Martina Rossi: condannati ottengono misura alternativa al carcere

Martina Rossi – Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, condannati nell’ottobre del 2021 in via definitiva a 3 anni per tentata violenza sessuale di gruppo contro la giovane, dopo la semilibertà scontano la pena all’affidamento in prova ai servizi sociali. Lo ha stabilito il tribunale di sorveglianza di Firenze in due diverse udienze, di cui si apprende adesso, a luglio 2023 per Vanneschi e a metà febbraio scorso per Albertoni.

I due giovani vennero processati per la morte della studentessa genovese che il 3 agosto del 2011 precipitò dal balcone di una camera di albergo a Palma di Maiorca (Spagna) dov’era in vacanza.

“Non hanno mai chiesto scusa, il minimo era che scontassero la pena in carcere”. Commenta così, Bruno Rossi, la decisione del tribunale di Sorveglianza di Firenze di concedere l’affido in prova ai servizi sociali ai due aretini. L’affidamento era stato inizialmente negato dopo la sentenza definitiva proprio dallo stesso tribunale di Sorveglianza che concesse però la semilibertà ovvero la possibilità di lavorare fuori durante il giorno e rientrare la sera in carcere ad Arezzo. Poi la svolta per entrambi.

Ad avere per primo l’affidamento è stato, già a luglio 2023, Luca Vanneschi, pare per motivi personali e familiari. Dopo, a metà febbraio scorso, è toccato ad Alessandro Albertoni. Attualmente i due, oggi trentenni, svolgono opera di volontariato presso un’associazione di Castiglion Fibocchi, il paese dove abitano con le rispettive famiglie. Durante le ore notturne, però, hanno l’obbligo di rimanere in casa. Il residuo di pena dovrebbe esaurirsi a ottobre 2025, ma con la buona condotta – valutano i loro difensori – potrebbero finire di scontare la pena anche all’inizio del 2025. La famiglia Rossi oggi ha espresso da Genova tutta l’amarezza. “Loro non hanno mai chiesto scusa, il giudice ha sbagliato a concedere l’affido perché è venuto a mancare, proprio per questo, il principio di resipiscenza necessaria in questi casi”, hanno commentato Bruno Rossi e Franca Murialdi. La madre della ragazza ha proseguito: “Così si dà solo il cattivo esempio ai giovani, non si sono mai pentiti”.

La scarcerazione completa dei due giovani è rimasta finora sotto traccia. In piena estate Luca Vanneschi era tornato a casa proprio grazie all’affidamento in prova per motivi legati a questioni familiari, ed aveva iniziato il percorso di volontario. Neppure una parola è stata detta, forse per evitare polemiche. Stesso dicasi per l’udienza di metà febbraio che ha sancito l’uscita dal carcere e il ritorno in libertà di Albertoni, seppur con le limitazioni notturne e il servizio di volontariato anche lui. Sulla morte di Martina Rossi, Albertoni e Vanneschi hanno sempre negato ogni accusa di averla provocata. La Cassazione ha invece confermato nell’ottobre 2021 la sentenza di un processo d’appello bis per affermare che Martina morì mentre scappava dal loro tentativo di stupro, che cercò di scavalcare la balaustra per raggiungere il balcone a fianco e mettersi in salvo. Ma non ci riuscì e precipitò di sotto. Addirittura, la polizia spagnola, dopo una rapida indagine aveva liquidato tutto come un suicidio della ragazza. C’è voluta una strenua battaglia durata oltre 10 anni da parte dei genitori affinché il caso fosse riaperto e affrontato anche processualmente in Italia, a Genova ed ad Arezzo.

Martina Rossi: Albertoni e Vanneschi chiedono affidamento servizi sociali

I due trentenni condannati anche in Cassazione a 3 anni per la tentata violenza sessuale a Martina Rossi, la studentessa 20enne morta precipitando dalla terrazza di una camera d’albergo chiederanno l’affidamento ai servizi sociali. Il legale: “come per Berlusconi”

“Stamani è stato loro notificato il decreto che prevede la sospensione della pena in attesa che venga stabilita la modalità di espiazione della condanna. “Ora abbiamo 30 giorni per la richiesta dell’affidamento ai servizi sociali”, ha spiegato un difensore di Vanneschi, avvocato Stefano Buricchi.

