Just Stop Oil: perché gli ambientalisti protestano contro l’arte?

Londra, il mondo dell’arte è sotto i riflettori da diversi giorni. Due attiviste del gruppo Just Stop Oil hanno lanciato della salsa di pomodoro contro un quadro di Van Gogh.

Il fatto è noto, nella giornata di venerdì 14 ottobre Phoebe Plummer, 21 anni, e Anna Holland, 20 anni, attiviste di Just Stop Oil sono entrate nel National Gallery di Londra e una volta trovatesi difronte il celeberrimo quadro di Van Gogh “I Girasoli” hanno lanciato sulla tela del sugo di pomodoro. Le due hanno poi incollato le loro mani sulla parete e hanno urlato diverse frasi di protesta: “L’arte vale più della vita? Più del cibo? Più della giustizia?”.

Non è però la prima volta che Van Gogh finisce nel mirino degli attivisti. Nel mese di luglio il famoso “Peach Trees in Blossom” del pittore era stato protagonista di un’altra azione del gruppo, insieme a diversi quadri esposti a Londra, Glasgow e Manchester. In queste azioni di disobbedienza i membri di Just Stop Oil avevano incollato le loro mani a diversi dipinti esposti.

A finire nel mirino non solo l’arte. Sempre a luglio il gruppo aveva manifestato il proprio dissenso durante il Gran Premio di Formula 1. A Silverstone cinque ragazzi si erano seduti sul tracciato interrompendo la gara.

L’obiettivo sempre lo stesso: puntare i riflettori sul cambiamento climatico e sulla produzione di combustibili fossili.

Che cos’è Just Stop Oil?

Just Stop Oil è un movimento presente da diverso tempo sul territorio britannico. Il suo obiettivo è quello di garantire che il governo inglese si impegni a porre fine a tutte le nuove licenze e autorizzazioni per l’esplorazione, lo sviluppo e la produzione di combustibili fossili nel Regno Unito.

Come si legge nel loro sito “Le prove scientifiche sono inequivocabili: il cambiamento climatico è una minaccia per il benessere umano e la salute del pianeta. Ogni ulteriore ritardo nell’azione concertata a livello globale farà perdere una breve finestra che si sta rapidamente chiudendo per garantire un futuro vivibile“.

Lo scopo di questo movimento ambientalista è quindi già nel suo nome: Basta Olio, ovviamente inteso come combustile.

Dopo i “I Girasoli”

Le proteste del gruppo non si fermano. A Londra un giovane è stato ripreso mentre si arrampica sul furgone della polizia ed espone lo striscione arancione di Just Stop Oil. In un’altra manifestazione nei pressi di Hide Park, un gruppo di attivisti ha bloccato il traffico tenendo in mano numerosi striscioni. Uno di loro ha poi spruzzato della vernice arancione sulla vetrina dello showroom di Aston Martin. Altri, in segno di protesta, si sono letteralmente incollati all’asfalto.

Questo gesto è ormai noto. In un certo qual modo, può essere definito come il simbolo di questa protesta. Incollarsi fino al momento in cui non vieni “scollato”. Un po’ come l’immobilità di questa società nei confronti dell’ambiente. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci strattoni e ci riporti alla mobilità.

WWF, il numero degli animali sul pianeta, si è ridotto in media del 69% nell’ultimo mezzo secolo. Esistono soluzioni concrete contro la perdita di biodiversità?

Londra, un nuovo rapporto del World Wildlife Fund (WWF) e della Zoological Society of London, che ha analizzato anni di dati sul numero degli di animali selvatici che ci sono in tutto il mondo, ha riscontrato una generale tendenza al ribasso della biodiversità della Terra.

Inoltre, secondo il Living Planet Index, una metrica che esiste da cinque decenni, le popolazioni animali nel mondo si sono ridotte in media del 69% tra il 1970 e il 2018. Sempre secondo il rapporto del WWF, il quadro si presenta differente nelle diverse regioni del globo.

Non tutte le popolazioni animali sono infatti diminuite: in alcune parti del mondo si sono registrati cambiamenti più drastici di altri. Nonostante ciò, gli esperti affermano che la forte perdita di biodiversità è un segnale chiaro e preoccupante di ciò che sta per accadere al mondo naturale.

