“Martina Rossi morì per fuggire da stupro”

Così le motivazioni della sentenza con cui la corte di appello di Firenze il 28 aprile ha condannato in un processo bis, a 3 anni di reclusione, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi per tentata violenza sessuale di gruppo ai danni di Martina.

“Gli elementi indiziari che il processo ha faticosamente acquisito” sono “tutti convergenti nell’affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che Martina Rossi la mattina del 3 agosto 2011 precipitò della camera 609 dell’albergo Santa Ana di Palma di Maiorca nel disperato tentativo di sottrarsi a una aggressione a sfondo sessuale posta in essere in suo danno da entrambi gli imputati”. Così le motivazioni della sentenza con cui la corte di appello di Firenze il 28 aprile ha condannato in un processo bis, a 3 anni di reclusione, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi per tentata violenza sessuale di gruppo.

Il quadro delle condizioni psicologiche di Martina Rossi è quello di una ragazza “che molti testi nel corso del processo hanno definito solare, soddisfatta del proprio percorso universitario, ricca di progetti per il proprio futuro da condividere con le sue amiche di sempre”. Si legge  ancora nelle  motivazioni.

Il processo è terminato con la condanna a 3 anni per Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, imputati per tentata violenza sessuale di gruppo. “Il quadro che ne esce – ribadisce il giudice – è quello di una ragazza poco più che ventenne, ancora nel pieno delle progettualità della vita sociale e affettiva; Martina era una ragazza normale alla quale nell’ultimo periodo della propria vita erano accadute soltanto cose positive che la motivavano nel suo percorso di vita”. “Un quadro – si legge ancora nelle carte – incompatibile con le condizioni di una ragazza che, secondo la ricostruzione degli imputati, avrebbe deciso senza alcun motivo apparente di mettere fine alla propria vita”.

Il collegio di appello precisa poi, come sottolineato a più riprese dalle difese degli imputati nel corso del processo, che Martina  in passato aveva effettivamente avuto problemi di natura psicologica, per i quali era stata in cura prima da uno psicologo e poi da uno psichiatra e che erano stati risolti in modo definitivo. “I disturbi del comportamento – sostiene ancora il giudice – che avevano interessato Martina Rossi in età adolescenziale erano già passati nel periodo corrispondente agli esami di maturità, nell’estate del 2009”

Questa, si sottolinea nelle motivazioni di appello firmate dal presidente Alessandro Nencini, è “l’unica verità processuale in grado di soddisfare la valenza di tutti gli indizi esaminati”. “Martina Rossi – scrive ancora il giudice nelle motivazioni – venne aggredita da entrambi gli imputati”. Quella notte Vanneschi e Albertoni, si legge ancora nella sentenza, erano entrambi in preda dell’effetto di sostanze stupefacenti, probabilmente hashish. “La giovane – viene scritto – reagì con forza a questa aggressione ingaggiando, sicuramente con Alessandro Albertoni, una colluttazione a seguito della quale provocò dei graffi al collo dell’imputato”.

Martina Rossi: Cassazione, errori e sottovalutazioni Appello

Lo evidenzia la terza sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui il 21 gennaio ha annullato l’assoluzione e disposto un appello bis per i due ventottenni aretini Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi.

Ci sono errori e sottovalutazioni nella sentenza d’appello sulla morte di Martina Rossi, caduta il 3 agosto 2011 da un balcone a Palma di Maiorca, dove si trovava
in vacanza con le amiche. Lo evidenzia la terza sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui il 21 gennaio ha annullato l’assoluzione e disposto un appello bis per i due ventottenni aretini Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi.
In primo grado i due giovani erano stati condannati a sei anni di reclusione per tentata violenza sessuale e morte come conseguenza di altro reato; erano invece stati assolti, con la formula “perché il fatto non sussiste” dalla Corte d’Appello di
Firenze dall’accusa di tentata violenza, mentre era stata dichiarata prescritta quella di morte come conseguenza di altro reato.

La Cassazione evidenzia l’incompletezza, la manifesta illogicità e la contraddittorietà della sentenza di appello, “priva di una visione sistematica dell’intero quadro istruttorio e non esaustiva e osservante dei principi giurisprudenziali”.

Nelle motivazioni della decisione, in oltre 70 pagine, la Cassazione analizza il percorso che ha portato a decisioni opposte nei due gradi di giudizio. Secondo la suprema Corte, i giudici d’appello sono caduti in un “macroscopico errore visivo” nell’individuazione del punto di caduta, che li ha indotti a credere che Martina avesse scavalcato il parapetto, e “hanno depotenziando tutti gli altri elementi fattuali certi” e la “portata delle altre circostanze indizianti certe”.

