Irpet: giro affari economia illegale toscana ammonta a 1,2 miliardi

Coi 10,1 miliardi del sommerso si va all’11,7% del Pil regionale. E’ quanto stima il rapporto Irpet 2023 su illegalità e criminalità organizzata nell’economia regionale

Nel confronto nazionale, secondo lo studio dell’IRPET,  la Toscana è al 16/o posto per indicatori oggettivi di presenza di crimine organizzato, come associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere, interdittive antimafia; al 13/o per indicatori spia di controllo del territorio, come attentati, sequestri, estorsione, usura e corruzione; al 9/o posto per indicatori di esercizio di attività illecite, come riciclaggio, contraffazione, contrabbando, stupefacenti, reati del ciclo dei rifiuti, sfruttamento della prostituzione.

Il fenomeno delle infiltrazioni delle mafie straniere, secondo l’Irpet, suscita particolare allarme per i legami che può instaurare con le mafie locali, in particolare la mafia cinese, con elevati tassi di criminalità economico finanziaria, e la mafia albanese, specializzata nel traffico internazionale di droga. Il rapporto invita a considerare le imprese cosiddette cartiere (quelle nate con intenti di evasione, elusione o riciclaggio attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti) che incidono per il 3,6% del totale, con punte nel settore finanziario-assicurativo (6,6%), costruzioni (5,8%) e commercio (5,4%).

Sempre stando allo studio dell’IRPET, La mortalità aziendale in eccesso si addensa prevalentemente nell’abbigliamento e nella pelletteria e calzature (Prato, Empoli). Il ricorso in eccesso al part-time riguarda in particolare Prato, dove supera il 40% dei contratti, soprattutto nel settore dell’abbigliamento. Per il reato di contraffazione, 8 province su 10 sopravanzano il valore mediano nazionale, mentre Firenze, Prato, Grosseto e Livorno si posizionano nel gruppo delle province italiane con i valori più elevati. In tema di segnalazioni di operazioni sospette comunicate all’Uif della Banca d’Italia, Prato compare tra le prime cinque province d’Italia, seguita da Siena, Firenze e Lucca. Il numero di reati denunciati relativi al ciclo dei rifiuti colloca la Toscana in 9/a posizione, dopo il periodo critico tra il 2016 e il 2019 (4/a posizione).

Contesti di particolare criticità sono rappresentati dagli scarti tessili del distretto pratese, dal commercio degli indumenti usati e dai rifiuti dell’industria conciaria. Le procedure di lavori pubblici associate al Pnrr (il 17% del totale regionale, 1.200 su 6.700), secondo Irpet si caratterizzano per migliori performance rispetto alle restanti e, in alcuni casi, anche rispetto alle dinamiche registrate nel recente passato in Italia e in Toscana. Le stime Irpet quantificano in Toscana un valore aggiunto legato al lavoro irregolare di 3,6 miliardi, pari al 3,7% del valore aggiunto regionale. Nel 2020 il numero di occupati irregolari era pari a 168mila unità, il 10,2% del totale.

L’evasione contributiva legata al lavoro irregolare è stimata per la nostra regione nell’ordine di circa 604 milioni di euro. Una quantificazione dell’Irpef evasa in Toscana restituisce un ammontare di poco superiore a 2,5 miliardi di euro, in linea con la media nazionale.

 

Firenze, CGIL: 70% del lavoro nel settore turismo è precario

Secondo la CGIL, nel 2022, dei circa 270 mila lavori offerti nel 2022, appena il 12,6% era a tempo indeterminato; la maggioranza assoluta (il 52%) era rappresentata contratti a termine, a cui vanno aggiunti oltre il 10% in somministrazione e poco più del 7% intermittenti.

Altroché redistribuzione della ricchezza e ricadute positive sui lavoratori. A ben guardare i numeri, il bengodi turistico, nell’area metropolitana fiorentina, è appannaggio di pochi eletti. Per i rimanenti, la stragrande maggioranza, l’orizzonte è quello di una precarietà spesso spinta. Secondo  i dati della CGIL,  infatti, nel 2022, dei circa 270 mila lavori offerti nel 2022, appena il 12,6% era a tempo indeterminato; la maggioranza assoluta (il 52%) era rappresentata contratti a termine, a cui vanno aggiunti oltre il 10% in somministrazione e poco più del 7% intermittenti.

