Povertà in Toscana: 16 mila persone in più, il 55% under 35

Intervista di Chiara Brilli a Nicola Sciclone vicedirettore Irpet e l’assessora Spinelli

In Toscana “i numeri della povertà crescono nell’anno della pandemia, ma in maniera contenuta (+0,2%), grazie alle politiche messe in atto a livello nazionale e regionale. E questo ci dà preziosi indicazioni anche per il 2021 quando gli effetti della congiuntura economica si faranno sentire ancora di più”. Così l’assessora regionale alle politiche sociali Serena Spinelli sintetizza i contenuti del quarto rapporto sulle povertà in Toscana curato dall’Osservatorio regionale toscano in collaborazione con Anci Toscana e dal ”Dossier sulle povertà nelle diocesi toscane – anno 2020” di Caritas Toscana. Entrambi questi strumenti sono stati presentati oggi a Firenze nel corso di un evento online organizzato dall’Osservatorio regionale toscano e da Anci Toscana.

”Se confrontiamo i numeri assoluti del 2019 con quelli del 2020 – ha proseguito l’assessora Spinelli – notiamo che l’emergenza Covid produce in Toscana un aumento delle persone sotto la soglia della povertà di circa 16.000 unità: si passa infatti da 105.000 del 2019 a 121.000. Un dramma, certamente, ma contenuto e arginato fino a questo momento dall’insieme degli ammortizzatori sociali, dei contributi, dei ristori, dal rilancio delle assunzioni in comparti fondamentali del pubblico impiego, dal blocco dei licenziamenti. Politiche che hanno concretamente frenato l’aumento della povertà. A questo, in ambito regionale si sono aggiunte importanti misure di intervento già promosse e altre previste per corrispondere agli effetti sociali dell’emergenza sanitaria e per sostenere la rete dei servizi territoriali e il Terzo Settore”.

I rischi maggiori, secondo Serena Spinelli, sono nell’anno in corso, quando si concentreranno gli effetti della congiuntura economica: ”Nel 2021 le stime presentate oggi parlano di 58.000 persone che pur non trovandosi nella condizione della povertà, in assenza delle misure sopra richiamate, vedrebbero aumentare la probabilità di un peggioramento delle proprie condizioni di vita al punto da cadere sotto la soglia di povertà. La pandemia aumenta in maniera consistente il rischio povertà per fasce della popolazione finora non esposte a tale rischio e impone a tutte le istituzioni coinvolte di interrogarsi sull’adeguatezza delle risorse e degli strumenti a disposizione per rispondere al bisogno crescente”. Il rapporto annuale nell’anno della pandemia La presentazione del Rapporto sulle povertà in Toscana e del Dossier Caritas è un momento di riflessione sulle dinamiche relative al complesso fenomeno delle povertà in Toscana. Consente di monitorare nel tempo la sua evoluzione. nel tempo la sua evoluzione. In quest’anno incomparabile con tutti gli altri per la pandemia, gli estensori del rapporto, invece di analizzare l’anno precedente (che sarebbe stato il 2019) hanno deciso di offrire un’immagine attuale e in divenire degli effetti sociali dell’emergenza sanitaria sulle fasce più deboli della popolazione per offrire uno strumento da poter utilizzare nell’immediato.

I numeri della povertà La povertà assoluta è misurata confrontando il reddito familiare con le soglie di povertà assoluta, stimate dall’Istat per area geografica, tipologia di Comune e caratteristiche familiari (numerosità ed età dei componenti). Su queste basi 121.000 persone in Toscana vivono sotto la soglia di povertà pari al 5,4% della popolazione. Erano 106.000 (5,2%) nel 2019. L’arrivo della pandemia ha però rischiato di far salire esponenzialmente il numero: nella prima fase del lockdown la percentuale di poveri è salita addirittura al 9% arrivando a interessare 227.000 individui, per poi tornare a scendere grazie agli strumenti messi in atto fino al 5,4% finale.

