Dieta chetogenica, lo studio dell’Università di Pisa. Rischio stress del “sentirsi meno italiano”

Secondo uno studio dell’Università di Pisa, chi sceglie di fare una dieta chetogenica va incontro a stress, in particolare quello di “sentirsi meno italiano”

Chi sceglie di fare una dieta chetogenica, riducendo radicalmente il consumo di pasta va incontro a un primo stress da gestire: quello di sentirsi meno italiano. Lo rivela uno studio di Matteo Corciolani, docente del dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa, pubblicato su Journal of Business Research, che ha analizzato emozioni e comportamenti dei consumatori che, per motivi di salute, adottano questo regime alimentare basato soprattutto sull’assunzione grassi.

La dieta chetogenica è un regime alimentare che riduce in modo drastico i carboidrati, aumentando di contro le proteine e, soprattutto, i grassi. Lo scopo principale di questo sbilanciamento delle proporzioni dei macronutrienti è costringere l’organismo a utilizzare i grassi come fonte di energia.

Si avvia quindi un processo chiamato chetosi, che si raggiunge, nella maggior parte dei casi, dopo un paio di giorni con una quantità giornaliera di carboidrati di circa 20-50 grammi.

Non va dimenticato, però, che la chetosi è una condizione tossica per l’organismo, in quanto provvede allo smaltimento dei corpi chetonici attraverso la via renale.

Oggi il successo della dieta chetogenica è legato soprattutto alla sua efficacia nel ridurre il peso. Ma è importante sottolineare che non si tratta di un regime semplice da seguire: basta infatti ingerire anche pochi grammi di carboidrati in più per indurre l’organismo a bloccare la chetosi e a utilizzare di nuovo la sua fonte energetica preferita, cioè gli zuccheri, sintetizzabili più velocemente.

Chi ha seguito questa dieta, che in genere viene proposta per periodi brevi, dichiara di avere una grande energia una volta raggiunto lo stato di chetosi,  ma  patendo sintomi quali nausea, stitichezza, stanchezza e difficoltà respiratorie nei giorni che precedono questo evento.

Inoltre non ci sono prove che, sul lungo periodo, i risultati ottenuti siano migliori e più duraturi di quelli raggiunti con una dieta bilanciata.

Il cambiamento che induce ad un’assunzione centellinata di carboidrati, che devono occupare una percentuale bassissima, è ciò su cui si sviluppa lo studio del professore Corciolani, secondo il quale “ciò implica una rivoluzione nel modo di mangiare, soprattutto per noi italiani, visto che in altri Paesi, meno abituati ad esempio ai nostri primi piatti, il cambiamento è avvertito e vissuto in modo molto meno traumatico”.

Lo studio, spiega una nota dell’ateneo, “si è basato su un’impressionante mole di dati proveniente dall’attività degli utenti del gruppo Fb Chetogenesi, circa 900 pagine di contenuti monitorati per sette anni, a cui si sono aggiunte interviste più approfondite a dieci componenti del gruppo e un’analisi di contesto sui media attraverso la banca dati LexisNexis, che comprende i principali giornali e periodici italiani anche on line”.

Le interazioni, continua la nota, “hanno rivelato il ruolo fondamentale della componente emotiva con l’affiorare di tre sentimenti: tristezza nel dover abbandonare cibi amati, ansia legata alla paura che la dieta chetogenica in realtà non sia sana per la quantità di grassi da assumere, e rabbia perché qualche volta i risultati sperati tardano ad arrivare”.

 

Metalmeccanici in sciopero: “C’è bisogno di reindustrializzazione”

I metalmeccanici stanno vivendo una condizione economica e sociale molto delicata a causa delle recenti trasformazioni e processi di transizione. “È necessario rimettere al centro il lavoro dell’industria metalmeccanica e impiantistica se si vuole una reale transizione”

I metalmeccanici stanno vivendo una condizione economica e sociale molto delicata, che ha costretto FIM, FIOM e UILM a proclamare 4 ore di sciopero per il giorno 7 luglio, con presidi nelle provincie di Firenze, Pisa, Lucca, Pistoia e Livorno.

Sono anni, si legge nella comunicazione diffusa dai sindacati, che “il nostro Paese vede ridursi la base produttiva del settore, e, nell’attuale fase di grandi trasformazioni e di processi di transizione, ecologica, digitale, energetica e tecnologica, sono mancati da parte della politica e dei governi gli orientamenti e le scelte sui temi del lavoro e dell’industria”.