A tracciare il quadro sono Cgil e Filcams di Firenze con Gianluca Lacoppola e Maurizio Magi. “Le principali cause di questa offerta di lavoro precaria sono da ricondurre, a grandi linee, oltre che alle norme sul lavoro, alla forte flessibilità delle produzioni, e più in generale delle attività economiche, e a un tessuto economico poco predisposto da un lato al rischio di impresa e dall’altro agli investimenti sul lavoro”. Il quadro però non è uniforme in tutta la Città metropolitana. Nei territori a maggior vocazione manifatturiera e a scarsa incidenza turistica (come l’Empolese e la Piana fiorentina) le assunzioni a tempo indeterminato sono intorno al 20% e maggiore è l’uso dell’apprendistato (doppio rispetto alla media metropolitana).

Nel capoluogo, invece, è tutta un’altra storia. “Firenze si contraddistingue per essere un condensatore di precarietà. I contratti a tempo indeterminato sono stati meno del 9% del totale dei lavori offerti nel capoluogo, mentre quelli a tempo determinato sono stati il 50%. – aggiungono i due esponenti della Cgil – Come già sottolineato dall’Irpet, l’estrema precarietà offerta a Firenze è spiegabile con la forte incidenza dell’industria turistica. Una vocazione quasi monocolturale che, nonostante ormai abbia perso i tratti della stagionalità, non ha perso quelli della precarietà”. In un contesto di sostanziale parità di genere nell’avviamento al lavoro (51% di donne e 49% di uomini), il rapporto varia a inverte a seconda del tipo di contratto: prevalenza di uomini per tempo indeterminato e apprendistato, più donne in caso di somministrazione e lavoro domestico, mentre per i contratti a termine si registra un sostanziale equilibrio

Sicurezza, toscani meno preoccupati e reati stabili. Presentato il rapporto Irpet

Toscani meno insicuri e delittuosità stabile, presentato il rapporto Irpet in Regione Toscana sulla sicurezza. Dati relativi all’anno 2021. Ascolta il direttore Nicola Sciclone (AUDIO)

Toscana sicura o per lo meno, stabile per tasso di delittuosità. Da 20 infatti la nostra regione è al sesto posto della graduatoria regionale, con 3812 reati per 100 mila abitanti nel 2021, al di sotto delle principali regioni del centro nord. E’ uno dei principali dati che emerge dal rapporto Irpet sulla sicurezza in Toscana, presentato oggi in regione.

Ed anche i cittadini avrebbero diminuito la loro percezione di insicurezza dal 37% del 2016 al 18% del 2021. Con riferimento poi alla gravità dei reati quelli più violenti sono tra i più contenuti in Italia. ‘Nonostante che oggi molti reati comuni vengano resi noti e diffusi sui social, amplificandone l’eco e la percezione, non c’è su questo fronte uno specifico allarme”, sottolinea il direttore di Irpet, Nicola Sciclone, a proposito del rapporto sulla sicurezza.

“L’analisi Irpet ci restituisce una fotografia della situazione a tratti incoraggiante ma sarebbe sbagliato abbassare la guardia”, commenta l’assessore regionale alla sicurezza Stefano Ciuoffo che ribadisce “Serve proseguire il lavoro di squadra con le forze dell’ordine e l’impegno costante a creare reti di socialità per rendere sempre più vivaci e quindi sicure le nostre comunità”.

Sono tre le province toscane che si classificano tra le prime 25 in Italia per incidenza di delittuosità. Si tratta di Firenze (settima, con un tasso di 4.719), Prato (ottava con 4.403) e Livorno (nona con 4.257). La classifica sulla sicurezza toscana vede Siena come la realtà con minore incidenza (87esima con un tasso di 2.548 contro una media nazionale di 2.976), preceduta da Arezzo, 75esima con 2.724, a sua volta preceduta da Pistoia, 41esima con 3.228. Sopra di lei Lucca, trentesima con 3.389, Massa Carrara, ventiseiesima con 3.509, Grosseto, ventiduesima con 3.569 e Pisa, ventunesima con 3.624.