Chiederanno dunque  l’affidamento ai servizi sociali Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, i due trentenni condannati anche in Cassazione a 3 anni per la tentata violenza sessuale a Martina Rossi, la studentessa 20enne morta precipitando dalla terrazza di una camera d’albergo, a Palma di Maiorca, mentre voleva sfuggire ai due.

“Il decreto è arrivato con estrema puntualità – commenta Stefano Buricchi, difensore di Luca Vanneschi – dal momento che la Cassazione lo manda alla procura generale competente per poi girarlo a quella di Arezzo e a sua volta al domicilio dell’assistito, in questo caso presso gli studi legali. Ora abbiamo 30 giorni per la richiesta dell’affidamento ai servizi sociali, un provvedimento, per fare un esempio eclatante, del tutto simile a quello scelto anni fa da Silvio Berlusconi”.

Sulla possibilità di scontare un anno di carcere propedeutico ai servizi sociali, cosi come ipotizzato, l’avvocato Buricchi è categorico: “E’ escluso categoricamente come riportato sul decreto che sospende la pena. L’affidamento in prova ai servizi sociali è la misura che farà poi espiare loro la condanna”.

“Luca Vanneschi è molto provato dopo dieci anni di quella che ha definito ‘gogna mediatica’. Ora Luca, che ieri è rimasto con i suoi cari, spera di trovare in Europa quella giustizia che non ha trovato in Italia” questo quanto ha  detto l’avvocato Stefano Buricchi, legale di uno dei due aretini condannati a 3 anni per tentata violenza sessuale a Martina Rossi.  Vanneschi, uno dei due imputati, non fa dichiarazioni ma affida al difensore il suo pensiero. “Ho ricevuto mandato dal mio assistito Luca Vanneschi di fare ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – ha ribadito l’avvocato – e cosi faremo verificando se ci sono anche i termini per la revisione del processo visto che abbiamo ben 24 testi della difesa che non sono stati ascoltati, compresa la cameriera spagnola che raccontò di aver assistito alla caduta”.

Morte Martina Rossi: Cassazione conferma condanne, fu tentato stupro

Morte Martina Rossi: cnfermate dalla Cassazione le due condanne a 3 anni per Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, i due giovani aretini condannati per tentata violenza sessuale di gruppo in relazione alla morte di Martina Rossi, la studentessa ventenne genovese deceduta il 3 agosto 2011 precipitando dalla terrazza del sesto piano dell’hotel ‘Santa Ana’ a Palma di Maiorca.

La decisione dei giudici della Quarta sezione penale della Corte di Cassazione che hanno dichiarato inammissibili i ricorsi dei due imputati. La sentenza è arrivata dopo quasi due ore di camera di consiglio.

I supremi giudici hanno confermato la sentenza del processo di appello bis di Firenze dello scorso 28 aprile come chiesto dal sostituto procuratore generale Elisabetta Ceniccola nel corso della sua requisitoria oggi in udienza. In primo grado davanti al Tribunale di Arezzo il 14 dicembre 2018 Vanneschi e l’amico Albertoni vennero condannati a 6 anni di reclusione per tentato stupro e morte in conseguenza di altro reato. Il 9 giugno 2020 la Corte d’appello di Firenze li aveva poi assolti “perché il fatto non sussiste”.

La Cassazione però il 21 gennaio scorso ha annullato la sentenza di assoluzione disponendo un nuovo processo per i due imputati. L’appello bis a Firenze lo scorso 28 aprile si è concluso con la condanna a 3 anni di Vanneschi e Albertoni per tentata violenza sessuale di gruppo, essendosi prescritto l’altro reato. Per i giudici della Corte d’appello di Firenze, come si legge nelle motivazioni del processo bis, appare “provato al di là di ogni ragionevole dubbio che Martina Rossi, la mattina del 3 agosto 2011, precipitò dal terrazzo della camera 609 dell’albergo dove alloggiava, nel tentativo di sottrarsi a una aggressione sessuale perpetrata a suo danno dagli imputati”.

“Non ci deve essere più nessuno che possa permettere di far del male a una donna e passarla liscia. Ora posso dire a Martina che il suo papà è triste perché lei non c’è più, ma anche soddisfatto perché il nostro paese è riuscito a fare a giustizia”. Lo ha detto Bruno Rossi, papà di Martina Rossi, dopo la sentenza della Cassazione che ha confermato le due condanne a 3 anni per Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, per tentata violenza sessuale di gruppo, in relazione alla morte della studentessa ventenne genovese deceduta il 3 agosto 2011 precipitando dalla terrazza del del sesto piano dell’hotel ‘Santa Ana’ a Palma di Maiorca.

