🎧 QNÈU, “Questa Non È Università”, nuovo gruppo di studenti universitari autorganizzati

Firenze, QNÈU, “Questa Non È Università”, sono un gruppo di studenti universitari autorganizzati dell’Ateneo fiorentino che da qualche mese hanno iniziato a ritrovarsi ed a confrontarsi sulla situazione attuale dell’Università.

“Abbiamo deciso che era giunto il momento di attivarci perché ci sentiamo abbandonati – si legge in comunicato di QNÈU – perché stiamo convivendo da diversi mesi con la frustrazione di chi percepisce che i propri bisogni non sono presi in considerazione da nessuno, men che meno da chi ci ha imposto sacrifici senza pensare né a misure compensative né alle conseguenze di ciò che ci stava imponendo”.

Nel Podcast l’intervista di Gimmy Tranquillo ad alcuni studenti di QNÈU in presidio per promuovere la manifestazione del 30 marzo.

Sarà una nuova formazione di studenti universitari nella sinistra chi siete e perché questa nuova formazione.

Noi siamo partiti a livello autonomo come studenti semplicemente Perché sentivamo la necessità di sentirci un po’ meno soli perché comunque questi mesi sono stati proprio vissuti in solitudine, un po’ questo senso di abbandono c’è l’attenzione sui giovani era più a livello di assembramenti, anche puntare un po’ il dito contro, mentre realtà la necessità di socialità che noi sentivamo per la mancanza anche di presenza all’università era stata del tutto passata in secondo piano. Noi capiamo benissimo le i problemi dovuti a panndemia e alle misure di sicurezza che si devono adottare, però c’è sembrato che sia mancata un po’ la volontà politica di trovare una soluzione in questo senso. Perché è vero che l’università ha un problema di spazi da gestire e che non è facile, però ci sono un sacco di studenti che è un anno che non rientrano in in aula, unendoci insieme abbiamo poi trovato che ci sono tante situazioni dà in qualche modo a rivendicare, e delle cose a portare avanti.

In pratica da cosa differite da altre formazioni che stanno protestando come voi.

L’idea è quella proprio di andare oltre la logica delle formazioni preesistenti, insomma qui dentro ci sono una serie di soggetti comunque che hanno aderito a questo percorso che esistevano in precedenza e che erano già organizzate, però c’era la volontà comune di andare oltre questo discorso per ritrovare un po’ nella mobilitazione il protagonismo degli studenti e delle studentesse e questa era la cosa fondamentale: che si riattivassero gli studenti e le studentesse per esigere quello che è un loro diritto.

Mi sembra di capire che non chiedete una generica riapertura dell’università ma avete richieste più specifiche.

Si, ovviamente in futuro l’esigenza sarebbe quella di rientrare tutti in aula però ci rendiamo conto di quella che è l’emergenza attuale, quindi sicuramente chiediamo delle misure che ci consentono di tornare in aula in sicurezza. Quindi ad esempio la didattica mista, la possibilità di scegliere tra didattica a distanza, per tutti coloro che comunque si trovano meglio così, quindi gli studenti fuori sede e gli studenti lavoratori, però parallelamente la possibilità per coloro che invece me lo vorrebbero di tornare in presenza, e questa è una cosa già stata fatta lo scorso semestre tramite un questionario, ma dal momento che ci rendiamo conto che per questo per quanto riguarda questo semestre però sarà impossibile tornare da qui a giugno, è per questo che vorremmo chiedere un’abolizione o quantomeno una riduzione, della seconda rata delle tasse per l’anno accademico 2021/21.

Questo presidio in realtà è per annunciare una manifestazione?

Si perché abbiamo chiamato una manifestazione studentesca il 30 a cui parteciperanno anche altre realtà dell’università, cioè quei lavoratori dottorandi e alcuni docenti, il 30 marzo saremo in piazza Santissima Annunziata dalla mattina alle 9:30 nonostante la zona rossa per appunto far vedere che ci siamo e che la data studentesca è viva nonostante questa situazione un po’ di mutismo.

https://www.facebook.com/questa.non.e.universita

🎧 Confartigianato Firenze, instant doc per non dimenticare artigiani

Firenze, “Le nostre mani non si sono mai fermate” è il titolo del video realizzato da Confartigianato Firenze in collaborazione con la Camera di Commercio di Firenze e Fondazione CR Firenze.

