🎧 “Fermi da 14 mesi, sussidi miseri, fateci lavorare”, ambulanti in piazza a Firenze

Presidio in Piazza della Signoria per chiedere riaperture e tutele per gli ambulanti organizzato da Confesercenti Toscana e Confcommercio Toscana

Più di 400 ambulanti hanno partecipato oggi all’iniziativa #salviamogliambulanti indetta in Piazza della Signoria a Firenze da Anva Confesercenti Toscana e Fiva Confcommercio Toscana a favore della ripresa del commercio su area pubblica.

ambulanti
Foto Controradio

Gli ambulanti chiedono la riapertura completa di mercati e fiere in qualunque fascia di colore, ristori adeguati, esenzione dal pagamento di Tosap e Tari (oltre che dei versamenti contributivi) e l’esenzione dal Durc fino a fine anno. Si chiede inoltre il rinnovo delle concessioni fino al 2032. Alla manifestazione, oltre ai vertici delle associazioni organizzatrici, ha partecipato anche il sindaco di Firenze Dario Nardella.

Al presidio erano presenti ambulanti provenienti dai mercati di tutta la Toscana con i loro i banchi di vendita dei vestiti, dei dolci e delle cartoline.

“Le oltre 15mila imprese che rappresentano il mondo del commercio su area pubblica vogliono lavorare – ha detto Anna Lapini, presidente di Confcommercio Toscana – dato che sono normate da protocolli, e lavorano all’aria aperta, indipendentemente dai colori, dal rosso, dall’arancione. Sono state fatte delle discriminazioni molto ingiuste”. “Troppe volte – ha affermato Nico Gronchi, presidente di Confesercenti Toscana – queste imprese sono trattate come imprese di serie B. Non è così, i numeri ce lo dicono, stiamo parlando di circa 14.000 imprese in Toscana, 17.000 addetti, e un prodotto annuo di circa 1,2 miliardi con 1900 eventi, fatti ogni anno nelle piazze toscane per quasi due milioni di postazioni che ogni anno vengono occupate dagli ambulanti. Altro che imprese marginali!”

“Fermi da 14 mesi, sussidi miseri, fateci lavorare”: sentiamo Paola Bocconi, brigidinaia di Lamporecchio e Nico Gronchi, presidente Confesercenti Toscana

 

Centro Studi Turistici: Pasqua senza turisti costerà alla Toscana 184 milioni di euro

Le stime del Centro Studi Turistici evidenziano come una Pasqua senza turisti porterà un calo di presenze nelle strutture ricettive di  – 11,3 percento a livello nazionale

La Pasqua senza turisti porterà in Toscana oltre 1,4 milioni di presenze in meno. Una perdita importante, soprattutto se si considera che le festività pasquali, quest’anno, sono di fatto l’unica occasione per un ponte primaverile, visto che il 25 aprile da calendario coincide con la domenica e il 1° maggio è sabato. Le stime sono del Centro Studi Turistici di Firenze, diffuse in un comunicato stampa di Confesercenti Toscana.

“Per il turismo il 2021, spiega il Presidente di Confesercenti Toscana Nico Gronchi, assomiglia sempre di più ad un nuovo 2020. Lo stop di Pasqua è l’ennesima ‘ripartenza svanita’ dall’inizio dell’anno: tra le restrizioni di capodanno, la cancellazione all’ultimo minuto della stagione sciistica e le nuove zone rosse, la seconda ondata ha fatto sparire quasi 2 miliardi di consumi turistici nella nostra Regione. Un grave colpo per tutta l’economia, non solo per il turismo”.

“Lo stop pasquale – ha proseguito Gronchi – segue una partenza d’anno disastrosa: la debacle della stagione invernale ha bruciato circa 4 miliardi di fatturato in tutto il paese e causato danni ingentissimi alla montagna Toscana, in particolare quella Pistoiese e l’Amiata.

Le imprese non lavorano ormai da un anno, e non vedono una via d’uscita. E il Dl Sostegni si è dimostrato deludente: le risorse messe a disposizione basterebbero a malapena a coprire le perdite di Pasqua.

“Gli interventi a favore delle imprese devono essere adeguati alla crisi che sta vivendo il settore, ha concluso il Presidente Confesercenti Toscana: ci rincuora la promessa di Draghi di nuovi stanziamenti e l’ipotesi di una road map per le riaperture”

Confesercenti Toscana: lotteria scontrini adesione neanche 6%

Monitoraggio su 100 esercizi commerciali settore moda toscani “”Con la lotteria degli scontrini si gioca sulla pelle degli esercenti una partita che rischia di creare ulteriori problemi alle aziende del settore”

Da un monitoraggio su 100 esercizi commerciali toscani del settore moda neppure il 6% degli scontrini ha aderito alla lotteria. E’ quanto annunciato dalla Confesercenti Toscana che ha effettuato un monitoraggio sull’andamento nel primo mese della lotteria su un campione di aziende.

