Piombino, sindacati: “cassa Integrazione agli sgoccioli, politica dialoghi con Danieli – Metinvest”

‘A gennaio scade cassa Jsw e la  Toscana non ha risorse, la convocazione del tavolo ministeriale non è più rinviabile’,dicono i sindacati. Che aggiungono: “la politica dovrebbe smettere di fare ciò che ha fatto fino ad oggi, ossia subire passivamente e finalmente provare ad attrarre investimenti a Piombino”

“Tutti i soggetti istituzionali, compresa la Regione Toscana, non possono limitarsi a dichiarare che mancano le risorse per la cassa in deroga, ma devono attivarsi per richiederle affinché si mantenga l’impegno assunto nell’accordo di programma del 2018 di salvaguardare i livelli occupazionali“.” Così, in una nota, le segreterie provinciali Fim-Fiom-Uilm dopo il consiglio di fabbrica del gruppo Jsw Steel Italy Piombino (Livorno). Per i sindacati è chiaro che “”L’auspicio è che si arrivi rapidamente ad un nuovo addendum per avere stavolta garanzie e certezze degli investimenti, garanzie della salvaguardia occupazionale ed estensione degli ammortizzatori sociali” . Intanto la notizia è che “i mese di settembre è oramai trascorso, quindi riteniamo che la convocazione del tavolo ministeriale non sia più rinviabile, anche perché ad oggi abbiamo una sola certezza, ossia la scadenza a gennaio dell’attuale cassa integrazione in deroga e la dichiarazione della Regione Toscana della mancanza di risorse economiche, se non saranno rifinanziate, per una proroga di tale ammortizzatore sociale”

“In merito alle indiscrezioni emerse sulla stampa relative ad un progetto siderurgico dei gruppi Danieli – Metinvest, riteniamo che la politica dovrebbe smettere di fare ciò che ha fatto fino ad oggi, ossia subire passivamente e finalmente provare ad attrarre investimenti in un’area di crisi complessa come la nostra, da troppi anni affamata di lavoro e sviluppo”. aggiungono le segreterie provinciali Fim-Fiom-Uilm dopo il consiglio di fabbrica del gruppo Jsw Steel Italy Piombino (Livorno) che ha esaminato rumors circolati negli ultimi giorni sulla stampa locale di un eventuale interessamento del gruppo friulano per impegnarsi in alcune aree delle strutture di Piombino dedicate all’acciaio.

“Abbiamo aree portuali pressoché deserte con banchine poco utilizzate – continua la nota – Anche se il progetto Jsw dovesse realizzarsi totalmente è facile prevedere che si perderebbero posti di lavoro e si libererebbero aree inutilizzate; per questi motivi riteniamo doveroso provare ad aprire un canale con questi importanti gruppi e cercare di costruire e rilanciare un grande polo siderurgico piombinese, capace di produrre acciaio in maniera green e capace di spaziare dalla laminazione di prodotti lunghi e piani”. Secondo Fim-Fiom-Uilm “dopo le tante chiacchiere e annunci di ipotetici piani della siderurgia nazionale, l’ennesima vergogna della politica locale, regionale e nazionale se non si provasse a sondare anche questa opportunità di investimento, rischiando che il Paese Italia continui di fatto a perdere fette di mercato e posti di lavoro”.

Fabbrica Jsw: sindacati, impianti fermi, ministro Giorgetti convochi Jindal

‘Ci sia piano alternativo con altri privati e ingresso Stato’: l’appello dei sindacati per una strategia per la fabbrica Jsw

“La fabbrica Jsw Steel Italy Piombino tra pochi giorni vedrà nuovamente tutti gli impianti di laminazione fermi, migliaia di lavoratori sono in cassa integrazione e il piano industriale presentato a fine gennaio da Jindal è decisamente poco credibile, e considerato dallo stesso ministro insoddisfacente. Riteniamo che il ministro Giorgetti debba confrontarsi nel più breve tempo possibile direttamente con Sajjan Jindal, e che senza garanzie vadano individuate da parte del Governo tutte le misure necessarie per voltare pagina per non subire passivamente le non scelte di una multinazionale totalmente inadempiente”.

