Kata, Procura: sgombero ex Astor a seguito sequestro stabile

Il sequestro preventivo deciso dalla procura della Repubblica di Firenze  a seguito  dei sopralluoghi compiuti dalla pg il 28 maggio dopo il tentato  o omicidio di un cittadino dell’Ecuador che precipitò da una finestra del terzo piano del palazzo, ricorda la procura, e ora per l’ipotizzato sequestro della piccola Kata

L’ex Hotel Astor era stato occupato  abusivamente il 19 settembre 2022, da 54 persone suddivise in 17 nuclei familiari e tra cui 19 minori.  Lo sgombero fa seguito al sequestro preventivo deciso dalla procura dopo  i sopralluoghi compiuti dalla pg il 28 maggio scorso a seguito del tentato omicidio di un cittadino dell’Ecuador che precipitò da una finestra del terzo piano del palazzo, ricorda la procura, e ora per l’ipotizzato sequestro della piccola Kata.

Secondo la procura questi sopralluoghi “hanno confermato la presenza nell’immobile di numerosi nuclei familiari” da cui l’ipotesi di reato relativa al reato di invasione di edifici.

“Sussiste il pericolo – questa la motivazione del sequestro operato dalla procura  – che il protrarsi della condotta criminosa impedendo i necessari e urgenti lavori di ristrutturazione e messa a norma dell’edificio, agevoli o protragga le conseguenze del reato contestato o agevoli la commissione di altri reati”.

Su delega della Dda, si spiega ancora, il sequestro è stato curato dalla questura e dal comando provinciale dei carabinieri con l’ausilio degli assistenti sociali, dei vigili del fuoco e del 118. La prefettura e il Comune di Firenze si sono attivati per assicurare che gli occupanti vengano alloggiati in altre strutture abitative.

Il sindaco Dario Nardella e l’assessore al welfare Sara Funaro stanno seguendo l’operazione di sgombero, in accordo con prefettura e forze dell’ordine. Sul posto presenti i servizi sociali del Comune.

Prato: false fatturazioni per oltre 108 milioni di euro

La Guardia di Finanza di Prato ha concluso l’indagine che ha fatto venire alla luce un’evasione fiscale di oltre 108 milioni di euro. Evasa IVA per 24 milioni. Diferite dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Prato sei persone, tra cui il titolare delle due società che hanno sede ufficiale a Prato.

Il sistema sgominato dalla Guardia di Finanza di Prato si è svilupatto in due distinte fasi. Nella prima fase si emettevano fatture false su cessioni mai esistite da parte di una delle due società che commercializza materiale ferroso. L’altra, che invece si occupa di comemercio di autovetture, si è così creata un ingente ma fittizio credito IVA. La merce, che non è mai esistita e che riguardava tipologie di prodotti incoerenti rispetto alle attività economiche esercitate, veniva formalmente venduta a clienti esteri anch’essi inesistenti.

La seconda fase invece prevedeva l’utilizzo del credito IVA accumulato in modo illecito, unito alla qualifica di ‘esportatore abituale’ che avevano acquisito grazie alle finte cessioni estere. La società, risultando così certificata, si poneva da intemediario tra produttori e clienti per l’acqusto di autovetture nuove esenti da IVA. Quest’ultime venivano poi cedute sottocosto e consegnate direttamente dalla società a concessionari e commercianti specie del Sud Italia. Grazie a questo escamotage, le società riuscivano a tenere i prezzi più bassi rispetto a quelli di mercato. Le autovetture soggette a questo meccanismo sono state più di 1.800.

La guardia di Finanza di Prato, nella ricostruzione degli eventi, ha accertato un giro di fatture per oltre 108 milioni di euro, tutte per operazioni inesistenti. L’IVA evasa invece ammonta a 24milioni di euro. Al termine dell’attività ispettiva, sono state deferite alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Prato sei persone. Essi sono gli amministratori formali, succedutisi nel tempo, e il titolare di fatto delle due società pratesi, che è il vero artefice dell’illecito.

Firenzuola, sacerdote indagato per violenza sessuale

Don Emanuele Dondoli, 58 anni, che nel paese in provincia di Firenze guida le parrocchie di San Lorenzo a Pietramala e San Michele a Montalbano, è stato accusato di violenza sessuale aggravata dopo i presunti abusi nei confronti di una ragazza, che si era rivolta a lui in un momento di fragiltà.