Nel Podcast l’intervista al Presidente di Confartigianato Firenze, Alessandro Sorani, acura di Gimmy Tranquillo.

“Gli artigiani fiorentini non si sono mai fermati – dice Confartigianato Firenze – Nemmeno durante il lockdown. Neppure quando la città si è svuotata. Le loro abili mani, capaci di creare capolavori apprezzati in tutto il mondo, hanno continuato a lavorare con passione e orgoglio”.

A raccontarlo è un instant doc, realizzato da Confartigianato Firenze in collaborazione con la Camera di Commercio di Firenze e Fondazione CR Firenze, da oggi disponibile sui canali social dell’associazione e dei suoi partner.

“Le nostre mani non si sono mai fermate”, questo il titolo del video che – attraverso suggestive riprese – permette a chi guarda di entrare nelle botteghe per osservare da vicino il lavoro di questi instancabili artisti. Sullo sfondo, Firenze in tutta la sua bellezza.

“Siamo orgogliosi di presentare questo video che testimonia la resistenza con la quale gli artigiani hanno continuato a lavorare, anche nei mesi più duri della pandemia –  ha spiegato Alessandro Sorani, presidente di Confartigianato Firenze – C’è chi ha sperimentato cose nuove, chi ha portato avanti la propria produzione per poter spedire all’estero, c’è chi ha attivato l’e-commerce, capendo che il digitale d’ora in poi sarà uno strumento indispensabile. Questo video è per noi anche l’auspicio di una rinascita, di una nuova primavera dell’artigianato, simbolo irrinunciabile della nostra città”.

“In un momento storico che non ha precedenti per le difficoltà economiche e sanitarie che ci troviamo ad affrontare, dobbiamo agire in sinergia, rimanendo uniti e compatti nel rilanciare il territorio e i suoi protagonisti – ha sottolineato Leonardo Bassilichi, presidente Camera di Commercio di Firenze – Affiancare gli artigiani e sostenerli in questa difficile fase significa rilanciare il territorio. Perché l’artigianato è sicuramente uno dei fattori fondamentali che rendono Firenze unica”.

“Questo video è uno strumento assai efficace per promuovere una delle espressioni più importanti della cultura e della storia del nostro territorio quale è l’artigianato – ha aggiunto Luigi Salvadori, presidente di Fondazione CR Firenze – Ed è ancora più opportuno in questo momento di grande difficoltà economica anche per questo comparto. Il ‘fatto a mano’ è nel DNA di Firenze ed è riconosciuto nel mondo; sono certo che il video può contribuire a rilanciarlo con la forza che solo l’immagine riesce ad avere”

“È stato davvero emozionante per la nostra troupe entrare nelle botteghe artigiane di Firenze per eseguire le riprese – ha commentato Matteo Gazzarri, art director Riprese Firenze.  – Guardare questi artisti lavorare è stata un’esperienza che ci ha messo davanti non solo all’abilità del saper fare ma anche a tante storie da raccontare. Dietro il più piccolo oggetto, dietro ogni lavorazione ci sono esperienze condivise e tramandate di generazione in generazione. Un vero patrimonio collettivo”.

🎧 Dantedì – In Piazza Signoria installato un albero “Del Paradiso”

Firenze, Dantedì – In Piazza Signoria installato un albero “Del Paradiso” dell’artista Giuseppe Penone. Alta circa 22 metri, l’installazione, curata dagli Uffizi in co-promozione con il Comune, ed è la più grande scultura mai ospitata nello spazio pubblico del centro storico di Firenze.

La scultura è ‘spuntata’ in piazza Signoria, in occasione del “Dantedì” che quest’anno è anche in occasione del sette-centenario dalla morte dell’autore della Divina Commedia, nel Podcast le dichiarazioni del direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt e del sindaco di Firenze Dario Nardella raccolte da Gimmy Tranquillo.