Così le segreterie provinciali Fim, Fiom, Uilm e Uglm con le rsu Jsw e Piombino Logistics-Gsi. Il quadro della situazione sulla situazione della fabbrica Jsw e del polo siderurgico di Piombino (Livorno) è stato fatto oggi in occasione di un consiglio di fabbrica. I sindacati chiedono, in una nota congiunta, che Governo e Mise valutino “un piano alternativo serio e credibile con altri soggetti privati e con l’ingresso importante dello Stato nel capitale sociale, per dare concretezza alle dichiarazioni fatte di un sito e di una siderurgia strategica”.

Il consiglio di fabbrica e le segreterie “si attivano fin da subito per richiedere un incontro al presidente della Regione Toscana con il sindaco di Piombino per costruire insieme le richieste da portare al prossimo incontro con il ministro e proveremo ad organizzare un incontro con tutte le parti politiche che hanno dato la propria solidarietà al presidio, per fare insieme una valutazione sugli impegni che si erano assunte nelle scorse settimane”.

Bekaert: ancora otto settimane di cassa, Fiom non firma licenziamenti

Gli oltre 100 dipendenti della Bekaert rimasti, potranno utilizzare le residue 8 settimane di cassa covid previste in finanziaria, un’opportunita’ senza alcun costo a carico dell’azienda che nonostante cio’ si e’ opposta fino all’ultimo. Un ‘respiro’ che si accompagna alla ricerca di una soluzione di reindustrializzazione del sito di Figline Valdarno. E’ quanto scaturito dopo il tavolo di crisi e quello tecnico.

“E’ stato guadagnato tempo prezioso, pero’ ora il governo deve utilizzarlo al meglio”, commenta Valerio Fabiani, delegato del presidente della Regione Toscana Eugenio Giani al lavoro e alle crisi aziendali, che ha sostenuto le proposte della Regione con Arti e in contatto continuo con i rappresentanti sindacali. Fabiani ricostruisce il lavoro portato avanti con il governo centrale fino a ottenere l’impegno pubblico e formale, da parte dell’allora sottosegretaria Alessia Morani, di riunire un tavolo presso il Mise.

Un punto sul quale lo stesso presidente Giani e’ tornato sabato scorso, nella lettera aperta scritta al nuovo ministro Giancarlo Giorgetti, per sollecitare l’intervento ministeriale sulla vicenda di Bekaert. “Come si vede la Regione c’e’ – aggiunge Fabiani – Rivendichiamo con orgoglio l’assorbimento di oltre 60 lavoratori ex Bekaert da parte di Laika, la multinazionale che produce camper a San Casciano”.

Un ringraziamento specifico Fabiani lo rivolge a Fim, Fiom e Uilm: ” Le sigle sindacali fino all’ultimo hanno seguito questa trattativa, seppure con distinte posizioni: Fiom non ha firmato l’accordo in sede tecnica pur essendo disponibile a partecipare a tutti i futuri tavoli che ci saranno per la reindustrializzazione”.

“La vertenza Bekaert – dichiara Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil- e’ diventata emblematica per la determinazione e la lotta dei lavoratori contro la chiusura decisa dalla multinazionale secondo logiche che nulla hanno a che vedere con l’andamento dell’impresa. Oggi mentre si discute sulle risorse del Recovery Plan, siamo sempre piu’ convinti che nessun piano di rilancio industriale sia credibile se non si salvaguarda l’occupazione esistente garantendo la riapertura delle aziende sui nostri territori. Per questo la Fiom rifiuta di firmare i licenziamenti e chiede al Governo e a tutte le istituzioni di fare la sua propria parte”.

A margine del tavolo tecnico il segretario generale della Fiom Cgil Firenze-Prato Daniele Calosi osserva che “abbiamo fatto tutto il possibile per trovare una soluzione a questa vertenza. Durante tutti questi mesi grazie alla determinazione dei lavoratori e della Fiom non abbiamo mai consentito a Bekaert di procedere ai licenziamenti, ma abbiamo sempre chiesto che alla perdita del lavoro corrispondesse una nuova occupazione soprattutto attraverso la reindustrializzazione del sito di Figline e Incisa, sta in questa logica infatti l’accordo siglato con Laika”

“Non possiamo percio’ oggi- continua la Fiom- siglare un accordo che preveda licenziamenti in assenza di prospettive occupazionali certe per i lavoratori. Abbiamo quindi chiesto all’azienda il ritiro della procedura di licenziamento, rinnovando la disponibilita’ a firmare accordi sulle uscite volontarie, e l’attivazione immediata della Cassa Integrazione per Covid-19, totalmente gratuita per Bekaert, al fine di guadagnare quel tempo necessario ad avere l’incontro al Ministero dello Sviluppo Economico alla presenza del neo Ministro Giorgetti, come richiesto anche dal Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani nella lettera inviata sabato scorso. Dopo 32 mesi trascorsi a lottare perché alla perdita del lavoro corrispondesse una nuova occupazione non siamo disposti a firmare un accordo che lascia per strada piu’ di cento lavoratori”.

