Firenze, l’assalto del turismo e le soluzioni ‘facili’

Un fulmine che cade su una statua, due sposini che disegnano un cuore su Ponte Vecchio, un tubo che si rompe, turisti e commercianti che litigano. Locali che aprono, botteghe che chiudono. Cos’hanno in comune tutte queste vicende? Niente più (e niente di meno) che l’usura del tempo. Firenze si crede immobile, ma è dentro la Storia. E la storia produce cicatrici che vanno curate per evitare la cancrena.

Come ogni malato però la salvezza di Firenze dipende anche dallo stile di vita, da quello che negli anni è stato fatto, e dall’ambiente in cui il paziente vive. Far finta che Firenze sia un organismo autosufficiente porta i cattivi dottori a pensare che i suoi mali si possano sconfiggere semplicemente guardando a se stessi. E allora le ordinanze contro i bivacchi, la lotta al cosiddetto ‘degrado’ etc etc. Tutte cose giuste, ci mancherebbe. Ma bastano? Basteranno?

La risposta è no. Semplicemente, ma irrimediabilmente no.

Perché nell’epoca del turismo globale e di massa la pressione continuerà ad essere massiccia. Perché il turismo di massa è comunque un turismo non selezionato, ‘rapace’,  tendenzialmente superficiale, che ‘consuma’ i posti più che viverli. Perché l’educazione   civica si è andata smarrendo ovunque nel mondo. e perché il senso di rispetto nei confronti delle persone e dei luoghi è stato sacrificato nel momento stesso in cui si è affermata la logica del profitto come unico metro e del possesso come unico fine dell’esistenza.
Senza agire su queste con-cause ogni azione ‘di governo’ risulterà finalmente velleitaria e sarà destinata ad essere travolta.

I flussi turistici puoi regolarli fino a quando sono nell’ordine dei 13/15 milioni ( i livelli di oggi). Ma dopo? Che succederà quando, come qualcuno vorrebbe e come potrebbe essere in ogni caso, anche se noi non lo decidessimo, questa cifra raddoppiasse? Magari nel breve volgere di un paio di anni?

Certo, allargare i flussi, favorire una maggiore stanzialità (ed allora la guerra ad Air B&B, ad esempio,  è una strategia sbagliata, visto che tendenzialmente l’affitto domestico seleziona gli arrivi di maggiore durate), lavorare per un calendario differente. Tutto giusto. Tutto opportuno.

Ma, parliamoci chiaro, chiunque venga o arrivi a Firenze il Duiomo, gli Uffizi, Palazzo Vecchio e il David li vuole vedere. E quindi la congestione è inevitabile. Con il Ponte Vecchio che regge da 600 anni ma non si sa se  reggerà, a quel punto. anche al passaggio ed al calpestio continuo di decine di milioni di suole.

Qeusto è il punto che dobbiamo analizzare. E studiare delle soluzioni che non siano legate all’emergenza ma ragionate sul lungo periodo.

Come gestire tutto questo. Numero chiuso? potrebbe essere una soluzione. Se Firenze è un museo a cielo aperto forse un ticket servirebbe. Non per fare cassa ma per regolare. Epperò c’è già la tassa di soggiorno (potresti aumentarla); ma come fai a vietare l’accesso ad una città viva, che proprio dal fatto di non essere (ancora) una ‘Disneyland del Rinascimento’ (altra lettura sbagliata) trae la maggior parte dei suoli problemi? E allora se non un ticket, cosa fare?

Il ‘numero chiuso’ potrebbe essere anch’essa un alternativa praticabile. Ma chi gestirebbe le liste d’attesa in maniera ‘democratica’ e non fraudolenta,  posto che con la tecnologia attuale la gestione degli ingressi potrebbe anche essere organizzato  tramite una semplice app?

Sono domande difficili ma è il momento di porsele. Prima che la rissa di via Dei Neri, o il cuore dei fidanzatini austriaci, o i fulmini a ciel sereno, diventino solo il principio di una ingovernabilità disastrosa e disarmante del far west turistico-affaristico.

Domenico Guarino

Lavoro: quella strage silenziosa che non fa più scandalo

Ieri altre due morti sul lavoro in Toscana. Stamani i lavoratori portuali di Marina di Carrara hanno deciso autonomamente di astenersi dal lavoro per esprimere la loro solidarietà verso il collega morto ieri. I sindacati hanno invece indetto uno sciopero territoriale di tutte le categorie di 4 ore il giorno in cui si celebreranno i funerali, mentre lo sciopero sarà per l’intera giornata per i lavoratori portuali. Ma la società ‘civile’ dov’è?