Per il nostro settore, viene fatto notare, “sono sempre più urgenti interventi di politica industriale che ancora non si vedono da parte del governo attuale e senza i quali si rischia di peggiorare la condizione economica, industriale e sociale, già caratterizzata da prospettive di particolare incertezza”.

È necessario, conclude il comunicato, “rimettere al centro il lavoro dell’industria metalmeccanica e impiantistica se si vuole una reale transizione, altrimenti si rischia di aggravare la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori già appesantita da pandemia, crisi, instabilità geopolitica e da un’inflazione a livelli record, che erode il potere di acquisto dei salari”.

Fim, Fiom e Uilm, dunque, chiedono l’apertura di tavoli di confronto sui settori e sulle filiere in difficoltà per definire i piani di sviluppo, avanzando pretese sui seguenti punti fondamentali:

-l’incremento e il confronto sugli investimenti pubblici e privati nei settori strategici e la reindustrializzazione delle aree di crisi per garantire l’occupazione.

-valorizzazione e sostegno del reddito, l’impegno comune al confronto e all’uso delle risorse del PNRR per lo sviluppo del settore metalmeccanico.

-riforma degli ammortizzatori sociali, con strumenti adeguati alla transizione ecologica e digitale.

-incentivazione di contratti di espansione e di solidarietà, per ridurre l’orario di lavoro e favorire l’occupazione giovanile, con un piano di formazione sulle nuove competenze, la riqualificazione e la valorizzazione degli Istituti Tecnici Superiori e del sistema universitario.

-intervento per aumentare la dimensione d’impresa, superare le gare al massimo ribasso negli appalti e stabilizzare il lavoro precario.

Queste, viene affermato nel comunicato, sono le linee guida per il rilancio industriale, l’occupazione, gli investimenti, la transizione sostenibile, necessarie per risolvere le crisi aperte, in particolare quella nel settore metalmeccanico.

Tartaruga Caretta Caretta nidifica all’Isola d’Elba

Mamma tartaruga ha fatto il nido in una delle spiagge più affollate dell’Elba e per farlo ha scelto una spiaggia libera. Legambiente in azione per mettere in sicurezza l’area e consentire alle tartarughine di raggiungere il mare

Una tartaruga marina Caretta caretta nidifica a Lacona, nel comune di Capoliveri, all’Isola d’Elba. Intorno alla mezzanotte del 5 luglio, una ragazzina tedesca avrebbe segnalato al personale di un ristorante che c’era una tartaruga sulla spiaggia, e subito sono state avvertiti capitaneria di porto e i volontari di Legambiente Arcipelago Toscano, che si sono precipitati sul posto per verificare se davvero fosse in atto la deposizione.

Dopo quella avvenuta nelle settimane scorse nella più tranquilla Galenzana, questa volta mamma tartaruga “ha fatto il nido in una delle spiagge più affollate dell’Elba e per farlo ha scelto la spiaggia libera”, spiega Legambiente in una nota.

Ora inizia il periodo di massima attenzione: dopo che il nido verrà messo definitivamente in sicurezza, bisognerà fare in modo che non subisca danneggiamenti e che le uova non siano messe in pericolo in un tratto di spiaggia libera molto frequentato.

Poi, nel periodo di schiusa, i volontari di Legambiente assicureranno una sorveglianza 24 ore su 24 per permettere alle tartarughine di raggiungere il mare.

I volontari hanno chiamato mamma tartaruga ‘Pancrazia’, in onore del giglio di mare (Pancratium maritimum) che è tornato a fiorire abbondantissimo sulle dune di Lacona dopo i campi di lavoro internazionali di Legambiente e i lavori di ripristino realizzati dal Parco Nazionale.

Stadio Franchi, botta e risposta Nardella-Abodi: “Rielaborare il progetto per trovare i fondi”. Il sindaco: “Serve uguale trattamento”

La partita, ora, è squisitamente politica. Da un lato c’è il progetto per il Bosco dello Sport di Venezia, rifinanziato con oltre 90 milioni di euro dal Governo grazie ai fondi complementari, dall’altro quello per il restyling dell’Artemio Franchi di Firenze. In mezzo le parole di Dario Nardella e del ministro dello sport, Andrea Abodi.

Intervenuto a margine del premio Fair Play Menarini, Abodi si è detto fiducioso del fatto che anche il Comune di Firenze “possa rielaborare la progettualità in modo che possa ricevere comunque quei 55 milioni di euro per altre attività che riguarderanno la rigenerazione urbana”. L’obiettivo è spostare risorse per trovare altre formule che serviranno a finanziare, il quadro economico dello stadio Franchi.