La violenza avrebbe avuto inizio nel marzo 2018 quando la giovane si era rivolta alla parrocchia per un conforto “a seguito di una fase di grande fragilità, disorientamento, e confusione personale”, scrive la pm Benedetta Foti, e, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la giovane sarebbe stata convinta di essere posseduta dal demonio.

Il parroco le avrebbe consigliato delle “benedizioni risolutive per il malessere”: con questo pretesto l’avrebbe fatta spogliare e invitata a sdraiarsi su un lettino situato in sagrestia; a seguito le avrebbe praticato dei massaggi con un unguento obbligandola a subire e compiere atti sessuali. Tutto questo sarebbe andato avanti fino a giugno del 2018, quando la ragazza si è confidata con i familiari e ha sporto denuncia alla polizia.

La donna sarebbe affetta da “disturbo dipendente di personalità”, aggravato da “una sintomatologia ansiosa e depressiva”; condizione che, per l’accusa, la renderebbe incapace di intendere e volere e anche di potersi sottrarre dagli abusi subiti.

Durante una perquisizione, eseguita dalla squadra mobile della questura di Firenze, avvenuta nella parrocchia gli agenti avrebbero trovato nel cellulare di don Dondoli delle foto scattate, da quest’ultimo, durante i ripetuti rapporti avvenuti con la giovane, che testimonierebbero le violenze.

Non tarda a giungere la dichiarazione dell’arcidiocesi di Firenze, che in una nota commenta la vicenda che vedrebbe indagato Don Emanuele. “La notizia – spiega la Diocesi – in merito ai fatti gravissimi che vedono coinvolto un sacerdote della Diocesi di Firenze, ha generato sorpresa, incredulità e amarezza nell’Arcivescovo cardinale Giuseppe Betori, rimasto fino a oggi completamente all’oscuro non essendogli mai pervenuta alcuna informazione o segnalazione né dai soggetti coinvolti, né da altre fonti”.

“Mentre fin da ora esprime piena fiducia nella magistratura – continua la nota – che dovrà giudicare sulla veridicità dei fatti, così come contestati dalla Procura della Repubblica, la diocesi di Firenze fa presente che verrà subito attivata la procedura canonica alla luce di quanto contestato al sacerdote”. “Tale procedura – si spiega ancora – prevede un’indagine previa per verificare il fondamento dell’accusa, se questa sarà confermata il caso sarà deferito alla Congregazione per la dottrina della fede competente in materia. Nel frattempo l’Arcivescovo, se la gravità dei fatti riportati dalla stampa sarà confermata, verosimilmente sospenderà in via cautelare il sacerdote dal ministero”.

L’Arcivescovo, conclude il testo, “insieme al suo presbiterio esprime vicinanza alla giovane coinvolta e alla sua famiglia. Addolorati per la sofferenza provocata, rivolgono anche un pensiero alla comunità parrocchiale colpita da questa vicenda”.

Arezzo: baby gang aggredisce trentenne, 11 denunce

Minacciano e prendono a botte, con calci e pugni, un papà a passeggio con la bimba che poco prima li aveva rimproverati perchè tiravano sassi per gioco: così 11 ragazzi, di età compresa tra i 15 e i 17 anni e un 18enne, sono stati denunciati per lesioni e minacce dai carabinieri della stazione di San Giovanni Valdarno (Arezzo).

Le indagini hanno avuto inizio dopo la denuncia di un trentenne che, lo scorso mese di ottobre, mentre accompagnava con il passeggino la figlioletta, passando vicino a un gruppo di undici ragazzi riunito nei pressi di una panchina, li aveva rimproverati perchè lanciavano sassi per gioco, con il rischio che qualche pietra potesse colpire anche la bambina. Dopo un primo diverbio, il gruppo di giovani proferendo minacce di morte, si è scagliato contro il papà trentenne che, a quel punto, ha avuto la peggio: è stato colpito con calci e pugni dalla baby gang. Il trentenne è ricorso alle cure dei sanitari al pronto soccorso, ricevendo otto giorni di prognosi.

Le indagini dei carabinieri, che si sono avvalse anche del contributo di alcuni testimoni, hanno permesso di identificare il gruppo degli 11 ragazzi, che sono stati segnalati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minori di Firenze e alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Arezzo per i reati di lesioni aggravate e minaccia aggravata.

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