🎧 Toscana: l’export salva la ripresa, male l’occupazione

Il rapporto dell’Irpet sui dati economici ed occupazionali basati sul confronto aprile 2021, 2020 e 2019 nell’ultima indagine sull’economia in Toscana.

E’ stato presentato il rapporto dell’Irpet – l’Istituto regionale della programmazione economia della Toscana – sull’economia in Toscana e che confronta i mesi di aprile 2021, 2020 e 2019. Dunque dall’anno dei record positivi pre-crisi, l’anno della pandemia e la situazione attuale. E il quadro che viene fuori è fatto di luci ed ombre. Prima le luci, dunque sicuramente l’export.

La Toscana vede crescere l’export ad un tale livello da superare tutte le regioni italiane, comprese quelle considerate più dinamiche e produttive, come la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna. Ed in più vede crescere questo dato anche rispetto al 2019 come – come dicevamo – era stato un anno molto positivo.

Tutto bene dunque? Non esattamente, soprattutto per quello che riguarda l’occupazione. In breve, la situazione migliora grazie all’export e questo ha ricaduta sulla Cassa integrazione che infatti diminuisce. Le aziende migliora le loro performance ma per il momento si limitano a diminuire il ricorso alla Cig, ma non si azzardano ancora ad assumere.

Dopo le incertezze e le gravi dovute alla pandemia, chi va bene aspetta di vedere la posizione consolidarsi prima di assumere. La speranza è dunque che i dati positivi facciano da traino e inducano le imprese a tornare ad assumere. Il confronto con il 2019 è da questo punto di vista impietoso. A marzo 2021 mancavano rispetto a due anni prima 67 mila avviamenti al lavoro.

E se sul versante della produzione industriale i dati sono molto buoni, da questa tendenza positiva resta tagliato fuori  per il momento il comparto moda, dunque tessile e filati. E questo dato si spiega con la flessione drammatica vissuta dal settore moda nella nostra regione durante la pandemia. “E’ stato tale il tonfo di quel settore che la risalita è più lunga, lenta e difficile”, ha raccontato ai nostri microfoni Nicola Sciclone, il Direttore dell’Irpet.

Puoi riascoltare l’intervista integrale a Nicola Sciclone in Podcast.

Irpet: riparte la produzione in Toscana trainata export, occupazione con segno negativo

Export traina la ripresa, con le vendite estere del primo trimestre 2021 secondo Irpet. Giù l’occupazione in settori come turismo e commercio

Segni di ripresa economica, sempre più marcati ma con riflessi assai più lenti per quanto riguarda il mercato del lavoro. Cresce la domanda internazionale – mentre appare ancora debole quella interna – e l’economia toscana, da sempre vocata all’export, ne approfitta. La produzione industriale regionale, spiega l’Irpet nell’ultima nota congiunturale di luglio 2021, appare infatti in ripresa a rimorchio delle esportazioni.

Certo, chiarisce sempre l’Irpet, non vale per tutti i settori. Al comparto Moda (e in particolare per quanto riguarda il settore di tessuti e filati) manca ancora un quarto della produzione che aveva prima della crisi innescata dall’emergenza sanitaria e dalle restrizioni che ne sono conseguite. Anche per questo ad aprile, rispetto allo stesso mese del 2019 (un anno prima della pand​emia), la Toscana sconta ancora un ritardo del 4,8 per cento sulla produzione industriale. Ma tolta la Moda, tutti gli altri principali settori hanno recuperato i precedenti livelli produttivi. E c’è anche chi, come le industrie che producono apparecchi elettronici, elettrici, ottici e computer, sono cresciuti a due cifre, del 14 per cento.

Merito per l’appunto dell’export, con le vendite estere toscane che nel primo trimestre 2021, rispetto agli stessi tre mesi del 2020, sono cresciute di più della media italiana (del 14,2 per cento contro il 6,1). La Toscana è la regione con la performance migliore da questo punto di vista. Ma cresce – del 5,87 per cento – anche rispetto ai valori pre-crisi del primo trimestre 2019. Solo il mercato di filati e tessuti appare, per l’appunto, in crisi, con il segno meno che accompagna comunque anche il settore del cuoio e della pelletteria (rispetto almeno al 2019, – 11 per cento) e, tra i più rilevanti, i prodotti in legno (- 15%), la carta e stampa (-9.9%) e i minerali non energetici (-22 per cento).