Del fatto che il governo abbia deciso di erogare risorse attraverso il piano nazionale complementare per il progetto del Bosco dello Sport a Venezia, Abodi ha aggiunto che “non è un caso che il Bosco dello Sport di Venezia sia stato finanziato senza stadio, perché dall’Europa è arrivato il messaggio forte e chiaro che quelle risorse non possono essere utilizzate per gli stadi”. Secondo il ministro, questo “si può condividere o non condividere: io ho espresso la mia opinione e ritengo che gli stadi siano infrastrutture sociali, ma nel momento in cui l’Europa si esprime, noi ci uniformiamo e cerchiamo altre formule. Il progetto del Bosco si è predisposto nella sua articolazione tecnica per ricevere le risorse di quel fondo”.

La replica di Nardella: “Si trovi soluzione anche per noi”

Non si è fatta attendere la risposta di Nardella. “Posso soltanto dire che dopo che è stata trovata una soluzione per Venezia non si può non trovare una soluzione anche per Firenzee per il Franchi”.  L’idea è comunque quella di lavorare su soluzioni analoghe al modello Venezia, che ha ricevuto l’ok dal governo per la creazione del ‘Bosco dello Sport’. Abodi aveva suggerito di trovare altre modalità per finanziare il progetto. “Il mio compito è stato e continuerà ad essere quello di tutelare la mia città, tutelare i diritti e gli interessi, e combattere qualunque possibile o ipotetica discriminazione, qualunque possibile o ipotetica ingiustizia verso Firenze – ha aggiunto Nardella -. Io difenderò sempre e comunque Firenze per il diritto che noi abbiamo di ricevere le risorse che ci sono state tolte. Ovviamente lo faccio con grande spirito costruttivo perché i canali di dialogo e confronto col governo su questo tema non sono mai stati chiusi e sono tuttora aperti”.

Il parere di Giani: “Stadio, non oltre 120 milioni”

“Bene la precisazione del ministro Abodi” sulla necessità di “un progetto sullo stadio Franchi che non costi oltre i 130 milioni che abbiamo, e dei progetti di riqualificazione delle aree intorno allo stadio che possano impegnare i 55 milioni che Abodi ha promesso arriveranno”. Lo ha detto il presidente della Toscana, Eugenio Giani, a margine di un evento a Firenze, commentando le dichiarazioni del ministro dello sport Andrea Abodi. Per Giani è “evidente che poi bisogna fare i conti visto che saranno progetti che non si legano allo stadio, ma si legano ad interventi sui territori. Morale della favola i soldi che ci sono per lo stadio sono 130 milioni, e su 130 milioni a mio giudizio andranno individuati quegli elementi di rinnovamento e trasformazione dello stadio che non abbiano cifre fantasmagoriche. Si faccia un progetto individuando con una perizia quanto costa la copertura dello stadio che deve essere la priorità, poi alcuni servizi che ci possono essere nel sotto tribuna anche per animarlo, ristoranti, attività associative che possano esserci. Ma oltre i 130 milioni – ha concluso Giani – non si può andare”

 

Alloggi sfitti, Palazzo Vecchio vara un piano straordinario. Pronti 6 milioni per recuperarli

Un piano da 6 milioni di euro per sostenere l’emergenza casa e recuperare almeno 500 alloggi sfitti da destinare alle famiglie che ne hanno bisogno. E’ quanto presentato questa mattina a Palazzo Vecchio dal sindaco Dario Nardella e dall’assessora alla casa, Benedetta Albanese.

Tutto parte dalla crescita costante degli alloggi sfitti, quelli che vengono definiti di risulta, e che dal 2019, secondo Nardella, crescono al ritmo di circa 200 all’anno. “Oggi – spiega il sindaco – siamo arrivati a 800 alloggi liberi che non possiamo assegnare alle famiglie perché non abbiamo risorse per metterli a posto”. Il piano per l’emergenza casa di Palazzo Vecchio parte quindi da un dato oggettivo e prova a rispondere alle problematiche che si sono acuite negli ultimi mesi, quando i prezzi del mattone hanno toccato cifre esorbitanti.

Le coperture per il piano casa e per gli alloggi sfitti del Comune di Firenze si trovano all’interno del bilancio di Palazzo Vecchio. “Oltre 2 milioni di euro sono nel nostro bilancio per le manutenzioni straordinarie – ha aggiunto Nardella -. Mentre 4 milioni li prenderemo dai fondi Pon metro plus. I 6 milioni quindi sono già disponibili: il Comune non avrebbe le competenze sui finanziamenti per il patrimonio abitativo, le risorse vengono dai livelli statale e regionale. Ma facciamo questa scelta politica”.