Sempre sul fronte sicurezza, la Toscana è al tredicesimo posto tra le regioni italiane quanto a omicidi volontari consumati o tentati, diciassettesima per omicidi colposi e quattordicesima per violenze (minacce, percosse, lesioni dolose, violenze sessuali, sequestri di persona). E’ per furti con destrezza, in abitazioni, esercizi commerciali e da auto in sosta che sale in classifica fino ad arrivare al quinto posto i n Italia, e al quarto per furti di autoveicoli, scooter, moto e relativi danneggiamenti.

Rispetto alla percezione del rischio sicurezza da parte dei cittadini intervistati, la percentuale di coloro che hanno risposto di percepire “abbastanza” o “molto” il rischio di criminalità nella zona in cui abitano, è calata dal picco del 37% raggiunto nel 2016 al 18% del 2021. Cresce invece la percentuale di coloro che dichiarano di sentirsi sicuri camminando da soli quando è buio. Gli intervistati che hanno risposto con un “abbastanza” o “molto sicuro” sale dal livello minimo di poco oltre la metà raggiunto nel 2016 al 67% del 2021.

Irpet, cultura: “Visite ai musei inferiori ai livelli del pre-pandemia”

La crisi Covid colpisce la cultura. Lo dice uno studio dell’Irpet che conferma come le attività culturali siano tra le più colpite dalla crisi sanitaria, ma anche dalle conseguenti contrazioni del reddito. Nel 2021, in Toscana i consumi legati al mondo della cultura sono rimasti al di sotto dei livelli pre-pandemici.

In base alle prime stime aggregate per il 2022, su scala nazionale, né il volume dei consumi né l’occupazione di settore sono ancora riusciti a tornare al livello del 2019, anche se il gap si è progressivamente ridotto. E’ il quadro che emerge dall’ultima nota dell’Osservatorio regionale della cultura redatta da Irpet post Covid.

L’analisi, si spiega, prende in considerazione gli ultimi dati disponibili che si fermano al 2021 e confermano la presenza di difficoltà soprattutto dal lato della domanda. Sono infatti i consumi, spiega Irpet, che stentano a tornare ai livelli pre-Covid e ciò implica conseguenze anche sull’occupazione. Per quanto attiene ai musei i visitatori rilevati dall’indagine Istat sono stati poco più di un terzo di quelli del 2019 (36%) a causa soprattutto del mancato contributo della componente straniera (18% rispetto al 2019), imputabile alla persistenza di alcuni vincoli ai viaggi e alle visite.

Sul 2022 non sono ancora disponibili dati completi, ma dai bilanci di alcune grandi strutture, spiega la nota di Irpet, “si ricava un trend in rapido miglioramento”. La nuova spinta al turismo e la fine delle restrizioni potrebbero aver giocato un ruolo determinante. Infatti la ripresa dei flussi potrebbe aver riportato i livelli nei musei su valori vicini a quelli del 2019.

Sul fronte dell’occupazione, nelle biblioteche si registra una contrazione degli addetti, sia interni che esterni, con distribuzione diversa in funzione della dimensione delle strutture: le più piccole hanno perso soprattutto addetti esterni, quelle medie e grandi anche addetti interni. Per lo spettacolo, infine, gli operatori attivi nel 2021 sono stati il 70% di quelli del 2019, con una contrazione più intensa nel caso dei lavoratori autonomi.

🎧 Irpet, arriva il rapporto sull’economia della Toscana

Il nuovo anno si apre con il consueto rapporto dell’Irpet sull’economia della Toscana. Una regione che regge i colpi pesanti provocati dagli eventi internazionali, che prova a sfruttare la grande occasione che arriva dal Pnrr. Ma che si trova anche a dover fare i conti con un tessuto economico e sociale reso più debole e fragile e con un clima di sfiducia ed incertezza verso il futuro.