La dal titolo scultura “Abete”, si può vedere come metafora del Paradiso: cioè “l’albero che vive de la cima / e frutta sempre e mai non perde foglia” (vv. 29-30, Canto XVIII, Paradiso, Divina Commedia), come afferma Cacciaguida degli Elisei per descrivere all’incredulo Dante il luogo in cui si trova.

L’albero per Penone è immagine di una giovinezza trascorsa tra i boschi delle Alpi Marittime e perciò frequentata assiduamente negli ormai oltre cinquant’anni di ricerca. Esso rivela attraverso la sua crescita a cerchi concentrici una forma essenziale, strettamente necessaria alla sua stessa esistenza e al suo stesso sviluppo: è saldamente piantato nella terra ma con i rami protesi verso il cielo.

Il tronco e i rami sono stati realizzati in fusione di acciaio inossidabile, avvolta da un reticolo che conferisce all’installazione un senso ascendente: i 18 elementi che lo formano sono stati modellati in bronzo, con un procedimento di fusione da calchi di bambù.

“Abete” rivela l’interesse di Giuseppe Penone – e collettivo – per gli aspetti ambientali dell’arte, soprattutto nello spazio urbano: qui, secondo l’artista, si sviluppa la continuità tra cultura e natura, tra il tempo della storia e quello della vita, tra passato e presente, perfino in un luogo così fortemente connotato come piazza Signoria a Firenze.

L’installazione, curata dagli Uffizi in co-promozione con il Comune e la collaborazione dell’associazione Arte continua, costituisce un’anticipazione di Alberi In-Versi, mostra dedicata a Penone che le Gallerie ospiteranno dal 1° giugno al 12 settembre prossimi, sempre nell’ambito delle celebrazioni dantesche previste per il 2021.

Lo stesso titolo allude al tema dantesco del “albero che vive della cima”: dunque a questo territorio di confine tra il mondo corporeo e quello concettuale, tra la materia e l’idea, farà riferimento una serie di disegni dell’artista accolti per l’occasione negli spazi delle Gallerie.

Intanto, a tagliare il nastro di Abete, oggi in piazza Signoria, c’erano, tra gli altri, oltre al direttore del museo Eike Schmidt, il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, il sindaco di Firenze Dario Nardella.

🎧 Odontoiatri Fiorentini, già in 200 pronti a vaccinare

Firenze, Alexander Peirano, Presidente degli Odontoiatri dell’Ordine dei Medici cittadini, rende noto che la ‘call’ dell’ordine ha prodotto quasi istantaneamente una risposta di disponibilità di un paio di centinaia di professionisti. Nel Podcast intervista al Presidente Peirano, a cura di Gimmy Tranquillo.

“Stiamo raccogliendo attraverso un form la disponibilità tra gli iscritti all’Albo degli Odontoiatri a diventare vaccinatori – dice il presidente Peirano – Abbiamo trovato una risposta estremamente positiva, che dimostra la volontà dei professionisti del mondo sanitario, nessuno escluso, a fare la loro parte in questa corsa verso l’immunità. In poco più di 24 ore abbiamo ricevuto già oltre 200 adesioni. Siamo convinti che altre ne seguiranno nei prossimi giorni”.

Così. “Abbiamo chiesto a tutti di dare un contributo nell’interesse collettivo e di salvaguardia della salute pubblica. Siamo fiduciosi che la Regione Toscana, considerando l’apertura di tanti odontoiatri, e delle loro competenze in ambito medico, conceda anche a questa categoria il via libera a diventare parte a tutti gli effetti della macchina vaccinale. Si tratta di un numero importante di specialisti, in grado di dare un aiuto significativo per velocizzare i tempi della campagna. Questi 200 candidati stanno anche per accedere al corso di formazione dell’Istituto Superiore di Sanità sulle metodologie e procedure di vaccinazione”.

