San Giovanni di Dio a Firenze, per la prima volta al mondo è stato donato a scopo di trapianto un organo da una persona ultracentenaria

Firenze, due espianti e trapianti di fegato in ventiquattro ore, e per la prima volta al mondo, un ultracentenario, in questo caso una donna, dona organi solidi. Non esistono infatti precedenti documentati nella letteratura scientifica al riguardo.

È accaduto la scorsa settimana a Firenze e a Pisa. Rispettivamente nell’ospedale San Giovanni di Dio, tra Scandicci e il capoluogo toscano, e presso l’azienda ospedaliero-universitaria pisana. “Due situazioni gestite con successo grazie anche alla professionalità, organizzazione e dedizione dei sanitari coinvolti, a riprova ancora una volta della preparazione ed eccellenza del sistema sanitario regionale, ma anche dell’attenzione e sensibilità su un tema come quello dei trapianti”. Questi i commenti del presidente Eugenio Giani e dell’assessore al diritto alla salute Simone Bezzini.

Le straordinarietà di questi due casi sono molteplici. Da un lato c’è la concomitanza delle situazioni: infatti per la prima volta all’ospedale San Giovanni di Dio, in uno dei due espianti effettuati, si è utilizzata una donazione controllata a cuore fermo. Il tutto è stato possibile grazie alla collaborazione del team Ecmo mobile dell’azienda ospedaliera universitaria Careggi. Dall’altro lato c’è l’età della seconda donatrice, a cui sono stati prelevati gli organi invece a cuore battente e che costituisce un assoluto primato mondiale. La donna aveva infatti compiuto cento anni da dieci mesi e un giorno. Nel mondo non era mai accaduto. In Italia, fino ad oggi, la donatrice di organi più anziana era una donna deceduta a Fabriano lo scorso ottobre a 97 anni e 7 mesi.

L’ultracentenaria era arrivata in ospedale nella mattina di sabato con un’emorragia cerebrale che l’ha condotta in breve tempo alla morte cerebrale. Risultata idonea al prelievo, sono stati i figli ad autorizzare l’espianto. Il trapianto di fegato è avvenuto presso il Centro Trapianti di Pisa, dove è stato trapiantato anche il fegato del donatore coinvolto nel percorso di donazione controllata a cuore fermo. In questo caso sono state donate pure le cornee, conservate presso la banca dei tessuti di Lucca come avviene di consueto.

L’ospedale San Giovanni di Dio nell’arco di ventiquattro ore è stato sede di due eventi di donazione di organi assolutamente eccezionali” dichiarano Daniele Cultrera, coordinatore nel nosocomio fiorentino dell’organizzazione trapianti, e Alessandro Pacini, responsabile delle donazioni di organi e trapiantati della rete ospedaliera dell’Asl Toscana Centro. “L’eccezionalità – ripetono – sta nella donazione multiorgano controllata a cuore fermo, in un caso, e nella donazione del fegato da parte di una paziente ultracentenaria nell’altro, organo poi trapiantato con successo a Pisa”.

“È solo con una perfetta organizzazione, nonché con tanta professionalità e dedizione da parte dei  numerosi professionisti coinvolti che si possono raggiungere risultati così brillanti – commentano -. Molti di questi, pur non essendo in turno, sono stati presenti per molte ore: a loro un ringraziamento doppio. Fondamentale il supporto da remoto di Centro regionale allocazione organi e tessuti  e dell’Organizzazione Toscana Trapianti. Un encomio agli infermieri e ai medici della rianimazione e alla consueta solerzia e disponibilità del loro direttore, il dottor Paolo Boninsegni. Ed infine, un grazie di cuore alla solita abnegazione del personale di sala operatoria”.

“Il trapianto dalla donna ultracentenaria  – dichiara il professor Paolo De Simone, direttore dell’unità operativa di Chirurgia epatica e  trapianti di fegato dell’azienda ospedaliero universitaria di Pisa – è stato realizzato dopo aver implementato tutte le procedure previste per garantire la massima sicurezza del ricevente, in tutte le tappe del processo assistenziale pre e post-trapianto assicurato da tutte le nostre strutture coinvolte”. “Dopo attenta valutazione delle caratteristiche cliniche del donatore – spiega -, si è proceduto a verifica istologica della qualità dell’organo, impiegando anche la perfusione ipotermica ex situ per proteggere il fegato da eventuali complicanze post-trapianto. L’intervento è riuscito e il paziente è in buone condizioni“. “La procedura – conclude – rappresenta il coronamento di anni di lavoro clinico multidisciplinare e di studio sull’utilizzo di donatori anziani, su cui il Centro trapianti di Pisa e la Regione Toscana hanno investito risorse e progettualità”.