Sviluppo delle infrastrutture, produzione di energia e deforestazione: queste le principali cause emerse dal rapporto. A queste si aggiunge il cambiamento climatico. Lo studio infatti suggerisce che quest’ultimo, che sta già scatenando effetti ad ampio raggio sulle specie vegetali e animali a livello globale, potrebbe diventare la principale causa di perdita di biodiversità se l’aumento delle temperature non sarà limitato a 1,5°C.

Marco Lambertini, direttore generale del WWF Internazionale, ha affermato che le crisi intrecciate della perdita di biodiversità e del cambiamento climatico sono già responsabili di una serie di problemi per l’uomo. Tra questi le migrazioni e le morti causate da condizioni meteorologiche estreme, la mancanza di accesso al cibo e all’acqua in molte zone del globo e l’aumento della diffusione di malattie zoonotiche, ossia quelle che possono essere trasmesse direttamente o indirettamente tra gli animali e l’uomo.

Per intervenire e prevenire i danni ambientali, i leader mondiali che si riuniranno a dicembre a Montreal in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità dovranno adottare misure importanti. Lambertini ha sottolineato come questa sia l’ultima occasione per fare qualcosa di concreto. Per il direttore livornese bisogna intraprendere azioni coraggiose, a volte anche drastiche, per raggiungere un futuro positivo. A poi lasciato al tempo il responso: con la fine di questo decennio si saprà se la lotta per le persone e la natura è stata vinta o persa.

Esistono delle soluzioni?

Un segnale di speranza ci sarebbe, sebbene non esista una cura immediata, gli esperti ritengono che esistano soluzioni concrete contro la perdita di biodiversità. Queste vanno dalla conservazione delle mangrovie a un sistema di baratto transfrontaliero in Africa, fino alla rimozione delle barriere migratorie per i pesci d’acqua dolce.

A queste macro-azioni si possono aggiungere dei piccoli ma significativi gesti che tutti possiamo apportare. Rebecca Shaw, scienziato capo del WWF, ha dichiarato in un’intervista che gli esseri umani hanno l’opportunità di cambiare il loro modo di agire a beneficio della natura cambiando i propri modelli di sviluppo.  Attraverso piccoli gesti giornalieri è possibile cambiare la direzione di questo declino della popolazione.

L’America Latina e i Caraibi hanno registrato un’enorme perdita media di popolazioni del 94% e l’Africa un calo del 66%, mentre il Nord America ha registrato solo un calo del 20% e l’Europa e l’Asia centrale hanno visto le proprie popolazioni di animali selvatici diminuire del 18%.

Secondo il WWF, questa disparità potrebbe essere dovuta al fatto che gran parte dello sviluppo in Nord America e in Europa è avvenuto prima del 1970, anno in cui sono iniziati i dati sulla perdita di biodiversità.

NFT: l’artista Damien Hirst ha bruciato 1000 dipinti

Damien Hirst, l’artista britannico più costoso di oggi, noto soprattutto per una serie di opere contraddittorie e provocanti, e che è stato uno dei primi a produrre arte anche sotto forma di NFT, ha bruciato 1000 delle sue ‘opere fisiche’ e molto presto ne brucerà altre migliaia.

Damien Hirst che fa parte della cerchia di quegli artisti che hanno deciso di distruggere le proprie ‘opere fisiche’, di cui è stato creato un NFT, e martedì ha bruciato, in diretta Instagram, 1000 dei suoi lavori ed è intenzionato a rifarlo con altre sue opere. L’atto fa parte del suo progetto “The Currency”.

“The Currency” by Damien Hirst

Il progetto consiste in una collezione di 10.000 NFT (Non fungible token). Ogni ‘token’ corrisponde ad un dipinto fisico, dei punti multicolore realizzati con vernice smaltata su carta fatta a mano, con la sua firma. Ogni pezzo, inizialmente, aveva un costo molto di $2,000. Si tratta di un prezzo più accessibile rispetto a quelli per cui Hirst è conosciuto.

“Molte persone pensano che stia bruciando milioni di dollari di arte, ma non è così, sto completando la trasformazione di queste opere d’arte fisiche in NFT bruciando appunto le versioni fisiche, il valore dell’arte fisica non andrà perso, ma sarà trasferito al NFT non appena le opere vengono bruciate.” Questo quanto scritto, in una caption di Instagram, dall’artista riguardo al gesto effettuato.