Secondo l’Irpet quanto ad occupazione, mancavano all’appello a marzo 2021, rispetto al 2019, 67mila avviamenti (-26%) e 11mila addetti alle dipendenze (-1%). In particolare la flessione è forte nei servizi turistici (-14,8 per cento sul 2019 e -7,4 per cento sul 2020), nei settori finanziari, il commercio al dettaglio e l’insieme del made in Italy.

Da aprile 2020 a maggio 2021 le ore di cassa integrazione guadagni autorizzate in Toscana, solo quelle per l’emergenza sanitaria, ammontano a 356 milioni. Tantissime. Basta pensare che dal 2009, primo anno della grande crisi economico-finanziaria arrivata dall’America, al 2014 ne erano state autorizzate ‘solo’ 308 milioni. Rispetto comunque all’anno scorso il monte ore di aprile e maggio di tutti i settori è inferiore, con la sola eccezione dei settori di alloggio, ristorazione e commercio: si tratta complessivamente di 18 milioni di ore in meno di ricorso alla cassa integrazione, pari ad una flessione del 16 per cento

Irpet, in Toscana 21.000 dipendenti in meno nel 2020 

Irpet: sono quasi 21.000 le posizioni di lavoro dipendente scomparse nel 2020 in Toscana, soprattutto lavoratori a termine non protetti dal blocco dei licenziamenti.

Lo afferma l’Irpet nel suo ultimo Barometro sugli effetti economici del Covid secondo cui il lavoro a tempo indeterminato ha avuto un incremento netto di 7.000 posizioni stabili mentre i rapporti a tempo determinato sono calati di 24.000 unità con anche quasi 4.000 apprendistati in meno. Per l’Irpet le categorie più colpite dagli effetti della crisi sono stagionali, professioni intermedie, donne e persone sotto i 30 anni di età. Risulta in calo la domanda di lavoro in tutti i settori del made in Italy; drastico il calo dell’occupazione nei servizi turistici mentre il lavoro domestico nel 2020 ha accresciuto la propria dotazione di oltre 11.000 posizioni dipendenti “probabilmente il frutto – scrivono i ricercatori – di una maggiore necessità di assistenza da parte della famiglie e dell’emersione di una quantità di rapporti irregolari, che per sopravvivere alle restrizioni alla circolazione hanno trovato la via della regolarizzazione”.
Si legge nel Barometro Irpet: Come spesso accade, l’eterogeneità della crisi ha comportato il deterioramento delle posizioni di lavoro più fragili, dei contratti flessibili, del lavoro dei più giovani, delle donne e delle professioni manuali. Lo svantaggio si è concentrato soprattutto sul versante delle opportunità di accesso al mercato, quello degli avviamenti, mentre le cessazioni mostrano un andamento più allineato alla media. In queste categorie, quindi, il minor input di lavoro non è controbilanciato dal fermo delle posizioni esistenti e la somma degli scarti dalla media – in altre parole il danno cumulato tra le minori opportunità di assunzione4 e le probabilità di uscita5 – misura uno svantaggio di vari punti percentuali, circa 3 nel caso dei lavoratori flessibili e dei lavoratori manuali qualificati. A questa evidenza va purtroppo aggiunto che le dimensioni di svantaggio si sommano fra loro, giustificando le forti preoccupazioni per l’allargamento dell’area dello scoraggiamento e dell’inattività sul mercato del lavoro.