“Con la lotteria degli scontrini si gioca sulla pelle degli esercenti una partita che rischia di creare ulteriori problemi alle aziende del settore – ha detto Nico Gronchi, presidente Confesercenti Toscana -, con costi per ogni singolo registratore di cassa che vanno dai 100 ai 400 euro a carico completo delle attività commerciali, nessun credito d’imposta e nuovi adempimenti, senza che questo si traduca in incremento dei consumi o in sostegni reali alla Pmi”

“A fronte di oltre 55.000 scontrini emessi in totale – ha ripreso Gronchi -, poco più di 3.200 clienti hanno chiesto di partecipare a tale lotteria, una percentuale che sfiora il 6% a dimostrazione di un sostanziale fallimento di tale operazione. Le percentuali cambiano in attività come pubblici esercizi o distributori di carburante in cui peraltro si sono già verificati casi di ‘furbetti dello scontrino'”. “Sarebbe più opportuno che nella drammatica fase che stiamo vivendo tutti gli sforzi fossero indirizzati a tenere in piedi le decine di migliaia di imprese che rischiano di non farcela, quindi le risorse andrebbero usate per i ristori – ha concluso Gronchi -. L’unica lotteria è purtroppo quella degli esercenti che ancora sono in piedi, e non sanno se lo saranno il giorno dopo. La lotteria degli scontrini, più che un incentivo, pare in grado di aggravare la crisi in atto per molte attività commerciali”.

Confesercenti: Toscana,a rischio 3400 pubblici esercizi e 1000 negozi

In Toscana sono a rischio chiusura 3.407 pubblici esercizi e 1.004 negozi moda. E’ quanto emerge dal dossier ‘Le imprese nella pandemia: marzo 2020-marzo 2021’, predisposto da Confesercenti.

In Italia un anno di pandemia Covid  è costato una riduzione di 183 miliardi di euro del Pil e di 137 mld di consumo, di cui 36 da addebitare all’assenza di turisti.
Secondo Confesercenti “se non arriveranno sostegni adeguati nel 2021 rischiano di cessare l’attività 450mila imprese, per una perdita di circa 2 mln di posti di lavoro”.

“La perdita di consumi e prodotto interno lordo – ha spiegato il presidente di Confesercenti Toscana Nico Gronchi – è stata causata, in primo luogo, dalle restrizioni alle attività e al
movimento delle persone attuate per contenere la diffusione del virus, dal lockdown alla classificazione per zone e fasce di rischio per regione”. In media i pubblici esercizi sono rimasti chiusi completamente per 119 giorni e in Toscana si è toccato il
record di 143 giorni.

il presidente di Confesercenti  ha sottolineato che “è urgente intervenire con gli indennizzi per le imprese attraverso il Dl Sostegni che il Governo si appresta a varare. Con questi numeri le ipotesi circolate in queste ore rappresenterebbero un’ulteriore beffa per molte imprese. Sebbene sia positivo il superamento del codice Ateco come criterio di selezione delle imprese, troviamo inaccettabile il colpo di spugna sulle perdite subite dalle imprese nel 2020 e mai ristorate. Chiediamo che si corregga la linea: ci sono migliaia di imprese in attesa”.

Covid: terziario Toscana catena umana 1 marzo contro chiusure

Si terrà il 1 marzo una catena umana simbolica nelle maggiori città toscane per raccontare le sofferenze delle imprese organizzata da Confesercenti e Confcommercio Toscana

A Firenze la catena umana coinvolgerà oltre 350 imprenditori e imprenditrici e partirà dal ristorante dell’imprenditore di Santa Croce che si è suicidato lo scorso agosto, fino ad arrivare a Piazza Duomo e poi in prefettura dove verrà consegnato un documento con 10 proposte elaborato dalle associazioni di categoria.

‘Catene umane’ di titolari di azienda, liberi professionisti, dipendenti e collaboratori ma anche semplici cittadini, rispettando le norme sul distanziamento, nelle città capoluogo della Toscana più Viareggio: è l’iniziativa annunciata da Confcommercio e Confesercenti Toscana per il prossimo 1 marzo, per reclamare una diversa gestione dell’emergenza, alternativa alle chiusure imposte dalle normative anti-Covid. Scenderanno in piazza, secondo le associazioni, “dai titolari di palestre, cinema, locali da ballo e altri luoghi di intrattenimento, in difficoltà ormai da un anno, agli imprenditori del turismo, che hanno visto crollare i loro fatturati fino al 90%.

Ci saranno anche gli ambulanti, i commercianti di vari settori, dagli articoli sportivi alla moda, poi le rappresentanze di bar e ristoranti, aperti e chiusi a singhiozzo ormai da mesi, con i loro dipendenti, i loro fornitori e tutti i professionisti e lavoratori che a vario titolo gravitano intorno al mondo del terziario”.

“Drammatico ritorno in zona arancione per le imprese toscane”, Cna e Confesercenti

Ritorno in zona arancione. Cna Toscana  ‘L’inasprimento delle misure significa non solo staccare la spina alle attività produttive, ma anche gettarle nello sconforto e nella totale incertezza’. Confesercenti Toscana ‘le misure di contenimento sono diventate incomprensibili’

Per la Cna della Toscana è “drammatico il ritorno in zona arancione” ed è “impossibile lavorare nell’incertezza“. Il ritorno della Toscana in zona arancione rischia di trasformarsi in un dramma economico e sociale per le imprese toscane, costrette a vivere nell’incertezza, senza la possibilità di programmare il futuro.