Infine, “se avessimo voluto fare un accordo economico non avremmo aspettato trentadue mesi. Il sindacato negozia la reindustrializzazione ed il lavoro, non la mitigation e gli incentivi. Dopo oltre 60 anni di attivita’ si chiude una fabbrica che ha fatto la storia di un territorio. Una vergogna ed una mancanza di rispetto per i lavoratori e per il territorio. Tutto cio’ che hanno ottenuto i lavoratori e’ il risultato dell’impegno del sindacato e della loro mobilitazione. L’eventuale mancata reindustrializzazione del sito avra’ delle responsabilita’ ben definite”.

Eni, Stagno (Li): sindacati chiedono garanzie ditte in appalto

Un presidio e un volantinaggio davanti alla raffineria Eni di Stagno (Livorno) per accendere i riflettori sulle prospettive future dei lavoratori dell’indotto.

E’ quanto organizzato oggi da Fiom, Fim e Uilm. Il prossimo luglio, spiegano i sindacati, scadranno infatti gli appalti delle ditte che si occupano di manutenzioni metalmeccaniche all’interno della raffineria: otto le ditte coinvolte nei cambi d’appalto, per un totale di 400 lavoratori.

“Ad Eni – dice Mauro Macelloni della segreteria Fiom-Cgil di Livorno – chiediamo di mantenere gli investimenti per garantire l’occupazione diretta ma anche di confermare risorse economiche adeguate per mantenere i livelli occupazionali dell’indotto. Chiediamo garanzie concrete: la situazione è già molto critica adesso, Livorno non può permettersi di perdere altri posti di lavoro. Riteniamo pertanto fondamentale coinvolgere istituzioni locali, Regione, Confindustria e Eni al fine di arrivare alla stipula di un accordo quadro che abbia come obiettivo la tutela dei lavoratori in caso di cambio d’appalto”.

Per il sindacato “serve una ‘clausola sociale’ affinché tutti i lavoratori dell’indotto possano mantenere il loro posto anche in caso di cambio d’appalto”.

L’accordo servirebbe a tutelare non solo i 400 lavoratori operanti nell’indotto metalmeccanico ma anche i circa 200 che orbitano all’interno della raffineria in ditte del settore edile, chimico e commercio. Anche in relazione alle recenti notizie sui piani dell’Eni relative alle prospettive future dello stabilimento, i sindacati chiedono di aprire un confronto:

“Stiamo sentendo parlare di vari progetti sul tavolo: per la Fiom è fondamentale che il saldo occupazionale di qualsiasi operazione sia positivo o al massimo pari a zero”.

Nell’ottobre scorso erano state inviate due lettere condivise dai due Comuni di Livorno e Collesalvetti, una diretta al Governo e al presidente della Regione e l’altra alla Presidente e all’Amministratore delegato di Eni, per chiedere che l’impianto di Livorno entri a pieno titolo all’interno del piano di riconversione energetica dell’intera azienda, guardando alla sostenibilità ambientale come elemento della progettazione industriale, nell’ottica di un significativo miglioramento ambientale, come fortemente richiesto dal territorio. Aspetto che va di pari passo alla forte richiesta di garantire la tenuta occupazionale dello stabilimento e dell’indotto.

Acciaio: sindacati, vertenza Jsw sia gestita da Conte

“Con la comunicazione di Jsw della necessità di ulteriori quattro mesi per la presentazione del piano industriale, subordinato al rispetto degli impegni pubblici, tra i lavoratori è aumentata l’incertezza e la sfiducia”, e quella di Piombino (Livorno) “essendo una vertenza nazionale, deve essere gestita dal Ministro o direttamente dal Presidente del Consiglio”. Lo affermano i sindacati Fim, Fiom e Uim.