Un trafiletto in prima con rimando alle pagine interne: per la maggior parte della stampa toscana il valore delle due vite spezzate dal lavoro ieri, una al porto di Marina di Carrara, l’altra nei pressi di Arezzo, non valgono le polemiche agostane sul degrado o le risse tra turisti e commercianti. E’ un giorno triste quando anche l’opinione pubblica si gira dall’altra parte. Triste perché è segno di una sconfitta culturale che coinvolge tutti. Che derubrica a routine la macabra conta delle vittime.

Vittime che però hanno nome, cognome, età, e che  se ci pensiamo bene, sono i nostri colleghi. Anzi: potremmo essere noi.

L’evidenza tuttavia non conta. Come sembra oramai contare poco che “la mancanza di lavoro e il peggioramento delle condizioni di lavoro mettono i lavoratori in una condizione di ricattabilità e paura, tanto che ormai pare quasi normale lavorare in condizioni di palese pericolosità” come denunciano i sindacati.

E quando il morto o i morti non ci scappano, è la volta degli incidenti ‘in itinere’ figli di quella mobilità indotta e spesso selvaggia che il lavoro mal organizzato richiede e determina. Oppure è la volta dei feriti, degli invalidi, di chi rimane segnato per sempre. Una strage silenziosa di mille morti all’anno.

Vittime anche del disinteresse, Di tutti. E del cinismo di chi, ancora oggi, preferisce guardare al diverso, all’immigrato, al poveraccio, per scaricare come una clava sociale il suo bisogno di sicurezza. Salvo poi scoprire di essere vulnerabile, drammaticamente, proprio dove si credeva al sicuro. Proprio in quell’attività, il lavoro, che la Costituzione mette al vertice dell’ordinamento democratico. Si parli allora di via dei Neri o della fiction di Netflix o del documentario di un ex presidente del consiglio. Tanto rumore per nulla. O meglio, tanto rumore per nascondere le urla.

Domenico Guarino

Ponti: “L’Indiano è sicuro, basta allarmismi”, Morandi grande innovatore

“Morandi era un grande innovatore, realizzava progetti anche azzardati ma presupponendo che ci fosse un controllo accurato” interviene il professor Siviero, su ponte all’Indiano Borri afferma: “il ponte è in acciaio per favore non cominciamo la caccia alle streghe”.

“In italia sembra si stia sviluppando una psicosi verso qualsivoglia opera in cemento” interviene Claudio Borri, docente di scienze delle costruzioni a Firenze, “ponte all’Indiano è sicuro basta allarmismi, il ponte è in acciaio per favore non cominciamo la caccia alle streghe”.

Crollo“Riguardo alle cause del crollo del ponte Morandi a Genova” afferma Enzo Siviero, professore di tecnica delle costruzioni a Venezia, “è molto probabile che ci sia stato un problema sugli stralli, Morandi è stato uno dei più grandi ingegneri del 900, era un grande innovatore, realizzava progetti anche azzardati ma presupponendo che ci fosse un controllo accurato. La normativa italiana prevede dei collaudi molto stretti, forse quella più stretta nel mondo, addirituttra con il 100% dei carichi previsti”.

“Qualcuno dice che è un ponte che è nato malato, è un ponte nato gracile, ma si sapeva. Morandi ha usato stralli in calcestruzzo armato precompresso al posto dell’acciaio armonico”, continua Siviero “che dal punto di vista teorico è una genialità, però il calcestruzzo nel tempo ha bisogno di protezione. Le cavolate che il calcestruzzo vive 50 anni sono destituite di fondamento, il problema è la manutenzione”.

“E’ stato sottovalutato l’incremento di carichi e la ‘fatica’ del calcestruzzo, un materiale che dopo decine di milioni di cicli di carico e scarico degrada e la cui resistenza può ridursi alla metà. Non c’è un pericolo generalizzato. Oggi bisogna progettare una sostituzione con un ponte strallato, metallico, con concezioni moderne”, conclude Siviero.

Trovate l’intervista completa qui: https://www.controradio.it/podcast/psicosi-ponti-lindiano-e-sicuro-basta-allarmismi/

 

 

 

 

 

Crollo Genova, prof.Casagli: “messa in sicurezza territorio opera non più rimandabile”

“Non sappiamo che peso abbia avuto il disseto idrogeologico nel crollo del Ponte Morandi e del viadotto Polcevera, quello che è certo”, dice Casagli, professore all’università di Firenze “è che la messa in sicurezza del nostro territorio non è più rinunciabile”.

Sul crollo del ponte Morandi interviene il prof.Nicola Casagli, docente di geologia applicata presso il dipartimento di di Scienze della Terra all’Università di Firenze: “Genova è una città compleassa dal punto di vista geografico, geologico, e della quantità di infrastrutture accumulatesi nel tempo”.

“Il ponte era un’opera un po’azzardata”, continua Casagli, “con un utilizzo del cemento precompresso anomalo, che non è più stato seguito negli anni successivi”.

