1. Tutte le vertenze come le nostre finora hanno normalmente perso. Per questo non possiamo replicare la normalità. Per questo non ci limitiamo a sostenere la necessità di una nostra nazionalizzazione, ma che questa avvenga con la continuità dell’assemblea permanente dei lavoratori e in collaborazione con un vero e proprio movimento di sostegno e di reti territoriali, che coinvolgano università, associazioni ambientali e sociali.
  2. Non solo potremmo ripartire a produrre in qualsiasi momento, ma siamo in grado di entrare nel merito di un piano complessivo, pubblico, di costruzione di un polo di formazione e ammodernamento dell’Industria 4.0, con brevettazione pubblica da parte dell’università. Pensiamo ad un piano complessivo, pubblico, di costruzione di un polo di mobilità sostenibile che parta dagli stabilimenti Stellantis in dismissione, passi per le acciaierie, arrivi a Gkn, recuperi la ex Irisbus , Bekaert, che si basi su ricerca e brevettazione pubblica di auto realmente ad emissioni a costo zero, esplorando tecnologie alternative alla stessa auto elettrica la quale determina potenzialmente una follia estrattiva. Si creino task force per la reindustrializzazione pubblica nelle università, si stimolino brevetti pubblici, si trasformi da subito Gkn in un laboratorio socialmente e produttivamente integrato con tutto questo.
  1. Stiamo parlando di fantascienza, se guardiamo gli attuali rapporti di forza nella società. Ma sembrava fantascienza anche che una singola fabbrica insorgesse con un intero territorio. Non si tratta di fantascienza. Si tratta di salvezza, di inspirare ed espirare, di sopravvivere e di cambiare. E di cambiare per sopravvivere. E della consapevolezza che non c’è più tempo. Non c’è più tempo per la nostra vertenza, per una società che si avvita pericolosamente su sé stessa, per i nostri compagni di Whirlpool, Alitalia e di tutte le vertenze in crisi, per tutti i precari di questo paese. Non c’è più tempo per contrastare la devastazione ambientale.

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