Con questo piano piano per gli alloggi sfitti, Palazzo Vecchio punta a chiudere 70 appartamenti in corso di nuova realizzazione. Sono quelli di via Torre degli Agli. Cento appartamenti rientrano invece nel programma finanziario regionale, mentre sono gli 130 appartamenti da finanziare grazie ai fondi nel bilancio e altri 200 con il finanziamento straordinario del Pon metro plus. In riferimento agli appartamenti sfitti Nardella ha ricordato che “tali alloggi crescono di anno in anno perché noi non riusciamo a recuperarli tutti. Ogni alloggio – dice Nardella – necessita di un intervento di circa 25mila euro. Per non avere più alloggi di risulta servirebbero tra i 4 e i 5 milioni all’anno. E invece ci arrivano solo i fondi regionali”.

Prezzi del mattone alle stelle

Il piano per l’emergenza casa e gli alloggi sfitti di Palazzo Vecchio si colloca all’interno di un contesto nel quale i prezzi schizzano alle stelle. Da qualche tempo a Firenze il prezzo medio di una casa ha sfondato il tetto di 4mila euro al mq, siamo intorno ai 4.500 euro a mq. Gli affitti registrano invece un aumento su base annua superiore al 10%. “A tutto ciò – dice Nardella – si aggiunge l’effetto inflazione e i costi energetici. E poi Lagarde continua a aumentare i tassi di interesse che influiscono sui mutui, per cui siamo in una vera e propria emergenza abitativa. Noi abbiamo inaugurato una nuova strategia, facciamo da noi perché se dobbiamo aspettare Roma non succede niente. Noi ci sgoliamo ma nessuno ci ascolta”.

Nardella

“Sugli affitti turistici brevi sono anni che chiediamo una legge – ha aggiunto -. E sono anni che diciamo che il piano nazionale casa non ha più un euro. Ma la legge non è arrivata, non sono arrivati euro”. Nardella ha poi fatto riferimento alla legge casa del 2014 evidenziando che sono stati “azzerati i finanziamenti nazionali dal 2019”. “Ad oggi non ci resta che il finanziamento regionale – ha concluso -. Nel 2020 avevamo 1,1 milioni, nel 2021 intorno ai 1,47 milioni, nel 2022 siamo andati a 1,6 milioni. Siamo fiduciosi dell’impegno della Regione per il 2023”.

Stop agli affitti brevi in area Unesco

Nardella a margine della conferenza sugli alloggi sfitti ha parlato anche della delibera legata allo stop ai nuovi affitti brevi in area Unesco a Firenze. “Non aspettiamo l’approvazione del Piano operativo perché l’atto non è una emendamento al Poc ma una delibera di variante che serve a anticipare gli effetti giuridici. Il primo effetto positivo del nostro annuncio è che sta emergendo un sacco di nero. Stanno tutti correndo a fare le registrazioni. Il che significa che sta emergendo un sommerso”.

Ancora Nardella a margine della conferenza stampa sugli alloggi sfitti. “In tutta Italia parlano di Firenze, di questa delibera – ha aggiunto -. Il nostro nostro obiettivo è far aprire gli occhi alla politica nazionale su questo problema. Alcune associazioni di host mi hanno scritto, preoccupate, ma ripeto che l’atto non è retroattivo. Non si violano diritti acquisiti. Noi convocheremo nei prossimi giorni tutte le associazioni degli host perché vogliamo condividere con loro questo percorso, che non è punitivo. D’altronde con Roma ‘aspetta e spera’, per cui ci dobbiamo organizzare: lì si perdono in mille chiacchiere. Tra l’altro la delibera ha 67 pagine di motivazioni, rispondo così a chi ci criticava dicendo che siamo superficiali e sprovveduti, addirittura eversivi”.

“Noi siamo fiduciosi sulla tenuta giuridica di questo percorso amministrativo – ha concluso -. Siamo stati fin troppo pazienti. Abbiamo lanciato una legge di iniziativa popolare, abbiamo incontrato i parlamentari, cosa dobbiamo fare? Incontrare Mattarella?”.

Yan Pei-Ming, pittore di storie. La mostra a Palazzo Strozzi dal 7 luglio al 3 settembre – VIDEO

Dai monumentali autoritratti e ritratti della madre e del padre a personaggi storici come Mao Zedong e Adolf Hitler, ma anche reinterpretazioni di opere come la Monna Lisa di Leonardo o l’Innocenzo X di Velázquez o di due copertine della rivista «Time» dedicate rispettivamente nel 2008 al presidente russo Vladimir Putin e nel 2022 a quello ucraino Volodymyr Zelensky. A Palazzo Strozzi arriva Yan Pei-Ming, pittore di storie.