“Il rapporto con il territorio di Genova è complesso” sottolinea il docente, “è un concentrato di rischi idrogeologici, non voglio dire che vi siano relazioni tra questi e il crollo del ponte, saranno le indagini ad appurarlo, ma è un punto da considerare”.

“L’italia è un paese costruito negli anni 60 e abbandonato alla fine degli anni 90, è urgente un grosso piano di messa in sicurezza, non credo che si possa pensare uno sviluppo attraverso grandi opere, il futuro deve essere sulla manutenzione, la messa in sicurezza e la valorizzazione dell’esistente” conclude Casagli.

 

Trovate l’intervista completa qui: https://www.controradio.it/podcast/crollo-genova-prof-casagli-messa-in-sicurezza-territorio-opera-non-piu-rimandabile/

 

 

Crollo Genova, prof.Borri: “il problema riguarda tutta l’Europa”

“Il crollo del ponte Morandi pone il tema della manutenzione di tutte le infrastrutture realizzate in Europa durante il boom degli anni 60/70, con materiali molto meno resistenti di quelli attuali” dice il docente di ingegneria civile dell’università di Firenze. “In Italia manca la cultura della manutenzione”.

Riguardo al crollo del Ponte Morandi interviene il professore Borri docente di ingegneria civile a Firenze: “quando ci si chiede se fosse una tragedia prevedibile, va considerato che non esiste niente di prevedibile nello scibile umano, la tecnologia utilizzata per questi ponti è stata brevettata dal professore Morandi, però con l’evolvere della tecnologia le opere vanno aggiornate.”

“La sicurezza evolve parallelamente alla tecnologia” continua il docente, “non si può pensare che un collaudo valga per 50 anni. Quello che doveva essere fatto era una manutenzione del ponte dopo aver preso coscienza del metodo utilizzato per la costruzione.”

“Tutte le opere che sono state costruite vanno revisionate” sottolinea il professore, “è necessaria una cultura della qualità e del monitoraggio permanente in Italia.”

Guardando al futuro “Va demolita la struttura e ricostruita, il punto sarebbe decidere se ricostruirlo nello stesso luogo o meno, vista l’urbanizzazione forsennata di Genova sarà difficile trovare un’alternativa a quel tracciato” conclude Borri.

Trovate l’intervista completa qui : https://www.controradio.it/podcast/crollo-genova-prof-borri-il-problema-riguarda-tutta-leuropa/

Al Flower dibattito su: turismo di massa vs residenti

Al Flower, piazzale Michelangelo, il 2 Agosto vi sarà un dibattito che ha come soggetto il turismo di massa vs residenti, dove si metteranno a confronto istituzioni e privati. Nei giorni seguenti, dal 3 al 5, tre concerti jazz-blues ad ingresso libero.

Giovedì 2 agosto alle ore 21 lo spazio estivo Flower ospita il dibattito con la vicesindaca Cristina Giachi, il direttore degli Uffizi Eike Schmidt, Giulio Del Balzo di Airbnb Italia,
il filosofo del diritto Francescomaria Tedesco e l’architetto Egidio Raimondi. Weekend in musica con artisti di strada e jazz.

Turismo di massa, fenomeno Airbnb ed esigenze dei residenti: domani, giovedì 2 agosto, istituzioni e privati si confrontano sul futuro del turismo a Firenze allo spazio estivo Flower al piazzale Michelangelo (ingresso libero, ore 21).

Il nuovo Talk (Radio) Show, intitolato “Quale identità? Tra turismo di massa, residenza e globalizzazione, il presente (e il futuro) di Firenze e dei suoi abitanti”, vedrà protagonisti Cristina Giachi, vice-sindaca di Firenze, Francescomaria Tedesco, professore di filosofia del diritto e della politica dell’Università di Camerino, Egidio Raimondi, architetto, Eike Schmidt, direttore della Galleria degli Uffizi, Giulio Del Balzo, Public Policy Associate di Airbnb Italia. Modera il dibattito, in diretta su Controradio e disponibile anche in streaming sui canali social dell’emittente, il giornalista Domenico Guarino.

La settimana del Flower prosegue con tre concerti live: venerdì 3 agosto appuntamento con il jazz sax di Morgantini, sabato 4 sarà la volta del Maurizio Piccioli Duo (jazz e blues), mentre domenica 5 torna Sunday Night Jazz, rassegna diretta da Alessandro di Puccio, con un quintetto composto da artisti affermati come Dario Cecchini, fondatore della celebre streetband Funk Off, che si esibirà al sax, accompagnato dai giovani emergenti Niccolò Angioni (tromba), Marco Morandi (piano), Michelangelo Scandroglio (contrabbasso) e Michele Andriola (batteria).

I concerti sono tutti a ingresso libero, con inizio alle ore 21.

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