🎧 Toscana: Pil 2020 giù del 12%. Persi 123mila posti di lavoro

Sono i dati che emergono dal rapporto Irpet ‘La Toscana un anno dopo l’epidemia. Bilancio e prospettive’ presentato oggi in un evento online con istituzioni, associazioni di categoria e sindacati. La nostra intervista con il curatore del rapporto NICOLA SCICLONE

Nel 2020 il Pil della Toscana è calato del 12%, bruciando 14 miliardi di euro per effetto della crisi generata da pandemia e lockdown, mentre nel triennio appena iniziato si stima una crescita del 3% per il 2021, del 3,6% per il 2022, e del 2,2% per il 2023: sono i dati che emergono dal rapporto Irpet ‘La Toscana un anno dopo l’epidemia. Bilancio e prospettive’ presentato oggi in un evento online con istituzioni, associazioni di categoria e sindacati. La mortalità d’impresa, secondo l’Irpet, rischia di raddoppiare per effetto del Covid: nel 2021 si stima che la probabilità media di morire di un’impresa sarà, nel manifatturiero, pari al 5,9% quando, in tempi normali, si valuta che possa essere attorno al 3%. Nel mondo del lavoro si contano 117mila dipendenti in meno, di cui 23mila persi e 94mila ‘congelati’, con 192 milioni di ore di lavoro in meno pari a 908 milioni di retribuzioni perse. L’Irpet teme “un deterioramento del mercato del lavoro che, dopo il congelamento attuale, potrebbe avere una fuoriuscita di persone dal processo produttivo pari a circa 33mila unità”, e dunque “si rischia di avere 58mila poveri in più”.

Gli ultimi mesi hanno lasciato una ferita profonda nell’economia, sottolinea l’Irpet, istituto regionale per la programmazione economica. Un anno dopo la pandemia da coronavirus, ancora non conclusa, gli ingranaggi del motore principale della Toscana, quello spesso legato all’export e in passato più capace di generare ricchezza e sviluppo, risentono pesantemente ancora della crisi. E il consiglio di Irpet (qui il rapporto integrale) è quello di spingere sugli investimenti e farlo con rapidità, utilizzando per questo la più ampia quota possibile delle risorse europee a disposizione e ripartendo dalle imprese più dinamiche capaci di generare negli anni reddito ed occupazione. Ce n’era un nucleo apprezzabile, prima della pandemia, e la sfida è quella di innescare ulteriori nuove esperienze positive. Un percorso lungo fatto di piccoli passi, con lo sguardo volto al medio periodo ed  ‘efficienza’, come parola chiave,  affiancata a ‘sostenibilità’.

La crisi mondiale frena l’export
La recessione innescata dalla pandemia ha indebolito la Toscana centrale e i sistemi tradizionali del ‘made in Italy’. Si parte da qui in un confronto on line organizzato da Irpet, presenti politica e rappresentanti del mondo economico, che vuole essere bilancio ma anche laboratorio di nuove prospettive. Nel 2020, si spiega, è arretrata la produzione industriale (-14,7 per cento) e sono crollati per la prima volta i servizi (-11,3 per cento).  Sono stati bruciati 14 miliardi di euro di Pil, una caduta che riporta il prodotto interno lordo regionale ai livelli di venticinque anni fa: il calo è del 12 per cento, superiore al meno 8,9 nazionale  – per via della maggiore dipendenza dell’economia toscana dall’export, che in passato l’ha fatta invece crescere  più di altre regioni – e che è tre volte quanto perso nel  2009, che era stato il peggior anno dopo la crisi finanziaria americana, quando la flessione del Pil fu di quattro punti.

Ad essere colpiti sono stati stavolta in particolare la moda e l’economia del tempo libero (dalla ricettività alla ristorazione alle attività ricreative). Tengono agroalimentare, farmaceutico e attività legate all’uso dell’informatica. La recessione ha per di più colpito le categorie più fragili: giovani, donna e immigrati. E molti sono scivolati verso il basso nell’ordinamento sociale: i lavoratori (sia autonomi sia dipendenti) e tra questi, più di altri,  le giovani coppie con figli.

Ripresa del Pil ma rischio licenziamenti
Nel 2021, stima l’Irpet, il Pil toscano tornerà a crescere con un più 3 per cento: un ripresa più lenta di quanto atteso e minore che nel resto d’Italia, legata ancora alle dinamiche dell’export. La previsione, aggiornata a marzo, deve peraltro fare i conti con un virus che più volte ha spiazzato le stime degli economisti. Ma con la fine del congelamento, per legge, dei licenziamenti economici, rischiano di aumentare i poveri assoluti, ovvero quelle famiglie e persone  che non possono permettersi neppure le spese minime per condurre una vita accettabile. Se ne potrebbero contare 58 mila in più, nel caso di 33 mila licenziamenti.