“Purtroppo i timori di inizio settimana si sono concretizzati – afferma il presidente Luca Tonini – la Toscana da domenica tornerà in zona arancione e questa sarà un’ulteriore mazzata per le imprese. L’inasprimento delle misure significa non solo staccare la spina alle attività produttive, ma anche gettarle nello sconforto e nella totale incertezza. Questo valzer estenuante di colori non permette di programmare l’attività e rappresenta un ulteriore grave danno economico per tutti i settori. La decisione arriva poi dopo un periodo durante il quale si iniziava ad intravedere qualche timido segnale di ripresa”. “Adesso, invece, si torna nell’incertezza di non sapere cosa si potrà fare domani – prosegue Tonini – alla quale si aggiunge l’incapacità di capire cosa potranno fare alcune categorie economiche che si apprestavano a ripartire, come gli operatori del settore sciistico e delle palestre. Ormai non è più neanche una questione di ristori, ma è necessario che ci siano regole chiare e precise perché questa situazione non è più tollerabile. Occorre dare una risposta chiara, precisa e rapida, anche perché ci sono molti lavoratori che aspettano la cassa integrazione di novembre, dicembre e gennaio e non possono attendere oltre”.

Il passaggio della Toscana “in zona arancione, proprio nel giorno della festa di San Valentino, rappresenta l’ennesimo duro colpo al settore dei pubblici esercizi che in questo fine settimana avevano già raccolto le prenotazioni, acquistato la merce e pianificato il personale”. Così gli esercenti della Toscana sulla ‘retrocessione’ Covid che riguarda il territorio regionale a partire da domenica 14 febbraio. “Il sistema dei colori e delle misure diversificate tra territori è fondamentale, ma le misure di contenimento sono diventate incomprensibili – afferma in una nota Nico Gronchi, presidente di Confesercenti Toscana – I contagi aumentano nelle Rsa e negli ospedali; per i trasporti non si sono trovate misure efficaci, e la soluzione è chiudere bar e ristoranti e fermare lo spostamento tra Comuni? Comunicare a 30.000 aziende che dovranno stare chiuse, a solo 24 ore da un giorno da quasi tutto esaurito come domenica prossima. È una situazione troppo pesante e molti clienti stanno chiedendo di anticipare al sabato il pranzo di San Valentino, chi può lo faccia”.

“E’ inaccettabile continuare a lavorare in un clima di incertezza costante e senza programmazione: questa situazione è diventata insostenibile. – afferma Franco Brogi, presidente Fiepet Toscana – Senza voler dare giudizi sulle valutazioni scientifiche che non ci competono, non possiamo che constatare la necessità di mettere in campo nuovi strumenti normativi che non possono limitarsi a divieti e limitazioni all’attività di impresa, ma che concilino la salvaguardia della salute pubblica, del lavoro e della convivenza civile e sociale”. Senza regole chiare e semplici, diventa difficile promuovere “comportamenti corretti”, che di fatto rappresentano l’unica soluzione per uscire da questa crisi. È necessario conciliare salute e lavoro, che, però, non può tradursi sempre e solamente in “chiudiamo le sole attività legate alla ristorazione e all’intrattenimento”.

Chiediamo di definire in tempi rapidi un nuovo piano che affianchi la campagna vaccinale e superi la logica delle sole restrizioni, specificando cosa è possibile fare e quali le regole da seguire. Serve coerenza, tenendo conto che l’attuale sistema di insicurezza sta destabilizzando non solo le imprese ma anche i cittadini. Non a caso, oggi, sono in aumento le manifestazioni di insofferenza e protesta; fino agli episodi di disobbedienza civile con iniziative, perlopiù scomposte, ma nondimeno da considerare avvisaglie di una situazione sempre più esasperata. È fondamentale restituire la dignità al settore dei pubblici esercizi, attraverso un piano ben definito che conduca a una riapertura in sicurezza dei locali. Le nuove considerazioni del Cts, sollecitato dalla nostra attività sindacale, rappresentano un cambiamento importante nell’approccio alla questione sicurezza nei pubblici esercizi. Dobbiamo ripartire da lì. “Le nostre imprese necessitano di misure di sostegno adeguate, e ben più consistenti di quelle messe in campo fino ad oggi, altrimenti migliaia di aziende falliranno. – prosegue Brogi – È essenziale rafforzare le misure economiche a sostegno del settore, a cominciare dal decreto ristori Quinques, ancora purtroppo in standby, rivedendo i meccanismi di calcolo dei contributi a fondo perduto su base annua.” “Chiediamo provvedimenti straordinari per far fronte a un’emergenza straordinaria, che rischia di far scomparire un settore che dà lavoro a oltre 1 milione di persone – conclude Gronchi – Sono necessarie scelte coerenti nelle riaperture e risposte chiare e immediate in termini di indennizzi. Le nostre imprese non sono interruttori, ma da sempre tengono accesa la luce in tutto il Paese”.

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