Nel 2022, sulla scia del rallentamento dell’economia internazionale, anche quella toscana ha frenato, soprattutto dopo l’estate. Con un andamento comunque positivo riguardo a produzione industriale, esportazioni e mercato del lavoro. La prima ha segnato un +3,4% nei primi 9 mesi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nello stesso periodo esportazioni a +7,3% con un’ulteriore accelerazione nel terzo trimestre. I livelli occupazionali, secondo Irpet, hanno superato non solo quelli dell’anno prima ma anche quelli pre-pandemia. +4,6% nel periodo gennaio-ottobre e +6,5% rispetto al 2019. In particolare è aumentata la domanda di lavoro stabile. Tra gennaio-ottobre le trasformazioni da lavoro a termine a lavoro stabile sono state 45mila, il valore più alto dal 2019.

Le stime Irpet 2022 sul Pil indicano un +3,9% (+3,5% nazionale), un valore più basso rispetto alle attese elaborate prima dello scoppio della guerra in Ucraina. Ma comunque maggiore di quanto l’evoluzione delle vicende internazionali facesse immaginare a metà anno. Questo grazie alla crescita dei consumi interni e degli investimenti fissi lordi. Per il 2023 la stima indica un +0,6% (+0,4% per l’Italia) ed un aumento nel biennio 2024 e 2025 rispettivamente dell’1,3 e dell’1,2%. Sebbene rischi di varia natura (guerra, pandemia, inflazione) potrebbero determinare una fase di recessione.

Inflazione su fino al 12,2% in Toscana, 7,8% la media annua. Le misure di tamponamento (azzeramento oneri di sistema, attribuzione di agevolazioni fiscali e contributi finalizzati al contenimento dei prezzi o alla integrazione di reddito) ne hanno attenuato la spinta. Ma gli effetti per imprese e famiglie sono stati consistenti. Per le prime il costo per l’energia rispetto al 2021 è stimato in circa +350 milioni di euro al mese, +4,2 miliardi l’anno. Più colpiti i settori energivori: carta, chimica, trasporti, gomma e plastica, siderurgia. Mediamente il costo energetico sarebbe passato, sul totale dei costi, dal 3,5% al 6%.

L’incremento di reddito necessario a mantenere invariato il livello dei consumi delle famiglie risulterebbe in media pari a 3.480 euro. Le misure del governo hanno consentito di farlo scendere a circa 2.150 euro. Un’indagine condotta da Irpet, sul cambio di abitudini e comportamenti di consumo causati dai rincari, indica per i beni essenziali (alimentari e bevande) nella maggior parte (59%) una ricerca di prezzi più convenienti senza ridurre il consumo. Per quelli più voluttuari, come gite e viaggi (28%) o acquisto mobili e servizi per la casa (27%), si va verso la rinuncia completa; per abbigliamento e calzature nel 36% dei casi si cerca il prezzo più conveniente; per ristorazione, teatro e sport nel 33% si riduce il consumo.

Per i servizi di comunicazione (internet, cellulari, ecc.), di cartoleria, libri e servizi di istruzione e, soprattutto, di servizi sanitari e per la salute, il 63% non ha modificato i propri comportamenti di consumo.

L’area della povertà assoluta, contenuta grazie alle misure di tamponamento e al miglioramento del mercato del lavoro, nel 2022 è stimata al 4,2% (-0,9% rispetto al 2021). L’evoluzione della situazione economica ha reso il tessuto sociale però più fragile, a testimonianza di un peggioramento della percezione della propria situazione economica. Secondo un’altra indagine il disagio è in crescita. Nel 2022 si percepiscono come povere 14 famiglie su 100 (12 su 100 nel 2021). In aumento le famiglie che dichiarano di arrivare con grave difficoltà a fine mese: dal 7% al 10%.

Crescono anche quelle che ci arrivano con qualche difficoltà, dal 45% al 47%. Peggiora il clima di fiducia rispetto al futuro. Passano dal 17% al 37% coloro che prevedono un deterioramento della propria situazione economica. Infine, ogni 100 nuclei 47 dichiarano che avrebbero difficoltà a sostenere con risorse proprie spese impreviste di 5.000 euro. Si scende al 14% per una spesa non preventivata di 800 euro.