“È necessario mettere in campo gli strumenti necessari affinché tutti i soggetti rispettino gli impegni sottoscritti nell’Accordo di programma siglato nel 2018 – sottolineano in una nota unitaria -. Sono mesi che denunciamo il rischio che l’immobilismo del Governo rischia di fornire un alibi ad un imprenditore che in questi 18 mesi non ha rispettato gli impegni in merito agli smantellamenti ed agli investimenti annunciati. Purtroppo oggi ci siamo arrivati”.
Per i sindacati, “lo stesso ministro dello Sviluppo economico, che dice di stare organizzando un incontro con l’imprenditore, afferma che c’è un grosso ritardo dovuto ‘non tutto per colpa di Jindal’. Una vera e propria ammissione di responsabilità del Governo che ora deve recuperare”. Fim, Fiom e Uilm osservano che gli ammortizzatori sociali “devono servire solo per il sostegno economico durante la realizzazione degli impegni sottoscritti”, “pretendiamo che il Governo sia il primo garante degli impegni siglati”.
I sindacati annunciano che domani parteciperanno “all’assemblea pubblica convocata dal sindaco di Piombino mentre il 3 febbraio saremo presso il Mise dal sottosegretario Pd Alessia Morani. Di tutto ciò informeremo tutti i lavoratori nelle assemblee che si terranno il 6 febbraio”.

Nuovo sciopero alla Hitachi Rail di Pistoia

I lavoratori dell’indotto Hitachi Rail Italy, assieme ai sindacati metalmeccanici pistoiesi, chiedono il servizio mensa, un inquadramento congruo con le mansioni svolte e premio di risultato. I dipendenti lavorano all’interno della fabbrica pistoiese che produce treni. A sostegno della richiesta Fim, Fiom e Uglm stamani hanno proclamato un’ora di sciopero, al quale non ha aderito la Uilm.

“Tra i lavoratori Hitachi Rail Italy e quelli dell’indotto – ha spiegato Jury Citera, segretario Fim Toscana Nord – ci sono disparità che riguardano il salario, l’inquadramento, e servizi come la mensa che questi ultimi non hanno”. Secondo quanto spiegato i lavoratori dell’indotto consumano il pasto direttamente sul posto di lavoro. “Chiediamo ad Hitachi – ha affermato ancora Citera – di aprire un tavolo di confronto per far sì che i dipendenti delle aziende dell’indotto abbiano i soliti diritti dei lavoratori dell’Hitachi”.

“Vogliamo anche che venga riconosciuto ai lavoratori dell’indotto il premio di risultato – ha detto Paolo Mattii, segretario provinciale Fiom – perché anche loro concorrono alla costruzione dei treni e al raggiungimento degli obiettivi”.

Foto tratta da Facebook Fim-Cisl Pistoia Toscana Nord

Fim-Cisl Pistoia Toscana Nord, sul suo profilo Facebook, commenta lo sciopero di stamani di stamani: “iniziativa molto partecipata, nonostante le forti pressioni che varie aziende dell’indotto hanno esercitato sui lavoratori perché non intervenissero allo sciopero e alle assemblee.
Lo sciopero di oggi – prosegue il post – dimostra la necessità di risolvere al più presto la questione della mensa per i lavoratori delle aziende dell’indotto, dando a tutte queste Persone l’accesso alla mensa alle stesse condizioni dei lavoratori Hitachi Rail.
Come Fim-Cisl proseguiamo nel frattempo l’elaborazione del protocollo per l’incentrato, con lo scopo di presentare entro la fine del mese la piattaforma ai lavoratori e, dopo la loro approvazione, aprire una discussione costruttiva con Hitachi.
Non mettiamo in discussione il lavoro e le pressioni fatte da Hitachi verso le aziende dell’indotto
– si legge in conclusione dalla pagina Facebook di Fim-Cisl Pistoia Toscana Nord –  ma chiediamo, dopo 7 mesi di trattativa, qualcosa di concreto e non solo parole!!!”

Un mese e mezzo fa furono i dipendenti diretti della fabbrica ad incrociare le braccia per chiedere i benefici di legge (pensione anticipata) che spetterebbe a chi lavora esposto all’amianto. Uniti  ai sindacati hanno cercato di spingere e smuovere “gli intoppi burocratici, perché la legge c’è ma per applicarla l’Inps attende una mappatura nazionale di tutti i lavoratori esposti”.

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