Il 2020 ci consegna del resto già 23 mila posti di lavoro persi e 94 mila congelati, ibernati dall’eccezionale ricorso agli ammortizzatori sociali. In tutto  24 milioni di giornate di lavoro in meno, traducibili in 908 milioni di euro di retribuzioni sparite in Toscana dalle tasche dei lavoratori.  Con gli autonomi, i posti di lavoro persi nel 2020 salgono a 158 mila.

I settori più colpiti
Il grande malato è il turismo, ma gli fanno buona compagnia, dentro al manifatturiero, la meccanica, la pelletteria, il cuoio e le calzature, il tessile e l’abbigliamento e, nei servizi, commercio e trasporti.  Nel 2019 il 44 per cento delle lavoratrici e lavoratori rimasti senza impiego trovavano una nuova significativa occupazione entro sei mesi, mentre nel 2020 mediamente ci è riuscito solo il 35 per cento (e ancor meno tra giovani, stranieri e donne).

Soffrono le aree più forti, come i distretti di Prato, San Miniato ed Arezzo. I sistemi legati al manifatturiero tipico del ‘made in Italy’ hanno subito un contraccolpo maggiore dei sistemi locali turistico balneari.  Sono nate cinquemila imprese in meno di quelle che, sulla base dell’andamento del recente passato, uno si sarebbe immaginato. L’incertezza ha infatti scoraggiato l’avvio di nuove attività imprenditoriali.  Le imprese attive fortunatamente si sono ridotte, per ora, solo dello 0,4 per cento.  Ma alta rimane l’incertezza sul futuro, visto che il 62 per cento delle aziende  attende un’ulteriore diminuzione del fatturato nei prossimi mesi. Solo il 6 per cento prevede nel 2021 di aumentare gli investimenti.

Bonus e ammortizzatori sociali
La crisi ha già ridotto i redditi delle famiglie: sono calati mediamente del 3,8 per cento (1.650 euro in meno in un anno), ma sarebbero diminuiti del 7,8 per cento (3.400 euro) senza bonus e ammortizzatori sociali. Così come sarebbero stati assai di più i nuovi poveri: nel 2020 se ne sono contati alla fine in Toscana 16 mila in più (121 mila in tutto), ma ce ne sarebbero stati, senza gli aiuti pubblici,  altri 123 mila. Il che non esclude che quei 123 mila siano comunque finiti nel 2020, per qualche tempo e in qualche momento, nella condizione di povertà assoluta.

Il ‘tesoretto’ (per la Toscana) dei risparmi forzati 
I consumi sono comunque diminuiti più dei redditi disponibili. L’incertezza sul futuro – o semplicemente l’impossibilità di viaggiare o andare al ristorante –  ha generato un risparmio forzato.   E questo alla fine potrebbe rivelarsi un vantaggio per la Toscana, appena tutto ripartirà, perché, in un sistema produttivo fortemente orientato alla produzione di beni di consumo e servizi legati al tempo libero come quello toscano, l’effetto rimbalzo potrebbe alla fine rivelarsi più elevato.  Un ‘tesoretto’ a cui attingere, assieme ai fondi del Next generation Europe che potrebbero valere per la regione 12 miliardi da qui al 2026 (due miliardi l’anno).

Turismo: Federalberghi, in Toscana persi migliaia posti lavoro

‘Da dati Irpet entrate dimezzate, istituzioni intervengano”. Federalberghi: calo 45% presenze turistiche e circa meno 27.000 posti di lavoro tra gennaio e settembre

Nel 2020, a causa della crisi economica generata dalla pandemia, in Toscana si è registrato un calo di circa il 45% delle presenze turistiche – quello straniero segna meno 68% – e del 57% della spesa complessiva nel settore.