Chi sono i ‘poveri’ in Toscana Al di sotto della soglia di povertà troviamo soprattutto persone giovani (ben il 55% dei poveri hanno meno di 35 anni), la situazione di indigenza tocca in misura maggiore le famiglie di immigrati (17,2% dei casi) e quelle numerose (il 15% di quelle con almeno 5 componenti). A livello territoriale le maggiori criticità si riscontrano nelle aree urbane, nella costa e nel sud della Regione. La pandemia e il lavoro Nel 2020 ogni toscano ha mediamente prodotto 3.400 euro di reddito in meno; un dato che corrisponde, secondo i ricercatori, a una caduta del Pil di 11 punti. Questa situazione non ha avuto effetti diretti sull’occupazione grazie alla cassa integrazione a al blocco dei licenziamenti. Secondo i rilievi statistici illustrati stamani, nel 2020 ogni toscano Secondo i rilievi statistici illustrati stamani, nel 2020 ogni toscano ha perso mediamente come reddito disponibile, in termini di potere d’acquisto, 730 euro ed ogni famiglia 1.600 euro. I redditi da lavoro autonomo sono scesi (-10%) più di quelli da lavoro dipendente (-5%), i giovani hanno avuto cali più consistenti (-6%) degli over 50 (-4%). L’emergenza Covid, hanno evidenziato i ricercatori, ha però toccato molto più duramente le fasce più deboli della popolazione: il lockdown ha avuto un effetto amplificatore della diseguaglianza ampliando la forbice tra ricchi e poveri.

 

 

 

 

Lavoro, Irpet: a rischio 60mila posti nella manifattura in Toscana

Sono 60mila i lavoratori e le lavoratrici della manifattura in Toscana potenzialmente a rischio di perdere il lavoro a causa della pandemia. Si contano già 4mila addetti in meno da marzo ad oggi.

E’ la stima dell’Irpet, secondo cui molti dei beneficiari della Cassa integrazione potrebbero non essere reintegrati al loro posto in prospettiva, viste le condizioni del settore.

La contrazione complessiva delle ore lavorate, da marzo a fine settembre, è pari al 23% del totale. Pisa, Livorno, Firenze ed Arezzo risultano i territori provinciali con la maggiore riduzione di unità di lavoro nella manifattura.

Nella provincia di Pisa, secondo quanto afferma l’Irpet nel suo barometro del Covid-19, ha inciso negativamente l’andamento osservato nel settore legato alla conceria; a Livorno quello della meccanica (automotive) e della chimica; al dato negativo di Firenze contribuisce soprattutto il ricorso agli ammortizzatori sociali della pelletteria. Ad Arezzo, infine, è la metal-meccanica (produzioni di metallo, apparecchi meccanici e macchine elettriche) a determinare la caduta delle unità lavorative.

Pil Toscana: Irpet stima -11% 2020, rischio -100mila posti di lavoro a fine anno 

Nel 2020 il Pil della Toscana avrà una flessione dell’11%, per effetto della crisi innescata dal Coronavirus, con un rimbalzo positivo del 4,9% nel 2021: è quanto afferma l’Irpet nel suo rapporto ‘La situazione economica, il lavoro e le disuguaglianze in Toscana ai tempi del Covid’ presentato oggi a Firenze.

Il Pil toscano avrà un andamento peggiore della media nazionale (-9% previsto nel 2020, +5,8% nel 2021), secondo l’Irpet, a causa del peso di esportazioni e turismo sull’economia regionale, entrambi particolarmente colpiti. Il calo dell’export verso l’estero dovrebbe essere del 18,7%, in linea col dato italiano ma con un impatto maggiore a livello regionale.
In termini di posti di lavoro, a fine maggio in Toscana si contavano 53.000 posti in meno rispetto a un anno prima, ma il rischio paventato dalla Regione è che a fine anno i posti perduti possano arrivare a 100.000. Per questo il governatore Enrico Rossi, presentando il rapporto insieme al direttore dell’Irpet Stefano Casini Benvenuti, ha invocato “un piano di investimenti che dia da lavorare almeno a 80.000 persone”, con un ruolo da protagonista affidato al soggetto pubblico.