Dal 7 luglio al 3 settembre la più grande mostra mai dedicata in Italia all’artista franco-cinese, parte del progetto Palazzo Strozzi Future Art sviluppato con la Fondazione Hillary Merkus Recordati. A cura di Arturo Galansino, l’esposizione di Yan Pei-Ming propone un percorso di oltre trenta opere che permettono di esplorare la potente e originale ricerca dell’artista sulla relazione tra immagine e realtà, in un cortocircuito tra vita personale e storia collettiva, simboli e icone della cultura e della storia dell’arte tra Oriente e Occidente.

Oltre a ritratti e autoritratti non mancano le connessioni con l’Italia. L’esposizione di Yan Pei-Ming a Palazzo Strozzi ospita infatti una sequenza di dipinti legati a celebri immagini fotografiche che hanno documentato drammatici momenti della storia italiana del Novecento, in una sorta di trilogia di deposizioni laiche: l’esposizione a testa in giù dei corpi di Benito Mussolini e Claretta Petracci a Piazzale Loreto a Milano nel 1945; il corpo riverso di Pier Paolo Pasolini all’idroscalo di Ostia nel 1975; il ritrovamento di Aldo Moro nel bagagliaio di un’auto a Roma nel 1978.

Celebre per una profonda e appassionata riflessione sulla pittura nell’arte di oggi, Yan Pei-Ming invita a ripensare il rapporto tra storia e contemporaneità, memoria e presente. Esplorando generi come il ritratto, il paesaggio, la natura morta e la pittura di storia, i suoi dipinti prendono vita a partire dal modello di immagini fotografiche estrapolate da fonti diverse, come immagini personali, copertine di giornali, still cinematografici o celebri opere della storia dell’arte. Yan Pei-Ming ci porta a riflettere sulla contraddizione tra realtà e rappresentazione, verità e costruzione delle immagini, tema sempre più centrale nell’era della riproduzione e della condivisione digitale della storia pubblica e delle nostre vite private.

YouTube video player

L’artista

Nato a Shanghai nel 1960, Yan Pei-Ming si trasferisce nel 1980 in Francia, dove oggi vive e lavora. Come egli stesso afferma: «Presumo di essere un artista cinese ed europeo, ma sono prima di tutto un artista». Cresciuto in Cina durante la Rivoluzione Culturale, si è infatti formato sulla storia dell’arte europea fondendo insieme tecniche, fonti e temi che ibridano Oriente e Occidente. Fondamentali per l’artista sono modelli iconografici della cultura visiva occidentale, ma a questi si uniscono anche soggetti che rimandano in maniera diretta alla Cina come le figure della tigre e del dragone o quelle di Mao e Bruce Lee, mito della sua infanzia e iconico anello di congiunzione tra Ovest ed Est, Hollywood e Hong Kong.

Yan Pei-Ming è pittore di storia e di storie: “pittore di storia” quando rilegge momenti iconici del passato anche recente, ma anche “pittore di storie” personali. Come egli stesso afferma: «non sono un pittore romantico, sono un pittore del nostro tempo». Ritraendo sé stesso e i propri familiari o celebri figure o momenti storici, Yan Pei-Ming esalta un rapporto diretto e quasi brutale con i propri modelli attraverso uno stile basato su pennellate vigorose e ampie stese direttamente senza disegni preparatori. Egli stesso si definisce “pittore d’assalto”: Yan Pei-Ming attacca la tela con grande energia, quasi in un corpo a corpo con la materia pittorica. La tavolozza è spesso bicolore: nera e bianca, rossa e bianca, blu e bianca. Il colore diviene un modo per amplificare la forza espressiva dei suoi quadri, spesso creati in formati monumentali, in cui lo spettatore sembra poter “entrare”. Le immagini diventano quasi astratte a distanza ravvicinata, macchie di colore che si intrecciano e sovrappongono, acquisendo nitidezza solo da lontano. La stessa nitidezza che si può percepire per avvenimenti di un passato prossimo, che necessitano di un distacco cronologico per essere compresi e analizzati.

La mostra è promossa e organizzata dalla Fondazione Palazzo Strozzi, Firenze com parte del progetto Polozzo Strozzi Future Art sviluppato con la Fondazione Millary Merkos Recordati, Main supporter: Fondazione CR Firenze. Sostenitori: Comune di Firenze, Regione Toscana, Camera di Commercio di Firenze, Intesa Sanpaolo, Comitato del Partner di Palazzo Strozzi, Con il contributo di Città Metropolitana di Firenze.

Exit mobile version