Hanno ritenuto valida l’ipotesi avanzata dalla difese su un possibile suicidio, sulla base di indizi sulla personalità della ragazza che invece in primo grado non erano stati ritenuti certi. Senza fornire invece una spiegazione del perché la ragazza fosse precipitata senza i pantaloncini del pigiama e, sottolinea la Cassazione, “già solo tale mancanza inficia irrimediabilmente la tenuta logico-argomentativa della decisione”. Ma aggiunge, la Corte, “la più evidente carenza di analisi” è relativa alla intercettazioni del 7 febbraio 2012 in cui sembra che i due giovani manifestino sollievo per il fatto che non fossero stati trovati segni di violenza sul corpo di Martina.

La Cassazione ha annullato con rinvio a nuovo appello “affinché venga data una
valutazione rinnovata, globale e non atomistica del quadro istruttorio”. “Dalle motivazioni emerge la verità su quanto successo a mia figlia. Ma sono stati persi
dieci anni. Dieci anni in cui io e mia moglie abbiamo lottato perché potevamo. Ma se ci fossero stati altri due genitori senza le nostre risorse, come avrebbero fatto”. Lo dice all’ANSA Bruno Rossi, il papà di Martina, dopo le motivazioni della sentenza con cui la Cassazione ha annullato l’assoluzione e disposto un appello bis per Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi.

“Ci hanno tolto la vita, la cosa più bella del mondo. E i giudici di appello stavano facendo passare un brutto segnale: che chi compie una nefandezza tale può pensare di farla franca. Ma queste persone, e anche chi ci comanda, hanno una coscienza? Hanno dei figli, nipoti a cui potrebbe succedere una cosa del
genere?”.

“Da queste motivazioni – prosegue Rossi – emerge quanto successo a Martina: pensava di trovare due persone normali e invece ha trovato due delinquenti. Io mi chiedo come, con tutte le evidenze raccolte nelle indagini, abbia fatto a durare così tanto tutto l’iter processuale? E poi, tutti solidali contro di lei: tutte queste bugie, i mezzucci, i sotterfugi sono stati difficili da comprendere e sono stati un dolore grande”.

“Spero che adesso ci sia una sentenza di condanna e non una presa in giro. Questa sentenza è stata possibile perché noi abbiamo lottato per dieci anni. Ma come fanno le persone normali per avere giustizia? In che Paese viviamo?”.

Morte Martina Rossi: Cassazione annulla assoluzione per i due giovani imputati

Nuovo processo d’Appello per Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi. E’ quanto hanno deciso i giudici della III sezione penale della Cassazione nel processo sul caso di Martina Rossi, la ventenne ligure morta precipitando dal balcone di una camera di albergo a Palma di Maiorca, in Spagna, il 3 agosto 2011.

I supremi giudici, con la decisione arrivata nella serata di ieri, hanno annullato la sentenza di assoluzione disponendo un nuovo processo per i due imputati come sollecitato, nel corso della requisitoria, dal sostituto procuratore generale Domenico Seccia e accogliendo dunque i ricorsi presentati dalla procura generale di Firenze e della parti civili. Ad assistere alla lettura del dispositivo erano presenti i genitori di Martina, Bruno Rossi e Franca Murialdo.

I due imputati il 9 giugno 2020 erano stati assolti dalla Corte d’Appello di Firenze “perchè il fatto non sussiste” ribaltando di fatto il verdetto del Tribunale di Arezzo. In primo grado, il 14 dicembre 2018, i due erano stati condannati dai giudici aretino a 6 anni di reclusione per tentata violenza sessuale e per aver causato la morte della giovane in conseguenza di un altro delitto: quest’ultimo reato si è poi estinto per intervenuta prescrizione.

Una sentenza che arriva a dieci anni dai fatti quando Martina Rossi era in vacanza nell’isola delle Baleari con delle amiche e all’alba del 3 agosto del 2011 di ritorno da una serata in discoteca la ragazza precipitò dal balcone della stanza 609, quella dei due giovani di Castiglion Fibocchi. Dopo le indagini in Spagna, dove la morte fu archiviata come suicidio, i genitori di Martina hanno lottato facendo riaprire il caso.

L’inchiesta italiana, avviata a Genova, e’ passata per competenza territoriale ad Arezzo dove si e’ celebrato il primo grado di giudizio con la condanna dei due imputati. Sentenza poi ribaltata a Firenze dai giudici della Corte d’Appello.