IRPET: “Tracolla il Pil della Toscana”

Firenze, secondo quello che è emerso dal seminario “Effetto Covid sui consumi: come si evolve il marketing”, secondo IRPET, ci sarebbe un calo drastico del Pil della Toscana del 6% su base annua.

Ma sempre durante lo stesso seminario, organizzato ieri da Primavera d’Impresa, IRPET ha previsto che potrebbe arrivare al 12% se la situazione precipitasse con l’aumento della sfiducia dei consumatori e il mancato recupero degli investimenti persi dalle imprese nel corso delle settimane di lockdown.

“Effetto Covid sui consumi: come si evolve il marketing” è un’iniziativa regionale dedicata alle piccole e medie imprese toscane che innovano, promossa e organizzata dalla cooperativa CRISIS. Esperti e professionisti hanno analizzato gli scenari che si stanno svelando all’orizzonte, confrontandosi sulle strategie più efficaci per la ripresa. Sono intervenuti: Maria Sole Lensi, Digital Consultant–Alibaba.com Specialist di Adiacent, azienda di Var Group, Aleandro Mencherini, Digital Project Manager in Adiacent, Leonardo Ristori, RGR comunicazione e marketing 4.0, Daniele Pieraccioni, fondatore Mind4u, e Leonardo Ghezzi di IRPET.

Prima del lockdown, le previsioni sul Pil parlavano di una crescita risicata, ma comunque ancora su terreno positivo: 0,4%. “Oggi i numeri sono ben altri. Meno 6%, considerando stabile la propensione al consumo. “Per ogni euro guadagnato – ha specificato Ghezzi di Irpet – il consumatore in media spende 55 centesimi”.

“Ma se la propensione calasse, ad esempio da 55 a 50 centesimi, il calo del Pil passerebbe all’ 8%. Nel caso in cui il senso di sfiducia si allargasse anche ad un periodo più lungo e l’economia si presentasse più fragile il tracollo arriverebbe al 12%. La regione, ma in generale un paese, è uscito dal lockdown con le ossa rotta, con il segno meno in ogni settore e in ogni area di produzione”.

Coronavirus, Casini Benvenuti (IRPET): “necessario ripensare economia, Stato torni a fare regia”

Intervista con il direttore di IRPET (Istituto Regionale di Programmazione Economica della Toscana). “Questa è una crisi inedita, fare numeri oggi non ha senso”

“Serve ripensare l’organizzazione delle filiere, e la tendenza alla delocalizzaione, lo Stato dovrà guidare la riorganizzazione del sistema produttivo e sociale, rivedendo le priorità” dice Casini Benvenuti

Stranieri in Toscana: presentati in regione i dati su flussi migratori

Gli stranieri che vivono in Toscana sono in Italia da molto tempo: due su dieci ci risiedono da prima del 2000, il 73 per cento da almeno dieci anni. Lavorano, pagano le tasse, hanno messo su casa e famiglia. Su cento, quindici sono nati proprio in Italia e in gran parte sono ancora bambini o minorenni. Alla fine in Toscana non sono più del 12 per cento della popolazione presente: poco meno di 464 mila persone in tutto al 1 gennaio 2019. Rumeni, albanesi e cinesi più numerosi degli altri. E tra questi è compreso anche chi (si stima il 7,5 per cento) è privo di qualsiasi permesso o ce l’aveva e gli è scaduto.

I numeri sugli stranieri li dà l’Irpet, l’istituto di programmazione economica della Toscana, assieme a Caritas italiana, Fondazione Leone Moressa e Centro Studi Idos e Neodemos. Accade durante un seminario, organizzato in collaborazione anche con Anci Toscana (l’associazione dei Comuni), che si è svolto a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze, sede della presidenza della giunta regionale, ed è l’occasione per presentare anche l’Osservatorio sull’immigrazione di cui la Regione, da pochi mesi, ha deciso di dotarsi: per indagare meglio un fenomeno affidato troppo spesso a errate percezioni o a statistiche solo parzialmente sistematizzate.