Un investimento confermato anche da Adriano Peris, coordinatore del Centro regionale trapianti della Toscana: “Il risultato ottenuto con il buon esito del trapianto di fegato da un donatore centenario è frutto non solo del lavoro di squadra ma anche di una organizzazione che ha affidato  al lavoro in rete, attraverso i programmi regionali di trapianto, l’esito di un processo così complicato. Questo ha anche indotto nei cittadini la fiducia in un sistema in grado di trasformare la volontà donativa in un atto concreto“.

De Simone ringrazia la famiglia della donatrice, il coordinamento locale dell’ospedale sede della donazione e l’Organizzazione Toscana Trapianti, centrale di coordinamento regionale  di allocazione organi e tessuti: un grazie speciale al professor Gianni Biancofiore e alla sua equipe, alla Medicina Trasfusionale, ai servizi e reparti dell’azienda ospedaliera-universitaria che da anni partecipano al programma. Il trapianto è stato infatti possibile grazie all’impegno di tutti i medici, chirurghi e infermieri dell’equipe equipe. La procedura di donazione è stata condotta dal dottor Francesco Torri e dalla dottoressa Caterina Martinelli, mentre la procedura di trapianto dai dottori Davide Ghinolfi, Simona Palladino e Giacomo Menconi. Le procedure di coordinamento infermieristico sono state realizzate e sotto la guida del dottor Juri Ducci.

Firenze: parto record di tre gemelli, accade una volta ogni 100mila

Parto-record di tre gemelli omozigoti all’Ospedale S.Giovanni di Dio a Firenze: sono tre bambini identici nutriti da una placenta. Un caso molto raro che si verifica ogni 100mila nascite. Pochi giorni fa anche a Careggi sono stati partoriti tre gemelli omozigoti con la stessa placenta.

Sono stati partoriti tre gemelli omozigoti identici, nutriti da una placenta, all’Ospedale San Giovanni di Dio a Firenze. Si tratta di un parto molto raro, come confermato anche dalla dottoressa Anna Franca Cavaliere.

“È un caso molto raro che si verifica circa in un caso ogni 100.000 nascite – spiega la dottoressa Cavaliere, direttrice di ostetricia e ginecologia -. I tre gemelli sono stati concepiti naturalmente da un unico ovulo che qualche giorno dopo la fecondazione si è diviso dando origine a tre sacchi amniotici, ognuno contenente un feto ma sostenuti da una sola placenta. La gravidanza trigemellare non è evento comune ma in tali casi la monocorialità è ancor più rara e di certo non senza rischi”.

La vicenda è da considerarsi ancor più eccezionale perché la Asl Toscana Centro rende anche noto che negli stessi giorni, sempre a Firenze ma nell’ospedale di Careggi, una mamma di Prato “ha partorito tre gemelli omozigoti anch’essi con una unica placenta. Sono due belle notizie che arrivano durante il periodo di pandemia e che aprono il cuore di tutti”.

Riguardo al parto all’ospedale San Giovanni di Dio, la Asl Tc sottolinea che “è andato nel migliore dei modi e i bimbi sono nati alla 32/a settimana con taglio cesareo come era prevedibile in caso di parto trigemino”. Pur nati prematuri, “hanno tutti un buon peso: 1.730, 1.724 e 1.500 grammi”. Inoltre, benché respirassero in autonomia, i medici hanno ritenuto di supportarli con un piccolo flusso di ossigeno. “Adesso – afferma la Asl – sono in terapia intensiva neonatale e stanno bene”. I genitori hanno appreso al terzo mese di gravidanza dell’arrivo di tre bambini. “È stata una bella notizia – raccontano – che ci ha colti con stupore ma eravamo preoccupati per i possibili rischi che si potevano verificare durante la gestazione. Grazie ai medici ed al team della struttura che ci sono stati sempre molto vicini e che ringraziamo è arrivato il felicissimo momento della nascita. Lo abbiamo vissuto con grande gioia”.

 

Ospedale spiega il caso del ventitreenne deceduto da solo

Firenze, l’Azienda Usl Toscana Centro esprime sentite condoglianze e vicinanza ai genitori ed alla famiglia del giovane ventitreenne deceduto al San Giovanni di Dio nei giorni scorsi, e la direzione sanitaria dell’ospedale spiega con un comunicato quanto accaduto.