Morì fuggendo a stupro: padre, ‘reato prescritto è ingiustizia’

Lo ha detto Bruno Rossi, padre della ventenne Martina, morta  a Palma di Maiorca (Spagna) il 3 agosto 2011. Se le modifiche previste dalla riforma della prescrizione, in base al testo del ministro Bonafede, fossero state già legge, non si sarebbe estinto il reato di morte, come conseguenza di altro delitto.

Bruno Rossi lo ha detto parlando coi giornalisti, a margine del processo di appello che vede imputati Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, di Arezzo, sui quali adesso grava una sola accusa, quella di tentata violenza sessuale di gruppo, che peraltro è a rischio prescrizione per l’agosto 2021. L’altra accusa, appunto, la morte in conseguenza di altro reato, è andata in prescrizione durante la stesura della sentenza di primo grado (emessa il 14 dicembre 2018) ed è stata dichiarata prescritta alla prima udienza di appello del novembre 2019.

Martina, infatti, era deceduta precipitando dal balcone di una camera di albergo a Palma di Maiorca il 3 agosto 2011, dove era in vacanza e mentre, secondo le accuse, stava scappando da un tentativo di violenza sessuale di gruppo.

Se le modifiche previste dalla riforma della prescrizione, in base al testo del ministro Bonafede, fossero state già legge, non si sarebbe estinto il reato di morte, come conseguenza di altro delitto. È quanto si commenta in ambienti giudiziari e tra gli addetti ai lavori, durante una pausa del processo di appello a Firenze per la vicenda di Martina Rossi.

“Quando uno fa del male e c’è una condanna bisognerebbe dire basta, fermati. Ma è la politica che dovrebbe intervenire in queste materie e trovare la giusta soluzione” ha proseguito il padre di Martina. “A mia figlia hanno fatto del male – ha aggiunto sempre il padre – Era una ragazza felice, era in vacanza. Due ragazzi strafatti hanno allungato le mani e poi lei è volata giù da un balcone”.”Il fatto che sia già andato prescritto metà processo per me è un’ingiustizia profonda” conclude il padre di Martina.

Stamani in udienza, nella discussione delle questioni preliminari, ci sono stati attimi accesi tra difesa e procura generale. “Non sono stupito, sono colpito anch’io quando sento un avvocato proporsi in maniera così forte verso chi rappresenta la giustizia – ha dichiarato Bruno Rossi – Ma è la logica di questo processo, è per questo che il primo grado è durato anni”.

 

Morì cadendo da balcone, difensore: “Vanneschi innocente, no prove tentata violenza”

L’udienza è stata aggiornata al 14 dicembre: dopo le repliche il collegio si riunirà per la sentenza

Tentata violenza sessuale e morte in conseguenza di altro reato le accuse per i quali il pm Roberto Rossi ha chiesto sette anni per ciascuno degli imputati. L’assoluzione perchè il fatto non sussiste la richiesta dell’avvocato difensore Buricchi, per Vanneschi.

“Un ragazzo buono, che ad ogni accenno di rissa si allontanava, che fa volontariato, può costruire una versione così machiavellica, concordandola al momento con l’amico, mentre Martina cade, pensando anche a rimettere tutto a posto in camera?”. Questo uno dei passaggi dell’arringa, oggi in tribunale ad Arezzo, dell’avvocato Stefano Buricchi, difensore di Luca Vanneschi, il 27enne imputato con Alessandro Albertoni per la morte di Martina Rossi, la studentessa genovese deceduta il 3 agosto 2011 precipitando dal balcone di un hotel a Palma di Maiorca.

“Nei casi di suicidio accaduti negli ultimi anni come per esempio quello di Rossi di Mps non c’è mai stato un testimone ma qui invece c’è la cameriera Francesca Puga che ha visto Martina cadere ed ha riferito che la giovane non ha urlato nel precipitare, che era sola, che nessuno la inseguiva e che Martina secondo lei si lasciò cadere volontariamente” ha sostenuto Buricchi aggiungendo: “Il racconto dei ragazzi trova riscontri precisi in tutte le circostanze ma soprattutto durante le indagini non sono mai state trovate tracce di violenza sessuale. Ne del resto dalle foto si evince confusione o disordine in camera, particolare che contrasta con un tentativo di violenza. Quanto alla testimonianza dei turisti danesi – ha aggiunto – non è perfettamente lucida dal momento che sia lui che la figlia furono svegliati da un urlo ma non fecero nulla.”