“Finalmente la verità, anche se quello che ha sofferto Martina non lo cancella nessuno. Non hanno avuto neanche pietà”. Così Franca Murialdo, mamma di Martina Rossi, dopo la sentenza della Cassazione che ha confermato le due condanne a 3 anni per Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni. “Quando ho letto la sentenza di appello bis ho pensato che faceva onore alla verità. Ecco – ha aggiunto- è vero, lo conferma la Cassazione”.

“Non esiste un’altra verità se non quella per cui Martina Rossi è morta per sfuggire a un tentativo di stupro ed era talmente disperata al punto da scavalcare un balcone al sesto piano”. Lo afferma Luca Fanfani, avvocato dei genitori di Martina Rossi dopo che la Cassazione ha reso definitive le condanne a tre anni per Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni. “Ora la Spagna chieda scusa per come ha archiviato l’indagine e per il fatto che quella stanza d’albergo venne affittata solo qualche ora dopo” ha aggiunto.

I difensori di Vanneschi hanno annunciato che ricorreranno alla Corte Europea per chiedere la revisione del processo.

Martina Rossi: “non fu suicidio ma tentata violenza”

La pg di Cassazione Elisabetta Ceniccola ha chiesto la conferma della condanna dei due trentenni aretini Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, colpevoli della morte  della studentessa Martina Rossi, 10 anni fa in Spagna

“Non fu un suicidio” ma “il tentativo di fuggire a una violenza di gruppo”, come stabilito dalla Corte d’appello di Firenze: ne è convinta la pg di Cassazione Elisabetta Ceniccola, che al processo per la morte  di Martina Rossi, 10 anni fa in Spagna, ha chiesto la conferma della condanna dei due trentenni aretini Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni.

La requisitoria si è soffermata in particolare sulla qualificazione del reato, 609 octies, violenza sessuale di gruppo e non in concorso, dalla quale dipendono anche i termini di prescrizione (quello di morte per conseguenza di altro reato è già prescritto ed è uscita dal processo). Per la pg è giusta la ricostruzione che vede “la compresenza” dei due imputati nella stanza d’albergo di Palma di Maiorca, che “ha influito negativamente” sulla reazione di Martina, “che si è sentita maggior ragione in uno stato di soggezione e impossibilitata a difendersi”.

Motivo per cui la ragazza avrebbe scelto una via di fuga “più difficile”, che la metteva in pericolo e non di uscire dalla porta: scavalca la balaustra “ma non si getta con intento suicidiario”. Inoltre Ceniccola ha ricordato che “Martina non aveva i pantaloncini, che indossava, e non sono più stati ritrovati. Per la Corte d’appello – ha sottolineato – era illogico che la ragazza girasse in albergo senza pantaloncini e senza ciabatte”. Altri elementi evidenziati dalla pg sono alcune lesioni sul corpo di Martina oltre a quelle riconducibili alla caduta dal terrazzo e i graffi di Albertoni, uno dei due imputati.

Per questo la Pd ha chiesto di rigettare i ricorsi di entrambi gli imputati e confermare le condanne. I due sono stati condannati nell’appello bis a Firenze, il 28 aprile scorso, a 3 anni per tentata violenza sessuale di gruppo. Martina è morta a vent’anni il 3 agosto 2011 Palma di Maiorca, dove era in vacanza con le amiche. La vicenda processuale è stata lunga, tanto che se dovesse arrivare la parola fine sarebbe nell’imminenza della prescrizione. L’udienza, dopo una breve pausa, riprenderà con le arringhe degli avvocati e la sentenza è attesa in serata.