“Il ragazzo è stato ricoverato giovedì 13 gennaio per una sindrome emolitica di cui era affetto fin da bambino – si legge nel comunicato dell’ospedale – Il decorso clinico è stato stabile, il paziente è stato trattato con terapia concordata con lo specialista ematologo”.

“Le condizioni di salute dei pazienti ricoverati vengono comunicate telefonicamente ai familiari ogni due giorni, salvo situazioni di emergenza che richiedono contatti immediati, in ottemperanza a quanto disposto dalle norme in materia di sicurezza anti-contagio. La circolare regionale prevede infatti deroga di accesso dei parenti nei reparti nei seguenti casi: stato terminale o marcato aggravamento, minori o persone con disabilità. Casistica che non era applicabile nel caso del ragazzo”.

“Venerdì 14 gennaio i sanitari hanno dato comunicazione sullo stato di salute del figlio alla madre. La situazione clinica del ragazzo era stabile. Il giorno successivo, sabato 15, è stato somministrato ossigeno a bassi flussi ed il paziente è stato rivalutato dal medico. Alle ore 21.30 ne è stata data comunicazione alla madre. In quel momento il quadro clinico non mostrava instabilità e non lasciava prevedere una evoluzione precipitosa. Il ragazzo nel corso della serata è stato nuovamente rivalutato ed in accordo con gli specialisti è stata concordata una emotrasfusione. Di ciò la madre è stata avvertita”.

“Nelle ore successive tutti i parametri si sono mantenuti stabili. Alle ore 4.30, in maniera improvvisa e non prevedibile si è verificato un arresto cardio-respiratorio e sono state immediatamente praticate le manovre rianimatorie a cui il paziente non ha risposto e purtroppo l’esito è stato infausto”.

“I sanitari intervenuti sono ancora molto provati e turbati per quanto accaduto e trasmettono ai familiari il loro personale cordoglio. È stato proposto di eseguire il riscontro autoptico a cui i familiari non hanno dato il consenso”.

San Giovanni di Dio, apre reparto Obi Covid

Firenze, ha aperto martedì all’ospedale San Giovanni di Dio il reparto per pazienti Covid con disponibilità fino a 20 posti letto. L’area individuata è quella del reparto di Osservazione Breve (OBI) al primo piano del padiglione Vespucci, con i pazienti Covid in un unico padiglione dedicato.

I pazienti in ingresso al Pronto Soccorso del San Giovanni di Dio che dovranno essere ricoverati in OBI Covid ma anche quelli provenienti da altri presidi ospedalieri che giungono in ospedale col 118 o con mezzi propri, raggiungeranno il reparto attraversando il DEA e seguendo un percorso dedicato, nel rispetto di tutte le misure di sicurezza igienico-sanitarie.

Quelli con sintomi sospetti per Covid, eseguono, invece, il tampone in tenda pre-triage e restano in isolamento fino all’arrivo della risposta nel Reparto Bolla (10 posti letto) al primo piano. Qualora invece tali pazienti necessitassero di cure intensive, queste saranno prestate in shock room o in altra stanza singola del Dea.

La necessità di aprire il reparto Covid al San Giovanni di Dio è stata evidenziata dal gruppo di lavoro denominato Geco (Gestione Emergenza Covid) che si è costituito a giugno presso l’ospedale con l’obiettivo della messa a punto di un piano intraospedaliero di organizzazione per far fronte al riemergere eventuale della pandemia da Covid-19.

La presa in carico presso il San Giovanni di Dio di pazienti infetti bisognosi di ricovero era stata quindi pianificata per tempo come ipotesi da attuare nel caso di veloce occupazione di posti letto nei reparti di Malattie Infettive quale prima risposta aziendale in caso di nuova ondata pandemica.

L’attuale strategia aziendale, salvo evoluzione progressione della pandemia, è quella di mantenere al massimo possibile l’attività programmata cosiddetta elettiva e non urgente del San Giovanni di Dio. Tale attività, nella precedente fase, quando è stata sospesa, ha avuto il solo scopo di liberare spazi per accogliere malati Covid ma anche per ridurre al minimo i contatti intraospedalieri tra pazienti infetti e non.

