‘Ndrangheta: sequestrata pizzeria nel Pistoiese

La pizzeria ‘La Contessa’ di Montecatini Terme (Pistoia), in piazza Italia, è stata sottoposta a sequestro preventivo dai carabinieri su disposizione del gip di Firenze, nell’ambito di un’inchiesta delle direzione investigativa antimafia (Dia) del capoluogo toscano.

Secondo quanto emerso dalle indagini, la proprietà del locale, del valore di circa 100.000 euro, sarebbe di fatto riconducibile a Valerio Navarra, 28enne calabrese trasferitosi in Toscana nel 2016, attualmente detenuto e ritenuto organico alla cosca di ‘ndrangheta di Zungri.
L’inchiesta, nella quale sono indagati l’uomo e la convivente – alla quale è formalmente intesta l’attività commerciale – ipotizza il reato di trasferimento fraudolento di valori con l’aggravante della finalità mafiosa.
Le indagini, coordinate dal pm della Dda Giuseppina Mione hanno preso le mosse da due precedenti inchieste. Una fiorentina, che ha permesso di scoprire un traffico di droga gestito da albanesi col coinvolgimento di Navarra, per questo condannato in primo grado a cinque anni di reclusione per traffico di stupefacenti; e un’altra, stralciata per competenza dalla Dda di Firenze e trasmessa a quella di Catanzaro, che ha permesso di contestare a Navarra l’appartenenza alla cosca di ‘ndrangheta operante a Zungri (Vibo Valentia), e altri reati sempre aggravati dalla finalità mafiosa. Secondo quanto spiegato dai carabinieri, la pizzeria era stata acquistata da Navarra, nel 2017, e intestata alla compagna per eludere le disposizione di legge in materia di prevenzione patrimoniale.

Concerie toscane usate a scopo di riciclaggio

Firenze, denaro frutto di attività illecite per un totale di centinaia di migliaia di euro, che veniva ‘ripulito’ attraverso l’invio ad alcune concerie toscane, con sede tra le province di Firenze e Pisa, grazie a una rete di spedizionieri compiacenti.

Il trasferimento di denaro alle concerie toscane è stato scoperto dai carabinieri nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Firenze che ha portato a due arresti eseguiti su disposizione del gip Silvia Romeo.

Indagate complessivamente 18 persone. In manette, su richiesta del pm Giuseppina Mione, sono finiti due uomini residenti a Napoli, Ciro Taglialatela (figlio di Bruno Taglialatela, esponente di spicco del clan camorristico Lo Russo di Napoli) e Vincenzo Bocchetti.

Le accuse sono di riciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Per l’accusa i due, in qualità di referenti delle ditte ‘Brupel’ e ‘World Pellami’ di Casavatore (Napoli), avrebbero trasferito alle concerie toscane il denaro da riciclare.

In base a quanto emerso, le ditte del Napoletano avrebbero emesso fatture false, verso le concerie del distretto toscano, facendo riferimento a ordini fittizi di merce e ricevendo in cambio pagamenti con bonifici bancari. I soldi venivano poi restituiti in contanti alle ditte del distretto conciario.

Il meccanismo di riciclaggio del denaro, spiegano gli investigatori, è quello già scoperto con l’indagine ‘Vello d’oro’, che portò a 14 arresti il 19 febbraio del 2018. Le indagini, svolte con l’ausilio di attività tecniche e attraverso accertamenti di natura contabile e bancaria, hanno dimostrato che, nell’estate del 2015, Ciro Taglialatela e Vincenzo Bocchetti erano subentrati a soggetti calabresi legati alle famiglie di ‘ndrangheta dei Nirta e dei Barbaro, rilevando i rapporti illeciti di natura economica con gli imprenditori toscani. Intermediario tra gli imprenditori rimaneva Cosma Damiano Stellitano, tra gli arrestati nel febbraio 2018.

In base a quanto accertato dai carabinieri, il denaro versato in contanti alle attività economiche toscane veniva impiegato principalmente per retribuire le prestazioni ‘fuori busta’ dei lavoratori dipendenti, riducendo gli esborsi di carattere previdenziale.

Le fatture per operazioni inesistenti venivano invece utilizzate dai medesimi imprenditori toscani per abbattere gli utili dichiarando elementi passivi fittizi, ai fini di evadere le imposte sul reddito o sul valore aggiunto.

Tra i 18 indagati figurano collaboratori dei due arrestati, titolari di imprese toscane e responsabili di ditte di spedizioni, tutti già perquisiti nell’ambito delle indagini nell’ottobre del 2018.

Blitz dei Carabinieri nella notte, arresti per traffico stupefacenti

Firenze operazione dei Carabinieri iniziata la notte tra mercoledì e giovedì, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Firenze, finalizzata a contrastare il traffico di stupefacenti su larga scala.

I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Firenze hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP di Firenze nei confronti di 8 soggetti localizzati nelle province di Firenze, Pistoia, Pisa e Vibo Valentia.