Cassazione rinvia udienza su morte Martina Rossi al 7 ottobre

I genitori di Martina: ‘aspettiamo giustizia, ‘Dopo 10 anni devono dirci che cosa è successo’

La Corte di Cassazione, riunita oggi, ha rinviato  prossimo 7 ottobre l’udienza per la morte della studentessa ligure Martina Rossi per la quale sono stati condannati a 3 anni di reclusione per omicidio colposo due giovani toscani, Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni. La  sezione feriale della Cassazione ha dunque accolto l’istanza della difesa. L’udienza di ottobre si terrà davanti alla Quarta sezione penale. Il reato in base a quanto si è appreso non maturerà prima del 16 ottobre

“”Mi sento come una mamma alla quale hanno causato la morte della figlia. Mi sento così tutti i giorni da dieci anni. E anche impotente. Mi aspetto giustizia. Certo che la giustizia non potrà che darci questi tre anni”. Lo ha detto ai cronisti davanti alle telecamere prima di entrare in Cassazione, per l’udienza che è stata appena aggiornata al 7 ottobre, Franca Murialdo, la mamma di Martina Rossi, la studentessa di Genova morta dieci anni fa in Spagna cadendo dal balcone di un hotel. Secondo l’accusa è precipitata per sfuggire all’aggressione di due ragazzi toscani – Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, condannati per omicidio colposo a tre anni – per i quali oggi la Cassazione ha deciso il rinvio dell’udienza accogliendo la richiesta della difesa e accertando che la prescrizione non è decorsa.

“Di tutto quello che è successo dopo dieci anni, sono rimasti questi tre anni. Io credo che la colpa non è quella, ma almeno abbiano da trasportare la responsabilità di quello che hanno fatto. Se avranno dei figli, se avranno delle mogli, devono capire che cosa significa per un papà e una mamma stare 10 anni a tribolare. E’ una vita – ha detto Bruno Rossi, il padre di Martina entrando in Cassazione – e poi non solo solo 10 anni. Di fronte alla morte e all’omicidio non c’è prescrizione, nè tecnicismi. Non sono partite di pallone questi processi, bisogna arrivare a capire di più e alla mamma e al papà occorre dire che cosa è successo, perchè Martina non c’è più, e loro ci sono e trionfano, trionfano”.

Martina Rossi: condannato pubblica atti processo su sito web

A pochi giorni dal pronunciamento della Corte di a Cassazione, Luca Vanneschi, condannato insieme ad Alessandro Albertoni a tre anni per la morte di Martina, ha aperto un sito web dove ha iniziato a pubblicare gli atti del processo.

I verbali relativi alle dichiarazioni della governante dell’hotel Santa Ana, Francisca Puga, del portiere dell’hotel che soccorse la ragazza , degli ospiti delle camere adiacenti alla 609: ci sono  questi tra i documenti che Luca Vanneschi, condannato insieme ad Alessandro Albertoni a tre anni per la morte di Martina Rossi, precipitata dal balcone della camera d’albergo dei due 10 anni  fa a Palma di Maiorca (Spagna),  ha pubblicato su  un sito web appositamente preparato. Luca si ritiene vittima di un errore giudiziario e ora, anche a pochi giorni dall’udienza in Cassazione prevista il 26 agosto, ha deciso di passare all’azione, pubblicando le trascrizioni delle testimonianze raccolte durante le indagini, mai usate in aula ma comunque verbalizzate.

Vanneschi ha annunciato di voler pubblicare giorno dopo giorno tutto il materiale, comprese le immagini che sono finite agli atti. L’iniziativa, viene spiegato, è personale e realizzata in autonomia, con il supporto di alcuni amici che lo hanno aiutato a realizzare il sito. Le motivazioni della condanna in appello parlano di “unica verità processuale” emersa dal procedimento bis “che porta a ritenere che la mattina del 3 agosto 2011, all’interno della camera 609 dell’albergo Santa Ana di Palma di Maiorca, Martina Rossi venne aggredita da entrambi gli imputati”, in seguito a ciò Martina avrebbe cercato di fuggire dal terrazzo ma sarebbe precipitata nel vuoto.

Le difese dei due ragazzi di Castiglion Fibocchi invece hanno puntato sulla fragilità di Martina che, a loro avviso, proprio quella notte avrebbe invece compiuto un gesto estremo, suicida. L’avvocato di Vanneschi, Stefano Buricchi, ha presentato in Cassazione un ricorso di 300 pagine, nelle quali parla di “errori in ogni pagina della motivazione”. Adesso lo stesso Vanneschi sta pubblicando sulla Rete tutti gli atti per “sostenere, come conferma il suo avvocato, la sua innocenza e “dimostrare che si trattò di errori giudiziari”.

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