“Il 16 marzo scorso – aggiunge Peirano – è stato sottoscritto il Protocollo d’intesa fra il Governo, le Regioni e le rappresentanze istituzionali e di categoria degli odontoiatri per il coinvolgimento nelle vaccinazioni degli iscritti all’Ordine su base volontaria. Le modalità organizzative sono state declinate alle singole regioni. Aspettiamo quindi che la Regione Toscana definisca tutto l’assetto delle attività inerenti al nostro lavoro, poi saremo al loro fianco nella campagna. Gli odontoiatri agiranno sempre a supporto e in presenza dei medici all’interno dei centri vaccinali. Si potranno occupare direttamente delle somministrazioni e di compilare la documentazione. Una mano preziosa in un momento complesso, in cui c’è davvero bisogno di tutte le forze per superare l’epidemia Covid”.

‘Cascatelli’, ora gli americani ci insegnano a fare la pasta

Per Dan Pashman, conduttore del podcast alimentare The Sporkful, c’è in giro, c’è solo pasta mediocre. C’è molto spazio quindi per migliorare, ed propone un nuovo formato da lui inventato chiamato ‘Cascatelli’.

“Gli spaghetti sono solo un tubo – dice in un’intervista a Morning Edition, un notiziario radiofonico, prodotto e distribuito dalla radio pubblica americana NPR – Dopo pochi morsi, sono sempre uguali, e la forma rotonda non è eccezionale per trattenere la salsa”. Ed ecco la soluzione: i suoi Cascatelli che italiano dice, a parte il piccolo problema di genere, sta per “piccole cascate”.

Pashman, per arrivare alla sua forma ideale di pasta, dice di aver acquistato, mangiato, studiato e catalogato, tutti i tipi di pasta esistenti: “Ho riunito caratteristiche di forme diverse che mi piacevano particolarmente, e che non erano mai state messe insieme i questo modo prima d’ora”.

Il risultato Cascatelli, si tratta di una pasta corta, con una striscia piatta e con delle balze che sporgono con un angolo di 90 gradi. Le balze danno la consistenza della forma, dice Pashman: “Questo elemento ad angolo retto è davvero fondamentale, ed è ciò che penso renda questa forma diversa – descrive – Ci sono pochissimi formati di pasta che hanno angoli retti. Fornisce resistenza al morso a tutti gli angoli. Crea una sorta di trave a I, e questo rende il boccone molto soddisfacente”.

Pashman ha documentato il suo sforzo triennale per inventare questo nuovo formato di pasta, ha poi fatto fabbricare uno stampo da esperti del settore che ha infine venduto: “Se mi chiedeste cosa mi ha tenuto sveglio di più negli ultimi tre anni, se i miei figli o questo formato di pasta, la risposta sarebbe difficile da dare”.

Dan Pashman, da quando ha lanciato lo show, The Sporkful, nel 2010, ha usato l’umorismo e l’umanità per avvicinarsi al cibo da molti punti di vista, arrivando ad usare scienza, storia, identità, cultura, ed economia, solo per stabilire come si debba spalmare in modo ottimale gli ingredienti di un PB&J, che per i non anglofoni è l’acronimo del ‘Peanut Butter & Jelly’, il più semplice ma anche uno dei più famosi ‘piatti’ americani.

Gimmy Tranquillo

CNN: “Casu Marzu: The world’s ‘most dangerous’ cheese”

CNN, che di recente ha dedicato una miniserie per raccontare la ricchezza culinaria italiana, mandando ‘l’Academy Award nominee actor’ Stanley Tucci, in giro per l’Italia, per far conoscere agli americani i segreti e l’unicità delle diverse cucine regionali, dedica un ‘long form article’ al Casu Marzu, citando la definizione del Guinnes:  “Il formaggio più pericoloso del mondo”.

“L’isola italiana della Sardegna si trova nel mezzo del Mar Tirreno e guarda l’Italia da lontano – esordisce l’articolo di CNN con una premessa geografica necessaria rivolgendosi ad un pubblico americano – Circondato da una costa di 1.849 chilometri di spiagge di sabbia bianca e acque color smeraldo, il paesaggio dell’entroterra dell’isola si alza bruscamente per formare colline e montagne impervie. Ed è all’interno di queste aspre alture che i pastori producono il Casu Marzu, un formaggio infestato da larve che, nel 2009, il Guinness World Record ha proclamato il formaggio più pericoloso del mondo”.