“Riferirono che c’erano persone che strillavano giù a terra ma che pensavano si trattasse di ubriachi. Dalla camera di fianco non hanno mai sentito nulla”. “Non propendo per il suicidio” di Martina, ha detto ancora, “ma perché escluderlo. Non mi sento insomma di escluderlo”.

Questo processo non ci ha dato risposte. Per questo chiedo l’assoluzione anche sulla base dell’insufficienza di prove”. Così ha concluso la sua arringa l’avvocato Tiberio Baroni, difensore di Alessandro Albertoni, imputato insieme a Luca Vanneschi.

“Questo processo vive su una pressione mediatica eccessiva da sempre e ciò non giova alla chiarezza del caso. Tutti i nostri testimoni hanno avuto un travaglio mediatico eccessivo”, le parole di Baroni durante l’arringa, durata tre ore. Il legale ha anche mostrato in aula, durante la sua arringa, il video di un’emittente che a suo avviso avrebbe influenzato i testimoni (lo stesso avvocato ha presentato un esposto sul video).

Successivamente il legale ha insistito sulla mancanza di tracce di dna provata da tutti i consulenti, insistendo poi sull’impossibilita da parte dei due giovani di organizzare in quatto secondi una versione alternativa all’accaduto. Baroni ha poi posto l’accento sulla sparizione di dati dal cellulare di Martina e di altro materiale che sarebbe stato aperto durante il passaggio tra Genova ad Arezzo. “In un caso quel materiale l’ho visto in tv”.

Morì cadendo da balcone: pm chiede 7 anni per studenti

E’ stato aggiornato a lunedì 10 dicembre il processo sul caso della morte di Martina Rossi, la studentessa morta il 3 agosto 2011 precipitando dal sesto piano di un hotel a Palma di Maiorca.

Oggi il pm Roberto Rossi ha chiesto sette anni per Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, i due imputati accusati di tentata violenza e morte in conseguenza di altro reato. I legali Stefano Burricchi e Tiberio Baroni, che difendono rispettivamente Vanneschi e Albertoni, parleranno lunedì prossimo puntando tutto, come accaduto fin dall’inizio del processo, sull’ipotesi del suicidio della giovane studentessa. “Non è vero che Martina precipitò dalla stanza degli imputati per sfuggire ad un loro tentativo di violenza – dicono – ma la giovane si buttò volontariamente dal balcone”. A sostegno di questa ricostruzione la testimonianza della cameriera spagnola Francisca Puga che, sentita quattro volte prima in Spagna e poi in Italia, ha raccontato di aver visto la giovane sul balcone mentre alzava una gamba e si lanciava nel vuoto

Per l’accusa, il pm ha ricostruito quanto accaduto nelle prime ore del 3 agosto 2011 puntando sui graffi sul collo di Albertoni e sul fatto che la ragazza non avesse gli short, la giovane morì mentre cercava di fuggire da un tentativo di violenza messo in atto dai due ragazzi. Per questo Rossi ha chiesto per gli imputati 4 anni per la tentata violenza e tre per morte in conseguenza di altro reato.

In particolare il procuratore Rossi, che in aula ha ricostruito anche il profilo psicologico della ragazza, una giovane solare e desiderosa di vita e soprattutto felice della vacanza, ha spiegato che “del racconto di Albertoni e Vanneschi non tornano i dati oggettivi: la finestra per esempio era aperta perché legata con il filo dell’antenna della tv come dimostrano le foto quindi non è possibile lei che abbia aperto la finestra, preso la rincorsa e si sia buttata. Contro la tesi del lancio volontario c’è poi anche la caduta a candela che esclude lo slancio”. E ancora. “Albertoni aveva riferito di aver calmato Martina e allora perché il giovane era sconvolto quando scese da basso nella camera delle amiche di Martina?”.

Inoltre, ha ricordato il pm, “Martina non aveva gli occhiali al momento del fatto: non ci vedeva bene quindi è normale che tentando di fuggire abbia perso l’equilibrio e sia caduta”.
Ultimo elemento, sempre secondo l’accusa, il commento dei due imputati con gli amici, come testimoniato dagli stessi in aula: “abbiamo lasciato il segno ovvero – ha commentato Rossi – vuol dire che si attribuiscono il merito dell”impresa’”.
Una versione sposata dagli avvocati di parte civile che hanno parlato subito dopo il pm. In particolare Luca Fanfani che ha ripercorso la vita studentesca di Martina citando tutte le testimonianze degli amici che “hanno descritto Martina come una ragazza piena di vita”.

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