È quanto emerge da uno studio di Irpet – come riferisce Federalberghi Toscana – secondo la cui stima questo calo si traduce in una riduzione di circa 5,8 miliardi di spesa (cifra pari a oltre la metà del calo del Pil 2020 della Toscana) e in circa meno 27.000 posti di lavoro tra gennaio e settembre: oltre la metà sono nelle città d’arte, più di 8000 solo nell’area fiorentina. Sono mancate poi circa 6000 posizioni lavorative nelle destinazioni balneari, meno di 5000 in quelle collinari e 1.600 in quelle di montagna.

“Chiediamo con forza a tutte le Istituzioni di mettere in campo ristori ed aiuti commisurati alla reale perdita di fatturato – sottolinea il presidente di Federalberghi Toscana, Daniele Barbetti -. Il 2021 – aggiunge – si preannuncia un anno difficile quanto il 2020 per le attività ricettive e turistiche, con mercato estero che sarà quasi assente nei primi sei mesi e con un mercato interno la cui capacità di spesa sarà ridotta a causa dell’effetto sui redditi della crisi economica in atto. Per la ripresa sarà determinante l’efficacia e la tempistica del piano di vaccinazione. Quello turistico è un settore cruciale per l’economia della Toscana e dell’Italia. Ci auguriamo che la nascita del nuovo ministero del Turismo con portafoglio sia un segnale di attenzione verso l’industria del turismo, che merita più risorse e politiche di sviluppo adeguate”.

Covid e crisi economica: Nardella, progetto no tax area in alcune zone

Covid e crisi economica: “C’è il progetto di una no tax area per” parti “ristrette del territorio particolarmente danneggiate dalla pandemia al fine di ridurre i carichi fiscali, gli adempimenti e prevedere specifiche agevolazioni. Dobbiamo essere onesti nel dire che la città dovrà far fronte sicuramente a momenti difficili e anche alla prospettiva di chiusure di aziende”. Lo ha detto il sindaco di Firenze Dario Nardella, nel corso di un intervento in Consiglio comunale a Firenze, ieri incentrato sulle ripercussioni economiche del Covid in città.

Nardella ha ricordato “il Patto per il lavoro e lo sviluppo che abbiamo già condiviso con gli stakeholder della città” e anche la “proposta cosiddetta ‘Aleotti-Petretto’ legata all’istituzione di un credito d’imposta che andrebbe riconosciuto a persone fisiche e persone giuridiche che intendono sostenere indirettamente le piccole e medie imprese del proprio territorio, innescando quindi un circuito virtuoso”.
Il sindaco ha ribadito che questo patto è “uno strumento ideale per rilanciare l’impatto decisivo delle infrastrutture pubbliche. A Firenze abbiamo un potenziale di investimento di 1miliardo e 150 milioni sulle reti tramviarie”. Sui piani nazionali di rilancio “è fondamentale che le scelte che verranno fatte siano condivise con noi sindaci e con i Comuni”.
“Tutti dicevano che la precedente recessione, quella del 2009, era la peggiore del dopoguerra: ora però i valori sono negativi e peggiori. Siamo partiti da 105mila poveri in Toscana, nel 2020 per qualche mese siamo arrivati a 227mila poveri, scesi a 121mila dopo gli interventi di aiuto. Nel 2021 però ci aspettiamo un incremento di 58mila nuovi poveri“. Lo ha detto il vicedirettore dell’Irpet Nicola Sciclone, durante un intervento in Consiglio comunale a Firenze.
Sciclone ha sottolineato che “il mercato del lavoro è ibernato, ma nel 2021 rischia di implodere se la congiuntura non riparte in modo adeguato. Rispetto al 2009 abbiamo molti lavoratori in cassa integrazione”. La produzione industriale “a Firenze è calata del 19%, più della Toscana, che ha un -17%. Peggio di Firenze ci sono Prato e Arezzo, per i problemi nei settori del tessile, dell’oreficeria e della moda”.
Per il vicedirettore dell’Irpet tra i vantaggi che può avere Firenze per una ripresa c’è quello “della multisettorialità. Rispetto ad altri territori questa città ha più carte da giocare, ha un tessuto variegato di imprese, più competenze da cui ripartire. Ha poi in cantiere una serie di investimenti infrastrutturali che sono molto importanti”.
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