CNN passa poi a descrivere il formaggio vero e proprio: “Le mosche del formaggio, Piophila casei, depongono le uova nelle fessure che si formano nel formaggio, solitamente il ‘fiore sardo’, un pecorino salato DOP dell’isola. Le uova si schiudono, ed i vermi si fanno strada attraverso la pasta, mangiando il formaggio e digerendo le proteine, trasformando il prodotto in un morbido formaggio cremoso”.

CNN arriva quindi a descrivere il momento in cui il formaggio viene servito in tavola, quando cioè viene tagliata la parte esterna superiore, che non è toccata dai vermi, e si prende la prima cucchiaiata di formaggio cremoso.

“Non è un momento per i deboli di cuore – enfatizza l’articolo di CNN – A questo punto, le larve all’interno iniziano a contorcersi freneticamente. Se si riesce a superare il comprensibile disgusto, il Casu Marzu ha un sapore intenso con richiami ai pascoli mediterranei, speziato con retrogusto che permane per ore. Alcuni dicono che sia un afrodisiaco. Altri dicono che potrebbe essere pericoloso per la salute umana, in quanto i vermi potrebbero sopravvivere alla masticazione e creare miiasi o microperforazioni dell’intestino, ma finora nessun caso del genere è stato collegato alla Casu Marzu”.

Il formaggio è bandito dalla vendita commerciale, ma i sardi, e non solo loro, lo mangiano da secoli, larve comprese: “L’infestazione da larve è il fascino e il piacere di questo formaggio – dice Paolo Solinas, gastronomo sardo di 29 anni – alcuni sardi rabbrividiscono al pensiero del Casu Marzu, ma altri, abituati sin da piccoli al gusto di questo pecorino salato, amano il suo sapore forte. Alcuni pastori vedono il formaggio come un piacere personale unico, qualcosa che solo pochi eletti possono provare”.

Giovanni Fancello, giornalista e gastronomo sardo di 77 anni, che ha trascorso la sua vita a fare ricerche sulla storia del cibo locale, fa risalire il formaggio all’epoca in cui la Sardegna era una provincia dell’Impero Romano.

“Il latino era la nostra lingua, ed è nel nostro dialetto che troviamo tracce della nostra cucina arcaica”, dice Fancello, anche se non c’è traccia scritta di ricette sarde fino al 1909, quando Vittorio Agnetti, un medico della terraferma modenese, si recò in Sardegna e compilò sei ricette in un libro intitolato ‘La nuova cucina delle specialità regionali’. “Ma abbiamo sempre mangiato vermi – insiste Fancello – Ne hanno parlato Plinio il Vecchio e Aristotele.”

Sebbene venerato, lo status legale del formaggio è un’area grigia. Il Casu Marzu è registrato come prodotto tradizionale della Sardegna e quindi è tutelato localmente. Tuttavia, è stato ritenuto illegale dal governo italiano dal 1962 a causa di leggi che vietano il consumo di alimenti infetti da parassiti. Chi vende il formaggio rischia multe elevate fino a € 50.000, ma i sardi ridono quando gli viene chiesto del divieto del loro amato formaggio.

Il Casu Marzu viene prodotto tipicamente alla fine di giugno, quando il latte di pecora locale inizia a cambiare perchè gli animali entrano nel loro periodo riproduttivo e l’erba si asciuga per la calura estiva. Dopo tre mesi, la prelibatezza è pronta.

Mio nonno Ilario, classe 1891, lo chiamava “il formaggio che cammina” e se lo faceva portare sempre a Pizzo Calabro all’inizio dell’estate da amici sardi, lo conservava in un barattolo di vetro da dove noi bambini potevamo osservare le evoluzione dei vermi, insisteva sempre che ne mangiassimo almeno un po’ su una fettina di pane, diceva che i vermi nascevano nel formaggio e mangiavano solo formaggio e quindi erano praticamente fatti di formaggio e poi aggiungeva che bisogna imparare a magiare di tutto, anche i vermi, perché “nella vita non si sa mai”.

Gimmy Tranquillo

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