Tra gli ospedali fiorentini della Ausl Toscana centro, da lunedì scorso 16 posti letto Covid sono a disposizione anche nel presidio di Santa Maria Nuova, nel cuore di Firenze. Da settimane, invece, è tornato in assetto Covid, in linea con la riorganizzazione della rete dell’assistenza ospedaliera aziendale, Santa Maria Annunziata a Ponte a Niccheri. Nell’ospedale Covid di riferimento per l’area fiorentina, tra Malattie Infettive e Medicina ci sono 35 posti letto Covid mentre restano 6 i posti dedicati Covid in Terapia Intensiva

Drive-thru al San Giovanni di Dio per dipendenti e pazienti esterni

Firenze, cambia al San Giovanni di Dio l’organizzazione per l’esecuzione dei tamponi rinofaringei Covid finora effettuati all’interno del padiglione Da Vinci e da ieri eseguiti in modalità drive-thru per i lavoratori dipendenti e per i pazienti esterni.

È stata allestita una postazione esterna drive-thru, sul retro dell’ospedale sotto un tendone fornito dalla Protezione Civile dell’Humanitas di Scandicci. L’accesso avviene a bordo del proprio mezzo di trasporto dall’ingresso stradale del Pronto Soccorso, seguendo un percorso unidirezionale segnalato da cartelli che indicano “Tamponi CoviD” e il campionamento con il tampone viene eseguito senza scendere dal mezzo.

Sono state distinte due fasce orarie: dalle 7.30 alle 10.00 l’accesso è riservato ai pazienti esterni, su prenotazione da parte delle strutture ospedaliere del San Giovanni di Dio. A seguire è prevista una seconda fascia per i lavoratori dipendenti dell’ospedale e delle strutture territoriali della zona nord ovest.

L’esecuzione dei test per i pazienti esterni è gestita dal personale infermieristico dell’ospedale mentre la gestione dei test per il personale dipendente è della Medicina Preventiva.

Sollicciano: infermiera Opi presa a pugni da detenuta

“Purtroppo ci troviamo ancora una volta a raccontare un episodio di violenza ai danni del personale infermieristico. Un fatto che ci porta nuovamente a sottolineare la necessità di migliorare il contesto in cui gli infermieri si trovano ad operare, per tutelare il loro lavoro e, insieme, la salute dei pazienti”. Lo scriveDanilo Massai, presidente di Opi Firenze-Pistoia, l’ordine interprovinciale delle professioni infermieristiche, raccontando in una nota di come un’infermiera sarebbe stata aggredita lo scorso 14 agosto nel carcere fiorentino di Sollicciano. “Alla collega infermiera aggredita a Sollicciano – continua Massai – va intanto tutta la nostra vicinanza e solidarietà”.

A quanto risulta dalle ricostruzioni, si legge sempre dalla nota Opi Firenze-Pistoia, l’infermiera dello Studio Auxilium, studio titolare della gestione dei servizi infermieristici in alcuni carceri della Toscana, si trovava nel settore femminile del carcere, in infermeria. Ad un certo punto, intorno alle 12.30, per motivi ancora da capire, una detenuta avrebbe fatto irruzione nell’infermeria, prendendo a pugni la donna e strappandole una ciocca di capelli. Grazie all’intervento di una Oss presente nei locali sanitari e che è intervenuta sentendo le grida di aiuto, la detenuta è stata bloccata ed allontanata anche con l’intervento della polizia penitenziaria giunta poco dopo nei locali sanitari. L’infermiera, recatasi al pronto soccorso del San Giovanni di Dio per le cure necessarie ha riportato una prognosi di dieci giorni.

“In questi giorni abbiamo già avuto un primo incontro per discutere dell’accaduto con i vertici della Usl Centro Toscana e con la Direzione Sanitaria dell’istituto penitenziario di Sollicciano – spiega Stefano Chivetti, presidente dello Studio Auxilium – prendendo atto della volontà sia della direzione sanitaria (con la quale c’è totale collaborazione ed univocità di intenti), che dei vertici della struttura carceraria di voler porre in essere una serie di azioni volte a migliorare la situazione e a individuare soluzioni condivise per il futuro”. “Un prossimo incontro – conclude Chivetti – è fissato per il 29 agosto con la convocazione formale di un audit, che ha proprio l’obiettivo di perseguire un percorso di analisi del contesto ed attuare azioni correttive. Intanto vogliamo inviare la nostra solidarietà alla collega ferita. Una collega che ha dimostrato, anche in questo momento difficile, grandissima professionalità e un’enorme passione per il proprio lavoro, tanto da chiedere di poter tornare in attività prima possibile”.

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