Le indagini, che sono il frutto di una precedente operazione conclusa nel maggio 2019, hanno permesso di disvelare un fiorente traffico di sostanze stupefacenti nella provincia di Firenze, con il coinvolgimento di un soggetto contiguo alla ‘ndrangheta in provincia di Vibo Valentia.

Il provvedimento è stato emesso a conclusione delle indagini dirette dal Sost. Proc. Dott.ssa Giuseppina Mione e svolte, nel periodo ottobre 2018 – marzo 2019, dal Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Firenze, che hanno consentito di disvelare un fiorente traffico di sostanze stupefacenti.

Firenze: trovato cadavere pensionato in villa, indaga la polizia

Accertamenti della polizia sono in corso da alcune ore sul cadavere di un pensionato di 84 anni, trovato morto questa mattina in una villa alla periferia sud di Firenze. Secondo il medico legale sarebbe morto per cause naturali da almeno due giorni.

Sul posto sono intervenuti squadra volante, squadra mobile e la Scientifica; presente anche il sostituto procuratore Giuseppina Mione, magistrato di turno ed è previsto un sopralluogo del medico legale. Secondo quanto appreso, gli accertamenti avrebbero rilevato profonde lesioni al volto dell’84enne, trovato morto nella villa. Sul punto circolerebbero tra gli investigatori varie ipotesi.

Tra le ipotesi al vaglio degli inquirenti quella che le lesioni al volto e alla testa, che sarebbero state inferte dopo la morte, siano state provocate dal cane di casa, forse nel tentativo di rianimare il padrone. Sempre in base a quanto emerso, la casa dell’anziano si sarebbe presentata in ordine e non mancherebbe alcun oggetto.

In base a quanto emerso da un primo sopralluogo del medico legale, l’uomo sarebbe morto per cause naturali. Per avere la certezza sulla dinamica dei fatti bisognerà però aspettare l’autopsia disposta dal pm Giuseppina Mione. Il decesso dell’uomo, che soffriva di una grave patologia, risalirebbe ad almeno due giorni fa.

(Notizia in aggiornamento)

Sequestrato bar Curtatone a Firenze: 2 arresti

Il bar Curtatone è stato sequestrato dai carabinieri con l’accusa, per i presunti titolari, di aver costruito società commerciali fittizie.

Secondo quanto spiegato dai carabinieri, il valore del bar sequestrato è di circa un milione di euro. Per l’accusa, i fratelli Sutera avrebbero costituito società commerciali fittizie, intestate a prestanome, così schermando la titolarità e comunque la disponibilità effettiva del bar, a loro pienamente riferibile.

Le società di volta in volta venivano fatte fallire, omettendo sistematicamente di versare i contributi previdenziali e le imposte. Le successive indagini, coordinate dalla pm Giuseppina Mione, hanno permesso di accertare che nel 2016 i fratelli Sutera, in qualità di amministratori di fatto della Mela Srl, società dichiarata fallita dal tribunale di Firenze lo scorso ottobre, in concorso con il legale rappresentante e con l’imprenditore fiorentino Luigi Morelli, avrebbero distratto la somma di 50 mila euro e lo stesso bar Curtatone, di cui la società era proprietaria, trasferendolo senza ad un’altra ditta a loro riconducibile, la Caffè Italia Srl.

Ilaria Alpi: intercettazione che riapre ‘caso’ in indagine procura Firenze 

E’ tra le carte di un’inchiesta della procura di Firenze su un traffico di camion dismessi dell’Esercito italiano verso la Somalia l’intercettazione in cui gli indagati fecero anche riferimento alla giornalista del Tg3 Ilaria Alpi, uccisa nel 1994 a Mogadiscio insieme all’operatore Miran Hrovatin, che ora potrebbe essere alla base della riapertura delle indagini.

Alcune settimane fa la procura di Firenze ha trasmesso alla procura di Roma gli atti dell’inchiesta sul traffico di mezzi militari italiani che ha visto 15 indagati, per 4 dei quali, tutti somali, il pm Giuseppina Mione ha chiesto il processo. L’intercettazione riguarda una breve conversazione tra due indagati, somali, nella quale si farebbe cenno anche all’omicidio di Ilaria Alpi.
L’intercettazione compare la prima volta in un’inchiesta della procura di Firenze dedicata al sistema per il trasferimento di valori Hawala, effettuato attraverso persone di fiducia mediante compensazioni monetarie o patrimoniali, fuori dai circuiti bancari autorizzati e pertanto illegale. L’inchiesta era coordinata all’epoca dal pm della Dda di Firenze Ettore Squillace Greco, adesso procuratore capo a Livorno. Successivamente gli stessi elementi investigativi sono stati ripresi nell’inchiesta del pm Mione sul traffico di mezzi dismessi dell’Esercito, che venivano demilitarizzati in Italia ed illecitamente esportati in Somalia, paese sotto embargo, con pagamenti fatti tramite Hawala. Per questa inchiesta il pm Mione ha chiesto il giudizio immediato per quattro somali. Complessivamente gli indagati sono 15, tra cui alcuni italiani.
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