La svolta secondo Irpet può arrivare dal Pnrr. Al 12 dicembre 2022 si contano 4.326 progetti per 4,95 miliardi di euro complessivi: 3,80 (77%) come finanziamenti del Pnrr e/o del Pnc (Piano nazionale complementare) e 1,15 miliardi di cofinanziamenti di varia origine e natura. Il 71% delle risorse è destinato a spese in conto capitale per opere pubbliche. Gli incentivi a imprese e contributi sono il 16%, il restante 13% è imputabile a spesa corrente per l’acquisto di beni o servizi. La quota più consistente (73%) è indirizzata alla Pubblica amministrazione (il 52% sono comuni), il 15% è per progetti di imprese private, il 12% a società a partecipazione pubblica, concessionari di rete e infrastrutture, consorzi e fondazioni. La distribuzione territoriale riflette il peso demografico e soprattutto economico dei territori.

Ma al netto della tramvia, che da sola assorbe circa 1,1 miliardo di risorse, la polarizzazione fra territori forti e deboli è sul fronte delle risorse del Pnrr meno accentuata di quanto non risulti nel divario economico. Ad esempio, ai territori meno ricchi che quotano l’1% del valore aggiunto regionale, vanno il 3% delle risorse. Ai territori storicamente caratterizzati in passato da una maggiore propensione all’investimento e che impegnano in valore il 72% delle opere pubbliche, il Pnrr assegna (al netto della tramvia) il 44% delle risorse complessive. Il tutto in linea con una visione meno squilibrata dello sviluppo.

Effetti del Pnrr. Le stime dell’Irpet dei cosiddetti effetti di cantiere, che si esauriscono nell’arco della programmazione, indicano un aumento medio annuo di 0,5 punti percentuali del Pil rispetto ad uno scenario senza Pnrr. In termini assoluti alla fine del periodo (2022-26) saranno generate risorse aggiuntive, in termini di Pil, pari a 2,9 miliardi di euro. Il numero medio annuo di lavoratori necessario a soddisfare la produzione aggiuntiva è stimabile, sempre nel quinquennio, in poco più di 10mila. Per un incremento medio annuo dell’occupazione dello 0,7%. Se classifichiamo gli occupati per livello di qualificazione, il fabbisogno di produzione generato si traduce in una occupazione aggiuntiva di 5mila figure intermedie impegnate in attività manuali.

🎧Pil Toscana, Irpet stima +3,2% nel 2022 ma solo +1% in 2023

Secondo l’Irpet la crescita del Pil della Toscana nel 2022 potrebbe essere “fra il +3,2% e il +3%”, leggermente più favorevole del dato nazionale, ma la previsione di crescita per il 2023 è più debole, non molto oltre l’1%.

“Ci aspettiamo una crescita in attenuazione rispetto a quanto noi formulavamo qualche mese addietro, ma non siamo in recessione”, ha affermato Nicola Sciclone, direttore dell’Irpet, a margine della presentazione della nota congiunturale, presso la presidenza della Regione a Firenze.

“Ci aspettiamo per il 2022 – ha proseguito – un tasso di crescita fra il +3,2% e il +3%, in linea con quello che possiamo attenderci a livello nazionale, forse con qualche punto decimale in più per la ripresa dei flussi turistici che ci aspettiamo e per il segno positivo del commercio mondiale. Dobbiamo seguire gli eventi, monitorarli attentamente perché siamo in un quadro di profonda incertezza, e molto quindi dipende da quelle che
saranno le variabili esogene legate alle vicende internazionali”.

Secondo Sciclone “siamo in fase di indebolimento della crescita, ma il segno è sempre positivo”, anche se “bisogna essere preoccupati perché l’aumento dei prezzi incide sui bilanci delle famiglie in modo significativo. L’inflazione è sostanzialmente una tassa che erode il potere d’acquisto delle
famiglie e aumenta la disuguaglianza, perché colpisce di più il reddito dei poveri rispetto a quello dei ricchi, e quindi dobbiamo vigilare, intervenire per contenere questi aumenti come ha fatto recentemente il governo, e tenere sotto controllo gli eventi”.

Simona gentili ha intervistato Nicola Sciclone, direttore dell’Irpet

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