Falsa – e contraddetta dai dati – sarebbe anche la rappresentazione per cui gli stranieri che vivono in Toscana e in Italia ricevano più sostegni ed agevolazioni pubbliche di quanto versino come tasse e contributi. I numeri dicono infatti che tra pensioni e sussidi di disoccupazione gli italiani ricevono sette volte il valore di quanto entra in tasca degli stranieri e che la differenza tra quanto versato e quanto ricevuto è doppia (e dunque più vantaggiosa) per gli italiani rispetto agli stranieri. E questo accade nonostante la maggiore presenza di ‘poveri assoluti’ (il 17-18% contro il 3% degli italiani) e nonstante che gli stranieri guadagnino meno in termini assoluti: il 31 per cento in meno in Italia, il 23 per cento in Toscana contro un gap del 30 in Lombardia e Emilia Romagna e del 40 nel Lazio. A volte accade per motivi riconducibili a età e titolo di studio, altre volte è indice – racconta sempre Irpet – di un trattamento discriminatorio, che Toscana riguarderebbe comunque solo due casi su dieci rispetto ad una media nazionale che è più del doppio.

La parola ‘straniero’ è forse una di quelle che più divide l’opinione pubblica. E’ spesso usata anche per intendersi persone che vivono condizioni molto diverse.
Si dice straniero intendendo chi vive da anni in Italia (e sono i più), sia chi invece è di passaggio. Ci sono stranieri poi che hanno acquisito un regolare permesso di soggiorno per motivi di lavoro, di ricongiungimento familiare, di studio e formazione o per motivi politici o religiosi: in Toscana sarebbero, sempre secondo Irpet, 433 mila, oltre il 93 per cento, di cui 417 mila con regolare residenza.

Ci sono gli stranieri che si trovano nelle strutture di accoglienza, in attesa di una decisione sulla loro richiesta di asilo. In Toscana a dicembre 2017 se ne contavano 11.607 nei Cas ed altri 1148 negli Sprar, passati rispettivamente a 6386 e 1278 nel 2019. C’è chi infine è senza alcun permesso né ha inoltrato richiesta di asilo (e magari dall’Italia vuole proseguire il suo viaggio verso altri paesi): circa 31 mila, probabilmente.

Un altro dato appare evidente. La popolazione toscana diminuisce. Nel 2017 ha perso 18 mila abitanti ed ha registrato per il terzo anno consecutivo un saldo negativo, essenzialmente dovuto alla differenza tra nascite e morti. Il saldo naturale con segno meno non è una novità: la prima volta è stata nel 1977. Dal 2000 gli abitanti sono aumentati solo grazie agli arrivi dall’estero, che hanno contributo a ridurre l’invecchiamento demografico. Ma di recente anche la popolazione straniera ha rallentato la propria crescita, passando dal 13,5% del 2003 all’1,4 per cento del 2018. Sono diminuite le nascite ma anche i permessi di soggiorno per motivi di lavoro, passati dai 20 mila del 2010 agli appena 563 del 2017.

Nel frattempo in venti anni quasi 129 mila persone in Toscana – per motivi di residenza, matrimonio o perché figli di un matrimonio misto – hanno acquisto la cittadinanza italiana. Grossomodo gli stessi italiani (128.583) che nell’ultimo anno, come recita il rapporto della Fondazione Migrantes, sono fuggiti all’estero dal Belpaese in cerca di un futuro migliore. Oramai non vive in Italia l’8,8 per cento degli italiani (quasi 5 milioni e 300 mila persone al 1 gennaio 2019); tredici anni fa erano poco più di 3 milioni. La regione che nel 2018 ha registrato più partenze è la Lombardia, seguita da Veneto e Sicilia. Ma tra chi ha deciso di partire non sono stati pochi neppure i toscani.

L’assessore regionale Vittorio Bugli, intervistato da Lorenzo Braccini

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