I collezionisti, un anno dopo aver scelto di acquistare un pezzo della collezione “The Currency”, sono stati chiamati a fare una scelta. Potevano prendere il dipinto, il che avrebbe significato perdere il fattore NFT, oppure potevano tenere l’NFT. In questo ultimo caso, il dipinto sarebbe stato bruciato.

Gli acquirenti si sono ritrovati divisi, in modo equo, nelle loro decisioni. 5.149 hanno optato di scambiare il loro NFT per il dipinto originale e  4.851 invece hanno scelto l’NFT. I pezzi distrutti erano in mostra presso la Newport Street Gallery di Londra e sono stati bruciati durante la fiera d’arte Frieze London, che si è tenuta dal 12 al 16 ottobre. Le restanti opere sono ancora esposte alla Newport Street Gallery, e vi rimarranno fino al 30 Ottobre 2022.

Arte NFT

Quando parliamo di Non-fungible token (NFT), ci stiamo riferendo a dei certificati di “proprietà” su opere di natura digitale. L’acronimo Non-fungible token si riferisce a qualcosa di unico, che fa parte del mondo reale, come, in questo caso, appunto un’opera d’arte.

Il collezionista che intende acquistare un NFT non compra l’opera in sé, ma più semplicemente ottiene la possibilità di poter dimostrare un diritto sull’opera presa. Diritto che viene garantito tramite uno smart contract.

Per acquistare un NFT dobbiamo perciò servirci di una blockchain. Questa può essere definita come un database decentralizzato e immutabile, di cui nessuno possiede i diritti di modifica dei dati inseriti al suo interno.

Un NFT in poche parole è un identificatore digitale che conferma l’autenticità e la proprietà di un oggetto tangibile o digitale, e agisce come una sorta di ricevuta. Quello che lo rende prezioso però e la sua unicità.

Nel mercato dell’arte contemporanea, dove siamo abituati a scambiare l’arte come un bene, vedendola più che altro come uno strumento finanziario, le NFT sono un nuovo tipo di attività. Un attività che può essere mercificata anche se, l’energia necessaria per crearle, le ha rese notoriamente dannose per l’ambiente.

Sex Pistols vogliono dare un tocco punk al giubileo della regina Elisabetta

La regina Elisabetta II e i Sex Pistols sono stati collegati da quando i pionieri del punk hanno pubblicato la canzone “God Save the Queen” durante il Giubileo d’argento del 1977 che celebrava i 25 anni della monarca sul trono.

L’inno punk dei Sex Pistols, che ha lo stesso titolo dell’inno nazionale britannico, è stato ripubblicato in occasione del ‘Platinum Jubilee di Elizabeth’, e cioè per i 70 anni da regina di Elisabetta II.

Il cantante dei Sex Pistols John Lydon, precedentemente noto come Johnny Rotten, ha recentemente dichiarato all’emittente ‘Talk TV’ di essere “davvero, davvero orgoglioso della regina per essere sopravvissuta e per aver fatto così bene”.

I tempi sono molto cambiati dal 1977, quando “God Save the Queen” fu lanciata nel fine settimana del giubileo con un concerto dei Sex Pistols su un battello fluviale, la ‘Queen Elizabeth’, concerto che fu interrotto dalla polizia di Londra.

La canzone suscitò allora l’indignazione dei benpensanti inglesi, i membri della band furono attaccati per strada ed il brano fu bandito dalle maggiori trasmissioni radiofoniche e televisive. Nonostante ciò “God Save the Queen” raggiunse il numero 2 nelle classifiche, seconda solo a “I Don’t Want to Talk About It” di Rod Stewart, anche se ancora persistono voci secondo cui la canzone dei Sex Pistols avrebbe in realtà venduto più copie di quella di Rod Stewart.

La casa discografica della band spera che la riedizione di “God Save the Queen” possa questa volta raggiungere il numero 1, anche se non riuscì a scalare le classifiche quando venne ripubblicata per il Giubileo d’oro della regina nel 2002 e per il Giubileo di diamante nel 2012.

Anche la musica pop sta giocando un ruolo importante nei festeggiamenti per il giubileo di questa settimana. Un concerto fuori Buckingham Palace sabato vedrà la partecipazione di artisti tra cui Elton John, Alicia Keys, Duran Duran e Diana Ross, mentre Ed Sheeran si esibirà al concorso principale del giubileo di domenica.

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